17. Prospettiva alternativa #1: Sonia
Lo sbattere dello sportello, dopodiché la Chevrolet avviata svoltò a destra, all'incrocio. Solo allora Sonia sollevò il capo da terra e controllò i dintorni. Gli inseguitori non erano ancora arrivati, mancavano pochi secondi.
Si rialzò e scattò dall'altro lato della strada. Sfruttando lo slancio della corsa, scavalcò il muretto e la siepe della 304, una bifamiliare giallo canarino. Atterrò sull'erba e lì si distese parallela alle piante di olivagno, ansimante: la Huracàn passava proprio in quell'istante, seguita da altre tre macchine che non riconobbe.
Chiuse gli occhi, non per il sollievo, ma per ricordare i movimenti del commissario. Da quando l'aveva accompagnata sul marciapiede a quando l'aveva lasciata. Tastò pelle e vestiti, e cercò: i punti di contatto non avevano nulla, nessuna pulce. Finalmente poté respirare a fondo e dedicarsi con più attenzione alla ferita. Non era gravissima, però doveva stare attenta.
Non si rimproverò per non essere riuscita a prevedere e schivare il colpo. Era mentalmente e fisicamente esaurita, e sentiva il bisogno di buttarsi a letto il più presto possibile. Da una settimana infatti il suo riposo si era drasticamente ridotto e fluttuava tra le tre e, qualora fosse stata una notte fortunata, le quattro ore. Quella notte l'avrebbe sicuramente passata in bianco, ma non poteva essere altrimenti. L'uomo su cui stava investigando le era sfuggito. L'uomo che si era promessa di proteggere era stato catturato.
Doveva ammetterlo: era stata una settimana schifosa e quella notte non era che il colpo di grazia. Come se non bastasse, era rimasta a piedi, armata solo di tacchi. Un'inutile esistenza scartata sul bordo della strada alla quale nemmeno gli inseguitori badavano più. Già... Non erano tornati indietro a controllare.
Frugò sotto il vestito stracciato e tirò fuori il cellulare. Squadrò lo schermo e tentò di prepararsi mentalmente; inutile negare di aver bisogno di aiuto. Tremava dal freddo. Forse erano i nervi, forse l'adrenalina, forse la febbre...
Digitò e attese due secondi.
"Dolci sorprese, parla Katia. Come posso esserle utile?"
"Poco zucchero e niente sorprese. Qui è l'agente Sonia. C'è Bruce?"
"Bruce è appena uscito. Puoi riferire a me se è urgente."
"Lo è, anzi, è una situazione critica... Preferirei parlare di persona con lui. In ogni caso, inviatemi i soccorsi. Mi trovo a..."
"Quanto critica è da uno a dieci?" l'interruppe la voce al di là del telefono.
"Dieci."
"Allora non sarà necessario."
"Come, scusa?"
"Se è così critica da definirsi con un dieci, non c'è via d'uscita. Inutile mobilitare la squadra."
A Sonia la voce femminile non suonava familiare e, per giunta, nessuno l'aveva mai lasciata a se stessa in quella maniera.
"Con chi parlo?"
"Ah, sono Chhaya... la sostituta di Bruce, al momento. Tanto piacere. Sono in prova ancora."
"Chhaya, Bruce è arrivato?"
"No."
"Bruce mi avrebbe inviato gli aiuti."
"Bruce mi ha detto di farti questa domanda, qualora se ne fosse presentata l'occasione, e mi ha dato la risposta nel caso tu avessi dato dieci come punteggio alla situazione. Significa che sei spacciata e che non credi neanche di farcela a rimetterti in piedi, mi ha spiegato."
La donna stesa sul prato soffocò una risata. Era tipico di Bruce farle la lezione anche in punto di morte.
"Posso chiederti di riformulare la domanda?"
"Non c'è problema. Definisci la criticità della situazione da uno a dieci."
"Nove."
"La richiesta di soccorso è stata accolta. Milo e Becca ti raggiungeranno tra dodici minuti. Nel frattempo, pensi di riuscire a cavartela?"
Si sentì lo sfrecciare di un motore a pochi metri. Non si fermò e proseguì.
Sonia, concentrata sui rumori, guardò il cielo notturno solcato da striature grigie: "Così poco? Spero almeno che abbiano messo le cinture di sicurezza."
"Lo potrai constatare al loro arrivo. Vuoi lasciare un messaggio o hai bisogno di qualcos'altro?"
"Un messaggio per Bruce: stamattina al solito posto, alle cinque. Nessuna scusa."
"Va bene."
"Grazie."
Chiuse la conversazione e si scostò leggermente dalla siepe, strisciando sull'erba. Nella bifamiliare nessun movimento sospetto. A quell'ora i signori della 304 dormivano profondamente e nessun'auto lanciata a velocità illegale avrebbe potuto svegliarli.
Si rimise in piedi a fatica con il fiato corto e la ferita che bruciava, martellava, tirava, sanguinava in maniera insopportabile.
Il monitor del cellulare si illuminò, rivelando il numero atteso.
"Bruce..."
"Sonia, il messaggio che mi hai lasciato non va bene. Facciamo alle quattro e mezza."
"Dici che l'investigatore non si conceda un po' di riposo?"
"Tu te lo concederesti, avendo quell'uomo a tua completa disposizione, senza più intoppi?"
"No, andrei dritta al sodo. Ma, anche se non conosco il metodo di Simon del tutto, conosco molto bene Mike. Non collaborerà immediatamente."
"Fatto sta che io conosco molto bene Simon. E so che i suoi metodi sono poco ortodossi, specie quando il tempo stringe e l'acqua gli arriva alla gola..."
"Quattro e mezza siano, allora. Spero che Milo e Becca abbiano portato il kit del pronto soccorso o arriverò leggermente in ritardo."
"Non avrai intenzione di continuare a lavorare sul caso!"
"Perché non dovrei?" sbottò la donna, scavalcando il cancello verniciato da poco e camminando lentamente sul marciapiede. Si sedette su una panchina, accanto alla fermata del bus, e si tolse le cut-out.
"Perché, con una criticità di livello nove, non ci si rimette in gioco senza un giorno o due di riposo! Farlo è da incoscienti."
"Il nove non era per me, Bruce. Io al massimo ho un quattro."
"Non dirmi che..."
"Sì, Mike."
"Quanti colpi ha preso?"
"Nessuno, al momento. Ma appena arriva alla centrale..."
"Ho capito. Contatto Frank e gli spiego. Tu... Non azzardarti a muovere un dito!"
"Neanche per salire in macchina?" sorrise Sonia, scorgendo in lontananza i fari di una Peugeot Partner lanciata a tutta velocità.
"Era ora," sospirò l'uomo e riattaccò.
Il furgoncino nero frenò silenziosamente davanti alla donna. Lo sportello si aprì e una donna dall'accento francese incalzò Sonia a salire. Occupando i sedili posteriori, Becca squadrò la collega dalla testa ai piedi, incrociando le braccia e sbuffando. I ricci neri si sollevarono per un momento, riposandosi sulla fronte subito dopo.
"Da' qua," borbottò, prendendo il disinfettante.
"Scusa, Becky, non avevo in programma di farti fare gli straordinari..." spiegò Sonia.
"Oh, non preoccuparti tesoro. Non è per te che sbuffo," ribatté la senegalese, senza lasciare il suo sguardo, "ma per Milo. Vorrei essere io al volante."
Era una maniera carina per non farla sentire in colpa. Sonia sapeva quanto Becca odiasse fare l'infermiera. Colto il messaggio, si rivolse a Milo. Voleva evitare, se possibile, ulteriori lesioni.
"Milo."
Da davanti una voce secca: "Capito, principessa." Becca s'illuminò, mostrando uno splendido sorriso tra due fossette vivaci. Abbracciò l'amica e passò davanti, sedendosi sopra a Milo. A quel punto l'uomo abbandonò la guida, lasciandola alla ragazza, e si spostò sul sedile accanto. Infine, dopo un ulteriore sforzo acrobatico, riuscì a raggiungere il sedile posteriore rimasto libero.
"Avevo detto a Bruce che ci serviva qualcosa di più grande, ma no, no, figuriamoci..."
Il quarantenne espresse tutto il suo disagio nel ritrovarsi compresso dietro al posto di guida: tentava di rimpicciolirsi nel suo metro e ottantotto di altezza, di restringersi nella sua corporatura robusta.
"Milo..."
"Sì, ok. Prendo l'anestetico. Tu vedi di addormentare la lingua però."
Un cenno di assenso. L'uomo con i capelli scompigliati abbassò tutti i sedili e fece stendere la ferita. Poi fece scorrere una tendina da doccia nera sul tubo metallico che riquadrava la metà posteriore della cappotta del furgoncino, e aiutò la giovane a togliersi il vestito. Da sotto il sedile prese una coperta beige, con cui avvolse la collega, facendo attenzione a non coprire la parte lesionata.
"Muovi il braccio."
La donna eseguì senza problemi.
"Muovi la spalla".
"Ahia!"
"Calma, così," la aiutò.
"Fermo, fermo, fermo!" Sonia strinse i denti, "Tu sei pazzo!"
"No, sono il tuo dottore. Perciò, da brava paziente, mi ascolterai e farai come ti dico."
"Becky..."
"Sto guidando, non si parla al conducente," disse l'interpellata, tagliando corto.
"Lasciala stare. Ha finalmente coronato il sogno della settimana. Dopo aver distrutto la mia adorata Renault Master, ora può passare alla Peugeot," ridacchiò il norvegese, continuando a muovere braccio e spalla della collega.
"Era un caso particolare!" lo corresse Becca.
"Il muro però no. Non era né casuale, né particolare. Era lì e ti avevo avvisato," imperversò lui, sistemando un computer sul kit del pronto soccorso e indossando una tuta da lavoro verde fosforescente, dei guanti e una maschera che gli copriva tutto il capo.
"Vorrei vederti. Anche tu ci saresti finito addosso con tutto quell'olio per terra!" Becca non si dava per vinta.
"Sì, siamo vivi per miracolo e così anche quelli che seguivamo. E indovina... dobbiamo ricominciare da capo per colpa di chi? Fammi il piacere di avvisarmi al prossimo semaforo rosso, ok?"
"Ci siamo," sbuffò la donna, picchiettando con le dita sul volante.
"Ottimo".
Milo estrasse da una tasca un oggetto non più grande di un accendino con un obiettivo al centro e un pulsante laterale. Passò lentamente il rettangolo di 4x2 centimetri d'acciaio sopra la spalla di Sonia, a pochi centimetri dalla ferita sanguinante.
"Riparto," da davanti la voce di Becca suonò metallica.
"Mhmm," le rispose il collega, togliendo il tappo alla sottospecie di accendino e inserendo nel pc quella che si era rivelata una chiavetta. Comparve immediatamente la radiografia della parte interessata.
"Un bel colpo, non c'è che dire! Guarda com'è entrato in profondità: ci vorrà un po' per estrarre il proiettile, principessa..."
"Quanto manca per arrivare alla rimessa?" chiese Sonia, allarmata.
"Ancora tre minuti. Te la senti di iniziare?"
"Vai,"
"Così si fa," le sorrise Milo, preparando la siringa.
"Locale, vero?"
"Certo. Non sei più una bambina."
"No, non dicevo per quello!" rise lei, "Mentre tu lavori alla mia spalla devo assolutamente parlare con Bruce."
"Quando si dice che il tempo è tiranno..." commentò l'altro, iniettandole l'anestetico.
"No, quando non c'è tempo da perdere..." continuò Sonia.
"Quando si dice che la pazienza ha un limite!" borbottò Becca, premendo sull'acceleratore e sorpassando due macchine.
"Quello era rosso," Milo indicò il semaforo.
"Vedi qualcuno?" lo canzonò l'altra.
"Bruce!" esclamò il collega, avendo notato un profilo massiccio a lato della strada.
"Doh!"
"Oh, sì!" Milo rise fino a farsi venire le lacrime. "Non avrà tempo per te, non ti preoccupare. Sarà tutto per Sonia. A proposito, come va con il braccio e la spalla?"
"Inizio a non sentirli," lo informò la paziente. Becca parcheggiò a pochi metri dalla rimessa e aprì tutti gli sportelli.
"Bene. Possiamo cominciare," disse Milo, portando Sonia all'interno del deposito e aiutandola a stendersi su di un lettino già preparato per l'occasione. Bruce e Becca lo seguirono con il resto del kit.
"Bruce, ci sono novità?" domandò Sonia.
Un sospiro.
"Poche e pessime."
"Come c'era da aspettarsi..."
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top