Capitolo 34
«Sono felice che abbiate sistemato le cose tra di voi.»
La voce di Jack mi faceva compagnia mentre aspettavo che l'asciugatrice finisse il bucato. Detestavo la lavanderia del mio palazzo, le luci non erano mai tutte funzionanti e c'era un odore strano che sembrava quello di una scatola di cartone ammuffita.
«Anche io.» Sorrisi involontariamente.
Gli avevo raccontato praticamente tutto quello che era successo il giorno prima, omettendo il litigio con Chris.
«A proposito di coppiette felici, sei riuscita a sentire Allison?»
Stavo per chiedergli la stessa cosa. Allison ci aveva riferito che Adam le aveva detto di avere una sorpresa per lei, ma al momento non sapeva altro e ci avrebbe chiamati in seguito.
«No. Ancora niente.» Risposi rassegnata.
«Credi che dovremmo preoccuparci?»
«Per cosa?»
«So che i genitori di Adam andavano in settimana bianca, lui le ha parlato di una sorpresa...devo mandarti un disegno?» Riuscii a sentirlo sorridere attraverso il telefono.
«Ho capito.» Gli assicurai. «Probabilmente è per questo che non ci ha chiamati.»
Era talmente presa da Adam che avrebbe potuto dimenticarsi anche il suo nome.
«Hai ragione, troppo impegnati a scopare come conigli. E dimmi...» avvertii il suo tono subdolo iniziare qualcosa di potenzialmente imbarazzante. «Tu e Matt state riprendendo fiato tra un round e l'altro, in questo momento?»
«Vuoi davvero parlare di questo?»
«Allison non c'è. Ho pensato di doverla sostituire per le chiacchiere tra donne.»
Il vecchio macchinario suonò tre volte per avvertirmi che aveva finito il suo lavoro.
«Salvata dal bucato! Ti devo lasciare.» Lo salutai.
«Va bene amo.» Rispose in falsetto prima di attaccare.
***
Chris ed io ci rivolgevamo la parola esclusivamente in presenza di Emily e solo per le cose essenziali.
Alla fine aveva deciso di non andarsene, ma ora non potevo non pensare che avrebbe voluto. Che eravamo solo un peso per lui, una promessa da mantenere.
Parlai a Matt del nostro litigio e lui propose ancora una volta di tirarsi indietro.
«Non voglio che tu perda un amico per colpa mia.» Aveva detto.
Non avevo nemmeno risposto a quell'insana idea di lasciarlo e lo avevo baciato fino a quando mi ero ricordata che ci trovavamo nel bar rosso, con altra gente intorno a noi.
Durante il periodo tra le vacanze del Ringraziamento e le vacanze natalizie il clima a scuola era strano.
I professori sembravano bramare le ferie più di noi, ma tentavano in ogni modo di non farcelo notare, quindi intensificarono le lezioni. Ciò non valeva assolutamente per l'arpia di lettere, lei era bastarda come sempre.
Stavo scarabocchiando vicino ai miei appunti quando mi richiamò con quella sua vocina rugosa.
«Signorina Sundrey.» Disse storcendo il naso e sistemando le spesse lenti su di esso. «Mi aiuti, questo è il corso di letteratura inglese?»
«Si, professoressa.» Dissi per esteso. Più di una volta mi era capitato di chiamarla "prof." e si era infuriata, il collo le era diventato paonazzo e le rughe si erano intensificare mentre mi faceva una lezione aggiuntiva di come l'abbreviazione potesse essere usata solo per il linguaggio informale e che lei non era certo mia sorella.
"Per fortuna" , avrei tanto voluto aggiungere. Se lei fosse stata mia sorella, mi sarei sparata.
«Allora perché lei sta disegnando, invece che prendere appunti riguardo la preziosa spiegazione che vi sto concedendo?»
Stavo per risponderle, anche se non sapevo cosa di preciso, ma non me ne diede la possibilità. Cominciò per l'ennesima volta la sua tiritera su quanto lei si sforzasse per noi e che noi avremmo dovuto ringraziarla...
Era tanto incantata dal gracchiare della sua voce da non accorgersi della campanella che aveva suonato per il pranzo.
Nessuno osava interromperla. Mi guardai intorno, incrociando lo sguardo altrettanto preoccupato di Jack, ma nessuno sembrava intenzionato ad intervenire.
Pensai: "Ormai non penso possa odiarmi di più."
Quindi presi un respiro, attesi che prendesse una pausa dal monologo e mi intromisi nel suo melodramma.
«Mi scusi, professoressa. La campanella è suonata e dovremmo andare a pranzo.»
Il suo sguardo divenne di fuoco, il collo si tinse della sua sete di giovane sangue e i suoi occhi si fissarono sulla mia figura.
«La campanella non significa niente.» Disse. «Decido io quando la lezione è finita.»
Avrei dovuto stare zitta.
«Oh. Mio. Dio.» Esclamò Jack, quando alla fine ci lasciò andare. Naturalmente mi aveva assegnato un compito aggiuntivo: un tema di mille parole intitolato "il privilegio di apprendere".
Jack mi circondó le spalle con un braccio mentre ci incamminammo affamati.
«Non posso credere che hai davvero provato a farla smettere.» Rise di me come se fossi stata una pazza.
Forse aveva ragione.
Riuscimmo finalmente a raggiungere gli altri in mensa.
Presi posto di fianco a Matt e gli diedi un veloce bacio all'angolo della bocca.
«Dove eravate finiti?» Chiese Adam.
Io risposi con un verso gutturale di frustrazione che nemmeno sapevo di poter fare.
«La puttana ci ha trattenuti.» Rispose Jack, ridendo alla mia reazione. Non servì che specificasse di chi stava parlando, capirono tutti.
«Davvero? Solo voi?» Domandò Matt. Mi fissò con insistenza, senza cambiare espressione. Ora che ci facevo caso, non mi aveva nemmeno sorriso quando mi ero avvicinata.
«No, tutta la classe.» Risposi ovvia.
«Però siete arrivati solo voi.» Continuò una conversazione insensata.
Ci guardava con scetticismo, alternando uno sguardo indagatore tra noi, verso Jack in particolare.
«Che c'è, Matt?» Allison provò a capire cosa avesse, senza ottenere risposta.
«Stai bene?» Tentai anche io.
«E tu stai bene?» Mi rispose subito con evidente astio.
Eravamo tutti confusi dal suo comportamento, l'ultima volta che ci aveva trattato così Owen l'aveva contattato. Sperai non fosse quella la ragione.
«Vuoi che ne parliamo da soli?» Gli sussurrai, sapendo che Adam era ancora all'oscuro degli ultimi rapporti con Owen.
«No, dimmi solo perché voi due passate così tanto tempo insieme.» Ringhió.
Giuro che provai ad essere seria e così anche Jack, ma non ci riuscimmo.
Feci una smorfia sicuramente ridicola nello sforzo di sopprimere il mio sorriso, mentre Jack non si fece scrupoli a ridergli in faccia.
Matt era un ragazzo alto, dal fisico atletico e incredibilmente sexy, probabilmente il più bello che avessi mai incontrato, ma non metteva paura.
Il suo volto aveva lineamenti troppo morbidi e gli occhi erano quelli di un angelo.
«La gelosia non ti si addice.» Dissi quando finii di ridere. Lui mi guardava con aria offesa, quindi mi avvicinai a lui e ci scambiammo un bacio delicato.
Jack stava continuando a ridere e quando notò che Matt era in procinto di ucciderlo con lo sguardo diede un finto colpo di tosse e si ricompose.
«Elsa non è proprio il mio tipo,» disse, «senza offesa.» Si rivolse a me.
«E chi sarebbe il tuo tipo?» Chiesi ancora divertita.
«Non saprei... forse una un po' più sciolta. Tipo la te ubriaca, ma sobria.» Si sforzó per farci capire il suo punto di vista e il fatto che mi avesse usata come parametro di paragone mi imbarazzò. Ero davvero così "sciolta" quella sera?
A quel dubbio, la mia mente rispose inviandomi con tono sarcasrico le immagini e le sensazioni di quello che avevo combinato.
Si, lo ero stata.
«Con me è così.» Si intromise Matt, che di punto in bianco smise di essere arrabbiato e gli fece l'occhiolino. Lunatico.
Aveva cambiato umore con la facilità di un respiro.
«Che fortunato.» Commentò Jack e io lo trucidati con gli occhi, per poi colpirlo al braccio. Naturalmente sentì solo un fastidio.
Più tardi, quella sera, Emily si addormentò presto e senza lamentele. A scuola avevano creato la giornata degli sport e lei li aveva provati quasi tutti.
Buon per me, perché appena la misi sotto le coperte, Chris sparì fuori dalla porta, senza dire niente. Chiamai Matt per avere un po' di compagnia e in due minuti era già alla mia porta.
Ci baciammo ancora prima che entrasse in casa, con il vento gelido di dicembre a raffreddare i nostri corpi già bollenti.
Matt mi sollevò da terra quando infilai le dita tra i suoi capelli e camminò verso la mia camera da letto. Conosceva la strada.
Mi fece cadere sul letto, quasi mi lanciò. La breve sensazione di vuoto mi spinse a urlare sommessamente. Ridemmo insieme della mia reazione e non sapevo se era una mia impressione, ma la sua voce sembrava essere più gutturale.
Era ancora in piedi, davanti a me. Si tolse la giacca, che teneva troppo caldo ed io gli sollevai la maglietta. Iniziai a baciare i suoi addominali, mentre sollevai ancora la maglietta perché se la togliesse.
Mi inginocchiai sul materasso per continuare a baciare il suo corpo, risalendo lentamente fino ai pettorali, mentre con le mani gli sbottonai i pantaloni per abbassarli.
Baciai le clavicole e mi soffermati alla base del collo. Sentivo il suo cuore andare veloce attraverso la pelle, come stava facendo il mio.
Rallentai la mia ascesa per godermi il merito di quel piacere. Gli baciai la mandibola, seguendo con delicatezza i suoi lineamenti, fino ad arrivare al mento.
Giocai con l'elastico dei suoi boxer, facendolo scorrere tra le dita e contorniai le sue labbra di baci, sebbene desiderassi solo loro.
Con un movimento deciso, infilai la mano nei suoi boxer e lo vidi risucchiare dell'aria, mentre il suo petto iniziò a muoversi in modo irregolare.
Matt pose fine al mio gioco e si avventò sulla mia bocca sfogando la passione che era cresciuta.
Mi tolse la felpa e il reggiseno più velocemente di quanto avesse mai fatto. Lo portai sopra di me, riposizionando la mano oltre l'elastico.
Dal fondo della sua gola uscì un verso di approvazione per la mia iniziativa e mi tolse velocemente anche i leggins.
Ora eravamo pari.
Tornò tra le mie gambe e mentre mi baciava, con le mani che sembravano avvolgermi interamente di lussuria, potei sentire chiaramente la sua eccitazione.
***
«Quindi non c'è niente tra voi? Lo giuri?» Mi guardò con gli occhi di un bambino impaurito. Aveva tirato fuori il discorso di Jack ed io che, a parere suo, trascorrevano troppo tempo insieme.
«Stai fermo.» Gli feci voltare di nuovo la testa e ripresi il mio lavoro. Gli avevo fatto le labbra decisamente troppo grandi rispetto alla realtà, ma decisi di non cambiarle, un po' perché non mi dispiaceva così, ma più che altro perché non avevo una gomma a portata di mano.
Era passata la mezzanotte da poco e la lampada sul mio comodino creava su di lui ombre troppo perfette per non essere bloccate sulla carta.
«Perché dubiti di me?» Gli chiesi mentre facevo l'attaccatura dei capelli e notai una ciocca più riccia delle altre che gli cadeva sulla fronte.
«Non dubito di te. Dubito che io ti basti. So che ho sempre fatto lo sbruffone con te, ma ora che sai tutto ho paura che—»
«Non pensarlo nemmeno.» Bloccai quell'insano discorso sul nascere. «Io ti amo.»
«Anche io ti amo.» Tirò le labbra in un sorriso e pensai "Si, le ho fatte troppo spesse." «Ma è difficile non essere geloso.»
«C'è un proverbio che dice "Chi geloso vive, cornuto muore".» Parlai tornando a concentrarmi sul disegno. Non sentendo più niente da parte sua lo guardai. Era combattuto tra la rabbia e la delusione. Mi accorsi realmente di cosa avevo detto, probabilmente aveva creduto che io fossi di quell'idea, quindi tentai di rimediare.
«Ma io sono più dalla parte di Cesare Pavese.»
«È quello con cui mi vuoi tradire?» Mi interruppe incrociando le braccia come un bambino capriccioso.
«No, lui è morto e sepolto.» Risposi ridendo. «Ma ha detto che chi non è geloso anche delle mutandine della sua bella, non è innamorato.» Gli sorrisi.
«Sono decisamente geloso delle tue mutandine.» Abbandonò il risentimento e mi fece l'occhiolino. Posai il blocco da disegno e la matita di fianco a me, non mi piaceva come stava venendo il ritratto, non ero riuscita a renderlo bello come la realtà, quindi mi misi a cavalcioni su di lui, sorridendogli mentre mi avvicinavo sempre di più per unire le nostre labbra in un bacio che subito approfondì.
Mi ero avvolta in una coperta per non gelare mentre lo ritraevo, ma sotto ero ancora nuda, come lui. Me ne liberai e lo raggiunsi sotto il piumone caldo, accoccolandomi tra le sue braccia.
Matt mi strinse a sé come a volermi proteggere dal freddo. «Sei libera domani sera?»
«Credo di sì, cos'hai in mente?» Mi girai verso il suo corpo ed iniziai a baciargli il petto con malizia.
Il suo profumo era ancora ben presente sulla pelle e sorrisi al pensiero di essere riuscita ad immergermici totalmente.
Era il mio ossigeno.
«Il nostro primo appuntamento.»
«Non credi che abbiamo superato la fase del primo appuntamento da un pezzo?» Con le dita iniziai a seguire le linee del suo corpo, scendendo verso la freccia del ventre.
«Lo so, ma l'abbiamo proprio saltata, la prima fase.»
Sentivo che si stava concentrando per riuscire a parlare normalmente, ma io avevo posato l'orecchio al suo petto e riuscivo a sentire l'accelerarsi dei suoi battiti. Intrecciai le gambe alle sue e mentre mi sistemavo per essere più comoda, lo sfiorai con la coscia.
Matt s'irrigidì all'istante. Sorrisi senza che mi vedesse, divertita dall'effetto che gli facevo.
«Va bene, dove andiamo?» Tornai a cavalcioni su di lui per potergli parlare in faccia e riuscire a vedere i suoi occhi illuminarsi.
Matt si schiarì la gola. «È una sorpresa.»
Amavo le sorprese, creavano in me una strana e piacevole eccitazione. Era come aprire un regalo in un giorno qualunque, in un momento inaspettato.
Amavo anche farle, le sorprese, e sapevo bene che buona parte del divertimento stava nel vedere la persona esasperarsi per riuscire a cavare qualche informazione.
«Hai intenzione di darmi un indizio?» Venni presa dalla curiosità.
«No.» Rispose con fermezza.
«Dimmi almeno come devo vestirmi.» Lo pregai.
Matt analizzó il mio corpo, ancora sopra di lui, soffermandosi sul seno.
«Potresti venire nuda.» Si morse un labbro per poi inumidirlo con la lingua. «Nessuno si scandalizzerebbe lì.» Aggiunse avvicinando le labbra al mio petto, baciando sensualmente il capezzolo destro.
«Dove diavolo vuoi portarmi?» Gli chiesi, ancora più curiosa.
«Domani lo scoprirai.» Sussurrò contro la mia pelle.
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Anche questo capitolo è finito!!
Mi scuso per la cortezza, ma che ne pensate?
Dove credete che la porterà? Un posto dove non si stupirebbero a vederla nuda?
Ricordate di lasciare una stellina!
XOXO
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