Capitolo 9
Il mio stomaco si svegliò prima di me, rispondendo al dolce aroma di pancake e cappuccino che giunse alla mia stanza, facendo così in modo che i miei occhi anticipassero la sveglia di qualche secondo. Scesi dal letto e mi preparai più velocemente di quanto non avessi mai fatto precipitandomi poi in cucina, anche se quello che trovai mi deluse leggermente. Io mi aspettavo di trovare Chris e Emily seduti ad un tavolo colmo di cibi buoni, mentre bisticciavano amorevolmente. Quello che invece trovai fu un solo piatto con quattro pancake e un cappuccino d'asporto sul tavolo perfettamente in ordine, accompagnati da un bigliettino giallo che lessi subito.
"Buongiorno moscerino! Ti ho lasciato la colazione, ho portato Emily a scuola e mi fermo in centro per alcune commissioni. Mi aspetto che tu vada a scuola in perfetto orario. Buona giornata.
P.S. Stasera continuiamo a parlare di quel tipo."
Grandioso.
Sorrisi quando notai il soprannome che mi aveva affibbiato.
Il dispiacere di fare colazione con solo il brontolio del frigorifero come compagnia, venne in parte eliminato dalla delizia della colazione stessa. Sfortunatamente la mattinata venne rovinata dalla partenza precipitosa del mio cellulare per un'altra dimensione. Lo cercai per tutto l'appartamento come una pazza, trovandolo infine sotto il cuscino, nel mio letto. E giuro che l'ho sentito ridere di me.
Ormai in ritardo, decisi di usare la macchina per fare prima, salii , inserii le chiavi, girai e. . . la macchina non partiva. Provai ad accenderla ancora.
«Merda!» Imprecai un paio di volte. Questa non ci voleva. Non avevo soldi da buttare nella riparazione della mia stupida auto. Continuai a provare ad accenderla nella speranza che fosse stato solo un momento di debolezza, continuando a pregarla di mettersi in moto fino a quando mi apparve, come fosse una visione mistica, il ricordo di mia madre in una delle sue tante "lezioni di guida" mentre mi diceva di non fare mai e poi mai una cosa del genere o avrei causato ancora più danni. Fermai subito quello che stavo facendo e rimasi immobile a fissare il volante per un po'. La macchina non ne voleva sapere. Solo per un controllo avrei speso un terzo della mia paga, figuriamoci una riparazione! Scesi dalla mia auto, sbattendo la portiera con rabbia. La scuola non era distante, ci sarei arrivata a piedi, anche se in ritardo. Almeno avrei avuto il tempo di pensare a una soluzione e smaltire la rabbia che solo una mattinata come quella può far crescere.
«Merda!» Imprecai di nuovo sottovoce, mi caricai lo zaino in spalla e iniziai a camminare.
«Qualche problema?» Trovai Matt a pochi metri di distanza che mi guardava sorridendo. Teneva le mani nelle tasche della giacca di jeans, sotto la quale si intravedeva una stretta maglia bianca che evidenziava il suo corpo. Si avvicinò ancora ed io mi persi in quelle pozze dorate che continuavo a pensare provenissero dal paradiso.
Mi ripresi quando mi accorsi di non avergli risposto.
«La mia auto mi ha abbandonata.» Risposi distogliendo lo sguardo, nel tentativo di non fargli notare che mi ero incantata di nuovo. Da quando avevo notato i suoi occhi non facevo altro che bearmi della loro vista. Era come se mi ipnotizzassero.
«Posso darti un passaggio se vuoi» disse con gentilezza. «Almeno per oggi. Così non arriverai in ritardo.» Era strano. Solo il giorno prima si comportava da sbruffone e ora mi offriva un passaggio con i modi della persona più dolce e disponibile del mondo. Fu questo che mi fece intuire che ci fosse qualcosa sotto.
«No, grazie. Camminerò.» Sarei arrivata tardi, ma mi stavo convincendo fosse la cosa più giusta. Gli diedi le spalle e mi diressi verso il marciapiede.
La speranza di aver chiuso la conversazione svanì quando sentii i suoi passi seguirmi e sul mio polso apparì la sua mano. Fui costretta a guardarlo ma mi ritrassi immediatamente da quel contatto inaspettato, farlo mi diede l'illusione di avere il controllo sulla tempesta che iniziò a prendere vita nel mio corpo. Dedussi la sua sorpresa dal modo in cui sbarrò gli occhi mutando completamente espressione.
«Perché no?» Ora sembrava seccato.
«Beh, perché non ti conosco.» Non ero brava a inventare scuse velocemente.
«Ma andiamo alla stessa scuola, siamo insieme a matematica e a chimica.» Passò una mano tra i capelli perfettamente disordinati e un ciuffo moro gli cadde sulla fronte.
Perché non poteva semplicemente andarsene?
«Questo non significa niente. Potresti essere un maniaco omicida sociopatico per quanto ne so. Non si distinguono dagli altri.» Stavo palesemente fallendo.
Lui non impiegò molto per ribattere.
«A questo servono gli appuntamenti» parlò con un tono tra il divertito e l'impaziente, «per conoscersi!» specificò.
Avrei dovuto aspettarmelo. Aveva ritirato fuori quella storia. «No!»
Nessuno era mai stato così insistente, di solito bastava un no, un'apparizione di Chris e la questione era chiusa. «Perché continui a chiedermelo?» Ero davvero incuriosita.
«Perché no?» mi rispose fiero, stringendosi nelle spalle. In qualche modo sapeva di aver centrato il punto ed ero consapevole del fatto che saremmo potuti andare avanti in quel modo per ore: lui evitando di rivelare il motivo del suo interesse ed io determinata a non accettare la sua proposta.
Mi guardai intorno e sistemai meglio lo zaino sulle spalle, tornando poi a scrutare il suo volto in cerca di un qualunque segno di cedimento.
«Tu non molli mai, vero?» Chiesi con un sospiro.
Sul suo volto apparve un sorriso compiaciuto. «Mai.»
«Va bene» accettai arrendendomi. Dopotutto, un passaggio non mi avrebbe certo uccisa e la scuola era vicina, non sarebbe stato un viaggio lungo. Avrei solo dovuto tenermi a debita distanza e sarebbe andato tutto bene.
Stranamente, gli si illuminarono gli occhi in un'espressione fin troppo felice per un semplice passaggio. «Grandioso, c'è questa festa—»
Aveva completamente frainteso. «NO. Ho solo accettato il passaggio a scuola.»
Dopo questo mio chiarimento mi sembrò che Matt fosse dispiaciuto, ma mi convinsi che si trattasse solo di una mia impressione perché l'attimo dopo era già voltato di spalle che mi conduceva alla sua auto. Quando entrai, notai con piacere che l'ambiente aveva il suo stesso profumo fresco e istintivamente presi un respiro profondo. Mi schiaffeggiai mentalmente.
Il tragitto fu abbastanza silenzioso, lui sembrava a suo agio in quella quiete, io no e per tentare di distrarmi dall'imbarazzo che avvertivo iniziai a ragionare sulle spese che sarebbero state necessarie per la riparazione della mia macchina e a come recuperare il denaro; ormai pensavo solo alle spese. Spese in sospeso, spese da effettuare, spese future, spese in ritardo e spese insostenibili. Di lì a tre giorni avrei dovuto pagare l'affitto, di conseguenza tutte le bollette e poco più in là l'assicurazione sanitaria di Emily. Per riuscire a coprire tutto avrei dovuto fare i doppi turni per almeno un mese e mezzo e questo mi avrebbe inevitabilmente portato a trascorrere sempre meno tempo con Emily. Non volevo essere assente. Mi era parso di sentire di una banca con un particolare senso patriottico, forse sarei riuscita a ottenere un prestito mandando Chris come ambasciatore.
Erano solo le otto di mattina e già mi faceva male la testa. Me la presi tra le mani e cacciai via il fastidio agli occhi sfregandoli con due dita.
«Tranquilla.» Matt infranse il silenzio. «Te l'ho detto, non ti porterò in un vicolo buio per farti fuori.» Ironizzò.
«Cosa?» Aveva sicuramente notato il mio turbamento.
«Ti stai agitando come se ti stessi conducendo al patibolo» sorrise e alternò lo sguardo da me alla strada. «Qualcosa non va?» Mi chiese continuando a guardare la strada.
Inspiegabilmente desiderai che mi guardasse. Trascorse un frammento di secondo durante il quale desiderai ardentemente piangere, come una bambina in preda al peggiore degli attacchi isterici. Mi rimproverai mentalmente.
«No. Va tutto bene.» Risposi mentre pensai che non mi riconoscevo. Sembravo una dodicenne alle prime armi con una cotta ma non era così, io non ero così.
«Ne sei sicura?» Continuò le sue domande. Sapevo non pensasse davvero che avrei parlato dei miei problemi con lui. Era una frase di circostanza, per essere gentile. Ero in grado di vedere chiaramente il volto della compassione sostituire il suo nel caso in cui mi fossi fatta abbindolare da quel falso interesse e il solo pensiero mi disgustò. Eppure sapeva fingere così bene.
Annuii non volendo rischiare di esplodere. Mi sentivo davvero al limite.
«Magari sei così nervosa perché sei in macchina con il ragazzo più affascinante della scuola e stai cercando di non svenire.» Sollevò il mento in una posa altezzosa.
Rimasi a bocca aperta.
Ma devo ammettere che fui felice di poter cambiare discorso e alleggerire la pressione nella mia testa.
Inconsapevolmente, mi aveva appena dato un pretesto per dimenticare la Elsa adulta, piena di responsabilità e gliene fui silenziosamente grata.
«Perché?» Chiesi voltandomi verso i sedili posteriori. «Trash è qui e non ne me sono accorta?»
Lo ammetto, fu tra le peggiori battute che abbia mai detto, però Matt non me lo fece notare ed io impiegai molto tempo prima di capire quanto pessima fosse stata.
«Posso chiederti una cosa?» Ignorò la mia pessima battuta.
«Solo se non si tratta di un appuntamento.» La mia puntualizzazione provocò in lui quella risata gutturale che quasi mi tolse il respiro, ma lui fortunatamente non lo notò.
«Oh, andiamo, io so di piacerti almeno un po'.» Mi rivolse una veloce occhiata ammiccante, per poi tornare sulla strada.
«Ah davvero?» Sbuffai una risata sarcastica e lo guardai annuire con convinzione. «Come fai ad esserne certo? Forse ti stai immaginando tutto perché il tuo ego non sopporta un rifiuto.»
«Il mio ego è a posto, grazie. Ma tu avresti potuto chiedere a tua madre o a tuo padre di accompagnarti a scuola,» disse con sicurezza, «invece sei venuta con me.» Concluse con alterigia.
Non ebbe il tempo di dire altro perché parcheggiò davanti alla scuola e io mi dileguai prima ancora che potesse inserire il freno a mano.
«Grazie del passaggio» dissi uscendo dall'auto. Quella frase mi aveva scosso, allontanando quel breve momento di serenità dalla mia mente. Mentre m'incamminavo verso l'entrata, notai che Allison mi stava aspettando vicino alla porta, la mandibola a sfiorare terra e lo sguardo complice. La sua immagine mi riportò al presente e mi sforzai di concentrarmi sulla sua buffa espressione per non pensare ai miei genitori. La conoscevo da meno di una settimana ma sapevo perfettamente cosa mi avrebbe detto appena mi fossi avvicinata.
«Ciao Allison.» La salutai con la vana speranza che fingesse di non avermi vista uscire dalla macchina di Matt.
«Ciao Elsa.» Mi salutò avvicinandosi un po' di più per abbracciarmi ma io m'irrigidii e quando lo notò, arretrò di qualche passo. Ebbi paura di averla ferita; io non ero molto abituata al contatto fisico al di fuori della famiglia e probabilmente avrei dovuto scusarmi in qualche modo, ma lei mi precedette, prendendo parola. «Ci sono novità?» Mi chiese. Era talmente prevedibile. Io scossi la testa e feci il mio ingresso nell'edificio prima che a Matt venisse la stramba idea di raggiungermi. «Oh, andiamo! Sei seria?!» cominciò ad alzare il tono della voce. «Ti ho visto mentre uscivi dalla sua macchina.»
Pensate quello che volete, ma io un po' mi divertivo a vederla impazzire per situazioni tanto fugaci. Era come un promemoria che mi ricordava che avevo solo diciotto anni e quello era il modo in cui avrei dovuto ragionare, il che mi aiutava a sorridere.
«Mi ha dato un passaggio. Allora?» Continuai ad istigarla.
«Allora? Allora!?» Naturalmente impazzì per la mia risposta apatica. «La mia curiosità è più che giustificata e una domanda mi sembra più che ovvia. Che è successo?» Aveva speranza negli occhi e mi fece ridere ripensare a quando a mensa mi aveva invece consigliato di lasciarlo perdere.
Aprii il mio armadietto e ci scaraventai dentro metà dei libri che avevo nello zaino. Ero in procinto di spiegarle la situazione ma Allison mi interruppe di nuovo.
«Ti avverto: valuta bene la tua risposta perché giuro che se non ti sei ancora decisa ad uscirci insieme e quello che ho appena visto è frutto solo di una coincidenza benevola, potrei non rispondere delle mie azioni.»
«Sai, ti preferivo timida e silenziosa.» Tacque un momento dopo la mia battuta. Fui felicemente sorpresa di notare come la grande timidezza che mostrava in pubblico sembrava scomparire un po' quando parlava con me. La campanella di inizio lezioni risuonò forte e fastidiosa, quindi chiusi l'anta metallica e camminammo velocemente verso l'aula di chimica.
Ci sedemmo vicine nel momento in cui il professore fece il suo ingresso e subito dopo entrò di fretta anche Matt, con quel perenne sorriso da far perdere la testa. Mi individuò tra i nostri compagni e mi ammiccò un saluto. Probabilmente aveva notato l' agitazione nel scendere dalla sua macchina, ma doveva averla erroneamente interpretata come una conferma del fatto che mi piacesse.
«Come fai a resistergli?» Sussurrò Allison.
Io aprii il libro. Non le risposi e feci un cenno in direzione del professore che stava iniziando a parlare. Lei sbuffò ma non insistette oltre e ci concentrammo entrambe sulla chimica. Più o meno.
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Allison sta uscendo dal suo bozzolo di timidezza.
Che pensate del capitolo? Vi sta piacendo la storia?
Se si, lasciate una stellina per sostenermi.
XOXO
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