Capitolo 35

Per tutto il giorno pensai alla sorpresa di cui Matt mi aveva parlato.
Avevo tentato di storcergli qualche informazione in più, ma era rimasto indifferente alle mie suppliche.

Avrei voluto chiedere a Chris se fosse stato d'accordo che uscissi per una sera, ma dentro di me rimbombarono le sue parole e non ebbi il coraggio di domandare.

Emily sarebbe andata a giocare dalla sua amica per il pomeriggio. Avevo già conosciuto la madre e mi ero raccomandata di non farle mangiare i kiwi. Sembrava una persona simpatica.

Lasciai un biglietto attaccato al frigo per Chris con il numero della donna e scrissi di andare a prendere Emily dopo cena.

Mi mancava parlare con lui. Ogni volta che passavo davanti alla sua stanza, indugiavo sulla decisione di bussare alla porta chiusa. Ma un vuoto allo stomaco mi allontanava dall'idea di parlargli.

Aveva detto quello che pensava realmente. Dovevo accettarlo. Mi chiedevo solo quando si sarebbe deciso a lasciarci, non aveva più accennato alla possibilità di trasferirsi. Pensavo che sarei stata meglio se fosse andato via, perché vedendolo tutti i giorni ero costantemente posta di fronte al fatto che aveva smesso di essere il mio Chris, l'uomo gentile e meraviglioso che ci aveva lanciato un salvagente nella tempesta, solo perché non approvava che stessi con Matt.

Allison provò a darmi una mano per svelare la sorpresa, facendo moine ad Adam per scoprire se sapesse dove mi avrebbe portata.

La mia amica mi disse che aveva sorriso con fierezza, godendo del fatto che lo sapesse, ma non aveva detto una parola a riguardo.

Fu difficile decidere cosa indossare senza sapere dove saremmo andati. Non sapevo nemmeno se avrebbe fatto caldo o freddo.

Di solito non mi piaceva indossare gonne o vestiti, per me erano abiti da lavoro, ma quella sera volevo solo che Matt mi trovasse bella. Non avevo mai desiderato essere bella per qualcuno che non fossi io.

Applicai la mia decisione prima che potessi cambiare idea.

Mi infilai in un vestito di lana grigia, che feci arrivare sopra le ginocchia con una cintura stretta in vita. Sarei stata abbastanza coperta se avesse fatto freddo.

Indossai anche gli stivali neri, ma le gambe rimasero pressoché scoperte, nel caso in cui avessi avuto caldo.

Alle cinque del pomeriggio Matt mi scrisse un messaggio per dirmi di scendere nel parcheggio. Aveva ancora paura di incontrare Chris, se avesse bussato alla porta.

Indossava una camicia bianca, sopra un paio di jeans scuri. Si separò dal cofano della sua macchina quando mi vide arrivare.

«Come fai ad essere più bella ogni volta che ti vedo?» Mi baciò portando le mani a stringermi a lui per i fianchi.

M'inebriai del suo profumo e lasciai andare un gemito di piacere quando le sue mani scesero sul sedere.

Gli diedi un ultimo bacio a stampo e mi separai da lui con difficoltà.

«Dovremmo andare.» Gli feci notare.
Lui mi prese per mano e mi tenne ancora vicina.

«Forse potremmo ritardare un po' il programma.» Si abbassò su di me ed iniziò a baciare la pelle sotto l'orecchio.

Era una sensazione magnifica, che mi procurava piccoli brividi di piacere. Ma presi forza e lo spinsi via.

«Non credo proprio, non al primo appuntamento.» Aorrisi divertita dalla sua espressione confusa. «Non era questo che volevi? Alla fine della serata saprai se ti meriti il bacio della buona notte.» Lo presi in giro.

Lo abbandonai sul posto e salii sul sedile del passeggero, attendendo che mi raggiungesse.

«Ti odio.» Sussurrò mentre metteva in moto l'auto.

«Non è vero.» Dissi di rimando.

Si diresse verso la città. Ad ogni svolta in cui vedevo un cinema o un ristorante mi aspettavo che accostasse. Dopo trenta minuti di tragitto eravamo ormai nel centro della città, circondati da alti palazzi di uffici.

«Manca molto?» Chiesi. Ero riuscita a non fare domande per trenta minuti.

Probabilmente dalla mia voce era strasparita l'impazienza, perché Matt fece quella risata profonda che adoravo prima di rispondere.

«Siamo arrivati.» Parcheggió la macchina sulla strada.

Mi guardai intorno per capire cosa ci fosse lì per un appuntamento.

A sinistra c'era un edificio in vetro di molti piani, non riuscivo a vederne la fine perché le fronde degli alberi sul marciapiede me lo impedivano.
Sembravano uffici.

Dall'altra parte della strada c'era un ristorante dentro il quale riuscii a vedere grazie alle ampie vetrate.

Ma quando chiusi la portiera, Matt si diresse nell'altra direzione. Lo seguii ancora più incuriosita.

Non camminammo molto. Attraversate le strisce pedonali, un grosso albero mi ostruiva la vista di quella che ero certa essere la nostra destinazione.

La piazza era circondata da arbusti piuttosto grandi, spogliati dall'inverno, eppure imponenti anche senza le foglie ad incoronarli.
Sebbene la giornata fosse nuvolosa, il colore caldo della pavimentazione in mattoni faceva risplendere l'ambiente.

Ad ogni angolo della piazza, circondate da cespugli ancora verdi, c'erano alcune opere di arte contemporanea.

Rimasi a bocca aperta quando lessi il cartellone sopra l'ingresso del Museo di Arte: "Van Gogh e Gauguin, due visioni a confronto".

Guardai Matt, alla mia sinistra, per essere certa di non sbagliarmi. Lui sorrise, continuando a camminare verso l'entrata.

Avevo sempre saputo che Columbia fosse una città non piccola, ma non sapevo che ci fosse un museo d'arte proprio nel centro.

Matt fece controllare i biglietti all'ingresso, mentre io fremevo per poter entrare. Sembrava che il tizio dei biglietti si stesse muovendo a rallentatore.

Il cartellone parlava di un confronto, ma non ce n'erano con Van Gogh. Il primo dipinto che vidi fu "Mangiatori di patate" e mi avvicinai velocemente all'opera per gustarmi ogni pennellata.

Ero così emozionata che non mi ero accorta di stare trascinando Matt per un braccio, come una bambina impaziente.

Mi controllai e guardai Matt, sperando che potesse capire quanto fossi felice in quel momento.

«Ti amo.» Dissi con tanta convinzione quanta non avevo mai avuto.

«Wow, al primo appuntamento.» Mi prese in giro. «Non pensi di correre troppo?» Scivolò via dal mio braccio scostandosi da me di poco, mentre fingeva di essere stupito.

Non contenni la mia felicità, annullai velocemente lo spazio che aveva messo tra di noi e lo baciai con foga, non curandomi minimamente di dove ci trovassimo.

«Ti amo.» Hli sussurrai di nuovo.

«Questo significa che avrò il bacio della buona notte?» Scherzó tenendomi stretta a lui. Amavo stare tra le sue braccia, circondata dal suo profumo.

Avvicinai le labbra al suo orecchio e sussurrai: «Avrai molto di più» e lasciai un bacio delicato sul suo collo.

Finsi di guardare ogni opera con lo stesso interesse, ma quelle di Gauguin ricevettero solo un'occhiata veloce. La sua arte non faceva per me, per quanto carica di significati.

Camminavo al limite del cordone di sicurezza, Matt mi seguiva silenziosamente, tenendomi per mano, e mi fermavo davanti ad ogni opera di Van Gogh almeno un minuto pieno, per riuscire ad imprimerla nella memoria.

«Le persone mi guardano male.» Sussurrai mentre stavo davanti a "Ritratto del dottor Gachet". «E fanno bene.» Aggiunsi, con un piccolo senso di colpa.

«Perché?» Domandò lui. I suoi incredibili occhi erano il ritratto dell'ignoranza.

Passammo all'opera successiva, ma era solo "Il Cristo giallo" di Gauguin, quindi mi allontanai un momento.

«Queste opere andrebbero viste da lontano,» gli spiegai «sono fatte per essere ammirate da lontano, ma io non resisto.» Con sorpresa mi trovai di fronte all'unico dipinto che davvero stavo cercando: "Mademoiselle Gachet al piano".
«Mi piace troppo cercare le pennellate di colore e quando individuo le setole del pennello mi sembra quasi di vedere lui mentre le crea con movimenti veloci e decisi.» Osservai le pennellate di colore spesso. Mi sembrava di poter percepire la musica che stava suonando con tanta grazia.

«Ti piace davvero Van Gogh.» Constató.

«So che sembra banale.» Gli risposi. «Ma per me non è solo uno dei più grandi artisti mai esistiti.»

«Ah no?» Mi prese in giro per l'enfasi che avevo usato.

«No» risposi seriamente. «È stato uno dei più grandi uomini che siano vissuti. Guarda.» Lo presi sotto braccio e lo condussi davanti a "La chiesa di Auvers", che avevo adocchiato da un po'. «È facile rappresentare il dolore. Ma lui ha usato la sua passione e la sofferenza della sua vita tormentata per creare la bellezza. È riuscito a rappresentare l'estasi, la gioia e la magnificenza del nostro mondo, sfruttando quel dolore. Nessuno l'aveva mai fatto prima. E non credo che qualcuno sarà in grado di farlo in futuro.»

«Non ti ho mai vista così.» La sua voce mi fece ricordare di trovarmi sulla Terra. Mi ero persa nell'adorazione di quell'uomo straordinario e per poco non mi commossi al pensiero di quanto avesse sofferto.

«Come?» Parlai con lui senza staccare gli occhi dal dipinto.

«Appassionata.» Rispose. «Perché vuoi abbandonare tutto questo?»

Mi separai dal dipinto e abbassai lo sguardo. Non mi piaceva dover ricordare il motivo per cui avrei dovuto lasciare l'arte.

«Io non sono un'artista, né un critico e non ho la stoffa per diventare niente del genere.» Presi coraggio e mi incatenai ai suoi occhi. «Studiare giurisprudenza mi darà modo di occuparmi di Emily come si deve e renderò fiero mio padre.» Gli feci capire che non volevo parlarne e ancora una volta mi aspettai la compassione. Ancora una volta, mi donó il suo amore.

Continuammo a visitare la mostra e quando giungemmo alla fine io avrei voluto fare un secondo giro. Non volevo allontanarmi da lì, ma non dissi niente. Sapevo che Matt si stava sicuramente annoiando, anche se non aveva detto niente. Lo capivo da come stesse guardando più me che i dipinti.

«Il quadro è da quella parte.» Gli feci notare ridendo.

«Preferisco guardare te.» Rispose con naturalezza.

Uscii dal museo con un sorriso soddisfatto in volto e la mente completamente libera. L'arte mi faceva quel effetto: pace interiore.
Secondo me, ero addirittura riuscita a trasmetterla a Matt.

Sfortunatamente la sua pace durò inaspettatamente poco, frantumandosi alla vista dei suoi genitori che stavano camminando verso di noi.

Matt si fermò al centro della piazza deserta, vicino al logo in metallo dell'edificio. Il suo volto divenne imperscrutabile nel momento in cui indossò la sua maschera. Era da tempo che non la vedevo.

Suo padre ci rivolse un sorriso incerto, quasi imbarazzato, mentre ebbi la netta sensazione che sua moglie mi stesse analizzando sotto vari punti di vista, per poi dedicare un più velato disprezzo al figlio.

«Ciao figliolo.» Lo salutò John. Vidi in lui la speranza di una reazione. Forse non sapeva che la freddezza di sua moglie annullasse ogni possibilità che ciò accadesse.

«Ciao, che fate qui?» Chiese con una vena nervosa, che a quanto pare notai solo io.

«Hai usato la carta di tuo padre per i biglietti e per una camera d'hotel. Volevamo assicurarci che andasse tutto bene.» Sua madre evitò di guardarmi di nuovo, come se la mia vista la facesse soffrire. «Sappiamo cosa è successo l'ultima volta che hai preso una camera.» Continuò con cattiveria.

«Una camera?» Alzai un sopracciglio guardandolo. Speravo di puntare l'attenzione su una battuta, ma non riuscii a pensare a niente, quindi cercai semplicemente di distrarlo, stringendogli la mano per rassicurarlo.

«No, non è come credete...» Iniziò a spiegare, ma sua madre lo interruppe subito sollevando una mano a mezz'aria per zittirlo.

«Sono certa che non prenderai un'altra decisione sbagliata in un'altra stanza d'hotel.» Riportò il braccio compostamente lungo il fianco. Poi mi squadró dall'alto in basso. «Però conosco quelle come lei.»
Disse, come se io non fossi stata lì.

«Scusi?» Ero sbalordita dalla sua mancanza di educazione, dato come di comportava. Ero certa di non esserle particolarmente simpatica, per qualche oscuro motivo, ma non aveva il diritto di fare insinuazioni senza conoscermi.

«Hai capito bene, ragazzina.» I suoi occhi glaciali si avventarono su di me come quelli di un rapace sulla preda.

«Mary...» John provó a richiamarla, ma lei non lo ascoltò.

«Non so se stai con lui per i soldi, o se speri solo di avere una bella casa dove sballarti.»

«Smettila.» Ringhió Matt a denti stretti. Non capivo perché avesse quell'idea di me. Cosa le avevo fatto?

«Ma ti voglio dire una cosa.» Mi puntò contro l'indice, rimanendo attaccata al braccio del marito come un salvagente. «Hai preso il pesce sbagliato, non gli permetteremo di scegliere di nuovo la compagnia sbagliata. Non gli rovinerai la vita.»

«Non parlarle così!» Matt provó a difendermi dalla perfidia di sua madre. «Prova a non essere una stronza per una volta!» Si sporse in avanti con rabbia.

«Perché non ci calmiamo tutti.» Il padre di intromise ponendosi tra noi e sua moglie. «Sentite, pensavamo di andare a cena fuori stasera, che ne dite di unirvi a noi?»

Stava tendendo un ramo d'ulivo ad entrambi. Era chiaro il suo desiderio che sua moglie e suo figlio si riconcigliassero.

Matt stringeva la mia mano come se fosse stata la sua salvezza quando capii che avrebbe rifiutato l'invito. «Non—»

«Certo.» Fermai Matt dal dire qualsiasi cosa. Per quanto detestassi il modo in cui sua madre mi guardava e parlava, mi sarebbe piaciuto aiutare suo padre a passare un po' di tempo con la sua famiglia. «Con molto piacere.»

John ed io mediammo per i rispettivi partner e decidemmo di incontrarci al ristorante per le otto. Si allontanarono poco dopo e Matt mi guardò con gli occhi di Cesare.

«Perché l'hai fatto?» Mi domandò con quella che mi parve rabbia.

«Perché tuo padre vuole passare del tempo con te. Credo che vi farebbe bene parlare.» Dissi con cautela. Ebbi il timore di essermi intromessa troppo nelle sue faccende. Lui si guardò intorno un momento, poi riportò l'attenzione su di me e mi attirò a sé con gentilezza.

«Questo doveva essere il nostro appuntamento.» Disse con dispiacere. «Scusa per mia madre—»

«Lascia stare.» Lo rassicurai. Non era certo colpa sua se la madre era una stronza con la pizza sotto il naso, ma non serviva che lo dicessi ad alta voce. Matt non aggiunse obiezioni, quindi pensai che stesse ragionando sulla cena di quella sera.
«Piuttosto dimmi,» cambiai argomento, «una camera d'hotel?» chiesi ridendo.

Sorrise anche lui con una punta di imbarazzo che trovai adorabile.

«Non prendertela, ho pensato che dopo il museo potevi essere stanca e petevi volerti riposare prima di cena.» Era stato così carino a pensare anche a quello. Io ero arrivata a ben altra conclusione.

----------

Salve gente!!!
Matt ha decisamente fatto centro con il museo, non credete?
Nel prossimo capitolo ci saranno alcune sorprese per i due protagonisti.
Se il capitolo vi è piaciuto, spero che lascerete una stellina!

XOXO

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top