5. notte insonne

Non mi dispiacque l'idea di avere una ragazza per casa, fintantoché Sonia continuasse a intrigarmi. Inoltre in questo modo sarei riuscito a tenerne d'occhio i suoi spostamenti, come richiesto da Simon. Tuttavia non volevo immischiarmi in cose più grandi di me.
Continuai: "E che ne sai? Come puoi dire che qui sei al sicuro? Dopotutto sono un uomo anch'io e tu non mi conosci..."

"Mike," e il mio nome pronunciato da quelle labbra risolute sciolse ogni mio pensiero belligerante, "io so che tu non mi farai nulla di male. So distinguere un uomo da un altro e so come difendermi in questi casi. Tu non hai, né avrai mai, le intenzioni di quell'uomo".
Da dove traeva tutta quella fiducia in me se neppure io ne avevo? 

"E questa tua convinzione quanto durerà?"
"Non mettermi alla prova Mike, ne usciresti con l'orgoglio ferito, amaramente ferito". Le parole le uscivano soffiate in modo sprezzante. L'impressione complessiva era decisamente carismatica.

Incuriosito dalla sua reazione, la stuzzicai, chiedendomi che cavolo mi fossi messo in testa. Dopotutto ero io quello nella posizione più critica, con il piede in due staffe: "Perché, se volessi metterti alla prova, cosa succederebbe?"
"La tua disfatta."

Risi sonoramente a quel verdetto fatale: "Prima di tutto definiamo le regole del gioco, consenti almeno questo al tuo avversario."
"Come vuoi," ribatté divertita.

"Puoi rimanere fino all'inizio della prossima settimana. Se le cose vanno bene potrai rimanere ancora, altrimenti dovrai andartene. Pagherai le tue spese e metà delle bollette. Hai soldi con te, presumo..."
"Io rimango qui fino a quando mi pare, non sarai tu a darmi ordini! Se voglio andarmene prima di lunedì, me ne vado; se voglio rimanere, rimango. Sono in grado di abitare in una casa senza che uno si renda conto di avere un coinquilino abusivo... Sì, ho soldi con me, almeno questo te lo devo." Qui il suo carattere, quello combattivo e abituato al controllo e al comando, riemerse fiero e altero. Confesso che la risposta mi infastidì, molto: "Bene, Sonia. Quanto a dormire... Ci sarebbe il divano..."

"Scherzi? Da quando si fa dormire una ragazza sul divano? Sul letto!"

"Ottimo, addio alla tanto agognata parità dei sessi! Guarda che è già tanto se non ti faccio dormire per terra, visto come tratti il tuo salvatore! E che fine hanno fatto le mie condizioni?"
"Non le hai appena esposte?"
"Ma tu fai comunque di testa tua!"
"Sentiamo allora".

Per ripicca e dispetto, le dissi maliziosamente: "Dormirai sul letto, te lo concedo, ma con me." 
Presi a quel punto la tazza di tè in mano, pregustandomi la sua reazione. Il suo sguardo divertito e spietato smorzò la mia baldanza che stava già per dichiarare trionfalmente la vittoria su questo campo. Presagivo un no secco, invece il suo "Accordato" mi lasciò a bocca aperta.


***


Dovetti strizzare più volte le palpebre prima di credere effettivamente che ciò che avevo davanti era realtà. Sonia era al mio fianco; non come una donna disposta a passare la notte con un uomo però.

Imbacchettata, gli occhi ben aperti e fissi su di me, in pantaloncini e maglietta. Non era affatto provocante, non voleva esserlo in quel momento. Eppure ero certo che, se anche solo l'avesse desiderato, in un secondo sarebbe riuscita a cambiare l'atmosfera e a rendere attraente quel corpo rigido e fasciato da quegli abiti troppo banali.

Sonia era capace di tutto, lo sapevo.
Quella notte era anche pronta a tutto. Si era preparata a un attacco su più fronti ed aveva eretto conseguentemente, con meticolosa compunzione, le sue barriere. 

Nei miei confronti aveva demolito ogni mio istinto sessuale con quella sua posa ferrea, statuaria.
Contro il "nemico" – che non avevo ancora avvertito, anche perché non avevo modo di farlo con quella che doveva essere la "spiata" sempre alle calcagna – aveva disseminato la casa di trappole e microfoni (già questi particolari microscopici mi avevano rivelato la sua non comune abilità tattica) e nascosto sotto il cuscino una pistola e un pugnale (che poteva usare benissimo anche contro di me).

Il risultato fu presto chiaro: mentre lei si trovava completamente a suo agio, io mi sentivo attanagliato in una morsa di ghiaccio che mi paralizzava dolorosamente nel mio lato del letto, incapace di sfuggire a quel suo sguardo guerriero.

"Mike, non succederà nulla, vuoi stare calmo?"
"Sono calmo... più calmo di così si muore."
Sonia allungò una mano, ricercando la stretta della mia, che purtroppo era bagnata di sudore freddo.

"Chi vuoi prendere in giro? Sei teso come la corda di un violino! Sei sicuro di stare bene?"
Come potevo sentirmi bene? Come poteva anche solo pensare di rivolgermi una domanda come quella?

Per tutta risposta la guardai, carico di rimprovero. Il suo sguardo si addolcì.
Ci coprimmo con il piumone. Nell'operazione, vedendomi impacciato, la ragazza sbuffò. Non riuscii a girarmi del tutto verso di lei per rivolgerle la mia battuta. Sonia si trovava già sopra di me, un'altra volta.

Con i capelli che le nascondevano la metà del viso e l'occhio ambrato che mostrava il mio riflesso sorpreso, mi sembrò incredibilmente bella e irraggiungibile, per quanto vicina, incredibilmente vicina.
Il cuore batteva furioso nel mio petto.

"Che vuoi fare? Dopo tutte le precauzioni, non mi vorrai dire che hai cambiato idea?" dissi, ridendo nervosamente.
"Oh no, non ci penso proprio. Ma un po' di adrenalina non fa male, non credi?"
"Non dormiremo mai, di questo passo..."
"Tu dici? Secondo me staremo benone," e intanto infilava una mano sotto il suo cuscino. 
Mi allarmai non poco. Che intenzioni aveva?
Tentai di alzarmi ma, cosa per me inspiegabile vista la sua corporatura, riusciva a tenermi immobile, senza troppa fatica.

"Mike, tu corri troppo con la fantasia... A che stavi pensando?"
Le risposi a corto di fiato: "Alla mia morte, non più così lontana."
"E come moriresti?"
"Oh, per quello, ho due possibilità..."
"O pistola o pugnale?" ridacchiò accarezzandomi una guancia lentamente con l'indice e chinandosi sempre più vicina al mio viso.
"No," mentre parlavo il mio respiro e il suo si fusero, sfiorandosi in una miscela interrotta dalla mia voce tremante, "o per mano tua o, prima, per un colpo al cuore."
Non osavo muovermi, non comprendendone le intenzioni. Lei, immobile a pochi millimetri dalle mie labbra, non disse altro.
Una strana allegria illuminava i suoi occhi.

Per quanto volessi toccarla a mia volta, non osavo. Era una tortura che avrebbe fatto impazzire chiunque. Parlai nuovamente: "Ehm, che si fa?"
"Rovini sempre tutto," sospirò e, mettendosi dietro all'orecchio una ciocca di capelli, mi baciò. Lungamente.

Sentii un rivolo scendermi giù per la gola. Purtroppo era già troppo tardi per capire cos'era.

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