13 - SCORPION QUEEN
«Che cosa?» la voce di Takeru rimbombò nella classe vuota. Di slancio gli tappai la bocca con un grugnito disintegrandolo con una delle mie occhiate assassine.
«Ma sei matto? Cosa gridi?»
Quando lo mollai prese una boccata d'aria e mi diede una spinta verso l'uscita. Avevamo appena terminato la prima ora e stavamo per raggiungere il professore di storia in un'altra aula. «Stiamo parlando di Mr.Lattner, Rob. Lattner, cazzo!»
Finiva sempre così, con Takeru che borbottava e grugniva qua e là i suoi scenari apocalittici e io che cercavo di non farmi prendere dal panico più del dovuto. Già bastava lui a essere isterico per entrambi. Da quando ci eravamo avvicinati, la mia ansia si era evoluta per merito della sua ansia.
Ero passata da piccola e stupida strafottente a paranoica complessata.
Grazie mille, giappo-minchia! Ora sì, che sono da camice bianco.
Gli pizzicai con forza un fianco fino a farlo gemere di dolore. «Ne vuoi un altro?»
Scosse la testa e si massaggiò la parte dolorante. «Resta comunque una follia, Rob.»
Roteai gli occhi verso il soffitto. Ero esausta già di prima mattina. «Credi che non lo sappia? Comunque ho già firmato il contratto per sei mesi.»
«E come hai fatto per i documenti?» Mi guardò allarmato. «Oddio, Rob... ti sei fatta dei documenti falsi?»
«Ma che cazzo dici? Ti pare che scendo così tanto nell'illegalità?»
«Non mi stupirebbe.»
Lo colpii con la cartella. «Ma smettila. Ho solo firmato a nome di Robert... e lui, Mr.Lattner, non mi ha chiesto niente.»
«Niente?»
«Zero.»
«Zero?»
«Perché stai ripetendo tutto quello che dico? Sei cretino?»
Sbuffò. «Comunque avrei quasi preferito uno dei nostri vecchi e bavosi professori anziché lui.»
«Cosa? E perché?» Per un attimo immaginai di condividere l'appartamento con Mr.Groner. Ne restai turbata al solo pensiero.
Gonfiò le guance sgranando gli occhi. Prima o poi sarebbe esploso come un palloncino punto da uno spillo. Dovevo ancora capire se quel suo modo di fare era parte di lui o se le vicende che mi riguardavano riuscivano ad agitarlo particolarmente. Mi sarebbe dispiaciuto fargli avere un infarto solo a diciotto anni. «Ma come perché? Stupida! Ma è ovvio. Lattner è...» abbassò la voce. «È giovane, sveglio e bello... potrebbe come prima cosa riconoscere in fretta il tuo travestimento ma cosa peggiore... potrebbe pensare che ti sei infiltrata in casa sua solo per sedurlo.»
«Sedurlo fingendomi un uomo? Cavolo, Take... tu hai una strana concezione di seduzione, eh? Non voglio nemmeno sapere che genere di porno guardi.»
Non colse la mia frecciatina, anzi, mi afferrò per le spalle scuotendomi con sguardo allarmato. Era entrato in modalità "moriremo tutti" e "oddio, la terra sta per esplodere". «Non sto scherzando, Rob. Non fare l'ingenua. Questa situazione già aveva premesse pericolose... ora è veramente un casino. Se vi dovessero beccare finireste entrambi in grossi guai. Se si fosse trattato di un professore vecchio e bacucco forse avrebbero compreso... ma Lattner, cazzo, no.» Mollò la presa di scatto camminando su e già per l'aula vuota. Sembrava sul punto di una crisi isterica. «Verresti espulsa in un attimo e lui licenziato in tronco. Insomma... convivendo così... ci son le basi per credere che se la faccia con una sua alunna.»
Trasalii. Una goccia di sudore freddo mi colò lungo il collo facendomi rabbrividire. Serrai le mani deglutendo e cercai di non farmi prendere dal panico, anche se quelle parole avevano acceso milioni di allarmi nella mia testa.
Merda. Ha ragione. Ha ragione, merda.
Merda e ragione. Ragione e merda. Merda e... oddio, e ora? Oddio, che faccio?
Non avevo pensato a risvolti tanto tragici, eppure avrei dovuto visto che questa faccenda non coinvolgeva solo me. Ero stata superficiale. Avevo solo messo in conto che una volta scoperta potesse capitarmi qualcosa di spiacevole come esser buttata fuori dalla Missan o essere rispedita con un calcio in culo dai miei a New York ma, stupidamente, non avevo pensato ai guai che avrebbe potuto passare Mr.Lattner a causa mia.
Era rischioso. Non c'era alcun dubbio, Takeru aveva ragione su ogni fronte. Ma che potevo fare? A me quel posto serviva. Per non parlare del fatto che perfino ad una come me repelleva l'idea di dovermi fingere uomo, soprattutto con uno come Lattner.
D'istinto strizzai il braccio di Takeru e finalmente si bloccò smettendo di fare su e giù per l'aula. Mi rivolse un'occhiata seria ma l'espressione si sgretolò non appena incontrò la mia. Che faccia avevo? Una delle mie solite mostruose? Forse non avevo l'aria più serena del cosmo. «Da - dai, Rob... non ti preoccupare.» Lasciò andare a terra la cartella e subito cercò le mie mani con le sue. «Scusami se ti ho assalito così con tutte queste paranoie. Non pensiamoci per ora... cerchiamo di pensare positivo, okay?»
Mi limitai ad annuire. Avrei voluto dire tanto altro ma non trovavo voce per farlo. Il pensiero che Lattner potesse finire nei casini a causa mia si era incastrato tra la preoccupazione di respirare e quella di fumarmi una sigaretta ogni tanto per non far scendere il livello di nicotina del mio corpo. Insomma, preoccupazioni molto serie.
Dannazione Lattner! Proprio tu dovevi essere, eh? Maledetto giovane e sensuale professore ultra erotic... No! Non lo stavo pensando davvero.
Complimenti per i pensieri sani, Robin. Piccola depravata che non sei altro. Sì, proprio tu. Zozza.
«Quando porteranno la tua roba là?»
«Io credo oggi... sì, oggi. Devo ancora imballarla a dire il vero.» Sciolsi la stretta di Takeru e mi presi la testa tra le mani. «Che devo fare, Take? Che devo fare? Disdico tutto?»
Lui fu dolce. Come sempre. Raccolse la mia disperazione come puoi raccogliere un cane randagio e si sforzò di essere positivo. «Ti darò una mano io» disse, dandomi un buffetto.
«Dici davvero?» Sapevo che per lui era una seccatura. Non aveva approvato questa faccenda sin dal principio. Aiutarmi era un po' come essere complice.
«Ma certo, con quella faccia che fai come posso non aiutarti?»
Ghignai, agguantandolo per il collo e strizzandolo contro il petto. «Ti adoro, Take. Ti adoro. Giuro. Ti adoro.»
Quando lo mollai si aggiustò la cravatta del completo e mi diede un colpetto in fronte. «Stu - stupida! Lo sai che lo faccio con piacere.» Si sistemò gli occhiali con fare frettoloso e notai che era arrossito fin sulla punta delle orecchie.
Ormai lo avevo capito. Lui era il classico tipo che se una situazione si metteva male ti sciorinava i problemi esaltandone le complicanze, però, non si tirava comunque indietro. Non era uno che ti mollava lì, in balia dei tuoi casini. Affrontava la tempesta con te, anche se rischiava di rimanerci sotto. Era questo che amavo di lui.
Sfilando tra i banchi ci spostammo verso l'uscita della classe ma prima che sbucassimo nel corridoio un braccio ci sbarrò la strada.
Il bestione con cui avevo fatto a botte non molto tempo prima sorrise crudelmente sia a me che a Takeru, anche se i suoi occhi restarono fissi nei miei. Un brutto presentimento mi sfiorò la mente non appena notai quello sguardo. Avevo incontrato molte persone con un'espressione del genere: l'espressione di chi sa qualcosa su di te e non vede l'ora di usarla a proprio favore. «Sai, ho fatto un po' di chiamate... un po' di ricerche, O'Neil. E ho scoperto che sei proprio una tipa interessante, eh?»
Sapevo che sarebbe arrivato questo momento. Speravo non così in fretta ma sapevo che prima o poi avrei dovuto far i conti con qualcuno a conoscenza del mio passato. Deglutii cercando di mantenere la calma. La mia maggiore paura non era che conoscesse la vecchia me, quella che volevo a tutti i costi cancellare; quanto più che lo spiattellasse ai quattro venti e mi facesse buttar fuori dalla Missan prima ancora di aver dimostrato che ero finalmente diventata una persona migliore.
Con la coda dell'occhio guardai Takeru. Sembrava scosso, frastornato. Lui non sapeva nulla di me prima del Missan College. Lui non sapeva chi era Robin O'Neil a New York. «Senti, amico... non è giornata.» Volevo essere diplomatica? Ma a chi la davo a bere. In realtà ero stata presa contropiede, mi sentivo messa all'angolo.
Takeru mi lanciò una lunga occhiata e sembrò leggere qualcosa nel mio sguardo che lo convinse a intervenire a mio favore: «Già, Sullivan! Non vogliamo nessuna rogna.»
Sullivan... quindi questo bastardo carico di steroidi si chiama così.
Dovrei fare anch'io qualche chiamata e informarmi meglio su chi è... e soprattutto, che diavolo vuole da me!
«Cerchiamo di andare d'accordo, okay?» aggiunse Takeru un secondo dopo, sistemandosi gli occhiali con la solita perizia di quando viene mangiato dalla tensione.
Sorrisi.
Andare d'accordo... sì, certo, come se fosse possibile con questo babbeo!
Il bestione lo spintonò indietro ghignando crudelmente. Fui tentata d'intervenire ma Sullivan non sembrava affatto interessato a lui. La sua attenzione era completamente rivolta a me. «Zitto, muso giallo. È una cosa tra me e Scorpion Queen... vero, O'Neil?»
Trasalii.
Allora sa. Allora non bluffa. Allora ha davvero cercato di me.
Espirai rumorosamente, senza distogliere lo sguardo.
«Che sta succedendo? Scorpion Queen? Che vuol dire, Rob?» Takeru sembrò confuso, rimbalzò lo sguardo da me a Sullivan con l'espressione più disorientata del cosmo.
Sullivan rise. «Non lo sa il tuo amichetto chi eri? Hai paura a dirglielo? Eppure avrà capito che non sei una ragazza comune.»
Improvvisamente stavo sudando freddo. «Non è quella O'Neil che deve conoscere... ma questa.»
«E non è forse la stessa?» Mosse velocemente la mano ma io lo fui più veloce di lui. Lo agguantai per un polso prima che afferrasse Takeru e scivolando fuori dall'aula lo sbattei contro il muro del corridoio. Il bestione colpì col petto la parete e grugnì. «Come ho giù detto alla tua fidanzata... lui non si tocca.» Era la vecchia me. Ero di nuovo io. La voce bassa e crudele, il tono affilato e cattivo, lo sguardo di fuoco e pronto a disintegrarlo prima di riempirlo di pugni fino a renderlo irriconoscibile perfino per la sua mammina.
Ora ti ammazzo! Cancellerò quel sorrisetto inutile dal tuo visetto.
La volevi? Mi cercavi? Ti farò assaggiare il sapore di Scorpion Queen.
Mai sfidare la Regina degli Scorpioni... potresti finire punto.
Mi passai la lingua sulle labbra. Per un attimo Sullivan esitò. Sul viso un'espressione spaventata ma soddisfatta, come se non aspettasse altro che questa mia mossa. «Vedi? Non sei cambiata affatto. Non puoi sfuggire da ciò che sei.»
Quelle parole furono come una secchiata d'acqua gelata. Ripresi coscienza di me e di dove mi trovavo un istante dopo.
Tagliai il nostro contatto con uno scossone e Takeru, alle mie spalle, posò le sue mani sui miei fianchi. Fu come placcare una bestia. Tremai tanto che stringere i pugni mi scosse le spalle ma poi restai immobile. «Vattene. Vattene finché sei in tempo» sibilai. Avevo il fiato corto. Era stato molto più faticoso di quanto immaginassi.
«Altrimenti che fai? Mi ammazzi?» Rise. «So che ne saresti capace, Scorpion Queen. So tutto.»
Un pentolone di melma al posto dello stomaco. Lo sentii ribollire dentro di me finché la pancia non si contrasse crudelmente. Mi passai nervosamente la lingua sulle labbra e gli sorrisi. Uno squarcio spietato al posto della bocca. Uno scorcio bianco sull'inferno. «E allora, se lo sai... cosa sfidi la sorte in questo modo?»
Tentennò un attimo prima di agguantarmi per la camicia, chiuse il pugno lasciando scrocchiare le nocche, pronto a colpirmi. «Non farmi ridere. Credi di farmi paura? Sei l'ombra di ciò che eri.»
Mi guardai attorno. Pieno di gente. Pieno di studenti e professori.
Feci un respiro e mi preparai a ricevere il pugno. Non potevo rischiare. Non potevo fare una rissa lì.
«Sullivan! O'Neil! Ogawa!» La voce di Mr.Heeman, il nostro professore di laboratorio, squillò in fondo al corridoio. Lo vidi raggiungerci trafelato e Sullivan subito mollò la presa. «Che state facendo qui? Litigate, eh?»
Devono avergli dato il premio per Mister Perspicacia a questo!
Cosa cazzo pensava facessimo? Prove di danza classica in mezzo a un corridoio?
«Tutto a posto Mr.Heeman» biascicò Sullivan, infilando le mani in tasca e lasciandoci soli con il professore che lo seguì con lo sguardo fino a quando non sparì dietro l'angolo.
Quando tornò a fissarci aveva un'espressione severa. Non prese minimamente in considerazione Takeru, e di questo ne fui grata, fermando il suo sguardo torvo solo su di me. «O'Neil non tirare troppo la corda. Sei in questo college per grazia divina visti i tuoi precedenti. Se continuerai così saremo costretti a prendere seri provvedimenti.» Il Missan sapeva. In fondo il mio fascicolo era rimasto molto sulla scrivania del preside prima di avere una risposta. Ci avevano pensato a lungo se ammettermi o meno, a prescindere dai soldi sborsati dai miei genitori.
Sorrisi.
Ma certo. Funziona sempre così nella mia vita di merda.
Vengo miacciata, stuzzicata, attaccata, umiliata... e chi ne paga le conseguenze? Sempre io. Solo io.
Mai una volta che qualcuno si sia preso disturbo di chiedermi come stavo.
Mai una volta che qualcuno mi abbia detto "Tranquilla, non è colpa tua".
Annuii. «Ma certo, Mr.Heeman. Lo so bene.»
«Bene. Perché ti teniamo tutti d'occhio.»
Ci lasciò lì, con quella bomba appena lanciata e un sapore amaro in bocca che mi faceva venire il voltastomaco.
M'incamminai frettolosamente verso l'uscita che dava sul giardino e quanto estrassi una sigaretta dal pacchetto mi accorsi che le mie mani tremavano.
Takeru le coprì con le proprie, le strinse e mi sorrise. «Andiamo a casa, Rob.»
«Ma - ma le lezioni... ci daranno per assenti se le saltiamo.»
Scosse le spalle. «Andiamo a casa. Dobbiamo fare gli scatoloni per il trasloco e poi... voglio che mi racconti di te.» Intrecciò le dita alle mie e mi tirò verso la cancellata.
Chissà se dopo quella chiacchierata sarebbe rimasto al mio fianco.
Chissà se una volta confidata, sarebbe rimasto quella mano tesa in grado di tenermi a galla in quel mare di merda.
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