capitolo 14
Durante il tragitto notai con disappunto che stavano costruendo macchine sempre meno rumorose. La radio spenta accompagnava i miei pensieri, alla ricerca di qualcosa di cui parlare, mentre non facevo che torturarmi le dita, innervosita dal silenzio. Matt abbassò il velo di imbarazzo come se io sola lo stessi percependo.
«Ho sistemato le cose con Jenna.»
«Chi?» Domandai sperando di non aver dimenticato di aver conosciuto una certa Jenna. In tal caso avrei finto di ricordarmi di lei per evitare nuovamente l'imbarazzo.
«La mora nel bagno. Oggi.» Mi fece presente e allora capii che si stava riferendo alla gallina che gli andava dietro. «Le ho parlato e mi ha promesso di non darti più fastidio.» Mi assicurò.
Mi passò per la testa di chiedere come avesse fatto a trovare la ragazza giusta con le poche informazioni che gli avevo dato, pensai che sarebbe stato un argomento che avrebbe occupato il tempo restante a destinazione. Ma un altro tipo di domanda solleticò la mia curiosità.
«L'ha già fatto prima?» Matt espresse la sua risposta con un sospiro rassegnato e annuì. «Dovresti chiederle di uscire. Così almeno non si preoccuperà più di ogni ragazza con cui parli.» Gli suggerii. «Anche se devo ammettere di essere impressionata da come sia informata su di te, non deve essere facile stare dietro ad ogni ragazza a cui chiedi di uscire.» Pensai ad alta voce, sperando di strappare un sorriso anche a lui. Lo osservai per un lungo minuto, mentre era concentrato sulla strada, pensando che fosse un ragazzo a livelli: quello superficiale che manteneva il controllo del corpo, guidando con armonia ogni muscolo in un sorriso tirato e un portamento sicuro; il livello subito sotto sembrava essere lo spazio caotico di un tredicenne disordinato, in cui riuscivo a vedere, attraverso le finestre ambrate, i pensieri correre freneticamente da un punto all'altro, senza un ordine. E in un livello ancora inferiore teneva qualcosa chiuso in cassaforte.
Vi capita mai di guardare qualcuno e pensare che stia nascondendo qualcosa? Ma qualcosa di bello, come una festa a sorpresa per voi. Ecco, per un breve, brevissimo istante, fui certa di essere arrivata al caveau. Mi guardò e tutti i livelli che potevano celarsi oltre quella porta svanirono.
«Non ha un gran lavoro, a dire il vero» disse. «Era tanto tempo che non chiedevo un appuntamento a una ragazza.»
Quando arrivammo al Kate's salutai Matt e lo ringraziai del passaggio prima di scendere dall'auto, ma quando aprii lo sportello lui mi fermò.
«Non capisco perché mi saluti» disse con una piccola risata. «Io rimango qui con te, altrimenti come torni a casa? E poi,» continuò dopo aver estratto le chiavi della macchina dal quadro, «avevo programmato di passare la serata con te, quindi. . .» concluse lasciando in sospeso la frase.
Non sapendo come rispondere, dissi semplicemente: «Okay» e insieme scendemmo dalla macchina.
Quando Jackson mi vide arrivare, mi salutò con un dolce sorriso, che divenne un'espressione rude quando scorse Matt alle mie spalle. Era così differente nella sua "modalità buttafuori". L'ultima volta mi aveva detto di aver un brutto presentimento nei confronti di Matt, che io non comprendevo e solo dopo alcuni minuti di rassicurazione e suppliche, lo fece entrare con me nel locale.
«Dopo mi spieghi.» Mi sussurrò quando lo sorpassai e potei benissimo notare la sua diffidenza.
Una volta dentro, fummo invasi dalla musica alta e l'aria viziata. Matt mi si avvicinò da dietro e accostò le sue labbra al mio orecchio. Avvertii il fiato caldo sul mio collo e i brividi impossessarsi del mio corpo in pochi decimi di secondo. Nonostante sapessi perfettamente che avrei dovuto spostarmi, non volli farlo e in seguito mi resi conto che si era avvicinato solo per parlare, data la musica troppo forte.
«Cos'ha quello contro di me?» Aveva chiesto alludendo a Jackson. Sentii le mie guance accaldarsi per la situazione e mi allontanai velocemente dal suo corpo.
Forse mi presi un po' troppo tempo per rispondere ma alla fine gli dissi che stava solo facendo il suo lavoro e che non aveva niente contro di lui.
Lasciai Matt a un tavolo e andai a parlare con Kate al piano superiore per chiederle se avessi potuto fare dei turni doppi in futuro, spiegandole che avevo bisogno di soldi. Lei mi osservò da dietro la scrivania di vetro, spostando l'attenzione dalle carte che stava esaminando.
«Ho un'idea migliore.» Sembrò pensarci ancora un momento prima di decidersi. «Cosa ne diresti di una promozione?»
«In cosa consisterebbe?» Non volevo rischiare di accettare qualcosa che non sarei stata in grado di fare.
«Voglio che tu sia la mia organizzatrice di eventi.» Posò la penna e incrociò le braccia sotto il seno poggiandosi allo schienale della poltrona. «Nell'ultimo mese mi è stato proposto più volte il noleggio del locale per vari eventi, ma non avevo qualcuno che mi aiutasse» mi spiegò.
«Lavori qui da abbastanza tempo per avermi fatto capire che sei sicuramente una ragazza responsabile e credo che potresti essere un'ottima organizzatrice. Per iniziare dovresti occuparti solo di tenere l'agenda e dei rapporti con i clienti.»
«Come una segretaria?» Cercai di capire. Ero felice della sua offerta ma non ero sicura di essere la persona più adatta. Senza pensare al fatto che ero l'ultima arriavata, gli altri non si sarebbero offesi?
«All'inizio si» mi rispose con gentilezza. «Se ti troverai bene potrò affidarti mansioni sempre più importanti.» Portò in avanti il busto e poggiò i gomiti sul tavolo. «E poi lavoreresti di più durante il giorno, potresti diminuire i turni serali come cameriera e passare più tempo a casa. Naturalmente la paga subirà un aumento.» Attendeva che le dessi una risposta.
«Accetto.»
Tentai di non rendere troppo evidente quanto fossi emozionata. Era una cosa nuova, una promozione mi avrebbe permesso di passare più tempo con Emily, di studiare e occuparmi come si deve della mia famiglia. Speravo solo di esserne in grado.
Mi accordai con Kate per passare nel suo ufficio a fine serata e parlare meglio del nuovo contratto, poi scesi nel locale.
Nel corridoio incontrai Lara, che camminava a passo svelto verso il magazzino. Mi salutò facendomi l'occhiolino e io le risposi con un sorriso veloce prima che mi superasse. Ero sempre stata stupita dalla sua energia, sarebbe stata in grado di scalare una montagna, dopo ore di lavoro, con gli stessi tacchi vertiginosi su cui si spostava nel locale.
Raggiunsi Cameron dietro il bancone senza accorgermi di stare ancora sorridendo come una stupida per la promozione. Lui mi salutò con un cenno del capo, mentre serviva un paio di ragazzi.
«Quello è un sorriso troppo bello per lavorare il sabato sera.» Mi disse mentre mi occupavo di un biondino che era stato appena capace di reggersi al bancone per ordinare. Per un breve instante pensai di non dover sbandierare la promozione, in quanto ultima arrivata, ma Cameron era una persona troppo buona per esserne risentito in qualche modo.
«Sorrido perché non dovrò più lavorare il sabato sera.» Gli risposi, allegra. «Kate mi ha dato una promozione.» Annunciai e lui mi diede subito un abbraccio frettoloso per congratularsi e tornare al lavoro. Anche io mi diedi da fare, sebbene le ragazze mi rivolgevano uno sguardo deluso, volendo essere servite dal mio collega. Una mi disse addirittura che mi avrebbe dato una mancia generosa in cambio del numero di Cameron.
Con un'occhiata veloce individuai Matt, seduto poco distante da un gruppo di ragazze che scalpitava per farsi notare dall'uomo al mio fianco, aspirando ad ottenere qualcosa più di un drink. Ovviamente non fu così. Senza Melissa sembrava quasi perso e ad uno sguardo attento sarebbe stato evidente che si trovava da un'altra parte con la testa.
Quella sera lavorai molto di più al bancone proprio perché Melissa non c'era e Matt rimase seduto lì di fronte tutto il tempo, scambiando ogni tanto qualche battuta sulle persone in pista, tanto ubriache che andavano in giro ad occhi chiusi, come sonnambuli festaioli.
«Elsa» mi chiamò Cameron. «Hai sentito cosa ho detto?» Mi domandò, fermando le sue azioni e guardandomi negli occhi. Ci trovavamo in uno di quei rari e brevi momenti in cui i clienti affollavano la pista, anzi che il bar.
Mi resi conto di essere stata tanto assorta nei miei pensieri da essermi dimenticata che fossi al lavoro. Anche se nel frattempo mi ero messa a pulire il piano bagnato con uno straccio.
«No» dissi con tono mortificato.
Lui fece un sospiro e ripeté la frase.
«Chi è il tipo che non ti ha tolto gli occhi di dosso per un attimo?»
Io mi guardai in torno e trovai la massa tipica del sabato sera tornare ad accalcarsi per attirare la nostra attenzione e ricevere da bere prima degli altri, poi vidi Matt in fondo al bancone che aveva iniziato una conversazione con una ragazza, mentre questa mi dava le spalle, facendomi notare i folti ricci neri coprirle le spalle scoperte.
«Un amico.» Risposi a Cameron.
«Solo un amico?» Chiese con una strana luce negli occhi. Com'è che da un momento all'altro si interessava della mia vita? Avevamo parlato si e no una dozzina di volte da quando lavoravo al Kate's.
«Sì, solo amici.» Dissi sorridendo, nella speranza che non iniziasse anche lui a fare come Allison. «Mi ha accompagnato perché la mia auto è rotta» gli spiegai. «E non è vero che mi fissa.» Aggiunsi dopo aver lanciato uno sguardo nella sua direzione in modo distratto. La ragazza con cui stava parlando gli diede un bacio energico sulla guancia per poi allontanarsi saltellante, lasciando un'espressione serena anche sul volto di Matt.
Su quello di Cameron, invece, si dipinse un sorrisetto furbo e prima di allontanarsi per servire alcuni clienti, mi si avvicinò all'orecchio e con un tono più basso parlò in modo che lo potessi sentire solo io.
«Invece si. E non è il genere di sguardo che si riserva a un'amica.» Si allontanò mantenendo uno sguardo complice, con le sopracciglia sollevate, che mi fece ridere.
Mi voltai verso Matt e lo trovai effettivamente che mi guardava, ma questo non significava niente; avrebbe potuto essersi voltato, casualmente, nello stesso momento. Con tutte le belle ragazze da cui era circondato, perché mai avrebbe dovuto guardare proprio me? Solo un attimo prima, aveva conquistato la riccia davanti a me. La sua espressione mutò in una seria, quasi arrabbiata che però non osservai molto perché si girò in modo da darmi la schiena.
Non potendo rimanere ferma a far niente, dopo aver servito qualche cliente gli andai incontro accennando un sorriso.
«Allora» attirai la sua attenzione, «non ti sei ancora stufato di rimanere seduto qui?» Ma lui non mi rispose. Dovetti concentrarmi su un paio di ragazzi che mi avevano chiesto degli shot, preparai l'ordine costringendomi a lanciare loro qualche sguardo languido in cui non mi trovavo per niente, ma riuscii a ricevere qualche dollaro in più di mancia. Era incredibile come ci cascassero ogni volta. Meglio per me. Insieme alle banconote notai un foglietto con un numero di telefono, continuai a sorridere al moro fino a quando non si allontanò, dopo di che buttai il foglietto nella spazzatura per tornare da Matt. Un'altra ragazza gli si era avvicinata e aveva iniziato a parlare in modo disinvolto, ma lui non sembrava molto preso, probabilmente perché quella nemmeno si reggeva in piedi.
«Qualcosa non va?» Gli chiesi quando la bionda venne presa sotto braccio da alcune amiche. Per un momento sembrò davvero arrabbiato, ma presto cambiò espressione in una più rilassata.
«Ti piace vero?» Domandò ancora un po' brusco.
Fui leggermente scossa dal suo tono, che mi confuse. «Cosa?»
«Flirtare con i ragazzi e poi fare marcia indietro.» Dal tono capii benissimo che era irritato per qualcosa.
«Di che stai parlando?» Non ebbe il tempo di rispondermi perché mi allontanai per servire un gruppo di ragazzi che era appena entrato e tornai dopo una manciata di minuti mettendomi due dollari in tasca. Tirchi. Nemmeno quello che continuava a fissarmi il seno mi diede qualcosa.
Matt sembrava ancora irritato e pensai che forse poco prima si stesse riferendo ai clienti.
«I ragazzi sono più propensi a dare mance generose se mi mostro interessata.» Gli dissi sostenendo il suo sguardo. Non doveva permettersi di giudicarmi solo per come cercavo di guadagnare qualcosa in più. La mia non era una giustificazione, era un modo per fargli capire che non mi piaceva quello che facevo, non ero io. Fortunatamente colse la mia frecciatina e abbassò lo sguardo.
Lavorai intensamente durante la mezzora successiva fino a che, finalmente, la gente iniziò ad essere troppo ubriaca per pronunciare correttamente il nome dei drink. Cameron mi si avvicinava e faceva battute sui pochi sfortunati sobri, che dovevano occuparsi degli amici ogni volta che ne vedevamo uno collassare sul bancone e su qualche divanetto dall'altro lato del locale.
«Non puoi dire di essere veramente ubriaco fino a quando non ti sdrai sul pavimento cercando di abbracciarlo.» Mi disse, indicando un ragazzo in mezzo alla sala che si stava accasciando a terra con le braccia aperte come se stesse facendo una complicata posizione di yoga e mi fece ridere di gusto. Tornai da Matt ancora sorridente.
«Che ti ha detto?» Quando lo guardai negli occhi, non vidi quel dolce colore ambrato. Al suo posto, invece, trovai un marrone scuro, che non aveva niente di particolare, se non l'intensità.
«Chi?»
«Il modello mancato.» Indicò Cameron con un cenno della testa.
«Sicuramente con lui non ridi per la mancia.»
Non capivo se mi stesse prendendo in giro o stesse parlando seriamente. Era arrabbiato perché Cameron mi aveva fatta ridere? Che razza di problemi aveva? Era una cosa del tutto insensata. Forse aveva bevuto qualcosa di troppo forte.
«Sei geloso?» Chiesi trattenendo una risata. Non riuscivo a immaginare Matt come un ragazzo geloso.
«Io geloso?» disse ironicamente. «Mai.» Concluse voltando la testa verso i tavoli.
«Bene» risposi a tono. «Non puoi essere geloso di un'amica, specie dopo aver rimorchiato.» Ripensai alla riccia di prima, ma lui mi guardò confuso.
«Adesso chi è gelosa?» Sorrise trionfante.
«Nessuno. Dico solo che sei poco credibile se dici di voler uscire con me, ma continui a fare le tue conquiste.» Gli feci notare, mentre continuavo ad occuparmi di un ordine dopo l'altro.
Matt non perse quel sorrisetto ammiccante che detestavo.
«Se ti do ragione, mi dai una birra?»
Spostai il peso da una gamba all'altra e incrociai le braccia sicura di me.
«Dubito che tu abbia l'età per bere.»
«Mi dispiace dirti che ti sbagli.» Mi rispose, mantenendo un'espressione di superiorità.
Io però ero ancora scettica.
«Ah, sì?» Sollevai le sopracciglia.
«Già. Ho compiuto i ventuno giusto il mese scorso.»
Gli chiesi di farmi vedere la sua carta d'identità, come facevo con tutti i clienti che non mi sembravano ventunenni.
«Se ho ragione,» disse mentre estraeva la sua carta dal portafoglio. «Vieni a stare da me per una settimana.» Propose con sguardo ammiccante.
Ero assolutamente certa che non avesse ventun anni.
«Te lo scordi.» Era una penitenza assurda, non avrei mai lasciato Emily per una settimana senza motivo. «Al massimo passiamo una giornata insieme.»
Matt mi porse quel piccolo pezzo di carta plastificata, sicuro di sé.
«Andata. E se hai ragione tu, cosa impossibile, ti scarrozzerò dove vuoi fintanto che la tua macchina sarà fuori uso.»
A dir la verità, la sicurezza con cui mi cedette la carta mi fece riconsiderare la mia convinzione. Scrutai attentamente le scritte pronta, come minimo, a ritirare una carta falsa, invece. . .
«Non puoi avere ventuno fottuti anni!» Gridai sorpresa e molto delusa. «Com'è possibile?»
Lui non perse il suo sorriso mentre me la strappava dalle mani per riporla al suo posto, nel suo portafoglio.
«Ora mi dai la mia birra?» Io gliela porsi. «E mi servirà anche il tuo numero.» E gli diedi anche quello ignorando il buon senso. Nonostante tutto, fui felice di vedere che i suoi occhi ambrati avessero fatto ritorno.
Discutemmo del fatto che secondo me non aveva ventun anni e che il documento fosse falso e continuammo a parlare di molte altre cose, interrompendo spesso per lavorare. Durante la mia pausa uscii come sempre a parlare con Jackson, tentando di convincerlo del fatto che Matt non aveva niente che non andasse, a parte la sfrontatezza, e che il suo presentimento era del tutto infondato, ma lui non volle darmi retta e continuò ad insistere che il mio amico avesse qualcosa di losco.
«Il cognome è Prismore?»
Io annuii osservando il suo volto esprimere la difficoltà che stava affrontando per ricordare qualcosa.
«So di averlo già sentito da qualche parte.»
Preso il mio quarto d'ora d'aria, tornai al lavoro.
Matt era sparito nella sala e lo individuai in piedi davanti a un tavolo del privé. Stava parlando con un uomo robusto che avevo già visto altre volte. Prenotava sempre lo stesso tavolo, almeno un paio di volte la settimana. Per mia fortuna non l'avevo mai servito, Lara invece, si era lamentata più volte del fatto che allungasse le mani. Anche in quel momento arrivò con un vassoio colmo di vari alcolici che pose sul tavolino di fronte, sotto lo sguardo viscido di lui.
Matt lo conosceva?
Lara fece un giro per i tavoli per ritirare i bicchieri vuoti e tornò al bancone con nuovi ordini. Mentre aspettava che fossero pronti si raccolse i capelli rossi in una coda alta, con movimenti bruschi. Glielo avevo visto fare anche altre volte, quando si arrabbiava per qualcosa.
«L'ha fatto di nuovo?» Le chiesi servendo una coppia di ragazze lì vicino. L'affanno causato dal ballo sfrenato dipingeva sui loro visi uno stanco sorriso di soddisfazione. Lara mi guardò con occhi furiosi, per poi mettere le mani sui fianchi e fare un cenno con la testa in direzione del privé.
«Quel lurido bastardo è l'essere più schifoso che esista sulla faccia della terra.» Sbuffò e spostò il peso da una gamba all'altra. «Devo farmi almeno due docce, tornata a casa, dopo una serata a servire quel verme.»
Io continuai ad ascoltarla mentre lavoravo. C'era un forte contrasto tra il disappunto che esprimeva ogni parte del suo corpo e la serenità spensierata delle persone che venivano a prendere da bere il più in fretta possibile per poter tornare al loro divertimento.
«E i tizi che si porta dietro sono anche peggio, mi mettono i brividi.» Fece una smorfia disgustata. Cercai di intravedere le persone in questione, ma la folla al centro della sala divenne più compatta e mi fu impossibile scorgere la parete opposta. «Mi fanno pena le ragazze costrette a stare con loro.» Riprese in mano il vassoio nuovamente carico sorridendo a Cameron. «Spero almeno che si facciano pagare bene.» Rivolse anche a me un sorriso stanco e riprese a girare per i tavoli.
Nella mia mente venne aperta una porta e il segugio della curiosità iniziò a cercare risposte al perché il mio nuovo amico stesse parlando con quel tizio.
Matt tornò trascorso poco tempo. I lineamenti del suo volto si erano fatti duri e gli occhi coperti dalle sopracciglia corrugate erano più scuri. Camminava con fare deciso, con il corpo più teso.
Trovò posto per sedersi in fondo al bancone e quando mi avvicinai lui cambiò quasi radicalmente, rivolgendomi un lieve sorriso.
Il segugio nella mia testa fiutò qualcosa.
«Che ci facevi con quel porco?»
Probabilmente non si aspettava la mia curiosità e per una frazione di secondo vidi chiaramente il panico sul suo volto.
«Che ha fatto per meritarsi un complimento così raffinato?» Scherzò.
Mi strinsi nelle spalle.
«È un palpeggiatore appassionato.» A questa mia frase Matt riprese la stessa espressione con cui era tornato al bancone, si trattava di rabbia. «Lo conosci?» Indagai nel modo più disinvolto possibile.
«No.» Non incrociò il mio sguardo e si mosse sullo sgabello in modo nervoso. Non sapevo se ammirare il fatto che non sapesse affatto mentire o infastidirmi perché l'aveva appena fatto.
Avrei voluto insistere con lui e cavargli fuori la verità per soddisfare la mia curiosità insaziabile, ma venni sopraffatta dalle ordinazioni per il resto della serata. Il lavoro mi costrinse ad accantonare la questione per il momento.
Passai da Kate finito il turno e ci accordammo perché lavorassi il giovedì e il venerdì come sempre, mentre degli altri giorni avrei occupato solo il pomeriggio. L'aumento del salario fu anche più di quanto mi aspettassi.
Ero così felice che lo dissi a Matt sulla strada del ritorno, ma ero davvero sfinita ed ebbi appena la forza di salutarlo prima di entrare in casa e buttarmi nel letto verso le tre del mattino. Sentii il mio telefono sul comodino avvertirmi dell'arrivo di un messaggio ma non ebbi nemmeno il tempo di valutare la possibilità di guardare chi fosse, che sprofondai in un sonno stremato.
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Piccola novità per Elsa al lavoro.
E cosa pensate della "non" scenata di Matt?
Poi quel tizio viscido che allunga le mani è un po' inquietante.
Ma tutto avrà un seguito.
Lasciate una stellina, mi raccomando!
XOXO
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