Capitolo 19

«Allora. . .» iniziai a parlare, cercando di capire la sua reazione quasi isterica. «Di cosa si tratta?» Mi sedetti sul bracciolo del divano nella speranza che si decidesse a parlare chiaro. Finalmente si sollevò e si mise seduta composta in modo da farmi spazio. Notai che era un po' indecisa se parlare di ciò che avrebbe dovuto dirmi oppure temporeggiare un altro po'.
Trascorse ancora qualche secondo in silenzio, nell'indecisione. Iniziò anche a fare una smorfia sofferente come se stesse cercando di convincersi a parlare, ma al contempo non volesse proprio.
«Devo preoccuparmi?» Le chiesi divertita, quando ancora non si era decisa.
Allison si spinse la montatura degli occhiali verso l'alto, sistemandoli nonostante fossero perfetti, prima di parlare.

«In genere non parlo di certe cose con chiunque.» Cominciò, finalmente, un discorso. «Non ho idea di come iniziare, quindi lo dirò e basta.» Io aspettavo in silenzio che riuscisse a parlarmene. Si notava distintamente che era in difficoltà ma attesi semplicemente che mi dicesse ciò che la stava angosciando. «C'è un ragazzo. . .che mi piace.» Un felice sorriso imbarazzato le scappò dalle labbra, a quella confessione. «Mi piace davvero.» Sospirò.

«Mi sembra una cosa bella.» Le sorrisi a mia volta. «Qual è il problema?»

Lei mi rivolse uno sguardo più triste. «Ho fatto una figura di merda.» Disse tutto d'un fiato prendendosi la testa tra le mani, poi si ricompose, fece un respiro e riprese a parlare. «Non gli ho mai parlato perché lui è cosi bello, popolare e. . .è circondato sempre dai suoi amici.» Aveva un'aria sognante. «Credo che non mi veda nemmeno.» Concluse con un sospiro arreso. Mi dispiaceva vederla in quello stato, era una ragazza sensibile e sembrava soffrire davvero per quel ragazzo. Non feci in tempo a dire niente che lei già aveva ripreso a parlare.
«L'ho incontrato circa un'ora fa, in biblioteca, situazione davvero assurda dato che io passo lì quasi tutto il tempo e non l'ho mai visto. Mai.» Iniziò a parlare a raffica, come se stesse facendo una gara, probabilmente per il grande imbarazzo che provava. «Si è seduto vicino a me e. . .abbiamo cominciato a parlare del libro che stava cercando.» A questa frase si accompagnò un sorriso sincero, notai lo sguardo perso nel vuoto, impegnata a ricordare il suo incontro ravvicinato con quel ragazzo. Era davvero cotta.

«Allora cos'è successo di terribile?»

Il sorriso sul suo volto sparì e venne rimpiazzato da un'espressione di panico che sul suo volto dolce sembrò assurda.

«Mi ha invitata ad una festa, sabato sera.» Disse in un sospiro. «Ma io non sono mai stata ad una festa, non ho idea di cosa fare.» Sapevo cosa voleva dire, eravamo quasi nella stessa situazione.

«E tu cosa gli hai risposto?» Le domandai.
Allison arrossì e distolse lo sguardo.

«Il fatto è che mi ha colto di sorpresa. . . io mi sono quasi strozzata con la mia stessa saliva e. . . sono andata nel panico. . .» sospirò «sono scappata via senza dire niente. Ho anche lasciato lì tutti i miei libri.» Mi rivolse uno sguardo supplichevole e imbarazzato. «Di sicuro ora penserà che sono matta.» Concluse coprendosi di nuovo il volto con le mani.
Pensai che era troppo dolce perché qualcuno potesse ritenerla tale.

«Andiamo insieme alla festa.» Dissi senza pensarci e a questa mia affermazione mi guardò con un misto di gratitudine e terrore stampata in faccia.

«Non posso farmi rivedere dopo essere scappata via in quel modo.» Era terrorizzata dall'idea.

«Cosa hai intenzione di fare, Allison? Evitarlo per il resto della vita?» Le chiesi retorica, ma lei sembrò valutare davvero la possibilità.
«Mi ci hanno incastrato prima,» le spiegai. «così non sarai sola e sono certa che lui non pensa che sei pazza.» Non sembrava del tutto convinta. «Se proprio non ce la fai più ce ne andiamo a gambe levate.» La rassicurai.

«Me lo pometti?» Domandò speranzosa.

«Te lo prometto.» Le risposi con sicurezza e lei ne fu tanto felice che mi si buttò addosso con un abbraccio quasi soffocante continuando a ringraziarmi. Era davvero cotta. Non accettai di buon grado quel contatto improvviso ma non volli rovinarle il momento.
Si allontanò comunque dopo poco con un grande sorriso.

«Però non ho niente da mettere per una festa.»

Ci pensai un attimo prima di proporle di guardare nel mio armadio se si trovava qualcosa di decente tra i miei abiti da lavoro. Avevamo la stessa taglia ma mi accorsi che lo stile era fin troppo diverso e non me la sentivo di costringerla a mostrare quel corpo bellissimo che non capiva di avere.

«Potremmo andare in centro a comprare qualcosa.» Proposi. L'avrei accompagnata ma non avrei comprato niente, sapevo di non potermelo permettere. Avrei potuto mettere benissimo un vecchio vestito che usavo per lavorare.
«E potremmo passare a riprendere i tuoi libri in biblioteca.»

Allison accettò subito la mia proposta con un sorriso e mentre ci alzavamo dal divano aggiunse: «Così mi aggiorni su Matt.»
Io non le risposi.

***

Come prima cosa andammo alla biblioteca per recuperare tutto quello che Allison aveva abbandonato e dovetti scendere io dalla macchina perché lei era terrorizzata dall'ipotesi che quel ragazzo fosse ancora lì.

Per tutto il tempo che passai con la mia nuova amica tentai di sviare il discorso ogni qual volta mi chiedeva di Matt, sfortunatamente non era stupida e se ne accorse presto.

«Parla.» Mi ordinò da dentro un camerino mentre ero fuori ad aspettare che mi chiedesse un parere sul milionesimo abito. «E non tralasciare niente.» Aveva in qualche modo capito che era successo qualcosa.
Sospirai, sconfitta. Ero riuscita a sviarla per ben due ore.

«Credo che siamo amici adesso.» Non ricevendo risposta, le parlai della notte prima al locale, di come aveva osato svegliarmi presto quella mattina, fino al fatto che avevo accettato di andare a quella stupida festa con lui.

«Ha provato a bacarmi.» Le dissi senza pensare. Forse avevo bisogno di dirlo ad alta voce per realizzare che una parte di me era rimasta delusa dal fatto che non ci fosse riuscito ed era arrabbiata con l'altra parte di me che l'aveva allontanato. Naturalmente lei mi sentì forte e chiara e scostò subito la tendina per permettermi di vedere la sua bocca leggermente aperta e gli occhi spalancati in un'espressione sorpresa.

«Provato?» Disse come se fosse un'accusa. Bofonchiò qualche parola, indecisa su cosa chiedere prima di tutto, senza riuscire a mettere insieme una vera frase di senso compiuto.
Io annuii incerta.

«Usciti dal bar rosso.» Le spiegai. «Ma l'ho fermato prima che lo facesse.» Ancora non capivo se avessi dovuto essere fiera di me per aver mantenuto la mia lucidità o arrabbiata per non essermi concessa quella finestra di normalità adolescenziale.

«Questo ti sta davvero bene.» Cercai di riportare la sua attenzione al motivo per cui eravamo lì. Indossava un vestito bianco davvero semplice che le arrivava poco sopra il ginocchio, il tessuto delle maniche era leggero e lasciava intravedere la pelle chiara delle braccia. Fece una giravolta guardandosi allo specchio e notai una profonda scollatura che lasciava scoperta la schiena. Tornò a guardarmi con aria severa.

«Hai un vero talento per sviare i discorsi.» Sospirai.

«Ne avevamo già parlato» le spiegai. «Gli ho detto più volte di non voler uscire con lui, che non voglio una relazione e che sarebbe potuto essere SOLO mio amico. E lui cosa fa? Tenta di baciarmi, come se avesse l'autocontrollo di uno scoiattolo in calore. Se davvero vuole essere mio amico deve smetterla di provarci.» Volevo sembrare risoluta ma le parole mi uscirono con una vena di malinconia. Distolsi lo sguardo dai suoi occhi, sentendomi ancora più in imbarazzo quando continuò a fissarmi senza dire niente.
Dopo aver constatato che non avevo intenzione di dire altro, mi spronò.

«Ancora non ho capito per quale motivo continui a rifiutarlo. Sai di piacergli e io so che tu non gli sei indifferente.»

Mi sedetti su un divanetto, che era appena stato liberato, nel tentativo di prendere tempo. Desideravo davvero poterle dire tutta la verità, ma avevo troppa paura di perderla come amica, paura che il nostro rapporto in futuro sarebbe stato dettato dalla compassione e non dall'affetto. Tornò a guardarsi allo specchio, non convinta di quel profondo spacco sulla schiena, non capendo quanto fosse bella.

«Non è così semplice.» Le rivolsi un'occhiata veloce, sempre più imbarazzata, ma la mia risposta non sembrò bastarle. Un filo era fuoriuscito da una congiuntura del divanetto e io iniziai a giocarci. «Non posso permettermi distrazioni dalla borsa di studio.» Le rifilai una scusa mediocre prendendo coraggio e guardandola negli occhi, probabilmente stava per chiedermi altro, ma non ne ebbe la possibilità perché una ragazza si avvicinò per chiedere se avessimo finito con il camerino, così fu costretta a tornare dentro per finire di cambiarsi e mentre lo faceva io la sentivo borbottare qualcosa con fare indignato: «Matthew Prismor. . .dio . . .sceglie l'unica. . .io non. . .danni al cervello.»

Trascorremmo almeno un'altra ora per negozi, dove ebbi l'occasione di vedere di tutto. Madri sfinite che trascinavano i figli stanchi da una parte all'altra, mentre i padri si guardavano intorno.
Allison continuava a propormi abiti da provare, in ogni negozio in cui entravamo, e ogni volta rifiutavo spiegandole che non ne avevo bisogno, il che era vero.
Non fui del tutto sicura, ma ad un certo punto mi parve di vedere in modo piuttosto nitido un prete entrare in un negozio di intimo femminile.
Riuscii a convincere Allison a prendere il vestito bianco, anche se dovetti minacciarla di lasciarla da sola alla festa perché accettasse. Durante quel pomeriggio avevo potuto constatare come lei avesse il classico fisico perfetto, su cui ci si sarebbe potuto buttare anche una vecchia tenda sporca e sarebbe sempre stata bellissima.

Sfortunatamente l'atmosfera serena che si era creata con Allison venne infranta quando vidi Jenna entrare nel negozio in cui eravamo, accompagnata da Trash, al suo fianco, con una mano che si spostava visibilmente sul fondoschiena di lei. Stavano insieme?

La mia amica ed io ci guardammo, consapevoli. Le avevo parlato del piccolo scontro che avevamo avuto anche quella mattina e non avevo la minima voglia di farmi rovinare un momento rilassante, quindi, siccome lei non ci aveva ancora notato, camminammo verso l'uscita cercando di non incrociare il suo cammino, ma quella camminava come un'oca ubriaca da un punto all'altro del negozio, senza logica. Perciò fu inevitabile che ci vide.

Incrociò le braccia sotto il seno, accentuandone la sporgenza, visibile grazie alla profonda scollatura della maglietta rossa e dipinse un ghigno sotto il naso sottile.

«Ciao Elsa» disse in tono acido. «Matt si è già stancato di te? Quando stava con me rimaneva a letto giorni interi.» Spostò una ciocca di capelli castani oltre la spalla con un movimento altezzoso masticò la cicca che aveva in bocca. Una strana sensazione di calore mi prese lo stomaco, in reazione alle sue parole.

«Non ti chiedo che razza di malattia gli hai passato per costringerlo a letto.» Sputai la prima cosa che mi venne in mente. Notai Trash, un passo dietro, che non provò nemmeno a trattenere una risata e Jenna gli lanciò uno sguardo omicida, poi mi guardò con nuovo disgusto.

«I suoi gusti sono peggiorati da quando è tornato.» Disse prima di superarmi, dandomi una spallata come fossimo state all'asilo. Trash non la seguì immediatamente, si soffermò a guardarmi dall'alto in basso, poi rivolse uno sguardo ancora più invasivo ad Allison, che nel frattempo si era chiusa nella sua bolla di timidezza. 

«Ehi dolcezza.» Le si rivolse con arroganza. Non lo lasciai finire. Presi Allison per mano ed uscimmo dal negozio, entrambe agitate ed irritate da quella coppia. Quando ebbi sbollito la rabbia notai che la mia amica stava sorridendo, allora la guardai interrogativa.

«Quei due sono fatti per stare insieme.» Disse ridendo. Realizzai che aveva ragione e ridemmo chiedendoci chi dei due compatire.

Trascorremmo ancora un po' di tempo a passeggiare chiacchierando e l'argomento Matt non fu più ripreso, nemmeno una volta in macchina, dirette verso casa mia, quando mi arrivò un messaggio da parte sua.

*Ricorda che mi devi ancora mezza giornata ;)*

Avvertii una strana sensazione allo petto quando lo lessi.
Mentre Allison fermava la macchina nel mio parcheggio non potei non guardare furtivamente dall'altro lato della strada. Provai una piccola delusione nel constatare che le luci erano spente, quindi che lui non era in casa. "Come se avesse fatto qualche differenza se ci fosse stato." mi ripresi mentalmente.

Arrivò anche un nuovo messaggio dal numero sconosciuto.

*Non lo conosci.*

A quel punto decisi di non perdere più tempo con il cretino di turno che si divertiva a fare il misterioso e bloccai quel numero. Sarò anche stata curiosa, ma non ero stupida. Non avevo intenzione di finire squartata sotto un ponte da qualche maniaco.
La mia amica non mi salutò subito.

«Capisco che non vuoi una storia con lui, anche se la ragione non mi è ancora chiara.» Non c'era bisogno che specificasse il soggetto, sapevo che si trattava di Matt. «Ma lo sa anche quel ragazzo e ti ha detto chiaro e tondo che gli piaci parecchio, rischiando di perderti anche come amica, fossi in te non lo biasimerei troppo. Non tutti hanno il coraggio di buttarsi come sta facendo lui.»

Ero certa che non volesse una vera risposta da me, quindi la salutai e scesi dalla macchina.

Mentre salivo le scale del mio palazzo pensai attentamente alle sue parole. Forse non aveva tutti i torti.

Merda.

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