44 - OBLIO FREDDO
Bagnata. Sul pavimento. Al freddo.
Gli spifferi d'aria che mi congelavano la pelle mentre l'acqua mi si ghiacciava addosso e il respiro si trasformava in nuvole di fumo.
Sentivo i rumori attorno che si allontanavano, quasi il mio corpo stesse cadendo in un pozzo. Giù. Sempre più giù. Era come se lentamente mi trascinassi verso un baratro. Solo che non c'era alcun fondo.
Quella secchiata d'acqua era stata la mia condanna.
Quanto tempo era passato? Ore? Minuti?
Sembrava una eternità.
All'inizio ero rimasta in attesa. A osservare il buio. A osservare le ombre davanti a me e la fioca luce a raso della porta. Quando l'aprivano era uno squarcio sulla realtà. Giusto un attimo. Il tempo di assicurarsi che fossi ancora viva.
Dopo un po', il freddo aveva iniziato a fare il suo corso. La vista andava e veniva. Debole come una candela in una grotta. Traballava e a volte i contorni diventavano neri poi tutto appannato, poi nulla. Piccole perdite di coscienza. Andavo e venivo, come la luce in una sera di tempesta.
Una mano mi afferrò per i capelli. Mi sollevò il viso. Non mi ero accorta che era entrato qualcuno. «Ha le labbra blu.» Mi lasciò ricadere la testa. Non riuscii a parlare. Mi battevano i denti. Avevo freddo. «Però è ancora viva. Vallo a dire al capo.»
«Ancora? Cristo! Impressionante!» disse l'altra voce. Era sorpreso. Forse si aspettavano che morissi più in fretta. E questo mi faceva tornar alla solita domanda: da quanto ero lì, così, fredda e semi incosciente?
Ero passata da un battito cardiaco frenetico, uno sguardo saettante e una smania folle di fuggire a l'impossibilità di sollevarmi con le mie sole forze dal suolo. Il mio corpo sembrava inchiodato a terra.
Ci avevo provato. Giuro. Ma avevo perso la sensibilità agli arti ed ero finita per diventare una estranea nel mio corpo.
C'erano momenti in cui sentivo un vuoto, una pressione sul petto e poi, il respiro spariva. Una sensazione simile l'avevo provata solo una volta, quando ad una vacanza con i miei mi ero buttata in acqua. Ero scesa sotto di molto, armata di bomboletta e tanta curiosità. L'ossigeno era finito mentre ero a metà strada per risalire; quando mi ero accorta di averlo sprecato tutto per restare giù.
Mi era salito il panico, avevo nuotato come una pazza e quando ero emersa avevo preso una boccata d'aria così forte che la gola mi aveva bruciato per il resto della vacanza. Non dimenticherò mai quella sensazione di soffocamento.
«Co - coperta» rantolai, battendo i denti. L'aria usciva dalla gola sotto forma di artigliate. Feriva, bruciava.
Avevo immaginato di morire in tantissimi modi. Davvero tanti, credetemi. Eppure, ero stata troppo positiva, e nella lista non avevo messo assideramento e ipotermia.
L'uomo davanti a me camminò avanti e indietro causandomi un forte giramento di testa. La stanza danzava come una giostra. E lui sembrava aver la faccia di un maiale. Un maiale vero, con tanto di naso schiacciato e muso rosa.
Stavo delirando. Lo so. Era uno degli effetti collaterali dell'ipotermia. Iniziavo ad avere allucinazioni.
Chiusi gli occhi e li riaprii. Nero. Un buio denso e avvolgente. E il freddo. Quello non mi lasciava mai.
«Faresti meglio a morire in fretta» mi consigliò lo scagnozzo con tono gentile. «È meglio che non vedi cosa fa il Capo a chi ammazza a suon di torture, credimi!»
«Co - co - copert-» Picchiettai il dito sul pavimento, l'unica cosa che riuscivo a muovere. Le parole mi morirono in gola, congelate insieme a tutto il resto.
Sentii gli occhi pesare come macigni. Li socchiusi solo un attimo. Un istante.
Lattner.
Lattner, dove sei?
Ho bisogno di te. Ho davvero bisogno di te.
Poi, più nulla.
Solo oblio freddo.
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