due
Nella stanza in cui mi avevano portato, c'era una poltrona, una scrivania con un computer e vari scaffali con dei libri. La luce era soffusa e questa era la ciliegina sulla torta per rendere il tutto confortabile.
Dopo un tempo che mi parve infinito, entrò un uomo. Avrà avuto una quarantina d'anni, i suoi capelli erano grigi e ben pettinati, occhiali sistemati sul naso e una camicia stropicciata infilata nei pantaloni. Si sedette dall'altro lato della scrivania sbuffando. Sfogliò vari fogli, quelli che sembravano essere i miei dati.
"Allora, signorino Hemmings." odiai come mi chiamò. "Tentata rapina a mano armata?"
"Lo sa, c'è sicuramente scritto lì. Ha anche gli occhiali, dovrebbe vederci bene." gli alzai gli occhiali che stavano per cadere. Nella mia voce c'era un filo di scocciatura.
"Non sta migliorando la sua situazione, così." alzai gli occhi al cielo. "Ora mi dica cos'ha rubato?"
"Non ho rubato nulla. Non sono riuscito a prendere niente, erano scappati con la macchina prima che uscissi."
"Chi?" annotò la cosa su un foglio.
Pensai. Anche se Calum ed Ashton erano stati degli stronzi, non se lo meritavano. Infondo, erano i miei amici, ed ero io quello che si era perso tra gli scaffali. Quindi, dopo il mio breve ragionamento, "No, ero da solo." dissi.
"Andiamo avanti, se permette. Qui c'è scritto che aveva una pistola e... Petardi illegali?"
"Sì, ma non ho usato niente, avevo le mani occupate con le patatine."
Mi sembrava anche ovvio, anche perché non si sarebbe chiamata tentata rapina a mano armata.
"Lo sa, vero, che i minorenni non possono tenere armi da fuoco di nessun genere? Io alla sua età usavo quelle ad acqua!"
Ero stufo. Quell'uomo mi stava già sui coglioni e l'interrogatorio era appena cominciato. Non potevo difendermi in nessun modo per la mia ignoranza. Tutti i ragazzini sbagliano, no? Solo che noi avevamo esagerato. Eccome se avevamo esagerato. I miei genitori non riuscivano neanche a pagarmi la cauzione: non potevano permetterselo. Chissà che colpo era venuto a mia madre quando l'hanno chiamata per avvertirla della mia malefatta. Le pensava ancora che sabato e domenica mattina andassi a fare volontariato in chiesa. Se solo avesse saputo cosa andavo a fare invece.
Per le domande successive mi limato ad annuire e dare qualche risposta secca, non stavo realmente ad ascoltare: sapevo già come sarebbe andata.
Alla fine, l'uomo mise tutti i fogli, che nel frattempo erano aumentati, in una busta. "Questo riformatorio è molto severo. Rispetti le nostre regole e non si caccerà nei guai." aggiunse.
"Per quanto riguarda le celle?" chiesi curioso.
"Avrà una cella singola, ma gliene assegneremo una accanto ad un tuo coetaneo che è qui da molto, così potrà insegnarle lui le cose fondamentali. Lo facciamo con tutti i nuovi."
Mi passò una sacca con dentro la divisa e alcuni oggetti, "Prima di andarci, deve passare per un ultimo controllo."
Mi alzai svogliato, dirigendomi fuori dalla porta. Ad aspettarmi era una guardia alta e robusta che mi accompagnò fino ad un'altra stanza per ispezionarmi.
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