21 - SESSO ORALE E PIERCING
Quando aprii gli occhi quella mattina, tutto mi parve stupendo, stupefacente, sfavillante; degno di un cartone della Disney: i raggi del sole che filtravano dalla finestra, il dolce cinguettare degli uccellini, la delicata musica rilassante che la mia mente euforica suonava da sola, il sorriso che mi invadeva il viso e la totale, stravolgente, traboccante sensazione di... di... insoddisfazione sessuale. No, aspettate...
Che cosa?
Insoddisfazione sessuale?
Sì, esatto. Proprio quella. Una terrificante, brutale, irrazionale e imbarazzante voglia di far sesso. Così violenta e primitiva che la prima cosa che feci non appena aperti gli occhi fu sbuffare sonoramente, prendermi il viso tra le mani e prorompere in un grido rabbioso. E fanculo al buongiorno della Disney.
Sì, bé... non potevo certo pensare alla mia vita come un cartone, no?
Soprattutto per la parte che riguarda l'insoddisfazione sessuale, già...
Mi trascinai fuori dal letto di forza, giusto perché dovevo. Continuavo a ripensare a quello che era successo la sera prima, anche mentre mi lavavo i denti. Il ricordo di quel garage, delle mani di Lattner sul mio corpo, dei baci affamati che ci eravamo scambiati... Cristo! Il rossore delle mie guance si estese fino a coinvolgere gran parte della faccia. Non sarei più entrata in quel centro commerciale con la stessa purezza d'animo di prima. Non dopo quello che io e Mr.Teschio ci avevamo fatto.
Sì, bé... solo due bacetti bollenti in croce, purtroppo...
Quel dannato non è voluto andare oltre!
Mi ravviai i capelli con le mani sporche di gel e rifilai alla mia immagine riflessa un'occhiata maliziosa. Le mie pulsioni sessuali quella mattina erano particolarmente zelanti e non ero del tutto sicura di voler vedere Lattner, anzi, un po' lo temevo. Non tanto per l'imbarazzo della situazione quanto più per l'irresistibile e smanioso desiderio di testare le sue abilità di autocontrollo anche quando calzava i panni da bravo ragazzo. Avevo paura di far qualche uscita sbagliata.
Insomma, non potevo essere solo io quella frustrata, no?
«E ti puoi sempre masturbare, in caso...» dissi a una me poco convinta. Come se farlo avrebbe in qualche modo cambiato qualcosa o stemperato il desiderio. Abitare in casa Lattner stava iniziando a diventare un vero tormento. La mia libido mi schiaffeggiava ogni volta che pensieri poco pudici si affacciavano alla mia mente instabile. Sbuffai ancora e spazzolandomi i vestiti puliti presi a due mani il coraggio di affrontare l'ennesima giornata senza sesso.
Tornerò vergine. Me lo sento. Tipo processo inverso.
Quando entrai in cucina, attirata dall'odore di caffè e cibo, mi bloccai sulla porta, soffocando un sorrisetto sconveniente. Incrociai le braccia al petto e rimasi a godermi la stupenda visione di Lattner ai fornelli. Quella mattina sembrava decisamente di buon umore. Lo capivo dalle enormi cuffie che portava alle orecchie con la musica sparata a tutto volume e da come muoveva quel culo sodo e invitante seguendo il ritmo della canzone. Era un piacere per gli occhi. E lo odiavo.
Odiavo averlo lì a portata di mano e non poterlo nemmeno sfiorare un decimo di come avrei voluto davvero.
Perché sarebbe stato sconveniente agguantarlo da dietro, sbatterlo contro il lavello, infilargli le mani dentro i pantaloni della tuta e...
Grugnii.
Sì, bé... quella mattina ero particolarmente insoddisfatta. E lui, con la sua doppia versione di sé, riusciva a farmi incazzare e al contempo esplodere di lussuria. Dovevo darmi una calmata.
Forse con delle sculacciate sul culo potrei unire le due cose.
Non funzionava così, vero?
«Maledetto» sibilai, raggiungendolo alle spalle. Gli pizzicai un fianco sperando si versasse tutto il caffè sulla felpa. E invece reagì solo con un debole sussulto che non soddisfò il mio sadismo da single inacidita col mondo.
«Ehi!» brontolò. Si abbassò le cuffie e mi guardò con un'espressione da cucciolo indifeso. «Vuoi farmi venire un colpo?»
«L'idea era quella» biasciai a denti stretti. «Stamattina sei parecchio euforico, eh?»
Sorrise. «Sì, be'... la giornata è partita bene. Mi sono alzato presto, sono andato ad allenarmi con Märten e ora farò una ricca colazione.» Sollevò il piatto di pancake e ne annusò estasiato il profumo. «Ci sono anche per te.»
«Oh, grazie.» Iniziai a servirmi, sbirciandolo con la coda dell'occhio. Che fosse davvero felice perché aveva ripreso ad allenarsi con Märten? Diavolo! Ma che turbe mentali aveva? Come poteva non pensare a ieri sera o mascherare tutto così bene? «È un bene che sei tornato ad allenarti. Le persone anziane devono tenersi in forma, altrimenti cadono subito a pezzi.»
«A-ah! Davvero divertente, ragazzina. Siamo proprio simpatici questa mattina, eh?»
Risi. Punzecchiarci era spassoso. Mi piaceva la nostra vena giocosa e a volte mi faceva credere che fosse più una sorta di corteggiamento, un flirtare sottile. «Devo essermi svegliata cabarettista...»
Mi passò vicino, aggirando il tavolo e appoggiandovi sopra il piatto con i pancake. «È che ieri sera, sai...» Sussultai sul posto e la mano che teneva la spatola per poco non ricadde sui fornelli. Mi voltai a guardarlo avida di informazioni. I nostri sguardi si incrociarono e lui mi rivolse uno dei suoi sorrisi sardonici. «Ho guardato un documentario stupendo e sono andato a letto presto.»
Un documentario? A letto presto?
Brutto figlio di...
Strinsi l'utensile cercando di non trasformarlo in un'arma. Era fortunato che il tavolo ci dividesse in quel momento perché avrei tanto voluto schiaffeggiarlo usando la parte piatta della spatola. Espirai. «Quindi sei andato a letto presto, eh? Infatti quando son tornata non ti ho visto. Probabilmente eri già a dormire.» Cercavo di parlare in maniera tranquilla ma all'improvviso sentivo una tensione strana nell'aria, la pelle mi formicolava fastidiosamente e il corpo veniva attraversato da brividi. «D'altronde sono tornata a casa molto tardi ieri. Sono stata fuori con quel mio amico... il teppista, ricordi?» Alzando la testa dal piatto sondai la sua reazione.
Negli occhi gli balenò un'emozione viva e ardente. Un guizzo di mascella mi fece capir che l'aveva contratta quasi a voler trattenere qualche affermazione particolare o particolarmente sconveniente. «Oh, sì... ricordo. Quel poco di buono.»
«Già. Proprio lui.»
«Quindi ci esci ancora.» Non era una domanda. Ovvio. D'altronde sapeva bene come stavano le cose, no?
«Ma certo. Perché non dovrei?»
Scrollò le spalle e tirò indietro la sedia pronto a sedersi ma anziché farlo mi rivolse un'espressione pensierosa. «Fai attenzione a quel genere di gente, ragazzina. Potresti trovarti col cuore spezzato prima ancora di rendertene conto.»
Praticamente mi sta mettendo in guardia da se stesso?
Per un istante, solo uno, immaginai di usare la sua faccia come bersaglio per i miei pancake. Più la spatola. Dritta in fronte. Un colpo secco e preciso. Espirai rumorosamente, a denti stretti, cercando di non esplodere come tritolo. «Tranquillo. Non è nulla di serio. Ci stiamo solo conoscendo meglio.» E con quel "meglio" gli lasciai immaginare ogni possibile opzione immaginabile.
Lui si limitò ad annuire e sedendosi prese a mangiare i suoi pancake. La sala calò in un silenzio tombale, rotto solo dal tintinnare delle posate contro i piatti.
Era snervante. E proprio non era giornata per sperimentare la mia pazienza. Avevo bisogno di svagarmi, di alleggerire la tensione, di pensare a qualcosa che non includesse i nostri corpi nudi e una camera da letto; non serviva certo quel clima teso.
Lo guardai per un po', sperando iniziasse a parlare del più e del meno ma fui la prima a rompere il silenzio. È un gioco in cui non ho mai vinto. D'altronde ormai avrete capito che difficilmente tengo la bocca chiusa, no? «Senti, Thomas... tu che sei maschio e quindi te ne intendi... dimmi un po'...» Si voltò verso di me sorseggiando la tazza di caffè e alzò il mento, invitandomi con quel tacito gesto a proseguire il discorso. «Sai dirmi quanto male può fare un piercing sul pene?»
Boom. Prima bomba rilasciata.
Ed è tutta colpa tua Mr.Lattner... sei tu che non hai voluto parlare del tempo... o cazzate simili...
Sputò tutto il caffè in un getto a spruzzo, cominciando a tossire e pulirsi la bocca con la manica della felpa. Aveva il viso rosso e gli occhi sgranati e rigati di lacrime. Mascherai un sorrisetto infame sorseggiando dalla mia tazza. Di sicuro ora avevo la sua attenzione.
«Ma che – che diavolo di domande sono?» farfugliò, quando finalmente ritrovò l'uso della parola.
«Ma che ne so... chiedevo. Insomma, tu ne hai tanti. La mia era solo una curiosità.»
«Ah! Una curiosità, dici.»
«Già. Una curiosità. Per parlare. Per fare un po' di conversazione.»
Si schiarì la voce e rimase in silenzio un po'. Già vedevo i granaggi del suo cervello elaborare una risposta plausibile. «Bé, diciamo che... secondo me, eh!... è pura ipotesi personale, ovviamente...» Iniziò ad asciugare freneticamente il caffè sputato in giro con la manica della felpa. Mi chiesi se si rendesse conto di ciò che stava facendo o se agisse totalmente travolto dall'imbarazzo e l'eccitazione. Perché anche se non lo avrebbe mai ammesso, nemmeno sotto tortura, i segnali del suo corpo erano chiari: era eccitato.
«Ma certo. Pura ipotesi. È ovvio.»
«Secondo me i primi tempi potrebbe fare male... cioè, i primi mesi, insomma... un piercing lì... in una zona così delicata...» Si grattò la nuca. «Ma – ma poi è un po' come tutti gli altri piercing.» Affondò gli occhi nella tazza, prendendone un'altra sorsata. Aveva le guance arrossate ed ero sicura che stesse pensando al proprio, di piercing. Sì, quello lì, quello nella sua zona delicata.
«Come tutti gli altri» borbottai dubbiosa, prima che un pensiero perverso s'intrufolasse nei miei pensieri e uscisse sotto forma di domanda ancor prima che me ne rendessi conto. «E per una ragazza invece com'è?»
«Ah, io questo non lo so proprio. Non sono una ragazza ma penso che sia più o meno lo stesso.» Si abbandonò contro lo schienale esausto, appoggiando il gomito sul tavolo e portandosi la tazza alle labbra senza però bere. «Non ho mai avuto nessuna ragazza con piercing in zone così... particolari» disse, ridacchiando.
Così timido quando sei Mr.Lattner e così sfacciato quando sei Mr.Teschio.
Lo guardai candidamente, sfoggiando il mio miglior sorriso innocente, pronta a dargli la stoccata finale. Avevo deciso di giocare sporco quella mattina. «Ma no, Thomas... io intendevo com'è averlo dentro di sé... insomma, com'è fare sesso con un ragazzo che ce l'ha? Com'è sentirlo muoversi dentro mentre... sai...» Mi sporsi leggermente, gongolando alla sua reazione così poco equilibrata. Si agitò sulla sedia come se gli avessero infilato una anguilla nelle mutande. «Sarà doloroso? Piacevole? Sarà... eccitante?» Lasciai scivolare la mano dal collo alle labbra, mordendo debolmente un polpastrello.
Lo vidi aprire la bocca leggermente sconcertato, seguendo i miei movimenti come sotto ipnosi, e anziché bere dalla tazza si versò il caffè su maglia e pantaloni. Saltò in piedi ribaltando la sedia e, lanciando un'imprecazione, iniziò a tirarsi il cavallo dei pantaloni impregnati di caffè per non scottarsi. «Merda! Merda! Merda!»
«Sei così sbadato, Thomas...» lo canzonai, nascondendo il sorrisetto malizioso dietro la tazza.
Lattner mi rifilò un'occhiataccia. «Mi sono distratto per ascoltare le tue stupidaggini.» Tirò su da terra la sedia, sprofondandoci sopra.
«Stupidaggini, dici?»
Non so cosa mi era preso quella mattina. Sentivo l'incessante bisogno di sfogare la mia frustrazione sessuale nel peggiore dei modi. E quale modo migliore se non quello di torturare il mio professorino politicamente corretto?
Oh, Lattner... è tutta colpa tua. E visto che è colpa tua... ora mi divertirò un po'...
Stamattina mi sono svegliata molto ragazza cattiva... la buona Robin è rimasta a letto.
«Sì, bé... iniziare di prima mattina a parlare di piercing ai genitali... di sesso... » Si strofinò furiosamente la macchia sui pantaloni e sollevò lo sguardo solo quando sentì la pressione del mio mentre lo osservavo dall'altra parte del tavolo. Deglutì rumorosamente, facendo guizzare il pomo d'Adamo su e giù. «So – sono discorsi un – un po' imbarazzanti e...» Deglutì ancora. «Ogni – ogni ragazzo farebbe strani pensieri.»
Sorrisi placidamente. «Che genere di pensieri?»
«Pensieri che... insomma su quello che... cioè...» Si grattò la testa e arrossì. «Sai, sei strana questa mattina» rantolò, pizzicandosi il colletto della felpa e arrossendo ancor di più.
Roteai gli occhi sospirando con enfasi. Era divertente punzecchiarlo e flirtare. Usare il trucchetto dell'ingenuità mi faceva tornare indietro di secoli, a quando ero Scorpion Queen e allora ero davvero una ragazzaccia. «Hai ragione. Ma è tutta colpa di un sogno un po' imbarazzante.»
Bastò quella frasetta buttata lì per incuriosirlo. Tamburellò le dita sul tavolo e con fare indifferente pose la domanda che mi aspettavo di sentire: «Uhm, sì? Capita. Che genere di... di sogno?»
Mi abbandonai sulla sedia, sospirando. Quando volevo sapevo essere una gran stronza. Vagai con lo sguardo per la stanza cercando di alleggerire i pensieri prima dell'ennesima bomba che avrei sganciato ma quando notai i suoi occhi inchiodati su di me e l'espressione infuocata che aveva dipinta in viso per poco non iniziai a balbettare frasi sconnesse a mia volta. «Un sogno erotico. Non posso darti altri dettagli» risposi, evasiva. Il viso mi iniziò a diventare bollente.
Dannazione, sto arrossendo!
«Oh!» Lattner giocò con la tazza, la faceva girare nervosamente sul tavolo. «Si tratta di quel tuo amico teppista?» Non alzò la testa.
«Sì. Di lui.»
«È lui che ha il piercing... là sotto?»
«Già.»
Lattner espirò. «E lo hai immaginato mentre facevate... mentre stavate...» Si passò una mano nei capelli e i piercing alle orecchie mi ricordarono la notte prima passata a toccarci, baciarci, esplorarci.
Mi accorsi che lo stavo guardando famelica e cercai di dissimulare i pensieri impuri schiarendomi la voce. «Circa. In realtà era qualcosa di più... soft, credo.»
«Soft?» domandò di getto, avvampando un attimo dopo non appena si accorse che aveva reagito troppo in fretta, con troppa enfasi, con troppo interesse. «Non ha senso far dei sogni erotici soft. Il peccato o lo fai bene o non lo fai affatto» sdrammatizzò, cercando di stemperare la propria reazione.
«Hai ragione... ma non so se definirlo davvero soft» dissi, restando silenziosa per un po'. Poi mi illuminai e con tutto il candore di cui disponevo, chiesi: «Insomma, sognare di fargli un pompino è soft?»
Per poco non si capottò dalla sedia. «Un – un... hai detto un...» Sembrava stesse annegando nel più completo imbarazzo. Aveva il volto talmente paonazzo che lo stacco di colorazione con il pallore del collo risultava ben visibile. Era divertente. E io ero una piccola infame. Ma dettagli.
«Pompino. Sì, l'ho detto.»
Soffocò un rantolo. «Io penso che... credo che...»
Con parole tue, Mr.Lattner.
«Dici che sia fastidioso per lui? Insomma, con quel piercing lì... forse non gli riuscirei a dare piacere.» Sembravo una bambina che chiede alla mamma cos'è il sesso, con quella voce angelica e quel candore che ti spiazzano.
Lattner boccheggiò. Si aggrappò al tavolo e le dita sbiancarono. «Io non credo.» Deglutì e si passò una mano tra i capelli. Stava sudando? Ancora non era riuscito a guardarmi in faccia.
«Ah, no? Quindi potrebbe piacergli lo stesso... potrebbe piacergli che io...» lasciai la frase a metà e lo fissai di sottecchi. Sentivo le guance bruciare.
«Oh, sì. Sicuro.» Si passò la lingua sulle labbra. Era un gesto che non faceva spesso perché si notava il piercing alla lingua ma, quando lo faceva, trasudava un erotismo sconfinato. Era anche un chiaro segno di desiderio. «Ne morirebbe.»
Fu una risposta soddisfacente. Proprio quella che cercavo. Per quella mattina potevo ritenermi soddisfatta. Sogghignai e mi gongolai nella consapevolezza che ora non avrebbe pensato ad altro. Ed era ciò che volevo.
Ero stanca di aspettare e ancor più stanca di poterlo avere solo nei panni di Re dei Teschi, a piccole dosi e senza mai arrivare fino in fondo. Era ora che Scorpion Queen tirasse fuori il suo pungiglione.
«Bene» dissi, alzandomi da tavola e sparecchiando. «Andiamo a scuola? Si è fatto tardi.»
Lattner sollevò lo sguardo e per un attimo fui attraversata da una scossa, le gambe mi tremarono. Era accaldato, il viso rosso, la bocca schiusa e tremante. Il corpo teso e rigido, i muscoli tirati e il pomo d'Adamo che non riusciva a restare fermo. I capelli gli ricadevano sul viso in una massa lunga e ribelle, lasciando aperto solo un ritaglio per quegli occhi in grado di distruggere ogni pensiero razionale. «Io credo che...» Distolse lo sguardo e si passò di nuovo la lingua sulle labbra, la mandibola gli si contrasse mentre si schiariva la gola con un colpo di tosse. «Vai pure avanti. Io penso che resterò qui ancora un po'. Già.»
L'occhio mi cadde sul suo cavallo dei pantaloni dove la macchia di caffè sembrava improvvisamente essersi trasformata in uno scomodo dettaglio che ne rivelava un'altro altrettanto scomodo. Il rigonfiamento evidente e virile mi fece arrossire, ancor più quando sollevando lo sguardo incontrai quello di Lattner.
«Oh! Sì, be'... pe – penso che allora andrò» fargugliai, indietreggiando verso la porta d'ingresso. Improvvisamente quella stanza sembrava troppo bollente e troppo piccola per contener entrambi, ancora vestiti.
Lattner si coprì il viso con una mano, mugolando un saluto combattuto e ne approfittai per correre a indossare le scarpe. Prima di chiudermi la porta di casa alle spalle lo vidi abbandonarsi sfinito sul tavolo, con le spalle contratte e la fronte premuta sul bordo in legno. Continuava a guardarsi il rigonfiamento nel cavallo dei pantaloni e tamburellare le dita sul tavolo.
No. Non ero solo io la frustrata.
E no. Non ero l'unica ad aver bisogno di una sana scopata.
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