3. mission impossible
Finii di abbottonarmi i pantaloni e gli portai una tazzina di caffè corretto, come mi aveva chiesto.
Simon si portò la bevanda sotto al grosso naso e ne inspirò forte l'aroma deciso. A quanto pareva ci provava un gusto sadico nel lasciarmi qualche secondo in più nell'ignoranza.
"Vuoi deciderti a parlare?"
Ero irritato da tutti quei cerimoniali: "La verità è una soltanto, puoi anche girarci intorno quanto ti pare, ma il succo sarà sempre lo stesso. Quindi vedi di darti una mossa!"
"Ok, ok," e intanto sorseggiava tranquillamente il suo caffè, consapevole di essere il fulcro dell'attenzione, gustandosi quel momento di celebrità e onnipotenza a scapito del suo esausto ascoltatore.
Iniziai a tamburellare con le dita sul tavolo, impaziente come non mai.
Simon mi osservò compiaciuto prima di riferirmi l'impensabile: "Bene, cominciamo. La ragazza che hai nascosto e che mi è sfuggita ancora una volta è un noto falsario. La sto pedinando da mesi nella speranza di trovare una pista che mi porti a una sua collaborazione con un gruppo di mafiosi. Ma niente, hai visto anche tu, si volatilizza!"
"E tu come mai non sei entrato subito, se la ragazza riesce a fartela sotto il naso ogni volta? Invece di star qui a sniffare caffè e alcol..."
"Hey, non credere che me ne stessi là fuori a mandarti il malocchio! Oltre a lei ce n'erano altri due, di individui sospetti, ma si sono separati qualche attimo prima che lei entrasse qui e ho dovuto avvisare un collega perché li seguisse. Ero così vicino a scoprire il loro luogo di ritrovo... Qualcosa è andato storto." Sospirò e le sue occhiaie sembrarono ancora più livide.
"Ormai è inutile, mi tocca ricominciare tutto domani..."
La sua espressione sconsolata d'un tratto si illuminò nel mandarmi uno sguardo che non prometteva niente di buono. Già il sorrisetto malizioso mi faceva saltare i nervi.
"Stasera invece ho un appuntamento con una cimice... ci diremo tante belle cosettine, vuoi sentire?"
"No..." borbottai incredulo. Ma che razza di investigatore vuole coinvolgere dei civili nei propri casi?
"Perché dovrei?"
"Perché, caro il mio Mike, devo chiederti un favore..."
Il suo sguardo era talmente intenso e ipnotico che per un istante temetti di rispondere il contrario di ciò che pensavo: "No". Mi guardava sempre più intensamente, perciò dovetti continuare: "no, no, no e poi no!"
"Su, non fare il difficile. Non è da tutti aiutare la giustizia e togliere dei criminali dalla circolazione. Due piccioni con una fava..." fece persuasivo.
Non mi convinse: "Non è da tutti lavorare per un tipo come te, pronto a mettere in pericolo dei semplici cittadini, imprevedibile in ogni sua azione e mutevole in ogni sua decisione. Se accetto, impazzirò, lo so e non guardarmi in quel modo così... ti ho detto di smetterla! Trovati una moglie!"
L'investigatore non cedette purtroppo: "E dimmi, caro Mike, in che maniera tu saresti un semplice e innocente cittadino? Oh, è inutile che tenti di ribattere, la tua fedina penale non è tra le più pulite che io conosca..." sibilò trionfante e allusivo in un modo sinistro, diabolico e minaccioso e tutto quanto di negativo non sia riuscito a farci stare in questa unica frase.
"Questo non giustifica nulla, non mi puoi coinvolgere nei tuoi piani loschi. Chissà che altro stai architettando!" esplosi.
"Ma se non hai nemmeno sentito la mia proposta!"
"E non la voglio sentire."
"Avanti, non fare il bambino..."
"Bene, sentiamo questa fantastica proposta!" articolai esasperato.
Simon non aspettava altro.
"Mike, ascoltami bene: ho bisogno di una persona che sappia fare il suo mestiere e che passi inosservata nel posto che gli indicherò. Da lì dovrà fornirmi tutte le informazioni sulle persone e l'ambiente in cui si trova, specialmente riguardo a certi movimenti di una particolare ragazza..."
"In pratica vuoi una spia. La spiata sarebbe Sonia e quella persona di cui hai tanto bisogno sarei io?" dedussi in fretta.
"Elementare, Watson!" sogghignò.
Mi ero lasciato sfuggire il nome, accidenti a me. Ma ormai che c'ero dentro...
"Quando dici 'una persona che sappia fare il suo mestiere' intendi 'barista', vero? Dove sarebbe dunque questo covo di vipere?"
"Oh oh, vedo che il coniglio ha tirato fuori i denti. Al Caesar casinò, ci stai?"
"Mmh, a 12 chilometri da qui? Si può fare..."
"Affare fatto!" esultò il mio interlocutore.
"Frena, lo faccio a una condizione."
Quello mi guardò contrariato: "Sentiamo."
"Uno: la mia libertà. Così non mi potrai più ricattare. Due: quello che ci guadagno me lo tengo, soldi sporchi o no, io lavoro lì e rischio la mia vita".
Il sorrisetto che striò il viso squadrato di Simon non mi piacque: "Allora sono due, Mike. Ma passiamo ai dettagli; per quanto riguarda la tua richiesta, se ne parlerà a caso chiuso".
Non ero d'accordo e glielo feci intendere. E anche lui, purtroppo, si fece intendere, a modo suo.
***
Davanti a casa, esausto da quella valanga di avvenimenti che mi aveva travolto nella serata, mi ritrovai a rovistare incredulo nelle mie tasche vuote. Niente portafoglio, niente chiavi. Solo lo smartphone muto in modalità pila per una ricerca inconcludente.
Grugnii, desideroso di prendere a pugni chiunque mi capitasse a tiro. Purtroppo era la vicina di casa, perciò mi trattenni e salutai con la mano innocentemente.
Simon o Sonia, uno dei due me la paga... Ma quando possono avermeli fregati?
Trovai la porta aperta (mi era negato pure il gusto di potermela sbattere alle spalle), perciò decisi di avanzare con cautela, non sapendo quale ospite indesiderato – e non di certo invitato – fosse venuto a farmi visita. Al primo passo il mio cuore non resse. Due braccia mi si avvinghiarono al collo e un corpo urtò contro il mio. Urlai e piombai per terra.
"Sst! Altrimenti ci scopriranno!" Era la voce civettuola di Sonia. Mi stava allegramente prendendo in giro, puntellandomi il petto con il suo indice smaltato. Mi aiutò ad alzarmi.
"Che ci fai qui?" domandai sospettoso. Stavo cominciando a sudare freddo, per la terza volta nel giro di poche ore.
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