Capitolo 23

Avvertii un brivido percorrere il mio corpo dopo essere partito dal mio ventre, come una scossa elettrica che liberò tutte le farfalle che erano state rinchiuse nel mio stomaco tempo prima.
Inserii le mani nei suoi capelli e lo attirai a me come se ne dipendesse la mia stessa vita.

Mi lasciai trasportare dalle sue labbra morbide quando rispose al bacio, muovendosi contro le mie, ricambiando con la stessa bramosia. Fece scorrere le sue mani lungo il mio corpo e mi sentii andare in fiamme quando raggiunse finalmente il fondoschiena.

Spinse il bacino contro il mio, bloccandomi in modo da non permettermi indietreggiare. Scese fino all'estremità del mio vestito, che era arrivato appena sotto i glutei.

Dischiusi le labbra per dare accesso alla sua lingua, che danzò con la mia approfondendo il bacio con una passione che mi accese più di quanto avesse mai fatto chiunque.
Più lo baciavo e più sentivo il bisogno di averlo vicino. Non stavamo più ballando, mi mancava il fiato come se avessi appena corso la maratona, ma era come se contemporaneamente stessi respirando per la prima volta.
Matt separò le nostre labbra e mi guardò negli occhi. Disse qualcosa che la musica troppo alta mi impedì di capire.

Afferrò saldamente la mia mano per condurmi fuori dal caos, ma prima prese il tessuto del mio vestito e lo abbassò a metà coscia, dove sarebbe dovuto stare.
Nella villa era impossibile trovare un luogo abbastanza tranquillo per parlare.
Trovammo miracolosamente la porta che dava sul retro, la spalancò e mi fece uscire in fretta per poi chiuderla alle nostre spalle, dando un po' di pace alle mie orecchie. Per poco non caddi a causa di un gradino che non avevo visto, una volta recuperato l'equilibrio inspirai una boccata di aria autunnale, poggiai la schiena contro il muro freddo della casa, mi presi la testa tra le mani per alleviare l'improvvisa pressione causata dalla musica assordante e chiusi gli occhi appesantiti dal trucco. Solo ora mi rendevo conto di quanto mi sentissi stanca.
Una volta preso un respiro di aria fresca lo guardai, poggiato con la schiena alla parete e pensai che fosse bellissimo. I capelli spettinati dalle mie mani gli ricadevano sulla fronte, il calore della sala gli aveva colorato leggermente le guance e per sentire meno caldo si sbottonò alcuni bottoni della camicia che indossava.
Volevo continuare ciò che avevo iniziato ballando, mi avvicinai di nuovo a lui e feci riunire le nostre labbra. Potevo sentire il suo cuore battere nel petto e volli raggiungerlo lasciando una scia di baci sul suo collo, ma quando arrivai alla clavicola un gemito sommesso uscì dalle sue labbra, mi prese per le spalle e mi allontanò da lui.

«Quanto hai bevuto?» La sua espressione di mortifica mi fece capire che non avrebbe mai voluto farmi quella domanda.

«Un po'.» Gli sorrisi consapevole di essere un po' brilla. «È importante?»

«Si.» Prese le mie mani nelle sue per allontanarle dal suo viso e mi fece sprofondare nei suoi occhi. «Non sai cosa vorrei farti in questo momento.» Fece unire le nostre fronti e chiuse gli occhi, respirando profondamente. Pensai che fosse decisamente presuntuoso, ma per qualche motivo non espressi quel pensiero che mi aveva fatto sorridere. Matt riaprì i suo occhi e si allontanò da me.

«Ma devo sapere se quello che hai fatto è stato voluto o se domani ti sveglierai sentendoti uno schifo e mi respingerai ancora.»

L'alcol che ancora viaggiava in me mi spingeva a ignorare le sue parole e fiondarmi di nuovo sulle sue labbra. Non mi importava di cosa avrei pensato il giorno dopo.

«Non lo so.» Ammisi, indispettita dal suo improvviso senso morale. «Ora sono qui e ti voglio. Non ti basta?»
Mi avvicinai per tornare ad assaporare la sua bocca, ma lui mi fermò di nuovo.

«No. Sei ubriaca.» Mantenne saldamente il suo sguardo inchiodato al mio e continuò a parlare con un tono particolarmente profondo. «Non voglio che ti possa pentire di qualcosa che fai con me. Mai.» Fece una pausa per accertarsi che capissi il suo punto di vista. «Quando vorrai farlo ancora, da sobria, allora non ti fermerò di certo. Ma per ora credo sia meglio che ti riporti a casa.»

Mi prese per mano con l'intenzione di portarmi via, ma io non ero d'accordo.

«Perché?!» Urlai liberandomi dalla sua presa. «Io mi sto divertendo, sei stato tu a insistere perché venissi, non puoi portarmi via quando ti pare. Io voglio solo smettere di preoccuparmi per qualche ora, è quello che mi hai chiesto fin da subito, qual é il problema!?» Iniziai ad arrabbiarmi.

«Te l'ho chiesto prima di conoscerti.»
Disse come se si dovesse difendere da un'accusa.

«Quindi ora credi di conoscermi e non vuoi più stare al gioco?» Non ero certa che avesse colto il mio sarcasmo. «Tu non mi conosci.» Sputai con veleno, credeva davvero di sapere tutto di me dopo un paio di settimane? Era ridicolo. Non sapeva niente.

«Invece si!» Alzò la voce per un momento. «Abbastanza da sapere che se ora approfittassi del fatto che sei ubriaca non mi rivolgeresti mai più la parola e non ho intenzione di perderti!»

Era evidente che fosse arrabbiato, ma stava provando in tutti i modi di controllarsi, forse per non farmi scappare. Io non ero lucida e il fatto che dovetti riconoscere che lui avesse ragione mi fece infuriare ancora di più.

Mi aveva assillato per potermi portare a letto dal primo momento che ci eravamo visti, finalmente ero abbastanza ubriaca da permetterglielo e lui si tirava indietro. Pensai che forse stava solo giocando con me, forse per lui ero solo un passatempo. Ma io non ero un giocattolo.

«Bene, allora vado a cercare un altro con cui divertirmi.» Non feci niente per nascondere la mia rabbia.

«Davvero riusciresti a baciare uno sconosciuto per puro divertimento?» Emise una risata ironica.

«Non mi credi?» Lo sfidai per pura ripicca, sapevo dentro di me che probabilmente aveva ragione, ma decisi deliberatamente di ignorarmi.

«Ma se mi hai urlato contro tutte le volte che te l'ho proposto io!» Gridò esasperato.

«Hai ragione.» Lo vidi bloccare il suo impeto nervoso per osservarmi confuso. «Per divertirmi davvero dovrò andare fino in fondo.» Espressi ciò che mi era passato per la mente senza filtro.
Il pensiero di ritirare tutto fu immediatamente cacciato da l'orgoglio, con l'aggiunta della soddisfazione che mi provocò la sua reazione.
Il suo corpo s'irrigidì in un istante e i suoi occhi esprimevano chiaramente la rabbia che stava controllando con fatica.

«Non ci credo. Non ne saresti mai capace. Tu non sei fatta così.» Anche se fece in modo di mostrarsi sicuro di sé, sapevo che il dubbio aveva iniziato a insinuarsi nella sua debole convinzione.
Mi aggrappai a quel dubbio per continuare per la mia strada.
Lui non mi conosceva. Quella era la mia vita prima che dovessi crescere, fatta di alcol, musica e ragazzi, e per quella notte, solo per poche ore, non sarei stata costretta ad assumere il ruolo di adulto.
Gli rivolsi un sorriso spavaldo, certa che non avrebbe fatto altro che irritarlo ulteriormente, gli diedi le spalle e rientrai in casa.
La rabbia guidava i miei passi, unendosi al desiderio di dimostrare a Matt che non ero quella che lui credeva e che sarei andata fino in fondo.

Iniziai a vagare per quel luogo assordante senza poter fare quattro passi e non imbattermi in qualcuno abbandonato, svenuto a terra. Andai verso la cucina per rimediare alla mia gola secca.
La discussione con Matt mi aveva messo di cattivo umore, così andai in cerca di qualsiasi bottiglia mi avrebbe aiutata a sentire di nuovo quella leggerezza che mi mancava.

Dopo di che tornai nella sala affollata per immergermi nel caotico divertimento della festa. Mi costrinsi a non pensare a Matt e non fu difficile trovare qualcuno con cui ballare.

In un'altra stanza era stato allestito un tavolo per il beer pong, attorno al quale si era raggruppato un pubblico di ragazzi che scommettevano sul vincitore.
Uno dei giocatori era Jack, i suoi bicchieri erano ancora pieni, mentre quelli opposti erano quasi finiti.

Quando mi intravide tra le persone mi invitò a giocare con loro.

«Dove hai lasciato Allison?»

«È con Adam.» Mi fece un sorriso ammiccante e riempì i bicchieri che si erano svuotati.

Non ero brava a beer pong. In soli trenta minuti dovetti bere l'equivalente in bicchieri di tre bottiglie di birra scadente.
Alla fine della partita non provavo nemmeno più a prendere la mira.

«Elsa, scusa se te lo dico.» Jack mi cinse la vita con un braccio, ridendo per lo stato in cui mi trovavo, e ne approfittai per sorreggermi durante un piccolo giramento di testa. «Ma fai davvero schifo a questo gioco.»

Non potevo che essere d'accordo.

«Devo solo prenderci la mano.» Risi provando a lanciare di nuovo la pallina sul tavolo. Il mio amico mi abbassò il braccio e mi condusse lontano dal tavolo.

«Basta birra per te. Dove hai lasciato Matt?» Si guardò intorno. «Vi ho visto prima.» Mi fece l'occhiolino.

«Dimentica quello che hai visto.» Mi allontanai da lui. Mi aveva ricordato perché mi trovavo a bere birra invece che stare con lui. Lasciai il tavolo da gioco e tornai in cucina.

«Bevi per dimenticare o per divertirti?» Un ragazzo mi parlò dall'angolo della cucina mentre mi versavo il secondo bicchierino di vodka. Detestavo il sapore, ma era il più rapido.

Probabilmente quel tipo si trovava lì da quando ero entrata, ma non l'avevo notato.

«Entrambi.» Gli risposi forzando un sorriso e buttando giù il liquido caldo. Sembrava carino. Capelli neri e mossi che aveva lasciato crescere fino a coprirgli le orecchie, occhi di un colore scuro, quasi penetranti e labbra spesse che iniziai a desiderare quando le poggiò al bordo del bicchiere rosso, dopo avermi sorriso.
Si separò dalla parete a cui era appoggiato e si avvicinò al mio corpo. Lui era decisamente più alto di me.

«Mi chiamo Lucas.» Mi porse una mano grande che strinsi con quel poco di forza che la serata mi aveva lasciato.

«Elsa.» Mi fu impossibile non notare il corpo muscoloso che aveva tentato invano di nascondere con vestiti normali.

«Posso sapere perché una bellezza come te sta bevendo da sola?» Forse era l'alcol ad aver preso possesso della mia mente, perché la sua voce mi sembrò incredibilmente sexy. Sollevai la testa all'indietro per continuare a guardarlo quando si avvicinò ancora.

Aveva il mento ben squadrato e una piccola vena sul collo mi fece crescere la voglia di sfilargli la maglia per vedere dove proseguiva. Anche se dato quello che avevo appena trangugiato, era più probabile che me la fossi immaginata.

«Quello con cui sono venuta non vuole baciarmi.» Gli confessai davvero delusa. Dopo aver parlato mi accorsi di quanta fatica avevo fatto per riuscire a pronunciare correttamente le parole.
La leggerezza che avevo cercato mi raggiunse all'improvviso, creando un piccolo distacco tra me e il mio corpo.

«Deve essere un idiota per lasciarsi sfuggire una come te.» Parlò con voce profonda, avvicinandosi al mio orecchio, mentre io mi voltavo per riempire ancora il bicchiere. Non mi serviva altro alcol, ma l'informazione impiegò troppo per arrivare al mio cervello.

«Infatti.» Sarebbe stato brutto sprecare un bicchierino già pronto, così portai il liquido alla bocca e tornai a guardarle Lucas.
Mi spostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, per poi continuare il movimento fino a liberare un lato del collo.

«Se vuoi,» posò un bacio bagnato sulla pelle nuda mentre le sue mani grandi afferrarono il mio corpo per i fianchi,
«posso farti dimenticare quell'idiota.» Non era la sensazione che cercavo, non erano le mani che volevo, ma erano piacevoli e le sue labbra sembravano sapere esattamente dove posarsi.

«Lascia fare a me.» Sussurrò.
Sollevai le braccia per circondare il suo collo e fare in modo che le sue labbra morbide non lasciassero la mia pelle.
Il calore dei nostri corpi aumentava dove decideva di posare la sua bocca, convincendo anche la mia mente annebbiata che era quello che volevo.
Il ragazzo si mosse in avanti e mi ritrovai incastrata tra il ripiano dell'isola e il suo corpo.
Le sue mani stringevano bramosamente ogni parte di me, mentre le sue labbra si avventarono sulle mie con impeto.

Le mani grandi si spostarono sotto il mio sedere e mi sollevò per poggiarmi sul ripiano dietro di me.
I sensi erano annebbiati dall'alcol che il mio cuore aveva iniziato a far circolare velocemente, ma riuscivo a sentire chiaramente l'odore di fumo su di lui. E il sapore amaro della sua bocca.

Improvvisamente quell'odore pungente scomparve insieme alla pressione del suo corpo.
I miei occhi erano aperti ma le immagini apparivano sfocate.
Il ragazzo di cui non ricordavo il nome ora si trovava a terra e davanti a me stava Adam. Ebbi appena il tempo di realizzarlo prima che sentissi il mio braccio essere strattonato e il resto del mio corpo con lui.
Adam mi trascinò per il corridoio, lasciandoci alle spalle il ragazzo giustamente confuso.

«Che cazzo fai?!» Gli urlai contro tentando di liberarmi e rendendomi presto conto del mio equilibrio precario. Le parole mi uscivano impastate per quanto mi sforzassi.
Q

uando si fermò vicino a delle scale ampie, liberandomi dalla sua stretta, la stanza fece un giro su se stessa e fui costretta ad aggrapparmi a lui.
Mi guardò con uno sguardo acceso di rabbia, eppure iniziò a parlare con una calma destabilizzante.

«Mi hai detto di non far soffrire Allison. Lo capisco, è tua amica. Vuoi fare la preziosa con il mio di amico? Mi sta bene, decide lui fino a che punto assecondarti.»
L

a sua espressione divenne incredibilmente più seria, mi puntò con l'indice.

«Ma non ti azzardare a fare la puttana con tutti mentre giochi con lui.» Il tono minaccioso lo tradì, facendo trapelare la sua irritazione. «Non ti permetterò di scopare il primo che passa quando sappiamo entrambi che Matt ti piace e che ti sta morendo dietro.»

«Cosa credi?» Risposi reggendomi con le mani al muro dietro di me. «Che non ci abbia provato con lui? Mi ha cacciata.» Mi imbronciai.

«Almeno uno di voi ha del rispetto per te.» Mi guardò con accusa e sdegno, facendomi sentire in colpa.

«Non puoi dirmi cosa fare!» Gli urlai contro, ma la musica che invadeva l'aria affievolì l'effetto. «Non stiamo insieme. Lui mi ha respinta, quindi sono libera di trovarmi qualcuno che non lo faccia.» Urlai ancora per sovrastare il caos della sala lì vicino.

Ero troppo orgogliosa per ammettere che il suo rifiuto mi aveva fatto male.
Allison e Jennifer uscirono dalla sala per venire nella nostra direzione.
Vedere la mia amica aprì nella mia mente uno spiraglio di lucidità inaspettato e mi vergognai per quello che stavo per fare. Non era da me. Nemmeno anni prima avrei mai fatto una cosa del genere solo per ripicca.
Sapevo di dovermi scusare con Matt per il mio comportamento, ma la vodka stava ancora facendo il suo viaggio nel mio corpo.

Non avevo il coraggio di andare a cercarlo dopo quello che stavo per fare.

«Non fare cazzate.» Mi avvisò poco prima che la mia amica ci raggiungesse, poi mi fece cenno di seguirli e insieme tornammo alla confusione della festa.

Jack era sparito dalla circolazione e Allison stava parlando timidamente con Adam.
Pensai addirittura di avvicinarmi alla piccola del gruppo, ma bocciai anche quell'idea.
Erano passate da poco le due, mi chiesi se Chris avrebbe guidato fin lì a quell'ora di notte per salvarmi da me stessa.

Decisi che non ero più dell'umore per divertirmi, accesi il mio cellulare ed uscii dalla casa senza salutare nessuno. Avevo in mente solo il mio bisogno di pace.
Raggiunsi il vialetto con difficoltà, mantenendo un equilibrio che i tacchi di certo non stavano agevolando.

Chris rispose al secondo squillo e per prima cosa mi chiese se fosse successo qualcosa, con la preoccupazione nella voce impastata dal sonno.

«Ho fatto un casino.» Gli risposi.

Non ci fu bisogno di altro, si fece dare l'indirizzo e mi promise che sarebbe arrivato in pochi minuti.
Quando attaccò mi sentii sollevata. Avevo detto a Jennifer che non avevo bisogno di qualcuno che combattesse per me, non avevo bisogno di essere salvata, ma in quel momento avevo sicuramente bisogno di Chris.

I piedi mi facevano male e decisi che non c'era motivo di continuare a soffrire inutilmente, quindi mi sedetti a terra, perdendo del tutto l'equilibrio, e mi concentrai seriamente sul guidare i movimenti delle mie mani per togliere gli stivali.

Finalmente i miei piedi ebbero una tregua, grazie all'aria fredda d'autunno che si avvinghiò anche ai polpacci ora scoperti.
D'un tratto mi sentii incredibilmente stanca, con il corpo tanto pesante da faticare a mantenere la testa dritta e pensai che non ci sarebbe stato niente di male se mi fossi sdraiata un momento sull'erba fresca.

Un'idea che realizzai essere pessima solo quando la mia schiena venne a contatto col terreno freddo e umido.

«Non ti addormentare.»
La sua voce proveniva dall'alto.

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Grazie a voi la mia storia sta crescendo lentamente, ma ho notato che le letture per capitolo sono diminuite, quindi c'è chi si stufa della storia, probabilmente, e decide di non seguirla più.
Quello che mi urta è il non sapere il motivo. Ho davvero BISOGNO di capire quali sono gli aspetti di questa storia che fanno perdere l'entusiasmo a voi lettori. Se non lo so, non posso sistemarlo.
Quindi se avete un'idea, un'opinione che secondo voi può aiutarmi a migliorare, vi prego, fatemelo sapere.
Grazie mille
XOXOXO

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