13. Azzardo di coppia

Con la partecipazione improvvisa dell'avviso originale #3

"Mike, che ti prende? Sei superstizioso?"

Negai con poca convinzione: "Senti, Sonia, non voglio essere un peso per nessuno. Perciò, se per te è più semplice..."
Fui interrotto da un'espressione severa: "Neanche per sogno! So perfettamente che sai usare una pistola, bello mio, non credere di poter continuare a indossare quella maschera da angioletto di fronte a me per tutto il tempo!"

La guardai intontito, ma lei continuò ugualmente a rimbrottarmi: "Sono stanca di usare la forza bruta, datti un po' da fare, che non c'è sempre mammina a salvarti dai bulletti. Il fatto stesso che non ti scandalizzino i due corpi qui per terra la dice lunga sul tuo conto, no? Significa che hai visto di peggio, dico bene?"
Ammutolii del tutto, non credevo ai miei orecchi. Capii cosa significasse venire messo con le spalle al muro in un vicolo cieco e non avere più vie di scampo. L'unica opzione ancora valida consisteva nell'accettare di affrontare chi mi stava di fronte. E chi mi stava di fronte era Sonia, una donna che di me sapeva inspiegabilmente tutto ed era capace di prevedere ogni mia singola mossa, come se mi leggesse nei pensieri.

Io, ancora una volta, mi sentii non un gradino, ma una piramide più in basso. Era una vera ingiustizia. Quei suoi occhi vivaci e penetranti mi avevano denudato. Le sue parole mi avevano preso di contropelo e, probabilmente, lei se ne dovette accorgere perché cambiò atteggiamento.

Le sue dita affusolate si posarono sul mio petto e gli angoli della sua bocca disegnarono un lieve sorriso: "Devo recuperare una cosa. Ti lascio per conto tuo, quindi cerca di trovare un modo per distendere i nervi. Sistemati i capelli, indossa la giacca e scompari immediatamente. Ci troviamo sotto, all'ingresso secondario tra due minuti, ok?"
Mi lasciò la pistola e, portando con sé solo il vassoio letale, risalì la rampa che avevamo sceso con tanta precauzione.

Era davvero una donna incredibile... Io d'altro canto non ero che un barista, eccellente c'è da dire, ma pur sempre un barista. Nel presente. Un barista che in un passato non tanto remoto aveva maneggiato una m9 e diverse altre armi...

Mi morsi il labbro per non ricordare. Sfilai la giacca di Yong e la indossai; avrei dovuto poi sistemare l'acconciatura in modo da renderla meno riconoscibile. Con tutto il gel fissante che avevo usato non sarebbe stata un'impresa facile, ma dovevo comunque tentare.

Mi accorsi troppo tardi che la giacca appena infilata era bagnata: il tessuto nero mi aveva nascosto le parti fradice di sudore maleodorante. Pertanto, da quel momento in poi, avrei dovuto evitare di sembrare disgustato al minimo movimento che mi faceva credere di avere due paludi sotto le ascelle e un acquitrino sul fondoschiena. Da Yong non me lo sarei mai aspettato...
Profondamente impressionato dalla mia pessima situazione, mi accostai al bordo della vasca e raccolsi nel palmo delle mani quanta più acqua possibile per inumidire i capelli. Tentai di darmi un aspetto meno conforme al personale del casinò.

Imprecai contro il forte odore del cloro e contro il gel. Dovevo assolutamente prenderne uno che non fosse estremo e che invece permettesse di modellare il tutto quando mi pareva.
Il risultato dello shampoo al cloro fu un pasticcio contenuto. Non sarei più stato riconosciuto per un barista di un ambiente di lusso (come minimo), ma non sarei mai passato per un frequentatore con la testa a posto. In senso letterale.

Guardai Yong e sospirai. Non sarei mai riuscito a fare una treccina come la sua in tempo... Ma forse era un bene. Sarebbe stato troppo inverosimile che i suoi compari mi scambiassero per lui.

Rimaneva dunque solo la mia faccia e mezzo minuto per recarmi al retro del casinò senza essere notato. Fissai il mio riflesso sulla superficie della piscina e strinsi il pugno.

Trattenni il respiro mentre mi picchiavo da solo. Il cielo lasciò cadere più stelle che nella notte di San Lorenzo...

Alla fine dell'operazione (dolorosa e soddisfacente), misi la pistola che mi aveva lasciato Sonia dietro la schiena, sotto la giacca, cosicché rimanesse nascosta e non destasse sospetti. La cintura dei pantaloni non era certo una fondina, tuttavia faceva il suo dovere.

Mi diressi quindi alle scale esterne che portavano al parco sottostante, dove provenivano le voci degli altri uomini che mi davano la caccia. Sarei corso dritto nella tana del leone se non fosse stato per la mia precedente conoscenza del casinò.
Sapevo infatti che all'ultima rampa avrei avuto abbastanza spazio tra le scale e la parete del casinò da poter saltare tranquillamente giù, senza temere per le mie articolazioni. Una volta toccata terra, sarei filato dalla parte opposta rispetto a quella da cui i men in black si sarebbero aspettati di vedermi sbucare. Il tutto passando completamente inosservato. 

Controllai immediatamente se ogni cosa fosse rimasta come la ricordavo e trattenni un'esclamazione di gioia nel constatare che nulla era cambiato. 

Scesi i gradini piegato sui ginocchi in modo da rimanere coperto dal muretto. Fu inutile: quella tattica non mi permetteva di osservare gli spostamenti degli uomini di sotto, aumentando così il rischio che il mio piano fallisse. Dovevo escogitare qualcosa al più presto. 

Cercai attorno qualsiasi cosa potesse essermi utile per  guadagnare un po' di tempo.

***

Sul muro Mike notò una scritta fatta con una bomboletta viola. La calligrafia estrosa affaticava il suo occhio che ben presto se ne distaccò per cercare un elemento che facesse al caso suo. A scanso di equivoci, onde evitare che la curiosità raggiungesse il  picco in un momento critico, ritornò a decifrare il messaggio lasciato da un personaggio bizzarro:

WANTED ALIVE AND GROUCHY
BETA
per madamigella moonlightinbabilonia 
disposta ad averne anche due per questa storia.
Fatevi avanti senza timori, ne avrete tanti onori!
La vostra ricompensa sarà alta nei pensieri
di chi lascia troppi misteri...
Se non avete la più pallida idea di chi sia un beta
è consigliata caldamente una lettura completa
del capitolo da wia dedicato
al lestofante qui ricercato

https://www.wattpad.com/262532390-guida-info-f-a-q-progetto-beta-reading 

Mike scosse la testa. Aveva solo perso tempo prezioso proprio quando era una questione di vita o di morte. Avrebbe tanto voluto ringraziare quella moonlightbabilonia per continuare ad assillarlo con le sue stramberie...

***

Non c'era nulla che potesse aiutarmi, eccetto quegli stupidi fiori bianchi e violacei sopra al muretto più esterno. Guardai in basso: ancora sette metri per toccare terra. Se avessi fatto anche solo una mossa sbagliata avrei tormentato Sonia tutte le notti sotto forma di fantasma.
E certamente lei avrebbe trovato un modo per sbarazzarsi di me anche in quel caso...

Sorrisi. Per tutto il tempo non avevo fatto che pensare a lei non come  qualcuno da tenere d'occhio e da riportare alla polizia. No, per me Sonia era una compagna che aveva acceso quella scintilla di rivalità e curiosità presto divampata in un'attrazione fatale. Da lei non scappavo ma tornavo perché volevo "lavorare" con lei. Di Simon, a quanto pareva, il mio cervello non si curava minimamente. Era troppo doloroso stargli vicino e lo scansavo più che potevo. Ormai avevo scelto. La risposta che non avevo prima era divenuta lampante.

Non rimaneva che giungere illeso al punto di ritrovo. Un gioco da ragazzi, veramente. Solo che io non ero più un ragazzo e il mio corpo lo sapeva bene, eccome...

Ciononostante strinsi i denti. Mi alzai proprio dietro al vaso di fiori e guardai giù: i men in black si accingevano a salire le scale. Presi quindi il vaso e lo gettai il più lontano e il più lateralmente possibile, impresa non da poco. Ci riuscii per un soffio. Il rumore della terracotta in frantumi scagliata a terra allarmò i miei inseguitori che si diressero immediatamente sul luogo del ritrovamento. 
Non aspettai certo che guardassero in alto per farmi beccare: appena lanciato il bouquet (senza nemmeno ammirare il brusco atterraggio) scavalcai il muretto interno delle scale e mi lasciai cadere giù, pregando di essere ancora abbastanza agile e forte da aggrapparmi al penultimo giro di scala senza sentire troppo il contraccolpo.
Per non so quale miracolo le mie dita arpionarono il parapetto e i piedi cercarono immediatamente un appiglio sullo stesso per non dare tutto il peso alle spalle. Sbattei comunque ginocchi e gomiti sul muretto, sbucciandomi tutto e grugnendo per il dolore.

Nessuno pareva avermi notato, per cui decisi di attuare la fase successiva. Stavo sospeso a due metri d'altezza, per cui non avrei rischiato più di tanto, o almeno speravo...
Piombai a terra senza fare troppo rumore e rotolai dietro alle scale. Ancora nessun segno che mi avessero avvistato.

Mi era impossibile alzarmi, dal momento che, per la tensione, tremavo tutto. Per cui continuai a rotolare e a gattonare (fingendo che le mie gambe non esistessero) fino alla prima fila di palme. Mi nascosi dietro al loro tronco per riprendere un po' di fiato e per recuperare le energie. Dovevo rimettermi in piedi al più presto per correre da Sonia. Ero in enorme ritardo e pregai che non mi venisse a cercare.

Stavo tentando di rimettermi in piedi quando sentii un passo alle mie spalle. Trattenni il fiato, girando lentamente il volto in modo da poter osservare senza essere scoperto. Come temevo, era un nemico. Con me avevo la pistola, ma preferivo non usarla per non attirare l'attenzione e una valanga di guai.

Mi salvarono i suoi compagni: "Iker, hanno trovato Yong e Ilia! Si va su!"
Iker, quel bravo ragazzone, li ascoltò e fui di nuovo solo o così credetti.

Ritrovato l'equilibrio, mossi qualche passo di prova e, con uno scatto, corsi rasente al muro per una trentina di metri.

Dietro di me una faccia sconosciuta in una divisa conosciuta urlò: "Fermo o ti sparo!"

Non doveva avermi riconosciuto e, al retro del casinò mancavano ancora pochi metri, una volta svoltato l'angolo.
Alzai le mani sopra la testa e, senza nemmeno girarmi per controllare a quale distanza fosse, gridai di rimando: "Scusa ma ho un'urgenza!"
Non badai al proiettile che mi passò tra i capelli né a quello che mi forò il pantalone vicino alla caviglia. Avevo svoltato l'angolo e passato un cassonetto della spazzatura quando fui preso e scaraventato per terra addosso al muro, dietro a un cumulo di immondizia.

"Sei in ritardo per il ballo, Cenerentola."

Mi sedetti, appoggiando la schiena e il capo alla parete: "Temo di non essere nemmeno presentabile. Fa lo stesso?"
Guardai Sonia con un sorriso che si trasformò in una fitta di dolore a causa dei pugni che mi ero dato al viso.

"Sei conciato per le feste. Non vedo quale sia il problema..." rispose lei, mettendosi in una posizione più consona a un agguato. Mi preparai anch'io e, dopo un secondo di esitazione, dissi: "Ho scelto te."
"Ottima scelta, socio." 

Chiuse per un secondo gli occhi: "Sono felice che tu sia arrivato fino a qui."  Mi strinse la mano tra le sue: "Ma non basta... Sei disposto a continuare?"
"Dimmi solo le regole del gioco."
"Si tratta di un gioco d'azzardo. Non ci sono regole."
"Tanto meglio allora." Mi ricordai di non sorridere.

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