48 - MOSTRATI
L'arrivo di Lattner aveva portato con sé un silenzio teso e pronto a esplodere, come gli attimi che precedono il disinnesco di una bomba. L'intero stabile sembrava essersi riempito di un'attesa fatta di rispetto, paura e trepidazione. E non vi nego che io stessa mi sentivo schiacciata dall'opprimente ostilità che entrambi emanavano.
Era cambiato qualcosa nell'aria. E anche se nessuno dei due stava facendo o dicendo nulla, il momento sembrava di cruciale importanza.
La cosa più sensata da fare sarebbe stata strisciare via, lontano. Mettermi a una ragionevole distanza di sicurezza e assistere lo scatenarsi della tempesta dando fondo a un pacco di popcorn. Purtroppo però, tanto quanto la mia dignità calpestata, continuavo a restare accartocciata in terra, ancora instabile ma, fortunatamente, con la vista meno offuscata di prima. Almeno iniziavo a vederci qualcosa oltre che delle semplici ombre.
Peccato che lo spettacolo non fosse dei migliori.
L'euforia di Wyer aveva appena lasciato spazio all'impazienza. Un bisogno urgente di arrivare dritti alla fine di tutta quella faccenda. Sembrava sul punto di fare un massacro. Camminava avanti e indietro con la pistola stretta in mano. La picchiettava sul palmo e muoveva le labbra senza emettere alcun suono. Sembrava parlasse, eppure non diceva nulla. La situazione poteva precipitare da un momento all'altro e i suoi occhi tradivano il desiderio di assecondare ogni sua follia. Non avrebbe accettato compromessi, né sarebbe sceso a patti. In lui era evidente la necessità di ammazzare il Re dei Teschi. Forse aveva vissuto gli ultimi anni proprio con quell'unica motivazione a mandarlo avanti.
Regolare i conti. Solo questo c'era. Solo questo importava davvero.
Faceva paura.
Faceva paura al pari di Joker. Forse anche di più.
Non pensavo l'avrei mai detto, eppure, al mondo, esistevano molti più pazzi di quanti ne avrei mai immaginati.
Se Satana avesse una faccia, sarebbe la sua.
La risata di George Wyer mi strappò dalle mie riflessioni riportandomi immediatamente con lo sguardo su di lui. Un rumore, un gesto, un passo falso... e il precario equilibrio che c'era si sarebbe sgretolato definitivamente. E poi? Poi cosa sarebbe successo? Non avevo nemmeno il coraggio di muovermi.
L'idea che Lattner dovesse scontrarsi con un simile soggetto continuava a rimbalzare da una parte all'altra del mio cervello, senza trovare una soluzione che non implicasse uno scontro decisivo e forse mortale.
Siamo alla resa dei conti...
Ed era proprio ciò che temevo. Uno scontro senza esclusione di colpi, senza un finale che non includesse una morte.
Quanto ci sapeva fare questo Wyer?
Quanto poteva tenergli testa Lattner?
Fino a dove erano disposti a spingersi per chiudere questa faccenda?
D'altronde era chiaro che nessuno dei due avrebbe fatto un passo indietro. E se Wyer sembrava già sul piede di guerra, Lattner non era da meno. Anzi, il suo sguardo sembrava trapassare come il laser di un cecchino le lenti degli occhialoni vintage; e l'obiettivo era ben preciso.
Lo voleva morto. Lo sapevo. E nemmeno potevo biasimarlo. Quello era l'uomo che aveva ucciso suo fratello per puro errore. Anche ai miei occhi meritava di morire.
Wyer inclinò la testa di lato e lo sguardo brillò di una follia a stento trattenuta. Aveva il Re dei Teschi davanti a sé, alla propria mercé; probabilmente era all'apice di un piacere incontrollabile. «Ho pensato spesso a quella notte... quella in cui ci siamo incontrati ma non eri davvero tu.» Il corpo di Lattner si tese. Sotto quelle mille maschere date dal travestimento, percepivo la rabbia ribollire, trattenuta a stento da un'apparente calma. Parlare di Samuel era la maniera peggiore per chiudere la questione. Wyer forse lo sapeva, eppure era intenzionato batter il ferro finché era caldo. Con ogni probabilità sperava in una sua reazione o magari che perdesse le staffe e lo attaccasse per primo. «Mi sono sempre chiesto: perché? Perché non sei venuto? Perché hai mandato un altro a morire al posto tuo, eh?» Lasciò scivolare due dita sulla canna della pistola, giocando con il buco. Se fosse partito un proiettile in quel momento, si sarebbe sparato in faccia.
Mi biasimereste se vi dicessi che lo sperai fino all'ultimo? Ovviamente non accadde.
Visto che Lattner non sembrava disposto a rispondere, Wyer prese a camminare su e giù per lo spiazzo vuoto. Ad ogni cerchio, era sempre più vicino al punto in cui mi trovavo io, quasi tentasse di avvicinarmi senza dar nell'occhio. Ma io ormai avevo capito il suo gioco, fin troppo bene. «Credevo fossi diverso.» Avrei voluto chiedergli io in che senso, al posto di Lattner che si era sigillato in un mutismo preoccupante. «Non pensavo ci sarebbe voluta una donna per farti uscire allo scoperto» rise. «Innamorarsi rende stupidi, deboli, negligenti... da uno come te non me lo sarei certo aspettato.»
Nemmeno questa volta Lattner rispose. Mi dava l'idea di un tronco messo lì per puro caso: i pugni stretti, le braccia lungo i fianchi, il corpo irrigidito e angosciato. Avrei voluto fare qualcosa, qualsiasi cosa, ma sentivo di esser impotente di fronte a una battaglia che non mi riguardava e non potevo combattere.
Lui nemmeno lo vorrebbe. E lo capisco!
Al posto suo, vorrei esser io ed unicamente io ad ammazzare l'assassino di mio fratello!
«Invece, quell'altro... immagino sia stata una perdita innaspettata...» continuò Wyer, punzecchiandolo e tornando a parlare di Samuel. Quell'altro. Ogni volta che lo menzionava, Lattner perdeva un po' della sua compostezza. «Era una persona che amavi molto, vero?»
«Non sono affari tuoi» ringhiò il Re dei Teschi, dando finalmente prova di non essere morto lì in piedi. Il fatto che non inveisse, lo trovavo più preoccupante di uno scontro fisico. Quella calma piatta poteva solo esser preludio di una esplosione cosmica.
«Hai uno strano modo di amare le persone» disse, allargando ancora una volta il giro. Pochi passi e mi sarebbe stato accanto. Avrei voluto scivolare via ma sentivo come se il peso del corpo fosse inchiodato a terra. Le mie forze ancora non mi permettevano gesti eroici. «Soprattutto se prima di agire aspetti che muoiano» E come temevo, con uno scatto, mi afferrò per i capelli e mi trovai di nuovo sotto tiro; la canna puntata dritta alla gola.
Lattner fece un passo avanti ma Wyer spinse la punta della pistola contro la mia pelle, abbastanza forte da strapparmi un gemito. «Un passo e le faccio saltare questo angelico visetto» lo minacciò.
Ripeto: sapeva minacciare bene, il bastardo.
«Okay. Va bene. Sono qui. Hai la mia completa attenzione.» Alzò le mani guantate, mostrandosi collaborativo. «Dimmi cosa vuoi, Wyer. Perché siamo qui?»
In tutta risposta, l'uomo mi scosse brutalmente. «Perché siamo qui?» gridò, strattonandomi per i capelli. Serrai i denti sopportando il dolore. Non volevo che Lattner agisse in maniera avventata spinto dal timore che mi succedesse qualcosa. «Mi devi delle risposte. E mi devi un confronto.»
Gli uomini attorno a noi erano silenziosi e in attesa. Nervosi come api. Sembrava aspettassero un cenno per riprendere la rissa. O magari darsela a gambe levate. La tensione continuava a crescere.
«Vuoi parlare? Parliamo. Vuoi risposte? Domanda.» Non avevo mai visto il Re dei Teschi tanto accomodante. Il motivo ero io. Era chiaro. Continuava a tener le mani alzate, in allerta. Se solo avessi potuto, mi sarei difesa da sola; la prigionia purtroppo mi aveva prosciugato. «Ma lascia lei. Lei non c'entra. È un affare tra noi, no?» In diplomazia Lattner meritava un dieci più. Peccato che non stesse negoziando con un sano di mente.
Wyer mi girò il viso verso di sé, sorridendo. «Sentito come si prodiga per te? Sei importante allora!» Quando lo tornò a guardare il sorriso era svanito del tutto. «Avanti, Re dei Teschi, rispondi: perché non sei venuto tu quella notte, eh? Eppure, a quel tempo, la sfida era partita proprio da te. Perché non sei venuto! Perché hai lasciato morire un altro al posto tuo?»
Era una domanda che in parte mi ero fatta anche io. E lo ammetto, la risposta mi interessava, sì.
Il Re dei Teschi si schiarì la gola. Parlarne non doveva essere facile. «Dovevo venire io... hai ragione. Ma sono stato preceduto.» Scrollò il capo. Dietro quelle lenti e quella bandana non riuscivo a leggere le sue emozioni. «Quella persona...» Non disse il nome di Samuel. Che gli facesse male il ricordo? Che preservasse ancora il segreto della propria identità di fronte a me? La voce però era piena di sconforto. «Lui ha...» Sospirò. «Credeva di poter mettere una pezza ai miei casini. Era un tipo che si prodigava sempre per il prossimo... troppo, a dir il vero.» Aprì le mani e le richiuse. Una volta, due volte, tre. La tensione riempiva l'aria. Sembrava di star seduti sulla bocca di un vulcano. «Ha approfittato di un mio momento di debolezza, mentre... mentre ero... ecco, ero... a - a letto con la sua donna, per fregarmi le chiavi e il guardaroba e venire qua a fare il buon samaritano.» Lo stabile sembrò divorato dal silenzio e dal dolore. Strisciò i piedi a terra, colpendo il pavimento come se volesse farci un buco dentro. E poi sputò le ultime parole con rabbia e una risata amara: «Quel bastardo... quel - quel bastardo mi ha lasciato solo una lettera del cazzo! Una fottuta lettera del cazzo con un elenco di raccomandazioni inutili. Con un elenco di... di-» Tacque.
Forse erano anni che non lo diceva.
Forse non lo aveva mai detto.
Forse aveva bisogno di dirlo.
L'idea però che mentre lui era a letto con la Wood, Samuel moriva; mi turbò. E non poco.
Wyer scoppiò a ridere. «Mi stai davvero dicendo che mentre tu stavi scopando la sua donna... lui era qua a morire al posto tuo? Per te?» Lattner raggelò e lui scoppiò ancora a ridere, più forte, come se tutta la situazione fosse assurda. E in parte lo era. Assurdamente triste e assurdamente crudele. «Oh, cielo! Deve essere un peso davvero enorme da portarsi dietro, eh?»
Già. Doveva essere un peso tremendo, un senso di colpa soffocante, un peccato incancellabile.
Come avrei reagito al posto suo? Che avrei fatto se Joker avesse ucciso Adam al posto mio proprio mentre stavo tradendo la sua fiducia?
Al solo pensiero mi venne da vomitare.
Io sarei sopravvissuta a un trauma simile? O mi sarei ammazzata?
Lo guardai con una preoccupazione nuova nella testa. Fino a dove si era spinto il suo dolore? Quanto male si era fatto? Quanto se ne sarebbe fatto ancora?
«Non sono cazzi tuoi» ringhiò Lattner, furioso. «Ora basta con questi giochetti! Ammazziamoci e facciamola finita.»
L'altro lo ignorò. «Ora capisco perché non ti togli il casco. Fai bene! Nemmeno io avrei coraggio di mostrare la mia faccia al mondo.» Wyer ghignò. Ferirlo era la parte che preferiva. Sembrava aver capito e accettato le parole di Lattner, il suo racconto, la sua versione dei fatti. Non lo aveva messo in discussione. Gli credeva. Ma ora? Cosa avrebbe fatto? Come si riescono a preveder le mosse dei pazzi? Non ero brava come profiler. «Beh, devo dire che con queste ultime novità hai reso tutto più intesessante.» Rinserrò la presa sul mio corpo e agitò la pistola in sua direzione. «E ora... via il casco. Via tutto.»
«Come?» Lo stupore del Re dei Teschi si allineò al mio.
Perché ora? Qual era il senso?
Alla fine ci aveva in pugno. Poteva fare ciò che preferiva. Perfino sparargli. Perfino spararci.
Avrebbe potuto mettere fine a tutta la faccenda in pochi attimi. Un colpo, due. Dritti alla testa. Tutto finito.
Perché perdere tempo con una simile banalità? Soprattutto dopo avergli fatto ammettere le proprie colpe?
Alla fine, Wyer sapeva chi era il Re dei Teschi. Io anche.
L'unico a non saper di essere stato scoperto era Lattner stesso.
«Come?» chiese di nuovo il Re.
«Ho detto: via tutto. Non è abbastanza chiaro?» nella voce c'era una nota di impazienza e soddisfazione. Voleva metterlo a nudo. Voleva umiliarlo. «Giù tutte le maschere. Forza! Facci vedere la vera faccia di un traditore, di un codardo.»
Il Re dei Teschi girò la testa verso di me. Non vedevo i suoi occhi ma ero certa che i suoi pensieri fossero un turbine di emozioni in preda al puro smarrimento. Voleva dirmi qualcosa. Forse delle scuse. Forse una giustificazione. Forse aveva solo paura di ciò che avrei pensato di lui dopo tutto questo.
Cercai di rassicurarlo con un'occhiata. Probabilmente del tutto inutile.
«Togli tutto, eh. Casco, occhiali e bandana... togliere solo il casco non basterebbe» precisò Wyer. Ed effettivamente togliere quello avrebbe rivelato ben poco, oltre la massa di capelli. Il viso sarebbe rimasto ancora coperto e irriconoscibile.
«Cosa cerchi di ottenere con questo?» Fece un piccolo, impercettibile passo avanti. Si slacciò il cinturino del casco. «Credi che rivelare la mia identità mi renderà in qualche modo più debole?»
«No, affatto. Sei già debole... e lo sai. Voglio solo guardarti in faccia quando ti ammazzerò. Voglio veder i tuoi occhi spegnersi e goder a pieno della tua morte.» Rimase con la pistola puntata verso di lui finché non sfilò il casco.
I movimenti di Lattner erano lenti e meticolosi. I capelli si scompigliarono e lui scrollò il capo per dargli un senso. Si rigirò il casco tra le mani, chiuse il gancio e lo tenne penzoloni per la fibbia, abbandonando il braccio lungo il fianco. E fece un altro piccolo passo in nostra direzione. Piccolissimo. Invisibile. «Ecco, fatto.» disse.
«Forza! Anche il resto. Non farti pregare.» Lo incitò ondeggiando la pistola in sua direzione.
Lattner mi lanciò l'ennesima occhiata e portò la mano libera al viso, agli occhialoni. Voleva davvero toglierli? Trattenni il fiato.
Wyer si voltò verso di me, parlando a bassa voce e in maniera concitata. Traboccava divertimento e trepidazione. «Adesso, zuccherino... voglio proprio veder l'attimo esatto in cui vi guarderete dritto negli occhi per l'ultima volta. Poi... farò saltar le cervella a entrambi.» Mi rivolse un sorriso tossico e si girò verso il Re per assistere al siparietto che lui stesso aveva orchestrato.
Ciò che non si aspettava, però, era di prendersi in pieno viso il casco; usato come se fosse una mazza chiodata.
Il colpo lo scaraventò in aria, strappandomi dalla sua presa con una forza che mi gettò a terra. La pistola schizzò lontano e lui ricadde al suolo con un tonfo, in un mare di sangue che prese a zampillare a fontana.
Lattner gli fu subito addosso. E nella foga dei colpi lo sentii sibilare. «Sei morto, stronzo! Hai proprio ammazzato il fratello sbagliato!»
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