Capitolo 37
Matt salì il vialetto di casa sua e spense il motore.
«Scendi.» Mi intimó. Non volevo andarmene, non finché non gli avessi fatto capire quanto lo amassi. Guardava giù, verso il volante.
«Scendi da questa macchina!» Urlò, mi spaventai per quello scatto d'ira, ma io non mi mossi. La gola si chiuse per annunciare l'arrivo delle lacrime.
«Bene, resta. Non mi importa.» Disse prima di togliere le chiavi dal quadro ed uscire dall'auto. Lo seguii immediatamente.
«Mi stai lasciando?» Parlai prima che potesse aprire la porta e scomparire. Controllai la mia voce, ma sapevo che chiunque avrebbe potuto capire che stavo piangendo.
La sua testa saettó verso di me. Sembrava sorpreso dalla mia domanda. Ci pensò un momento, spostando lo sguardo alla sua sinistra, per poi tornare a guardarmi.
«Non penso che riuscirei a vivere senza di te.» Disse, come se non ne fosse del tutto certo. Ma quelle parole mi bastarono per darmi speranza. Ingoiai le lacrime già pronte e avanza di qualche passo.
«Allora non farlo.» Mi protesi verso di lui, provando a prendergli la mano, che però ritrasse. «È stato uno stupido errore che ho fatto prima di realizzare che ti amavo, prima di capire che sei più importante di qualsiasi cosa. Ti prego, Matt, perdonami. Non accadrà mai più una cosa simile.»
Lui mi rise in faccia con isterismo.
«Credi che una promessa possa cambiare qualcosa?»
«No» risposi in fretta. «Non mi serve prometterti niente, perché odio qualsiasi bocca che non sia la tua.» Divenne serio alle mie parole. «Il mio corpo rifiuta ogni tocco che non venga dalle tue mani e ho bisogno del tuo profumo per sentirmi a casa. Ho bisogno di te, Matt.» Lo stavo supplicando di credermi, di credere al mio amore per lui. Trascorse un minuto interminabile di silenzio, durante il quale mi parve che stesse pensando a più cose contemporaneamente.
La sua espressione si rabbonì. Per me poteva anche urlarmi contro, fintanto che non se ne fosse andato.
Lasciò la chiave nella serratura, sospesa tra due mandate. Diede le spalle alla porta e vi si abbandonò con la schiena. Poi inserì le mani fredde nelle tasche e si ancoró con lo sguardo a terra.
«Ci sono quasi ricaduto.» Disse e credetti che stesse parlando a sé stesso, ma capii che non era così e mi avvicinai con cautela, felice che non si allontanasse.
«La sera che mi hai fatto cacciare dal Kate's. Stavo tornando a casa e ho incrociato Trash. Ho comprato dell'eroina,» sembrava che si stesse concentrando per non guardarmi, «volevo sentirmi bene, smetterla di pensarti. Mia madre ha ragione. Forse non dovresti perdere il tuo tempo con me.»
Non voleva guardarmi. Perché non mi guardava mai quando mi confessava qualcosa?
«L'hai usata?»
«No!» Rispose all'istante, facendo scattare lo sguardo verso di me, ma solo per un momento. «Quando sono tornato a casa l'ho butta via.» Disse. «Oh, Elsa, uno stupido bacio non è niente a confronto.» Si nascose nelle mani che estrasse dalle tasche e scosse la testa. «Avevi ragione a tenermi lontano, sono un pericolo per te e per Emily. Non dovrei più farmi vedere. Sei tu che dovresti lasciarmi.»
«Oh, hey aspetta un attimo.» Lo fermai, sorpresa della piega che aveva preso il suo ragionamento. «Non ti sei accorto che ti stavo supplicando di non lasciarmi, giusto un minuto fa?» Gli toccai un braccio perché uscisse allo scoperto. «Matt, io ti amo.» Abbassò lo scudo di dita. «Tu mi ami?»
«Certo che si.» Disse. «Da sempre.» Aggiunse, guardandomi finalmente dritto negli occhi. Sorrisi istintivamente alla vista di quegli splendidi diamanti ambrati, capaci di risplendere nel buio.
«Allora dimentichiamoci di tutto quello che è successo. Per entrambi. Io ho bisogno di te per essere felice.» Era ma prima volta che consideravo ad alta voce la possibilità di definirmi felice. Per me era un traguardo.
«È stato solo un bacio a stampo?»
«Se vuoi, te lo mostro.»
Matt mi guardò come paralizzato dalla decisione, quindi non attesi che risolvesse il piccolo conflitto, mi avvicinai e poggiai le mie labbra sulle sue senza muoverle. Dopo due secondi mi ritrassi e cercai di capire cosa stesse pensando.
Non mi rese partecipe di qualsiasi cosa stesse scorrendo nella sua mente. Mi prese gentilmente il volto tra le sue mani e fece riunire le nostre labbra con dolce impeto.
«Capisco perché non voleva lasciarti scappare.» Si separò con affanno. «Sei incredibile.»
«Ma solo tu puoi avermi.» Risposi. Solo lui riusciva a farmi sentire così.
Aprì la porta di casa ed entrammo senza staccarci l'uno dall'altra.
Sentii il rumore del legno che veniva sbattuto contro l'infisso e dedussi che Matt l'avesse calciata, perché le sue mani mi tenevano stretta a lui.
Mi slacció il cappotto e abbandonammo a terra entrambe le giacche. Mi spinse contro la parete che ci separava dal salotto e si avventó sulla mia pelle fremente, mentre lo sentii cercare un accesso al mio corpo, sollevando il pesante vestito di lana che avvertivo su di me come una camicia di forza.
Le sue mani raggiunsero la mia vita, per poi scendere verso le mutande. Infilò due dita sotto la stoffa sottile che mi circondava e la tirò, mentre le nostre bocche si unirono di nuovo. Pensai che le avrebbe strappate.
Mi beai del desiderio che ardeva in me, così come in lui. Del profumo fresco che mi avvolgeva.
Del sapore delle sue labbra.
Delle sue mani, che si spostarono sulle mie cosce e mi spinsero, incitandomi a saltargli in braccio.
Non aspettai un secondo invito. In un momento mi trovai sorretta dal suo corpo, che mi spingeva sempre più contro il muro.
Persi parte del sostegno quando Matt decise di allontanarci dall'ingresso, quindi incrociai le caviglie intorno alla sua vita.
Quando notai che non stava camminando verso il divano, ma verso il piano superiore, provai a scendere, ma lui non me lo permise.
«Non mi scappi.» Grugnì contro la mia guancia.
Salì le scale così velocemente che quasi non me ne accorsi. In un momento avevamo superato la porta della sua camera da letto e l'attimo dopo mi aveva già fatto sdraiare sul materasso disfatto.
Prima che mi sovrastasse con il suo corpo mi sollevai col busto, raggiungendo a metà strada la pelle della sua mandibola.
Lo spogliai della maglietta pesante, che lanciai a terra e con le dita iniziai a seguire le forme dei muscoli che si contraevano sotto i miei polpastrelli.
Aveva un corpo perfetto.
Lo spinsi per le spalle fino a farlo sdraiare. Mi posizionai a cavalcioni su di lui e cominciai la costruzione di un sentiero di baci. Partii dalle labbra carnose e sottili e quando mi sfuggì un gemito per l'intrusione della sua lingua nella mia bocca, capii di voler assaporare ogni parte di lui.
Mi sfilai il vestito dalla testa, divenuto ormai troppo pesante per contenere le palpitazioni del mio cuore.
Riportai subito l'attenzione al punto sotto l'orecchio che sapevo piacergli particolarmente. Difatti sentii un gemito salire vibrante la gola per poi lasciare la sua bocca.
Scesi lentamente fino alle clavicole e mi soffermai sulla zona intorno ai capezzoli.
Continuai ad abbassarmi sul suo corpo ed urtai con il mio la sua eccitazione, suscitando in lui un gemito più forte.
Amavo la sua voce bassa in quei momenti.
***
Allison era la compagna perfetta per lo shopping natalizio.
Ormai mancavano pochi giorni a Natale ed entrambe avevamo ancora qualche regalo da comprare.
Ci incontrammo al centro commerciale e decisi di portare con me Emily, che aveva insistito per controllare che babbo natale potesse trovare tutte le cose sulla lista, come aveva detto. Era tempo che la conoscesse.
L'ampio corridoio tra un negozio e l'altro era intervallato da chioschi di varia natura e tra un chiosco e l'altro un paio di panchine erano affollate dalle persone troppo vecchie, troppo stanche o troppo uomini per continuare a visitare i negozi.
Ero pronta a rispondere a qualsiasi domanda di Allison, riguardo la mia sorellina, ma non ne fece.
«Per natale, va a casa?» Mi chiese riferendosi a Matt. Le avevo raccontato della cena con i suoi genitori e che, per un cretino che crede nel destino, avevo rischiato di perderlo.
«So che vorrebbe, anche se non lo dice, ma sua madre lo tiene a distanza.» Matt aveva parlato poco della sua famiglia, dopo quella cena, ma sapevo che avrebbe voluto tornare a casa.
«Quella non è una madre.» Ribatté lei e aveva ragione.
Ragionai a lungo sul regalo di Matt. Stavamo insieme da poco e non credevo di sapere quale fosse la scelta migliore.
«Sapevi che ha una sorella?» Le chiesi. Io ero rimasta stupita nel scoprirlo per caso.
«Chi, Matt? No. Da quando?»
«Me l'aveva detto qualche tempo fa, prima che ci mettessimo insieme.» Dissi ripensando al giorno in cui era riuscito ad alleviare il peso che avevo sulle spalle. «È ieri ne ha riparlato quando mi ha chiesto di andare con lui dai suoi, nel caso si decidessero di invitarlo, dicendo che Emily non si sarebbe annoiata con sua sorella.»
«E come si chiama?» Mi chiese subito incuriosita.
«Amelia, ha dodici anni. Non ne parla molto, credo che le voglia davvero bene, ma la situazione in famiglia è complicata e non la vede da molto tempo.»
Ancora non riuscivo a credere che sua madre gli avesse vietato di vederla. Ma quella, come aveva detto Allison poco prima, non era una madre.
Invitai Allison a venire da me per cena, mi mancava passare del tempo con lei. Ma lei arrossì velocemente e mi disse che doveva vedersi con Adam.
Comprai del cibo cinese per tre. Anche se Chris non mi parlava ancora avevo deciso di provare a riavvicinarmi. Mi mancava troppo.
Era il primo con cui avrei voluto sfogarmi dopo l'incontro con la strega Prismore e l'unico con cui avrei voluto condividere il fatto che Emily avesse scritto una lista dei regali lunga due pagine esclusivamente chiedendo peluche. Di ogni forma e grandezza immaginabile.
Ma non era a casa. Proposi a Emily di andare a trovare Matt e lei ne fu entusiasta quasi quanto me.
Inviai un messaggio a Chris per avvertirlo, nel caso fosse tornato prima.
«Due splendide ragazze che mi portano cibo.» Disse il mio ragazzo aprendo la porta. «Cosa posso chiedere di più?»
Emily lo salutò velocemente per poi sgattaiolare verso il divano. L'unica cosa che le interessava era la qualità della televisione di Matt.
Posai il cibo ormai tiepido sul bancone in cucina. Matt mi cinse la vita da dietro, spostò i capelli dalla spalla destra e sussurrò al mio orecchio.
«Mi sei mancata oggi.» Lasciò dei baci umidi sul mio collo, ma qualcosa nel modo in cui lo fece mi provocò il solletico e piegai la testa per negargli l'accesso.
«Quanto ti sono mancata?» Mi girai per guardarlo negli occhi.
Quelli che mi scrutarono per intero mentre si leccava il labbro inferiore.
Il secondo dopo, prima che me resi conto, mi stava baciando con bramosia, chiedendo l'accesso alla mia bocca con la lingua. Lo concessi senza esitare e lui ne approfittò per giocare con me.
Sentivo le sue mani viaggiare su di me. Prese il mio labbro inferiore tra i denti e questo bastò per inviare una scarica elettrica nel mio corpo.
Dalla finestra entrò una luce abbagliante e poco dopo il campanello risuonò per l'ampia casa.
«Se non rispondiamo se ne andrà.» Parlò tra un bacio e l'altro.
«Forse è Chris.» Espressi il mio pensiero. Forse anche lui voleva sistemare le cose.
«Motivo in più per ignorarlo.» Mi tenne stretta per non lasciarmi fuggire.
«Se è lui posso fargli portare Emily a casa, mentre io resto qui con te.»
Matt si fermò per pensare alle mie parole, poi si scostò per lasciarmi passare.
Riuscii a sgusciate via dalla presa di Matt per correre ad aprire. Nel passare davanti al salotto notai che Emily aveva iniziato a guardare un cartone animato. Non l'avrebbe distratta nemmeno una bomba.
Alla porta non era Chris.
La confusione nella mia testa si aggravò. Matt mi raggiunse e quando vide l'uomo di fronte a me si posizionò in modo da farmi indietreggiare di un passo per coprirmi col suo corpo.
«Che cosa vuoi, Owen?» Ringhió minaccioso.
Owen era seguito da altri quattro uomini in giacca e cravatta, che stavano aspettando con la schiena poggiata contro la macchina parcheggiata sulla strada. Sembravano persone comuni.
«Ti sembra il modo di salutare? Non ti vedo da una vita.» Allargò le braccia in tono amichevole, ma Matt rimase impassibile. «Mi stavo solo chiedendo se avevi voglia di divertirti un po'. Come hai vecchi tempi.»
«Ho chiuso con te, lo sai.» Provò a spingermi dentro casa, ma io mantenni la mia posizione. Quell'uomo non mi faceva paura, solo ribrezzo.
L' iniziale tono amichevole di Owen scomparve per essere sostituito dalla rabbia.
«Ma io no! Mi devi ancora dei soldi, ragazzo.» Lo puntò con l'indice.
«Ti abbiamo già pagato.» Sapevo che stava parlando del ricatto.
«Si, per quella questione abbiamo risolto.» Cacciò la cosa con un gesto della mano. «Ma, Matthew, amico mio, mi hai privato della mia fonte di guadagno principale, come pensi che possa mantenere la mia famiglia?»
Stentai a credere che si stesse riferendo al ragazzo morto come una fonte di guadagno.
«Trovati un lavoro.» Sputò a denti stretti.
«Ce l'avevo un lavoro.» Si arrabbiò di più. «Voglio cinquemila dollari. Entro la fine della settimana.» Fece una pausa per osservare la casa che aveva difronte. «Non sarà difficile procurarteli.»
Owen ci diede la schiena e fece per allontanarsi.
«E se non te li dessi?» Lo sfidò Matt. «Sono stanco di questa storia.» Continuò. «Non me ne fotte un cazzo se mio padre si vergogna. Per quanto mi riguarda, puoi anche parlare.»
Owen era evidentemente sorpreso dall'iniziativa che Matt stava mostrando, ma lo stupore ebbe vita breve. Tornò alla porta con un passo deciso e puntò nuovamente l'indice verso di lui, ad un centimetro dal suo naso.
«Sai che non ti conviene metterti contro di me.» Lo minacciò. Poi il suo sguardo viscido si spostò su di me e mi fissò per un momento, aggrontando la fronte.
«Io ti ho già vista da qualche parte.» Disse sorridendo. «Non scordo mai le facce e posso giurare di averti già vista.»
Poi i suoi occhi si colmarono di luce eurecale, probabilmente ricordandosi che lavoravo nel suo locale preferito. Tornò a riferirsi al ragazzo, che ancora mi schermava con il suo corpo.
«Tu non sai chi è lei.» Sussurrò con un tono divertito. «Dimenticavo che paparino ti ha risparmiato dalle conseguenze.» Dopo un attimo di silenzio continuò ad esporre i suoi pensieri. «E immagino che lei non sappia cosa hai fatto.» Disse in tono più alto. Fece scorrere i suoi occhi tra di noi e la sua faccia di deformò per creare un ghingno inquietante.
«Matt mi ha raccontato tutto.» Mi feci avanti. Non gli avrei permesso di insinuare insicurezze tra di noi. Non gli avrei dato quel potere su di me.
«Non ho alcun dubbio.» Sollevò le mani in segno di resa, ma le abbassò subito. «Ma non può averti detto qualcosa che non sa.» Sorrise di nuovo.
Come poteva sapere qualcosa su Matt che Matt non conoscesse?
«Parla chiaro Owen.»
Lui sembrava credere alle assurdità che stavano uscendo dalla bocca di quel tizio.
Owen scosse ma testa mantenendo lo sguardo fisso su Matt.
«Parla con paparino, se proprio vuoi saperlo.» Se ne lavò le mani.
«No» protestò Matt. «Dimmi quello che sai, ora. O non vedrai un centesimo.» Sembrava seriamente preoccupato di questa fantomatica informazione su di lui. Era ansioso di venirne a conoscenza.
Owen sospirò, fingendosi dispiaciuto di dover vuotare il sacco, ma si vedeva che gli piacque portare scompiglio.
«Tu sei il motivo per cui la tua sexy ragazza è una povera orfanella.»
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Bomba sganciata.
Dovrete aspettare il prossimo capitolo per sapere qualcosa in più, ma spero che nel frattempo metterete una bella stellina per votare, se il capitolo vi è piaciuto.
XOXO
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