capitolo 15

Esattamente alle sette e trentadue, mentre dormivo tranquillamente nel caldo tepore delle mie coperte, il mio cellulare si mise a squillare.

Infuriata con chiunque avesse avuto la brillante idea di chiamarmi a quell'ora dopo essere andata a letto alle tre del mattino, cercai a tastoni il telefono sul comodino per rifiutare la chiamata e tornai a dormire.

Ero appena riuscita a prendere sonno quando la mia suoneria riprese a infastidirmi.

Convinta che gli unici demoni a chiamare la domenica mattina, prima delle nove, potessero essere solo quei robot delle offerte telefoniche, rifiutai di nuovo la chiamata con la speranza che chiunque mi stesse disturbando capisse che non avevo alcuna intenzione di rispondere. Ma il cellulare continuò.

Rifiutai di rispondere altre due volte, prima di acquistare un briciolo di lucidità e spegnere definitivamente il cellulare.

Finalmente la pace. Il silenzio. E prima di rendermene conto, già dormivo al calduccio. Riuscii a riposare circa venti minuti prima che il campanello di casa mi facesse saltare per aria dallo spavento.

Continuò a suonare imperterrito per alcuni secondi che mi sembrarono ore.

Scostai le coperte con malavoglia e mi diressi verso la porta d'ingresso, pronta a liberare con piacere la Terra dall'esistenza superflua dell'essere immondo che stava al di là di quella porta. Mentre passavo davanti alla stanza di Chris, mi chiesi se avesse un sonno così profondo da non sentire il campanello o se stesse solo facendo finta per farmi esasperare. Comunque, aprii la porta e davanti mi si presentò l'ultima persona che avrei voluto vedere al mondo, anche se in quelle circostanze sarei stata capace di mandare all'inferno una suora.

Io lo squadrai dalla testa ai piedi: i suoi occhi dorati sembravano brillare, come il sorriso che aveva stampato in faccia; aveva un giubbotto di pelle nera che gli fasciava il busto e teneva le mani nelle tasche dei soliti jeans.  

«Elsa!» Esclamò con un tono fin troppo alto per i miei gusti. «Finalmente, iniziavo a pensare che stessi ancora dormendo.» Non riuscendo ancora a svegliare al mie corde vocali, gli lanciai un'occhiataccia che parve non notare. «Ci ho messo un po' per trovare l'appartamento giusto.» Continuò, guardandosi intorno, come se fosse assolutamente normale il fatto che si trovasse sulla porta di casa mia alle otto di domenica mattina.
«Sapevi che la coppia di vecchi qui affianco tiene una mazza da baseball vicino alla porta?» Quando terminò di parlare mi rivolse uno sguardo interrogativo, probabilmente chiedendosi per quale motivo non lo avevo ancora fatto entrare e nonostante l'aria gelida che mi stava ibernando i piedi scalzi, rimasi impassibile, davanti a lui, sforzandomi con tutta me stessa di attivare qualche nascosto potere omicida.

«Che succede?» Udii una rauca voce familiare dietro le mie spalle. Quando mi voltai, come avevo supposto, trovai Chris che ci stava venendo in contro con indosso solo un paio di boxer. Io davvero non mi capacitavo di come riuscisse a dormire in quel modo senza avere freddo.

"Ma che tempismo!" pensai, "non potevi alzarti giusto qualche secondo prima e aprire tu?"  ma non lo dissi.

Naturalmente non si aspettò una vera risposta da me.

«Elsa, cristo, fa freddo. Chiudi quella porta.» Mi disse con la voce impastata dal sonno, ma non mi diede il tempo di fare come aveva detto, che fece entrare l'intruso e chiuse la porta il più velocemente possibile.

Quando spostai il mio sguardo su Matt notai che ora non aveva più quel sorrisetto con il quale era piombato nel mio giorno di riposo, ma la mascella contratta e potei vedere bene che il suo corpo si era irrigidito nell'arco di pochi secondi.

Chris osservò per un po' Matt e riuscì finalmente a mettere a fuoco la situazione. 

«Che ci fai qui?» Chiese, facendo la domanda che mi girava nella testa da quando avevo aperto la porta. Contemporaneamente mi domandai se fosse possibile approvare una legge contro le intrusioni domenicali, una sorta di multa per chi disturbasse prima delle dieci. O magari i lavori forzati.

«Sono venuto per Elsa.» Rispose in modo freddo. Io spalancai gli occhi esasperata e guardai Chris, indicando poi il mio polso.

«A quest'ora?» Interpretò i miei gesti e fece da tramite. Vidi che Matt era comprensibilmente confuso. Sembrava che stessimo giocando ai mimi.
Dopo aver spostato lo sguardo ripetutamente tra me e Chris, ripose con incertezza.

«Sì, avevamo detto che saremmo stati tutta la giornata insieme.» Disse visibilmente confuso. Probabilmente non capiva con chi avrebbe dovuto parlare in quel momento. Io emisi un verso di frustrazione e volendogli urlare contro, mi diressi velocemente in cucina per bere dell'acqua e poter parlare.
Quando tornai di fronte ai due ragazzi li vidi entrambi in attesa.

«Primo, non ho mai accettato veramente di stare con te tutto il giorno.» Dissi con la voce ancora un po' addormentata. «Secondo, non abbiamo mai deciso per oggi e anche se fosse, non volevo dire che dovevi svegliarmi alle sette e mezzo del mattino!»

«Ti ho scritto ieri sera.» Mi rispose. Io mi ricordai di avere sentito il mio telefono prima di addormentarmi ma non gli avevo mai risposto. Cosa gli aveva fatto credere che fossi d'accordo? Ad irritarmi ulteriormente ci fu l' assoluta mancanza di sonno sul suo viso. Eravamo tornati alla stessa ora, ma lui non aveva nessuna traccia di stanchezza. Come faceva ad essere così perfetto?

«Ci siamo visti tipo cinque ore fa! Quale mente malata pensa che la domenica, di mattina presto si possa—»

«Aspetta un attimo.» Mi interruppe Chris, del quale mi ero quasi dimenticata la presenza, troppo presa dal far capire a Matt che non era una cosa naturale svegliarsi presto la domenica. Entrambi ci voltammo verso di lui in attesa che continuasse. «Tu puoi parlare?» Domandò con stupore.

«Sì» risposi semplicemente.

«Quindi che per tutto questo tempo avresti potuto semplicemente bere dell'acqua e avremmo avuto una conversazione come le persone normali, senza dover giocare al gioco dei mimi?»

Ero leggermente dispiaciuta per lui.
«Sì.»

Chris spalancò gli occhi, esterrefatto.
«Perché non l'hai fatto?!»

Roteai gli occhi occhi al cielo per la tragedia che ne stava facendo.
«Non mi andava di parlare.» A quanto pare, la mia risposta lo fece rimanere senza parole e alzando le mani in segno di resa, si diresse verso la sua camera con fare indignato senza aggiungere altro, mentre io lo seguivo con gli occhi. Mi sentii in colpa per aver trovato divertente la sua reazione. Chris era il genere di persona capace di avviare una conversazione animata sulla borsa di Hong Kong dopo neanche cinque minuti dal risveglio, io ero l'opposto e lui aveva sempre rispettato il mio desiderio di pace e tranquillità appena sveglia.

«Puoi spiegarmi?» Attirò la mia attenzione, Matt.
Tornai ad essere arrabbiata non appena sentii la sua voce.

«Sei tu che devi spiegarmi quali problemi malati ti affliggono!» Lo guardai male. «La domenica è l'unico giorno in cui posso riposare e tu mi vieni a svegliare dopo che ho dormito quattro ore solo perché dobbiamo passare la giornata insieme?» Gli urlai contro. «Sei matto!?»

Non pensavo di offenderlo, dopotutto non avevo detto niente di male, eppure Matt abbassò lo sguardo con aria bastonata, perdendo del tutto il sorriso.

«Significa che non vuoi più passare la giornata con me?» Mi domandò con un tono molto più basso del mio.
Sospirai. Stavano aumentando le occasioni in cui mi capitava di vederlo come un bambino incosciente. Non sembrava volermi fare arrabbiate apposta. 

«Significa che mi ci vorrà un po' prima che mi passi, comunque a questo punto non riuscirei più a dormire, quindi. . .» dissi con rassegnazione guardando i suoi occhi pieni di speranza, «. . . siediti, dammi venti minuti e sono pronta.» Conclusi.

«Sei la migliore.» Mi disse come per ringraziarmi e il suo sguardo tornò a risplendere.

Mi incamminai in camera mia trattenendo a stento un sorriso quando lo disse.
Chris mi chiamò dalla sua stanza, difronte alla mia e lo vidi sulla porta.

«Cosa c'è?»

«Non ne abbiamo più parlato. É tutto a posto?» Mi chiese curioso e forse un po' troppo interessato, per i miei gusti.

«Si, stai tranquillo.» Tagliai corto velocemente. «Ti prometto che te ne parlerò.» Lo rassicurai. Era la prima volta che mi trovavo in una situazione del genere da quando l'avevo conosciuto. E sapevo bene che lui era combattuto rispetto al se comportarsi da adulto responsabile che mette dei confini o come amico fidato che incita a provarci. Lo sapevo perché si stava combattendo la stessa battaglia anche dentro di me.

«Va bene.» Si arrese al voler sapere di più.
Approfittai della breve conversazione per dargli la buona notizia.

«Ho avuto una promozione ieri sera.» Ero ancora emozionata all'idea e lui ebbe la stessa reazione.

«È fantastico!» Volle abbracciarmi, ma mi allontanai appena venni in contatto con il suo petto nudo.

«Mettiti qualcosa addosso prima.»
Lui rise ed entrò nella sua stanza chiudendo la porta.

Gli avevo detto che sarei stata pronta in venti minuti ma di solito ne impiegavo quindici solo per fare la doccia e mi maledissi da sola quando aprii l'armadio e rimasi imbambolata, non avendo idea di cosa mettere. Dopo alcuni minuti mi dissi che Matt non poteva aspettarmi in soggiorno per ore, così mi ricordai che non si trattava di un appuntamento, era solo una giornata tra amici e non c'era bisogno che io mi vestissi bene. Con questa convinzione in testa, presi un paio di jeans chiari e un'ampia felpa nera col cappuccio che avevo preso, tempo prima, dell'armadio di mio padre. Era sempre stata la mia preferita, anche prima della sua morte.

Un paio di stivaletti neri col tacco non poterono mancare e dopo essermi truccata con solo un po' di matita e aver recuperato il mio cellulare, uscii dalla camera. Guardai l'orologio e fui felice di vedere che avevo impiegato venti minuti netti. Aprii il messaggio di cui aveva parlato Matt e salvai il suo numero. Ipotizzai una possibile vendetta: l' avrei tartassato di chiamate nel cuore della notte per poi attaccare ogni volta. Notai anche un altro messaggio da un numero sconosciuto.

*Non ti conviene.*

Ragionai un momento su cosa potesse significare.

*Credo che tu abbia sbagliato numero.* risposi e infilai il telefono in tasca.

In soggiorno trovai Matt e Chris seduti sul divano che discutevano, ma non mi fu possibile sapere di cosa perché si zittirono appena arrivai. Potei notare con piacere che Chris si era messo una maglietta, per fortuna. Davvero, non aveva freddo a dormire a petto nudo? Eravamo quasi in inverno ormai.

«Che succede?» Chiesi.

«Niente» mi rispose Matt. «Parlavamo della partita di basket.» Mi spiegò, guadagnandosi senza saperlo un'occhiataccia da parte del mio coinquilino. Non feci altre domande, anche se sapevo che se c'era una cosa che Chris non sopportava era proprio il Basket. Sono sempre stata una ragazza curiosa e la curiosità di quel momento mi stava uccidendo ma l'accantonai pensando che avrei chiesto spiegazioni a Chris in seguito.

«Sei pronta?» Parlò di nuovo. Annuii e mi diressi con lui alla porta.

«Dove avete intenzione di andare?» chiese Chris, più a me che al mio amico.
«O meglio, quanto starete via?»

«Tranquillo» gli risposi. «Tornerò prima di cena.» Feci uscire Matt, quando ricordai una cosa, quindi socchiusi la porta restando dentro e mi voltai di nuovo. «Questo non significa che possiate fare quello che volete.» Lo avvertii tenendo la voce bassa per non farmi sentire da Matt.
«Niente cibo spazzatura, dovesse implorarti in ginocchio; non guardate la TV tutto il giorno, anche perché deve finire i compiti, non portarla da nessuna parte che sai io disapproverei e, ti prego, cercate di non distruggere la casa con i vostri giochi.» Lo ammonii ricordando quando aveva tentato di svegliarla e aveva invece scatenato le bombe di peluche. 

«Certo mamma.» Scherzò Chris prima di darmi un bacio sulla fronte e riaprire la porta per buttarmi fuori.
«Vai fuori dai piedi e fidati di me.»

«Come se fosse facile.» Dissi tra me e me. Non feci in tempo a salutarlo che aveva già chiuso la porta.

«Okay» richiamò la mia attenzione, trascinando le vocali. «So che sei arrabbiata per l'orario, ma credo che tra i miei diritti costituzionali ci sia anche quello di avere una piccola spiegazione.»

A quella frase mi irrigidii per un momento. Non sapevo quanto avesse sentito. O cosa avesse capito.
Mentre scendevamo le scale mi arrivò un altro messaggio dal numero sconosciuto.

*No*

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Messaggi da uno sconosciuto, chi sarà?
E che pensate del tempismo di Matt la domenica mattina? Io l'avrei scaraventato giù dalla tromba dell'ascensore.
Ricordatevi di lasciare una stellina per aiutare la storia a crescere!

XOXO

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