Capitolo 28
Il mercoledì era decisamente una serata tranquilla. Poche mance, la clientela era per lo più sopra i trentacinque e molto tirchia.
Matt era seduto al bancone da quando eravamo entrati. Osservava ogni mio movimento con sospetto.
Era stato allegro per tutto il tragitto, ma una volta che mi ero tolta il cappotto e aveva potuto vedere come fossi vestita, il suo umore era cambiato all'improvviso.
Indossavo una gonna in pelle nera che evidentemente avevano fabbricato con un piccolo scarto, facendo sì che potesse coprire a stento il sedere, abbinata ad una maglietta in pizzo rosso, che lasciava intravedere il reggiseno nero sottostante.
«Devi proprio farlo?» Mi parlò a denti stretti quando riportai un vassoio di bicchieri vuoti e diedi un nuovo ordine a Melissa.
«È solo lavoro Matt.» Gli ricordai.
Con delicatezza prese i polsi nelle sue mani e si avvicinò a me. Dio, amavo quel profumo, capace di portare ossigeno anche in quel posto. Guidò le mie braccia al suo collo e mi prese dai fianchi per avvicinarsi di più.
«Non mi piace il modo in cui gli uomini qua dentro ti fissano.»
«Sei geloso?» Lo provocai.
«Non mi sembra che siamo solo amici ora. Cazzo, ogni volta che ti pieghi si vedono quasi le mutande! Quindi sì, sono geloso.»
Premette le labbra sulle mie con una dolcezza quasi straziante, quindi decisi di dare sfogo alla mia passione, baciandolo con più veemenza.
Ogni volta che le sue mani si spostavano su di me, una nuova scarica elettrica, più potente della precedente, si propagava per tutto il corpo.
La sua mano destra strinse il mio bacino per scontrarlo col suo mentre l'altra si inserì tra i miei capelli.
«Elsa, l'ordine è pronto.»
Melissa infranse la bolla in cui ci eravamo persi, mi separai subito da lui con imbarazzo e ripresi il vassoio, nuovamente appesantito, sotto lo sguardo complice di Melissa. Prima di allontanarmi mi avvicinai all'orecchio di Matt.
«Lasciali guardare. Ricorda che solo tu puoi toccarmi.» Gli lasciai un bacio veloce sul collo e tornai al mio giro di tavoli.
Un gruppo di uomini, già brilli, entrò nel locale con grande agitazione. Ognuno era accompagnato da una bella ragazza su tacchi alti e tra loro mi sembrò di riconoscere qualcuno.
Era il gruppo di quell'uomo nauseante e sarebbe toccato a me servire il suo tavolo. Conclusi in fretta le ordinazioni degli altri tavoli per poi correre da loro.
Detestavo il fatto che uno stronzo come lui fosse il migliore cliente del Kate's.
«Cosa vi porto?» Mantenni un sorriso cordiale, anche quando mi accorsi delle occhiate perverse che mi rivolgeva.
«Dov'è la rossa che ci serve sempre?» Chiedeva di Lara, come se stesse ordinando un panino.
«È malata, per questa sera dovrete accontentarvi di me.» Mi sforzai di sorridere, ma tenendomi a debita distanza da lui.
L'uomo mi scrutò abbastanza da farmi capire quanto fosse arrossato il suo sguardo perso.
Dopo essermi fatta ispezionare da lui avvertii la necessità di un disinfettante. Lara aveva ragione, dopo quella sera mi sarei fatta due docce per riuscire a togliermi quello sguardo di dosso.
Non l'avevo mai visto chiaramente e avrei preferito continuare così. Gli occhi erano scavati nel volto smunto e cerchiati da occhiaie pesanti. Sembrava essere piuttosto magro sotto il vestito elegante nero e la cravatta allentata.
Sebbene non potesse avere più di trent'anni, le rughe sul suo volto lo facevano sembrare più anziano, rovinato.
Quegli occhi iniettati di sangue, che mi fissarono tutta la sera, mi mettevano i brividi.
Stavo servendo il quarto giro di shot, quando uno dei suoi amici, già ubriaco da non reggersi in piedi, si aggrappò al vassoio, facendo cadere un paio di bicchieri proprio su di lui.
Io entrai nel panico al pensiero di cosa avrebbe fatto un uomo del genere se si fosse arrabbiato. Raccolsi in fretta i bicchieri dal divanetto, facendo attenzione a non dare loro le spalle mentre ero piegata. Fortunatamente non si erano rotti e iniziai a tamponare il tessuto con lo straccio che portavo sempre con me, continuando a chiedere scusa per l'accaduto.
Stavo aspettando la sua sfuriata, ma era calmo, probabilmente grazie a qualche sostanza di cui si era appena fatto.
«Cosa aspetti a pulire?» Indicò una macchia sui pantaloni e mi rivolse un sorriso malizioso che quasi mi provocò un conato.
Mi abbassai con cautela e tamponai la macchia con delicatezza, sperando continuamente che chiudesse del tutto gli occhi annebbiati ed entrasse in coma.
Allungò una mano per prendere la mia e la spostò sul cavallo dei pantaloni. Io la ritrassi immediatamente e mi alzai in piedi per andarmene.
«Dove credi di andare?» Mi afferrò per una gamba facendomi cadere in ginocchio di fianco a lui. «Sai quanto costa quest'abito? Devi rimediare in qualche modo.»
Il suo alito rispecchiava il marciume di cui era fatto.
«Owen! Guarda chi ho trovato!»
Non sapevo se il fatto che avessi riconosciuto quella voce mi rendesse felice o spaventata.
Nella stanzetta del privè era appena apparso Trash. Sul momento mi stupii di vederlo lì, poi notai gli occhi iniettati di sangue, lo sguardo perso, il sorriso da ebete e capii tutto.
In una frazione di secondo venni nuovamente investita dalla confusione, quando il ragazzo prese posto facendo entrare Matt.
Anche l'uomo rivoltante sembrava stupito di vederlo e colsi l'occasione per sfuggire alla sua presa.
«Oh, Matt, allora hai pensato alla mia offerta?»
Superai Matt e tornai al bancone il più in fretta possibile.
Cosa diamine ci faceva con quella feccia?
Un mese prima, li avevo visti parlare in quella stessa stanza, ma non gli avevo dato peso sul momento e col passare del tempo me ne ero dimenticata, ma stava succedendo di nuovo e non potevo fare a meno di chiedermi cosa avessero da discutere.
Avevo bisogno di aria, non riuscivo a credere ai miei occhi. Fortunatamente la mia pausa arrivò presto e io mi fiondai all'uscita posteriore.
«Hai un aspetto orribile.» Jackson mi guardava con un misto di preoccupazione e divertimento.
«Sono confusa.» Ammisi ad alta voce. «Matt conosce il tipo mano morta.»
«Owen Slade?» Alzò le sopracciglia con stupore ed io annuii. «Ecco!» esclamò «Ora ricordo perché il suo nome mi era familiare. Faceva parte del gruppo, tempo fa.»
Mentre la confusione si affievoliva, la preoccupazione cresceva.
«Nel senso che erano amici?» Non volevo credere che fosse vicino a un uomo che aveva più cose in comune con un ratto, che con le persone.
«Si, certo. Stavano sempre insieme, il tuo ragazzo ha fatto cattiva pubblicità al padre per anni. Come ho fatto a non riconoscerlo? Il suo nome è stato spesso sui giornali perché il padre è un imprenditore importante di non so quale società.»
Questo spiegava il brutto presentimento che aveva avuto la prima volta. Matt mi aveva confessato che tempo prima era stato dipendente dalla droga, anche se non avevo ancora capito quanto seria fosse stata la situazione, ma se c'entrava Slade non prometteva bene.
«Come hai fatto a non riconoscerlo?»
«Elsa, mi dispiace davvero, ma Matt era uno dei peggiori drogati in cui ci si poteva imbattere. Il genere che non riesci a capire se ti fa pena o paura. Quando ha iniziato a spacciare nei bagni l'abbiamo dovuto cacciare. Ma a quanto vedo adesso è pulito, dico bene?»
«Si, certo.» Allora perché parlava ancora con Slade? Avrebbe dovuto troncare ogni rapporto. «Almeno credo.» Aggiunsi a me stessa.
Il suo passato non era affare mio, ma la sua vicinanza con Slade mi fece dubitare di che genere di persona fosse stato prima.
Un'ora e un quarto.
Fu il tempo mancante alla fine del turno. Per me e quel tavolo si tradussero in altri sei giri di shot di tequila, due gin tonic e quattro Cuba libre.
Matt era seduto di fronte a Slade, lo sguardo impassibile, mentre tutti quelli intorno a lui lo incitavano a bere con loro.
Perché non se ne andava? Provai a cercare i suoi occhi ogni volta che gli passavo davanti, ma era come se per lui non esistessi. Se davvero aveva chiuso, perché restava lì seduto con lui?
Mancavano solo dieci minuti alla fine del mio turno, Matt teneva davanti a sé un bicchiere di whisky che aveva ordinato Slade per conto suo. Raccolsi i residui delle loro bevute precedenti e in un momento di sconsideratezza diedi le spalle all'uomo.
Lo feci per avere l'occasione di guardare Matt in faccia e capire cosa stesse succedendo.
Sentii una pressione fastidiosa che mi tirava verso il basso.
Slade era indebolito dai numerosi alcolici, ma fu abbastanza forte per riuscire a farmi sbilanciare e cadere sulle sue gambe, provocando la caduta del vassoio che tenevo in mano e di tutti i bicchieri sopra.
Le sue mani arrancarono sul mio corpo fino a circondarmi. Guardai istintivamente verso Matt, che in quel momento sembrava deciso ad interpretare un cactus. Lo vidi distogliere lo sguardo da quello che stava accadendo.
«Tu sei meglio dell'altra ragazza.» Appiccicò il suo alito disgustoso al mio orecchio.
Mi dimenai invano, continuando a sperare che Matt intervenisse mentre le mani di quel porco si spostarono sulle cosce.
Capii che avrei dovuto fare da sola.
Smisi di combattere ed accompagnai le mani luride verso l' interno delle mie cosce. Sentii il suo respiro affannarsi leggermente per la mia reazione inaspettata, ma gradita.
In questo modo ottenni la sua fiducia per riuscire a cambiare posizione e sedere su di lui guardandolo in faccia.
Feci scorrere lentamente le mie mani lungo il suo petto, fino ad arrivare al cavallo rigonfio dei suoi pantaloni. I suoi occhi si chiusero al mio tocco, allora strinsi con forza la sua parte più delicata e mentre si tendeva dolorosamente con la bocca aperta per lamentarsi, mi avvicinai al suo orecchio.
«Provaci ancora e te lo macino nel trita rifiuti.» Gli diedi un ultimo colpo e me ne andai, dopo aver raccolto la maggior parte dei vetri rotti a terra.
Matt aveva cambiato posizione, quando mi separai dal dolorante pervertito, lui era in piedi di fronte a noi. Direi che la parola migliore per descrivere la sua espressione è contrito. Gli si leggeva in faccia che avrebbe voluto fare qualcosa, ma qualcos'altro glielo impediva. Ma non cambiava niente.
Cosa, per tutte le stelle, lo aveva bloccato dall'evitare che venissi molestata? La gelosia di prima era solo una finta?
Avevo dimostrato che non mi serviva il suo aiuto. Chris mi aveva insegnato che il modo migliore per scappare da uomini come Slade era fargli credere che avessero il controllo e sul più bello farli a pezzi, perché era il momento di maggiore vulnerabilità.
Era stato talmente stupido, o ubriaco, da credere che avessi accettato di andare con lui.
Potevo finalmente tornare a casa, ma mi ritrovai davanti a un problema: ero arrivata in macchina con Matt.
Come si era potuto trasformare dal ragazzo più dolce che avessi mai incontrato, a un bastardo insensibile a cui sarebbe stato bene che venissi molestata davanti ai suoi occhi?
Non lo riconoscevo. Realizzai di essermi messa nelle mani di uno sconosciuto.
Chiamai un taxi e andai ad aspettarlo in compagnia di Jackson. Non potevo parlare con lui di Slade, sarebbe stato costretto a cacciarlo e il Kate's avrebbe perso il suo migliore cliente.
Non potevo permetterlo.
«Sicura di stare bene?» Il mio amico era preoccupato, probabilmente avevo un'aspetto terribile. «Cosa ti ha fatto?»
Arrivò all'unica conclusione a cui potesse pensare. Matt mi aveva sicuramente fatto qualcosa, ma non lo sapevo nemmeno io.
Tecnicamente, era quello che non aveva fatto a farmi stare male. Non si era intromesso. Non mi aveva protetta. Mi aveva detto di essere innamorato di me, eppure era rimasto lì a guardare senza alzare un dito.
«Mi ha mentito.» Risposi.
Non era reale il suo interesse per me, non mi amava, non poteva nemmeno volermi bene, perché in caso contrario il suo mancato intervento avrebbe significato qualcosa di ancora più doloroso.
Il taxi si fermò sulla strada e suonò il clacson, feci un segno all'autista per farmi vedere e mi incamminai verso casa.
«Notte Jackson.»
«Buona notte.»
Avevo bisogno di riposo, mi faceva male la testa.
«Elsa! Mi dispiace, posso spiegarti.»
Mi voltai senza pensare. Jackson stava trattenendo Matt dal raggiungermi. Mi guardava supplicando di ascoltarlo e il volto contratto in un'espressione di dolore oscurava la visione delle pozze dorate.
«Ti prego.»
Mi voltai e raggiunsi il taxi.
Pensai così tanto a lui quella sera che il mal di testa peggiorò.
Mi chiamò al cellulare più volte dal momento in cui il taxi iniziò la sua corsa per portarmi a casa.
Il mattino dopo risposi per sbaglio ad una chiamata, ancora addormentata e intontita dal sonno.
«Elsa, finalmente, mi dispiace, ti prego, dammi la possibilità di parlare con te. Posso spiegarti tutto. Posso accompagnarti a scuola?»
Pensai in fretta correndo in cucina a bere un bicchiere d'acqua.
«Sono qui fuori, ti prego.»
Mi affacciai alla finestra e lo vidi sul marciapiede, che camminava nervosamente avanti e indietro.
«Sono già a scuola.»
Non sopportavo il ricordo del suo sguardo indifferente della sera prima, che mi aggrediva ogni volta che lo guardavo.
«Ah. Possiamo vederci?»
Dalla finestra lo vidi attraversare la strada correndo per salire in macchina.
«Non lo so.» Attaccai senza dargli la possibilità di dire altro. Lo vidi andare via in macchina, convinto di vedermi a scuola.
«Giorno.» Chris mi salutò iniziando a maneggiare le cose per la colazione.
Io stavo ancora alla finestra, non volevo voltarmi. Avrebbe visto subito che qualcosa non andava. Dovevo essere sotto shock per voler evitare Chris, lui era l'unico di cui mi fidassi.
Presi un respiro profondo per poi camminare fino ai fornelli, dove stava cucinando il mio amico.
«È successa una cosa.» Dissi con un filo di voce. Chris notò nel mio tono qualcosa di strano.
«Stai bene?»
Bastò un suo sguardo, una semplice domanda e tutto diventò reale.
«Un uomo ha allungato le mani, ieri sera. Ma non è questa la cosa, mi sono saputa difendere, come mi hai insegnato tu.» Trovavo difficile dire ad alta voce ciò che era successo, ma sapevo di doverlo fare per riuscire ad agire con mente lucida.
«Allora cosa c'è?»
«Matt era lì» ammisi. «Era seduto di fronte a noi. E non ha fatto niente.» Ancora non volevo credere che non avesse mosso un muscolo per aiutarmi.
Chris fermò i suoi movimenti, spense i fornelli e lo vidi osservare il vuoto qualche secondo.
«Non lo devi più vedere.» Parlò con durezza, esprimendo il pensiero che mi aveva tormentato quella notte.
«Lo so. Non lo farò.» Abbassai il capo. Sapevo che era la cosa giusta. Non potevo stare con qualcuno che non aveva problemi a lasciarmi palpare da un drogato sbronzo, senza dire niente.
Pensai che fosse stata una fortuna scoprire quel lato di lui così presto. Era stata la storia più breve che avessi mai avuto, ma per fortuna mi ero fermata in tempo. Non osavo immaginare se fosse successo dopo che mi fossi aperta maggiormente.
«Vuoi rimanere a casa, per oggi?» La sua premura era ciò che mi servì a capire che dovevo andare. Mi ero sempre detta che non avrebbe interferito con gli studi e di certo non avevo intenzione di dargli qualche potere sulla mia vita.
«No.» L'avrei semplicemente evitato. «Vado a svegliare Emily.»
Sapevo che avrebbe potuto accompagnarla Chris, ma volli farlo io, in modo da guadagnare qualche minuto in più per pensare.
Pensai a come avrei dovuto dire a Matt che non lo volevo più vedere, pensai alla possibilità di evitarlo fino al diploma, anche se sarebbe stato difficile dato che vivevamo vicini. Pensai così tanto a ciò che avrei dovuto fare, che mi accorsi di aver dimenticato lo zaino.
Tornai a casa, corsi sulla rampa di scale per fare presto e mi scontrai con un ragazzo che stava scendendo.
«Scusa, non vol—» Mi bloccai nel momento i cui capii in chi mi ero imbattuta.
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È successo un bel casino.
Che ne pensate?
Ora sappiamo perché Jackson avesse quel brutto presentimento.
Lasciate una stellina per votare il capitolo e proseguire per scoprire contro chi si è imbattuta Elsa.
XOXO
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