Capitolo 20
Erano circa le cinque quando entrai in casa. Le parole di Allison erano diventate un disco rotto nella mia testa. Subito incrociai lo sguardo di Chris seduto al tavolo, Emily era vicino a lui che faceva i compiti. Chiusi la porta, li salutai entrambi e mi avvicinai per baciare la mia sorellina sulla testa mentre mi raccontava che erano stati al parco tutto il pomeriggio, dove aveva conosciuto un bambino simpatico, ma Chris lo aveva spaventato e mandato via. Al sentirlo, gli rivolsi uno sguardo confuso al quale rispose subito.
«Continuava a prenderle la mano.» Come se fosse una motivazione sufficiente.
La mia espressione non cambiò.
«E allora?»
Lui mi guardò come se la risposta fosse ovvia. «Quel bambino aveva come minimo otto anni, e si sa che vogliono solo una cosa dalle bambine per bene come Emily.» Io risi, sperando vivamente stesse scherzando.
Emily, che ascoltava come sempre, si inserì nella conversazione.
«Che cosa?»
Chris la guardò un attimo per inventarsi l'equivalente infantile, conscio che quello che stava dicendo era completamente insensato. Poi si illuminò e disse: «Il tuo peluche.»
A quel punto Emily fece un verso di disapprovazione e disse con convinzione che non avrebbe mai dato a nessuno i suoi peluche, mentre io ridevo.
«Visto che con Chris sei al sicuro da cacciatori di peluche, posso lasciarti con lui anche sabato.» In realtà stavo parlando con l'uomo che non perse tempo ad accorgersene.
«Dove vai?»
«A una festa con Allison.» Annunciai. Da un certo punto di vista si sarebbe dovuto trattare di una cosa positiva: finalmente stavo facendo uno sforzo per interagire con altre persone in modo normale. Il fatto che fossi stata quasi incastrata per andarci e che Matt mi avrebbe accompagnato erano dettagli che non serviva sapesse. Da quando conoscevo Chris non ero mai andata a una festa, né avevo mai espresso il desiderio di parteciparvi, per questo mi guardò perplesso. Prese un respiro come per dire qualcosa, poi fece rimbalzare i suoi occhi da me ad un punto indefinito alla sua destra un paio di volte.
«Va bene.» Disse, anche se ero convinta non fosse davvero quello che avrebbe voluto dire.
Ottenuta la sua "approvazione" andai in camera mia per riposarmi un momento dopo le ore passate in piedi a guardare vestiti. Qualcuno non la pensava come me, infatti appena chiusi la porta e mi buttai sul letto comodo, Chris fece irruzione. Aveva uno sguardo serio e un po' impacciato, come se dentro di lui fosse ancora combattuto riguardo all'iniziare la conversazione o meno.
Mi sollevai sui gomiti e lo guardai interrogativa, con un sopracciglio alzato. Parve ripensarci e mi diede le spalle per andare via. Mi tirai seduta, rinunciando alla possibilità di riposare.
«Sputa il rospo» lo bloccai. «O mi farai impazzire.»
Al che, Chris chiuse la porta e si avvicinò sedendosi sul materasso. Io continuai a guardarlo nella speranza che si decidesse ad iniziare. Dentro di me sapevo già quale sarebbe stato l'argomento della conversazione, perché non avevamo ancora avuto occasione di parlarne e lui non sarebbe passato oltre senza discuterne, anche solo per sapere che andava tutto bene.
Ma non andava tutto bene. Ero infatuata di un ragazzo che ricambiava e che sembrava determinato a farmelo ammettere, stavo combattendo contro i miei stessi istinti per un bene superiore. Almeno, così continuavo a ripetermi.
«Quel ragazzo.» Iniziò. Non formulò alcuna domanda, avrei dovuto dirgli semplicemente tutto. Si trattava solo di una questione di fiducia e io mi fidavo di Chris ma non mi fidavo di me. Avevo paura che dicendogli ciò che ripetevo a me stessa avrebbe capito che stavo mentendo e, facendolo notare, io stessa mi sarei accorta che quel disco rotto nella mia testa era solo una bugia destinata a non durare. Chris voleva che stessi bene, che mi comportassi come una ragazza normale, per quanto possibile.
Immaginai ogni possibile conclusione della nostra chiacchierata per capire se avessi avuto una possibilità di mantenere in funzione quel disco.
Probabilmente impiegai troppo perché continuò.
«Nessuno si era mai presentato a casa.» Mi fissò negli occhi, in cerca di una reazione da parte mia. «Prima la tua amica e oggi questo ragazzo», mi sorrise. «Ne sono felice, era da tanto che non ti vedevo parlare normalmente con un ragazzo.»
Abbassai lo sguardo. «Oggi era solo il frutto di una stupida scommessa.» Portai una ciocca dietro l'orecchio destro.
Lui voleva che condividessi qualcosa di più.
«Scommessa su cosa?»
«Niente di che,» cacciai la questione con un gesto della mano, «io non credevo che avesse davvero ventun'anni.» Al che i suoi occhi si sbarrarono e lui assunse un aria perentoria.
«Uno che alla sua età sta ancora all'ultimo anno non è sicuramente abbastanza intelligente per uscire con te.»
«Non usciamo insieme.» Mi affrettai a ribattere. Chris fece sparire la serietà e mi guardò in modo dolce.
«Però tu gli piaci. E credo che anche lui un po' ti piaccia, perché con chiunque altro te ne saresti fregata di una stupida scommessa.» Mi rivolse lo stesso sguardo che faceva quando giocavamo a carte e lui stava per vincere. «Lo so che fai solo quello che vuoi davvero fare, quindi non mentirmi. Non è male che lui ti piaccia, ma è troppo. . .grande. Lo sai come sono i ragazzi, loro vogliono solo—»
«Il mio peluche?» Chiesi ridendo e lui annuì con più serietà. «Siamo amici.» Lo fermai prima che potessimo aprire il discorso sesso.
«Davvero. Non serve.» Quasi lo supplicai con gli occhi di non andare avanti.
Vedevo che nemmeno lui ne era entusiasta.
«Però prima o poi dovremo parlarne, voglio dire, ormai sei grande, adulta, quasi, e non so se qualcuno ti ha—»
«Tranquillo,» lo interruppi ancora. Non voleva proprio tacere. «la mamma mi ha fatto il discorso quando avevo undici anni.» Decisi di dirglielo chiaro e tondo affinché smettesse di parlarne il prima possibile. «Però, se ti fa piacere, potrai parlarne tu a Emily quando sarà il momento.» Feci una battuta, ma lui non la prese molto bene, perché rispose subito.
«Non farmici pensare, ti prego. Dovranno passare almeno una ventina di anni per lei.» Ma poi si lasciò andare ad una risata che servì per alleviare entrambi dalla tensione dell'imbarazzo.
«Comunque l'ho notato.» Il tono era serio ma un sorriso rassicurante non aveva abbandonato le sue labbra.
«Quando sei rientrata eri persa nella tua testolina.» Allungò una mano e con un dito bussò sulla mia fronte per darmi fastidio. «Più del solito. Se è successo qualcosa...»
Sospirai spostando l'attenzione al mio copriletto.
«Gli avevo detto che ci saremmo potuti vedere solo come amici, ma a quanto pare, lui non si vuole arrendere.» Omisi l'episodio del quasi bacio, non c'era bisogno che gli dicessi qualcosa che non era successo.
Sono sempre stata pessima a non farmi coinvolgere dalle persone. Il mio livello di empatia raggiungeva livelli fastidiosamente alti, per questo ero pienamente consapevole che se mi fossi avvicinata a lui, abbastanza da volergli bene, non sarei più stata in grado di lasciarlo andare. Ero fatta così. E mi distruggeva.
«E tu non vorresti qualcosa di più?» Aveva colpito nel segno e sapevo che lui era stato in grado di capirmi senza il bisogno di dirlo.
«Non credo di saperlo.» Declinai la sua domanda nonostante sapessi perfettamente di volere uscire con lui, dimenticarmi di chi fossi per il tempo che fossimo stati insieme.
E desideravo baciarlo almeno quanto lo desiderava lui, passarci più tempo possibile per capire se fosse potuto nascere qualcosa di più profondo tra di noi. Volevo comportarmi come ogni altra ragazza della mia età. Sbagliare e ritrovarmi in lacrime con qualcuno vicino a dirmi che non è la fine del mondo.
Ma non avrei potuto e sapevo bene che non mi era concesso sbagliare, non mi era permesso fare tutto quello che desideravo senza pensare a niente perché qualche figlio di puttana aveva ammazzato quelle persone che avrebbero dovuto essere lì a dirmi che non è la fine del mondo se un ragazzo prova a baciarti.
«E questa festa?» Disse con un tono derisorio. «Da quando ti interessano le feste?» Era una domanda retorica.
«Mi ha invitata lui.» Sorrisi a come Adam era riuscito a convincermi. «E poi sono andata a un sacco di feste prima di conoscerti.» Prima dell'incidente.
«Ci andate insieme?» Io annuii e lui continuò a parlare. «So bene di non poter pretendere che tu mi dica tutto, l'unica cosa che voglio è che se succede qualcosa, qualsiasi cosa, mi chiami. Hai capito? Mi chiami e ti vengo a prendere.» Lui mi amava.
L'amore, quello vero, non è quello che si legge nei libri o si vede nei film romantici. L'amore romantico sfocia nel sesso e spesso l'attrazione si può affievolire. Il vero amore è platonico e disinteressato, è quello tra due fratelli, quello di un genitore per un figlio nel primo istante in cui lo vede. L'amore ti fa pensare di essere la persona più fortunata sulla Terra per il semplice fatto che quella persona è nella tua vita, e giuri a te stesso che se mai dovrai separartene, sarà solo per salvarlo.
Calò un silenzio carico di tensione perché sapevo che c'era un'altra domanda che non aveva il coraggio di porre. Lo capivo da come mi guardava: come fossi stata un cucciolo ferito.
«Sto bene.» Tentai di rassicurarlo inutilmente. Potevo mentire a chiunque, ero abbastanza allenata, ma non a lui.
«È sempre tuo padre?» Domandò con estrema attenzione per ferirmi il meno possibile. Per lui era come giocare all'allegro chirurgo: non doveva toccare le pareti o il dolore sarebbe stato atroce.
Annuii, arrabbiata del fatto che mi fosse bastato un accenno perché la mia gola iniziasse a pizzicare.
Chris non mi chiese il motivo per cui sognavo sempre lui e mai mia madre. Non ce ne era bisogno. Anche io me lo ero chiesta i primi tempi, arrivando a una conclusione: ero riuscita a dire addio a mia madre e per quanto doloroso, forse in qualche modo, mi aveva permesso di accettare più in fretta che non fosse più al mio fianco. Non avevo ancora detto addio a mio padre. C'era una parte di me, quella ingenua e priva di logica, ancora convinta che lui fosse in missione da qualche parte, lontano, ma ancora vivo.
Chris mi attirò in un abbraccio senza aggiungere altro e per quel mezzo minuto mi sentii spogliata di ogni sofferenza, al sicuro.
Mi separai da lui, mio malgrado, per rispondere alla chiamata di Emily, che dalla sala stava acclamando la sua ricompensa per aver finito i compiti.
***
La lezione di storia era stata l'ora più lunga della giornata, nonostante le battute di Jack sul professor Miller, che aveva l'esilarante difetto di pronunciare male il nome di ogni singolo personaggio storico maschile.
Presi il libro di chimica dal mio armadietto, decidendo di sforzarmi per capirla durante l'ora vuota che mi attendeva.
«Elsa!» Mi sentii chiamare da poco distante, mi guardai intorno e vidi il professor Train, di matematica. «Vorrei parlarti, se hai un momento.» Disse.
Sebbene avesse usato un tono abbastanza neutro, mi agitai. Chi non sarebbe stato nervoso, se chiamato da un professore senza un motivo apparente?
Lo seguii silenziosamente nell'aula vuota e rimasi in piedi davanti alla sua scrivania, in attesa che dicesse qualcosa. Lui prese ad esaminare alcuni fogli per qualche secondo, ne allineò i bordi con le dita e mi guardò.
«Ho saputo che sei in lista per una borsa di studio.» Esordì ed io annuii in risposta. «Cosa vorresti studiare?»
«Giurisprudenza.» Risposi velocemente. Dove voleva arrivare? Forse mi avrebbe scritto una lettera di raccomandazione. No, lo esclusi, non era così che funzionavano le borse di studio.
Il professore aggrottò la fronte per la mia risposta.
«Per come parla la professoressa Dayen di te, avrei giurato che avresti scelto qualcosa legato all'arte.» Disse con un tono sorpreso.
Dayen era l'insegnante del corso d'arte della scuola. Avevo deciso di parteciparvi per provare a riprendere i rapporti con quel lato di me e magari riuscire a creare tutta una nuova serie di opere che potesse definire la persona che stavo diventando. Non ci ero ancora riuscita, per il momento rimanevo fedele alle copie dal vero che ci faceva disegnare, evitando ogni tipo di interpretazione.
Abbassai gli occhi, pensando a come sarebbe stato se fossi andata ad una scuola d'arte.
Train sorvolò sul proprio commento e continuò il discorso.
«Sappiamo entrambi che sei avanti col programma rispetto ai tuoi compagni, quindi ho pensato che potrei aiutarti con la borsa di studio assegnandoti compiti su alcuni approfondimenti, che potrei valutare.»
Stavo per dirgli di essere pienamente d'accordo, quella che mi stava dando era l'opportunità di essere un passo avanti agli altri concorrenti e ne ero felice, ma poi mi resi conto che non stava chiedendo la mia opinione. Mi porse i fogli che teneva in mano e si sedette alla scrivania mentre davo uno sguardo agli argomenti evidenziati da lui.
Lo ringraziai, pensando che almeno avrei avuto qualcosa da fare durante le sue lezioni, lo salutai prima di uscire dalla sua aula e dirigermi in biblioteca, infilando i fogli nello zaino.
Dopo solo una decina di minuti in biblioteca mi trovai a litigare con il sistema bancario dal computer. Mi era stato detto che pagare l'assicurazione sanitaria di Emily sarebbe stato più semplice online.
Non avevano tenuto conto della mia ignoranza tecnologica.
Probabilmente il problema non era nemmeno del sito, ma del computer preistorico della biblioteca che sembrava aver passato la guerra fredda. Così lo spensi e mi spostai su un altro tavolo per lavorare ai compiti di chimica. Se c'era una cosa che non capivo era la chimica molecolare.
«Si può sapere perché sei sempre in giro a quest'ora?» Parlai ad alta voce dimenticandomi di essere in biblioteca. Avevo notato la sua presenza da un paio di minuti e avevo creduto che si sarebbe avvicinato, ma era rimasto appoggiato ad uno degli scaffali senza dire niente.
Si separò dalla parete di libri per avvicinarsi.
«Da quanto sapevi che ero lì?» Era evidentemente imbarazzato, ma continuò a sorridermi in modo spavaldo.
«Da quando sei arrivato.» Gli risposi per poi riportare la mia attenzione alle formule chimiche. Spostò una sedia e si sedette di fronte a me.
Potevo avvertire i suoi occhi su di me come aghi che mi pungevano delicatamente la pelle. Mi era difficile concentrarmi sulla chimica con lui che mi fissava.
«Cosa c'è, Matt?» Lo guardai infastidita poggiandomi allo schienale della sedia.
Lui non provò imbarazzo questa volta. Le sue labbra si aprirono in un sorriso genuino e parlò con serenità.
«Mi ero incantato a guardare quanto sei bella.» Gli occhi lucenti mi confermarono che era sincero. Non mi fu possibile impedire al mio corpo di reagire facendomi arrossire lievemente.
«Esci con me.» Chiese con un dolce sussurro.
Gli sorrisi tristemente. Ancora non si arrendeva.
«No» gli dissi con la stessa calma con cui aveva parlato lui.
Presi un respiro profondo e lo guardai tentando di rimanere impassibile.
«Il consumo di erba nei paesi dove è legale è inferiore rispetto a quelli dove non è stata legalizzata.»
«E questo cosa c'entra adesso?» A confermare che non avesse capito la mia allusione ci fu la sua fronte corrugata.
«Le persone vogliono ciò che non possono avere», gli spiegai. «Tu vuoi uscire con me solo perché ti ho detto di no. Se accettassi, avresti raggiunto il tuo obiettivo e passeresti velocemente a quello successivo. Ma non ho voglia di sprecare il mio tempo per dimostrarti che ho ragione.» Non riuscii a guardare i suoi occhi fino alla fine e li evitati nascondendomi in un'espressione stanca. Era ormai da qualche giorno che ci stavo ragionando. Sperai che facendogli capire il suo stesso comportamento forse mi avrebbe lasciato in pace, così non avrei più avuto il problema di dover combattere quella maledetta infatuazione.
«Credi davvero che io sia così superficiale?» Mi sorprese. Riconobbi un tono realmente offeso e quando scrutai il suo viso in cerca di cedimenti trovai qualcosa che non compresi all'istante. Uno sguardo colmo di rabbia, repressa a fatica da una pesante tristezza che seppe controllare con destrezza.
«Continuo a chiederti di uscire perché mi piaci.» Pronunciò quelle parole come un'accusa. «I tuoi continui rifiuti mi spingono solo a non mollare? Si. Ma solo perché sono sempre più convinto che tu sia stupenda, in tutti i sensi. Non si tratta di una sfida al mio ego e mi sta bene sudare per guadagnarmi un appuntamento con te, perché sono certo che il gioco valga la candela.» L'oro prezioso delle sue iridi venne infiammato dalla sfida che mi aveva lanciato, ma subito qualcosa cambiò e la luce accompagnò l'arrivo del gioco sulle sue labbra.
«Allora, mi concedi un appuntamento? Mi devi ancora mezza giornata, ricordi?»
Tentai di cacciare velocemente lo stupore sul mio volto.
«Prima devo pensare a capire la chimica.» Indicai gli appunti sul tavolo e il foglio dei compiti pasticciato a causa di tutti gli errori.
Matt prese il foglio e una penna con un movimento svelto e senza dire niente scrisse la lunga soluzione per poi ripassarmelo.
«Ora non ci sono ostacoli.»
Confrontai quello che aveva scritto con la soluzione e rimasi sbalordita. Aveva risolto in trenta secondi quello che non ero riuscita a fare in dieci minuti.
«Come hai fatto ad essere stato rimandato se sei così bravo?»
Lui non mi rispose e tentò di mantenere la sua espressione spavalda, ma io lo vidi. Notai il vacillamento di quella facciata. Notai la differenza tra lui e la maschera che aveva indossato con incredibile rapidità. Compresi che bastava osservarlo per notare le migliaia di emozioni che lo attraversavano.
«Ora non hai più motivo di stare in una biblioteca polverosa.» Come se non avesse sentito la mia domanda.
«Andiamo fuori.»
Stava cercando di farmi dimenticare la mia curiosità. Ma non sapeva quanto avrebbe dovuto faticare prima che potesse accadere.
Le grandi porte a vetro della biblioteca si aprirono e a fare il suo ingresso fu Trash, che con una camminata svogliata si diresse verso la scrivania della bibliotecaria, così anziana che spesso si addormentava sulla sedia senza accorgersene. Come in quel momento. Trash si guardò intorno spaesato, sicuramente era la sua prima volta in un posto con i libri. Sollevò la copertina di uno di quelli impilati sul carrello lì vicino e assunse un aria confusa.
Nel frattempo Matt si era alzato e aveva iniziato a raccogliere le mie cose per infilarle nello zaino.
«Matt.» Lo chiamò il decerebrato dirigendosi nella nostra direzione. I due si salutarono con una pacca amichevole e iniziarono a parlare di un certo Owen, che però Matt non sembrò essere ansioso di rivedere da come rispondeva a monosillabe.
«Che ci fai qui?» Matt cambiò argomento, suscitando nell'altro ragazzo uno sbuffo infastidito.
«La puttana mi ha mandato a cercare un libro su un certo Walt Disney che scrive poesie di quanto è bello essere gay sull'erba.»
Sebbene apprezzai e condivisi l'appellativo per la prof di lettere, lui era riuscito a uccidere l'immagine e la poesia di Walt Withman in poche parole.
«Tu invece? Ti piacciono i libri?» Gli diede un pacca sulla spalla.
Lui riprese a sorridere.
«Mi vedo con una che non può fare a meno di me.»
Trash di accorse della mia esistenza solo a quel punto. Doveva essere davvero stupido per non notare una persona difronte a lui. Ma dato ciò che era appena uscito dalla sua bocca non mi stupii.
Ripresi in mano il quaderno di chimica che Matt aveva messo nel mio zaino e lo riaprii.
«Io posso fare benissimo a meno di te.» Lo provocai, ma Matt mi guardò con un briciolo di incertezza che nascose subito dietro quella maschera.
«Oh, lo so, non mi riferivo a te. Tu sei solo un motivo in più per non tornare in classe dopo.»
Rimasi senza parole. Quella frase mi diede così fastidio che non potei restare ferma, quindi mi alzai e mi allontanai da loro incamminandomi tra gli scaffali fingendo di cercare qualcosa.
Dopo avermi fatto sentire in colpa per averlo accusato di essere superficiale, aveva la faccia tosta di dirmi, a pochi minuti di distanza, che si vedeva con una che non poteva fare a meno di lui. Naturalmente significava sesso. Quindi quasi tutti i giorni se la spassava con qualcuna per poi venire da me a fare il carino.
Non c'era da stupirsi che fosse amico di Trash.
«Te la sei presa?»
La sua voce mi fece saltare per aria, era a un metro da me e sicuramente i suoi avi dovevano essere ninja, oppure doveva possedere i geni di un gatto.
«No» risposi secca.
Certo, il pensiero che mi chiedesse di uscire con lui quasi ogni giorno dopo aver fatto sesso con un'altra mi dava fastidio. Ma chi ero io per giudicare? Lui era mio amico, sarei dovuta essere felice che avesse trovato qualcuno con cui divertirsi. Non c'era niente di male.
«A me sembra di si.» Si avvicinò ancora e quando fiutai il suo meraviglioso profumo capii che per evitare incidenti non saremmo dovuti stare troppo vicini, quindi mi voltai, proseguendo per il corridoio di scaffali. «Non solo» continuò a parlarmi rimanendo dietro di me.
«Credo che tu sia gelosa.»
«Non è vero.» Mi difesi, voltandomi di scatto verso di lui. «Trovo solo fastidiosamente insensato che tu continui a rifilarmi tutte quelle stronzate sul fatto che ti piaccio e che il gioco vale la candela, quando hai già qualcuno che accetterebbe sicuramente di uscire con te senza che ci sia bisogno di supplicarla.»
«Ma lei non mi piace.» Si strinse nelle spalle.
«Quindi non serve nemmeno che ti piaccia? Basta che sia una ragazza che respira perché tu ci faccia sesso.» Controllai il tono di voce ricordandomi che eravamo ancora in biblioteca, anche se era deserta.
«Non ci faccio sesso.» Si difese senza nemmeno provare ad essere convincente. La sua voce era rimasta tranquilla.
«Come ti pare.» Liquidai la questione con un gesto svogliato della mano per tornare a prendere la mia roba al tavolo.
Ero così stanca di essere infatuata di lui. Forse avrei dovuto allontanarmi per un po'. Avrei dovuto estrarlo dai miei pensieri prima che si radicalizzasse in me.
Matt seguì i miei movimenti in silenzio, rimanendo a qualche passo di distanza. Quando riposizionammo le sedie sotto il tavolo la vecchia segretaria si svegliò di colpo solo per zittirci con un dito pressato sulle labbra raggrinzite. Poi il suo sguardo indagatore ci accompagnò fino alla porta. Probabilmente non era ancora del tutto sveglia.
Matt mi seguì anche in corridoio, fino al mio armadietto, senza dire una parola e rimanendo sempre un passo dietro.
Quando il rumore dell'anta metallica echeggiò contro le pareti stavo per urlargli di lasciarmi in pace, ma lui mi precedette.
«È la psicologa della scuola.»
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In questo capitolo ci sono stati alcuni chiarimenti e sappiamo che Chris è decisamente protettivo.
Trash ha confermato di non possedere neuroni.
Matt sorprende come sempre.
A cosa gli servirà la psicologa?
Proseguire per maggiori informazioni.
Ricordatevi di votare!
XOXO
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