Capitolo 18


Grazie infinite a Alacalfalas per aver realizzato questa immagine meravigliosa. Il disegno non è fatto per questa fan fiction, ma gentilmente concesso da Alcalafalas per le mie storie. Puoi trovare Alca su Twitter e Tumbrl.

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Posa la tua gota un istante su questa guancia ebbra.

Fammi dimenticare la guerra e la ferocia in me.

Ho in mano queste monete d'argento:

dammi il tuo vino di luce dorata.

Tu hai schiuso le sette porte del ciel,

ora posa la tua mano unifica sul mio cuore serrato.

Tutto ciò che ho da offrire è questa illusione: me stesso.

Dagli un soprannome, ché almeno questo sia reale.

(Rumi)

⧫⧫⧫


Il matrimonio venne celebrato relativamente in fretta. In quattro e quattr'otto si trovarono riuniti nella sala mensa, che fu riorganizzata per l'occasione. Il grande tavolo venne addobbato con una tovaglia blu nuova di zecca, mentre dei fiori bianchi vennero raccolti per abbellire l'ambiente.

Lui e Rey stavano in piedi davanti a Maz che officiava la celebrazione, mentre Finn stava appena ad un passo da loro come unico testimone.

Tutti gli altri assistevano seduti su delle sedie arancioni, qualche metro dietro a Finn.

La luce fioca della luna lasciava filtrare un vivace pulviscolo argentato dalle finestre lasciate aperte. Pulviscolo che ballava alla luce iridescente dei lampadari lasciati tutti accesi per far sembrare che ci fosse un evento. Una festa o qualche incontro formale. Nell'insieme, sembrava bellissimo. Le tende blu svolazzavano verso la notte e tutto il paesaggio dietro di loro sembrava immerso in una fantastica quanto irreale magia.

Ma Ben tutto questo non lo poteva vedere.

Perlopiù gli venne descritto da Finn, appena ad un passo da loro, visto che Rey aveva passato una buona mezz'ora a scambiare abbracci e piangere con tutti i partecipanti alle nozze, praticamente tutti invisibili agli occhi di Ben.

Così, ebbe il tempo di pensare. Lentamente deglutì, cercando un dialogo con se stesso. Si sentiva strano, fuori luogo ma presente, emozionato, sbagliato, giusto e persino felice. Guardava Rey senza riuscire a parlare, chiedendosi continuamente se quello che stesse vivendo fosse vero. Per alcuni istanti ebbe persino la sensazione di assistere al matrimonio di un altro, come se fosse una figura esterna. Era tutto così assurdo, fuori dal tempo e persino dalla ragione. Tutte quelle persone che gli stavano intorno, anche se non le poteva vedere, erano lì.

Certo erano tutti lì per Rey, per la Forza, eppure, in qualche modo, erano lì anche per lui. Come se delle diramazioni della sua vita passata avessero preso una strada alternativa, tale per cui i suoi peccati non fossero mai esistiti o fossero stati come... dimenticati. Ad ogni modo, quella sua nuova essenza, quella vita non vita, gli sembrò il simbolo di una stravagante rinascita. Come se, di tutte le parti che componevano quel se stesso così rotto e insofferente, si fosse salvata solo la parte perdonabile o la parte migliore.

E non sapeva dire se fossero quei pensieri, la bellezza di Rey o quello strano sorriso compiaciuto di Finn ma, ad un certo punto, notò una strana luce raggiungerlo. Dapprima vide come un pulviscolo filtrare da un angolo grigio di un punto indefinito. Ma, nel notarlo, il punto di luce si allargò come i raggi del sole che si espandono quando si apre una finestra.

E fu in quell'istante che le vide: tre farfalle lontanissime che volavano piano piano, rincorrendosi come se fossero felici.

Le guardò avvicinarsi, sentendo il suo cuore battere più forte. Non era la prima volta che vedeva quei bellissimi insetti azzurri. Ma, in quell'istante, mentre le osservava danzare una sull'altra, per un brevissimo momento, pensò a loro. I suoi genitori, suo zio, il suo maestro... Li sentì vicini, felici e fieri di qualcosa a lui incomprensibile, eppure reale. Li sentì espandere come la luce, come se parti di suo padre, di sua madre e di suo zio continuassero a vivere in quel pulviscolo luminoso, reso manifesto solo dalla presenza danzante di tre insetti e milioni di puntini argentati e luminosi. Come una sorta di magia capace di legare epoche e mondi diversi, come una Forza, invisibile eppure chiara come la luce della luna che continuava a filtrare il suo bagliore dalle finestre lasciate aperte. Un bagliore tangibile che filtrava attraverso la carne e le ossa, trasformandosi in sentimento ed emozione. Qualcosa di forte e indicibile che avvolgeva il cuore e tirava quella corda invisibile che lo legava a Rey.

Rey che, all'improvviso, si inchinava come per prendere qualcosa e, con gli occhi rigati dal pianto, si sollevava verso di lui.

"È per te..." gli disse commossa, mentre gli mostrava un anello con due pietre gemelle azzurre posato sul suo palmo.

Quando Rey allungò la mano verso di lui e lui abbassò gli occhi, il suo cuore ebbe un sussulto. Lei gli sorrise e fu quello il momento in cui lo riconobbe.

"L'anello di mia madre..." disse a bassa voce, spalancando le pupille per la sorpresa.

Rey asciugò le lacrime che sgorgavano fluide dai suoi occhi. Forse avrebbe dovuto abbracciarla, ma in qualche modo si sentiva inadeguato per dire o fare qualsiasi cosa e, forse, comprendendo le sue emozioni, fu proprio Rey a parlare per prima.

"Maz ha detto che è per te. Ha detto che, se Leia fosse stata viva, avrebbe voluto donartelo..."

Ben non disse niente. Trattenne a stento il groppo che gli stringeva la gola e, respirando lentamente, prese il gioiello dal palmo di Rey, poi le afferrò la mano e, trattenendo il respiro, glielo infilò nell'anulare.

"Per la Forza, Ben! Che cosa stai facendo?"

Le sorrise, prendendo fiato. "Maz ha ragione, sono certo che se mia madre fosse stata qui, mi avrebbe donato questo anello, solo per il piacere di fartelo avere in questo momento."

Rey lo osservò commossa, senza riuscire a dirgli molto, ma lui le indicò le farfalle volare intorno a loro.

E a quel punto anche lei le notò, spalancando gli occhi sempre più incredula. "Tu pensi che..."

"Sono loro, non vedo altre risposte."

Rey lo fissò, lasciando che il riflesso delle farfalle e della luce della sera facesse brillare tutte le sue emozioni. Luci e lacrime come polvere di stelle. La magia che li stringeva e li avvolgeva oltre ad ogni immaginazione e misura. Così, restarono immobili a fissarsi in quel confine tra milioni di sogni e mondi apparentemente inconciliabili, eppure tutti reali, come strati nascosti di un'immagine velata che solo l'amore poteva liberare strato dopo strato. Emozione dopo emozione, sentimento e ragione. Tutto era interconnesso. Tutto era sempre stato una primitiva forma di energia, con un contenitore materiale intorno. E restarono lì, per un tempo indefinito, a respirare l'amore, la magia, il sogno e la speranza di esistere insieme.

Poi Finn fece finta di tossire.

Si girarono a guardarlo, ricordandosi che solo lui poteva vederli entrambi. La sua espressione sembrava stupita e rotta dal pianto. Possibile che avesse percepito tutto quello che loro sentivano e vedevano?

Poi Finn tossì di nuovo. Ben vide Rey e Finn girarsi a sorridere verso un punto molto in basso. Rey ringraziò, mormorando qualcosa che lui non riuscì a capire, ma la vide piegarsi verso il pavimento, come se un nano le stesse posando qualcosa sulla testa. Infine si alzò, mostrandosi a lui coperta da un velo. Era bianco e le nascondeva il viso.

Si emozionò come un bambino quando capì che per baciarla avrebbe dovuto sollevare quel velo. Sembrava una cosa banale, ma quel gesto gli parve raffigurare un rito di passaggio e chissà se il senso di quel velo sarebbe stato applicabile anche per la sua condizione. Ma i suoi pensieri vennero rotti da una risata di Finn che, tra un acuto e l'altro, gli spiegò che il velo arrivava direttamente dal marsupio di un'aleena presente al matrimonio.

"L'aleena ha detto che porta il velo da sposa nel marsupio, perché nella vita non si mai che cosa può capitare."

"E questo vi sta facendo ridere in questo modo?"

"Shhh" li redarguì Rey, muovendo una mano nella loro direzione. Così Finn si piegò di lato per parlargli più vicino all'orecchio.

"Tu non ridi perché non hai visto l'aleena..."

Ben rimase incerto, cercando di capire il discorso del ragazzo, ma dovette rinunciare del tutto quando questi cominciò a dargli gomitate da strozzare il respiro su un fianco.

"Devi dire sì! Avanti! Dì di sì!"

Comprendendo all'incirca il punto in cui era arrivata la cerimonia, prese fiato sentendo il cuore battere all'impazzata e, senza fermarsi a pensare, si sbrigò a pronunciare le sue promesse e infine a perdersi in una strana sensazione fatta di gioia mista ad una travolgente confusione. Era proprio come se qualcuno l'avesse appena tirato fuori a viva forza da . Veramente si era appena sposato?

Quello che seguì quell'istante fu pura follia.

Non ebbe neanche il tempo di togliere il velo dalla faccia della sposa per baciarla perché lei lo afferrò per mano e cominciò a correre, trascinandolo da qualche parte. Chissà dove diavolo lo stava portando con quella fretta. Allontanò il continuo susseguirsi di pensieri lussuriosi, quasi tutti che iniziavano con un velo e finivano sopra un tavolino posato chissà dove. Si domandò dove la neo sposa lo stesse portando e pregò la Forza che non volesse chiudere il legame proprio in quel momento. Se la Forza voleva che Rey diventasse una sposa, ebbene, questo era accaduto e l'idea che adesso il legame potesse scemare gli procurò un brivido freddo e una ventata d'amara inquietudine.

E fu proprio in quell'istante che Rey si fermò, cominciando a fissarlo in modo strano.

"Puoi vedere dove siamo?"

Ben si girò, cercando di mettere a fuoco il paesaggio senza riuscirci. Scosse la testa. "No, mi dispiace. Vuoi descrivermelo tu?"

"Siamo nel pieno della valle di Tythonian Gnarls, in prossimità del Delta del fiume Tythos. Qui un tempo si trovavano le rovine dei templi Jedi, ma non sono riuscita a vederne nessuna."

"Probabilmente sono qui intorno. È possibile che, oltre ai templi Jedi ci siano quelli Je'daii."

"Sì, è possibile..." gli rispose Rey, girandosi a guardare il paesaggio con aria felice. "Mi piacerebbe vederne uno."

"Forse, potremmo riuscire a trovarli, provando ad armonizzare le nostre energie con il pianeta."

"Cioè, tu useresti il lato oscuro e io il lato chiaro?"

Ben portò una mano alla testa, spostandosi i capelli all'indietro.

"Non proprio, tu immaginalo come se dovessi unirti con un tuo strumento ad un'orchestra che sta già suonando. L'idea è quella di trovare l'armonia tra le note del tuo strumento e il concerto del pianeta."

Rey lo guardò poco convinta. "Praticamente tu pensi che noi potremmo diventare tutt'uno con l'energia vitale emessa dal pianeta?"

Questa volta le sorrise, avvicinandosi di un passo. "Sì, in un certo modo..."

"Va bene" sentenziò lei, mostrandosi entusiasta dell'idea. Si sedette esattamente dove si trovava, trascinandolo giù con sé.

Ben si sedette per terra, incrociando le gambe. Poi, spiegò a Rey come usare la Forza per compiere quella sorta di viaggio astrale. Ma non dovette parlare a lungo perché lei sembrava capire al volo e, con pochi respiri, si trovarono entrambi sintonizzati nell'eco della Forza vitale. Mano nella mano, luci e ombre, brividi e sorrisi. Quello che accadde dopo, però, superò ogni sorta di immaginazione. Nessuno dei due l'aveva previsto o avrebbe mai pensato che potesse accadere qualcosa di simile. E tutto ciò che videro dal quel momento in avanti fu talmente incredibile da lasciarli basiti, con gli occhi sgranati e la bocca spalancata per la meraviglia.

Come d'incanto, dal nulla qualcosa prese forma. Prima sentirono un suono molto simile al canto degli uccelli. Il profumo dei fiori e delle foglie bagnate dalla bruma della sera. Un ruscello. Poi apparve una foresta, con un fiume azzurro e limpido che gli scorreva intorno. Dopo, Ben distolse lo sguardo, venendo catturato dalla luce della luna. Si perse un attimo in quell'incanto, respirando e godendo di quei profumi, colori e suoni. Ma, quando posò di nuovo gli occhi verso il basso, un'intera città fantasma era apparsa tutto intorno.

Gli echi di un'epoca lontana gli mostrarono dei grandi templi squadrati, costruiti di pietre color mattone alternate a pietre azzurre. Poi palazzi e case di legno e pietra dipinta con colori accesi. Tutto intorno, distese di prato verde alternate ai fiori e acqua, acqua che scorreva e frusciava da tutte le parti. Sembrava un vero paradiso. Ma la cosa più incredibile fu comprendere che entrambi potevano vederla. Così, a bocca aperta, felici e sorpresi, restarono per qualche minuto in silenzio a guardare il paesaggio emergere dalla notte. Quando il velo del sogno si dissolse, e si trovarono seduti sul pavimento di un'antica città Je'daii, Rey gli strinse una mano, respirando lentamente.

Forse temeva che quel meraviglioso incanto sparisse. Ma non accadde. Al contrario, quel mondo meraviglioso cominciò a popolarsi di figure. Vecchi, bambini, uomini, alieni di ogni specie. Tutti sembravano intenti a fare la loro vita. Ogni persona sembrava impegnatissima a compiere qualcosa, passandogli accanto senza vederli. E loro restarono fermi, trattenendo il respiro e tenendosi per mano, come se stessero assistendo ad una magia.

Ben non fece in tempo a chiedersi quanto sarebbe durata quella incredibile follia, quando, da un tempio Je'daii, vide uscire nove maestri. Li riconobbe per i loro abiti chiari che li coprivano fino a piedi.

Ebbe appena il tempo di notarli mentre uscivano in gran fetta che sentì risuonare la loro voce in lontananza.

"Nella luce vi è oscurità e nell'oscurità vi è luce. Questo è ciò che siamo noi tutti. Non esseri prigionieri del Bogan o dell'Ashla. Battersi per vivere nell'equilibrio. Questo è ciò che Tython ci ha insegnato, è pericoloso fare diversamente. E il pericolo è con noi... sempre."

Era stato un uomo dalla pella scura a pronunciare quella frase. Doveva essere qualcuno di molto importante, perché gli altri maestri gli stavano intorno, guardandolo con grande rispetto.

Poi, tra gli otto, una giovane donna con un sacco di tela appeso su un fianco si fece avanti uscendo dal gruppo.

"Maestro Ketu, è l'ora!"

Ketu smise di parlare e tutti i maestri sembrarono agitarsi.

"Sei sicura che siano già arrivati?" disse un maschio cataro che sembrava chiamarsi Tem Madog.

"Certo, Tem: se le cose sono andate per il verso giusto, a quest'ora dovrebbero aver già scoperto la profezia" rispose la ragazza, agitando il lungo sacco di tela scura.

"E se non avessero capito il senso della profezia? E se non avessero intuito la grande opportunità che gli stiamo dando?" aggiunse un selkath molto nervoso.

"State calmi" sussurrò il maestro, muovendo le mani verso il basso. Fece per parlare, grattandosi il mento, quando la giovane maestra si voltò, apparentemente strizzando gli occhi verso di loro.

"Eccoli!" sussultò la ragazza. "Sono loro" aggiunse, correndogli incontro.

Ben e Rey riuscirono appena a guardarsi. Il cuore a mille, la testa che elaborava possibili soluzioni. Ma non fecero in tempo a dirsi niente, perché la giovane maestra li raggiunse, bloccandoli sul posto e cominciando a parlare con enfasi.

"Finalmente!" gli disse, piegandosi per un inchino di benvenuto.

Ben guardò di nuovo Rey con aria sbigottita. Si alzò in piedi, porgendo un braccio a Rey per aiutarla ad alzarsi. Poi sollevò un sopracciglio, scrutando meglio la giovane maestra.

"Tu puoi vederci?"

"Certo!" rispose la ragazza, saltellando felice. "Vi stavamo aspettando già da un pezzo. Ma venite, vi mostro la stanza."

"La stanza?" domandò Rey, con faccia incredula, spostando freneticamente lo sguardo dalla ragazza a Ben.

"Non siete voi gli sposi Skywalker?" disse la ragazza, giocherellando con il sacco di tela.

"Ehm, sì!" accennò Rey, sempre più confusa. Poi si avvicinò alla fanciulla, di poco più bassa di lei, per toccarla.

"Sei... sei viva? Oppure è tutto un sogno?"

La ragazza ridacchiò, quasi arrossendo. Dopo un po', scuotendo le spalle, si voltò a cercare gli otto maestri che erano rimasti fermi, appena fuori dal tempio, guardando nella loro direzione.

"Beh, non è facile spiegare tutto adesso... ma presto vi sarà tutto chiaro."

"Eh no, ragazza!" Ben l'afferrò per un braccio, accorgendosi come la giovinetta sembrasse viva e fatta di carne. Per un attimo, non seppe cosa pensare, ma era lì con Rey e non avrebbe lasciato sua moglie in una situazione così assurda, senza alcune spiegazione plausibile. "Ora ci spieghi bene o dovrai vedertela con me!"

La ragazza fece un sussulto. Cercò di allontanarsi dalla sua stretta, allargando gli occhi impaurita.

"Ben, così la spaventi. Lasciala stare!" gli intimò Rey, sfiorandogli la mano che stringeva la giovane maestra.

"Ciao, io sono Rey" le disse ancora, allungando una mano.

"Nella, Nella Bold(1)" rispose la fanciulla, stringendole la mano.

"Sai che mi sembra di aver già sentito il tuo nome?"

"È un nome comune" rispose la giovinetta, sollevando le spalle.

Le due ragazze si sorrisero e Ben liberò il braccio della fanciulla, continuando a guardarla con sfiducia.

"Capisco che adesso siate confusi, ma vi garantisco che presto saprete tutto. Diciamo che questo è un regalo del tempio Je'daii. Quello che state vedendo è uno spazio senza tempo in cui siamo rimasti... sospesi. Come sapete, tutto è collegato e tutto è interconnesso attraverso l'energia. Semplicemente, vi concediamo di vivere qualche ora come se foste ancora..."

La ragazza si fermò interdetta, mordendosi un labbro come se stesse cercando le parole.

"Come se io fossi ancora tra i vivi..." aggiunse lui.

La ragazza annuì, sorridendo incerta. "Sì, in un certo senso..."

Poi si girò a guardare gli altri maestri, che dapprima la fissarono, poi andarono per la loro strada. Infine, cominciò a camminare, facendogli un cenno di seguirli.

"Non è abbastanza... dicci di più, ragazza!" Questa volta Ben non l'afferrò per il collo come avrebbe voluto, ma la invitò a proseguire con voce minacciosa.

La fanciulla sospirò e, giocherellando con il sacco di stoffa che le pendeva da un lato della lunga veste chiara, si decise a parlare.

"Voi avete letto la profezia?"

"Sì" le disse subito Rey, precedendo ogni altra risposta.

"Sta tutto scritto lì..."

"La profezia non è chiara. Al contrario, è criptica e confusa. Che cosa avremmo dovuto dedurne?" aggiunse Ben, fissandola più da vicino.

La ragazza arrossì, accarezzandosi le guance per la vergogna. Poi guardò Rey, prendendo sempre più colore.

A Ben venne persino il dubbio di aver suscitato l'interesse della fanciulla la sua espressione diffidente, che aveva tenuto fino a quel momento, si tramutò un sorriso. Sorriso che non sfuggì a sua moglie, che prima sollevò un sopracciglio, guardandolo in modo strano, ma che poi sorrise di nuovo, rivolgendosi alla ragazza.

"Che cosa vuole dire il Principio di Indeterminazione? Se noi dovessimo riuscire a riportare le lune di Thyton all'origine, riequilibrando tutti i lati della Forza, ci assicuri che poi avremmo la certezza di vivere insieme?"

"Oh" sospirò la giovane maestra. "Il Principio di Indeterminazione è applicabile solo al mondo della meccanica quantistica... se voi cercaste di razionalizzarlo al di fuori di quell'universo ne avreste una visione parziale... ma..." continuò, guardandoli entrambi e spostando la testa da uno all'altra, come se volesse essere sicura che entrambi la stessero ascoltando.

"Il Principio di Indeterminazione rende impossibile conoscere nello stesso momento la distanza e il tempo percorso da una particella nello spazio. Ma è attraverso questo principio che si basano i viaggi nel tempo e, volendo, è lo stesso principio che vi sta permettendo di sperimentare questo piccolo viaggio astrale che state vivendo adesso. Quello che conta, nella meccanica quantistica, non è solo lo spostamento della particella, ma soprattutto l'occhio di chi la sta osservando. Chi guarda la particella spostarsi diventa tutt'uno con il fenomeno e, in qualche modo, ancora una volta, è tutto interconnesso..."

Ben e Rey si scambiarono un'occhiata, deglutendo insieme, e, poi, senza bisogno di dirsi niente, tornarono a girarsi verso la ragazza con aria confusa.

"Ehm" accennò Rey, grattandosi il mento come se quel movimento potesse aiutarla a far girare meglio gli ingranaggi del cervello. Poi aggrottò il naso con una smorfia, rivolgendosi alla ragazza con una voce lieve e leggermente infantile. "Non è che ho proprio capito... ma dimmi chiaramente: la profezia, il Principio di Indeterminazione o questa energia interconnessa di cui parli, libereranno Ben?"

"Tu non hai ancora capito?" rispose la giovane, lasciando cadere il sacco sul pavimento di selciato. "È l'occhio di chi guarda a determinare il risultato, e l'energia non è che una porzione del tutto che ci circonda e di cui anche noi facciamo parte. È come un sogno che noi possiamo attraversare o dirigere, facendo ben attenzione ai nostri pensieri e desideri interconnessi. Perché l'energia non esiste fine a se stessa, ma è alimentata dal principio stesso che nutre la sua esistenza..."

"Ci stai prendendo in giro?" le disse Ben, tornando a un centimetro dal suo viso.

Ma questa volta la ragazza si adombrò, facendo un passo all'indietro.

"Voi due siete nati per questo... vi sono state date tutte le armi, tutte le istruzioni per compiere il viaggio. Dovete solo ascoltare il vostro cuore. Vi state ostinando a vedere tutto con la mente e con la ragione. Ma le informazioni necessarie sono dentro di voi, lasciatele fluire... I sogni sono porte. Come pensi, così accade. Vi è stato detto tutto più volte..."

Ben si voltò a guardare Rey, per capire che cosa volesse fare della ragazza. Non aveva capito niente delle sue spiegazioni enigmatiche, ma non era più tanto certo di volerla fulminare con un lampo di Forza. Ormai, aveva compreso che la ragazza non avrebbe mai parlato chiaramente e, comunque, si era stancato di ascoltarla. Così attese che Rey manifestasse una qualche intenzione, ma stranamente lei rimase immobile a pensare e la piccola maestra li incalzò di nuovo con un largo sorriso.

"Insomma, lo volete questo regalo o no?"

Rey annuì e la maestra la prese per mano.

"Venite con me!"

Rey si girò per guardarlo, impedendogli di dire altro ma, trascinandolo per un braccio, lo costrinse a seguire la fanciulla. Poi gli sorrise di nuovo. Felice, come se fosse certa che, seguendo la giovane maestra, avrebbero trovato qualcosa di speciale. Un regalo, un dono della Forza, forse un altro miraggio, probabilmente superiore a quel mondo incantato in cui erano immersi da più di qualche minuto. Oppure, Rey aveva capito quelle parole enigmatiche della profezia. Non ne era certo...

Così, la osservò mentre saltellava, seguendo la ragazza.

Anche la giovane Je'daii sembrava ondeggiare e saltellare, pressapoco come Rey. E, intuendo che le due ragazze, in un altro tempo e dimensione, forse sarebbero diventate amiche, rinunciò ad esprimere i suoi dubbi e seguì la giovane maestra fino dentro ad un palazzo lussuoso.

Arrivati all'ingresso, un'anziana Twi'lek gli andò incontro.

"Posso aiutarvi?"

Ben si girò a guardarsi intorno, sbalordito. Per la prima volta dopo anni, si trovava dentro un bellissimo albergo. L'interno del palazzo sembrava un posto lussuoso. Sul pavimento di pietra era stato posato un magnifico tappeto rosso, che attraversava tutta la sala e proseguiva lungo la scala a chiocciola che portava al piano di sopra. Passata la porta si accedeva ad un piccolo ingresso, illuminato dal bagliore di centinaia di lucerne argentate, incastrate in eleganti intarsi di legno che circondavano le pareti. E, poco sopra le lucerne, erano appesi degli affreschi bucolici, raffiguranti delle grandissime vallate con enormi mandrie di Bantha. Dal soffitto pendevano decine di lampadari che alternavano dei cristalli trasparenti a delle preziose gemme di kallistan dai cangianti toni turchesi. Su un lato dell'ingresso, vi era un piccolo divano di velluto azzurro, posto proprio davanti al bancone tutto intarsiato con insolite figure di animali. Ai lati del bancone, invece, proprio intorno alla vecchia Twi'lek che li guardava piccata, spiccavano nove statue di ceramica finissima, tutte raffiguranti i maestri Je'daii in meditazione o mentre chiamavano la Forza.

"Ci scusi per il ritardo. I nostri ospiti hanno un po' faticato per trovare la strada" disse la giovane Je'daii alla vecchia Twi'lek, poi si girò verso di loro, facendogli un cenno di venire avanti. "Eccoli, sono gli ospiti che attendevamo!" continuò sorridendo e, da quel momento, tutto cominciò a vorticare, come se il tempo avesse deciso di accelerare per comprimersi più in fretta.

"Bene. Accomodatevi" rispose l'anziana Twi'lek, facendo un piccolo inchino.

Poi gli chiese di seguirla, facendoli accomodare in una stanza enorme, lussuosa come quelle che aveva visto nei grandi hotel di Alderaan, quando era piccolo e sua madre lo portava ancora con sé.

Le porte della stanza erano dorate e ricche di intarsi variopinti. Le pareti cariche di candele. Dal soffitto pendevano numerosi lampadari e le finestre erano abbellite da tende di un intenso colore azzurro.

La camera da letto, adiacente all'ingresso, era anch'essa arricchita da tende lussuose, arazzi e da un gigantesco letto a baldacchino. Ma, quello che colpì più di tutto sua moglie, fu il tavolo posto nel grande salone, imbandito di stoviglie d'argento, preziosi broccati e un mare di leccornie, zuppe e piatti gonfi di pietanze d'ogni tipo.

"Per tutte le stelle" sospirò Rey, sgranando gli occhi.

"È tutto per voi, miei cari." L'anziana Twi'lek le sorrise compiaciuta. E Rey saltellò felice, tirandolo con una mano.

"Ben, hai visto?"

La guardò per qualche minuto senza riuscire a parlare. Possibile che stessero veramente vivendo quel sogno condiviso? Era tutto vero? O stava ancora una volta illudendosi di ogni cosa? Ma sì, ormai non era più importante. Così, restarono sorpresi e felici a guardarsi, quasi senza più chiedersi perché gli Je'daii, la Forza, o semplicemente quel sogno condiviso si stesse sviluppando in quel modo imprevisto, eppure meraviglioso. Ma nessuno dei due osò fare domande o interrompere l'anziana governante dell'albergo che vantava le bellezze delle stanze o la piccola maestra Je'daii che parlava senza sosta. E, forse, passarono ore o solo minuti ma, ad un certo punto, entrambi si sorpresero a sentire:

"Quindi noi andiamo... godetevi la luna di miele..."

La maestra si avvicinò di nuovo e, quando si trovò davanti a loro, si tolse dal collo una catenina con un piccolo ciondolo.

Ben la fissò incuriosito, ma la ragazza ignorò il suo sguardo, aprì la mano di Rey e vi depose la catenina con il suo ciondolo triangolare in mano.

"Ti servirà se avrai ancora dubbi" le disse dolcemente.

"Mi servirà?"

Rey abbassò il capo verso l'oggetto, scoprendo una curiosa incisione sull'argento. Spostò la testa per guardarlo negli occhi, spostando lentamente le dita. E solo a quel punto Ben riconobbe il simbolo che aveva visto nei misteriosi libri apparsi e scomparsi da quando aveva ritrovato Rey. Tre pesci sembravano nuotare in tre direzioni. Tre come i libri. Tre come i pianeti, tre come gli elementi, tre come il legame che adesso li univa alla Forza in modo misterioso.


"Grazie!"

Rey era rimasta senza parole, ma lui si sentiva ancora diffidente. Cosa volevano dire qui tre pesci interconnessi? Per questo afferrò la ragazza mentre si avviava fuori dalla stanza.

"Aspetta!"

La fanciulla sollevò gli occhi, allargando le labbra in un sorriso leggermente ironico. Sapeva che né lui né Rey avevano capito la profezia? Era cosciente che quell'oggetto, appena donato, avrebbe soltanto incrementato la loro confusione? Ma, più di tutto, chi era quella ragazza?

"Chi sei?"

Ben ebbe milioni di dubbi all'improvviso. Lui non aveva mai ricevuto niente di disinteressato... mai...

"Che cosa vuoi? Perché ci stai aiutando?" le disse, con austera freddezza. "Tu sai chi sono io?"

Ben vide la fanciulla strizzare gli occhi per fissarlo senza esitazione.

"Lo saprebbe qualsiasi Je'daii..." gli rispose deglutendo, ma alzando la testa con aria fiera.

Il ragazzo rimase turbato da quella risposta ma, indicando il ciondolo nella mani di Rey, riprese a parlare.

"Perchè ritieni che ci servirà questo oggetto?"

La giovane maestra rise.

"Non servirà a te, ma a lei..."

Ben e Rey si guardarono ancora una volta.

"A me?" Rey si posò le mani sul petto, come se volesse essere certa che le parole fossero indirizzate proprio a lei. "In che senso?"

La maestra la guardò sorridendo.

"Lo scoprirai..." Poi si avviò verso la porta. "Devo andare, il tempo sta per scadere." Fece un passo, guardando l'anziana Twi'lek che l'aspettava sulla porta.

La fanciulla e la Twi'lek si fissarono con aria greve, poi l'elegante signora fece un cenno alla ragazza.

"Dobbiamo proprio andare, siate felici..." disse la giovane maestra.

Anche la Twi'lek li salutò con un inchino, facendo un gesto con una mano verso il grandissimo tavolo imbandito. E forse quel curioso gesto sembrò far brillare di un incanto ancora maggiore gli occhi di Rey che, infilandosi la catenina al collo, si avviò per osservare meglio le leccornie che quei gentili ospiti volevano offrire per il loro matrimonio.

"È tutto per voi" sussurrò la Twi'lek, congedandosi.

"Sì, sì..." rispose Rey, afferrando un pomo con una mano e restando immobile a guardarlo con ammirazione.

"Ben, non essere così diffidente. Che importa se è un sogno o realtà o chissà cosa, godiamocelo fintanto che dura."

In risposta sollevò un sopracciglio per guardare sua moglie. Sua moglie? Solo la parola gli fece girare la testa. Proprio lui si era sposato? Lui, che aveva giurato più e più volte di restare innocente per tutta la vita. Innocenza che non conosceva... persa e tradita da fin troppo tempo. Ma qualcosa si poteva recuperare...

"Vieni?" gli sussurrò Rey, addentando un frutto.

Ben le fece un cenno con una mano. I discorsi confusi e misteriosi erano usciti dalla porta ed entrambi, adesso, sembravano assorti verso un'attrattiva maggiore: che nel caso di Rey era una tavola imbandita, mentre nel caso di Ben era solo Rey.

"Non vieni?" gli ribadì la ragazza, prendendo una forchetta in mano e girando intorno al tavolo. "Mmmm, non so proprio da dove iniziare!" sospirò ancora, spalancando gli occhi sulla tavola imbandita.

Lui, invece, senza dire niente, restò a guardarla mentre studiava quel banchetto appetitoso. Troppo appetitoso. Come resistere? E come fare per spiegare a quegli occhi innocenti le sue voglie? Perché, che fosse un sogno o meno, anche lui era veramente molto affamato, ma non di cibo. Il suo era più un desiderio intenso, bruciante, che lo rendeva ogni secondo più lucido, teso e bramoso, come un felino che annusava la sua preda.

"Arrivo..." le disse, deglutendo e scuotendo la testa. Era ancora lucido? Rey poteva sentire i battiti confusi e roboanti che facevano tremare il suo cuore? Poteva sentire le pulsioni dei suoi desideri?

Non si pose altre domande e andò a chiudere la porta a chiave, cercando lo sguardo di sua moglie con insistenza. Lei sembrava felice, saltellava sbocconcellando tutto ciò che vedeva, emettendo lamenti e suoni lussuriosi. Così lussuriosi da fargli perdere più volte il respiro e pure la parte più razionale del cervello.

"Eccomi..." sussurrò, avvicinandosi a lei, con un pizzico di timore.

Lei lo ignorò, sporgendosi verso un grosso cesto ricolmo di frutta.

"Mi hai chiamato?" la voce quasi gli tremò nel solo guardarla. E no, sua moglie non stava affatto pensando a quello che stava pensando lui. Ma non c'era verso di contenere le ambizioni del suo corpo. Così sospirò, prendendo tempo e fingendosi quasi indifferente. Quasi...

"Volevi dirmi qualcosa?"

Si accostò a lei, bloccandole una mano mentre portava un frutto alla bocca. Era rosso, maturo e dall'aspetto molto succoso. Respirò il profumo del frutto e quello di sua moglie, meditando quale fosse quello più inebriante e sublime. Ma quando il suo naso fu a contatto con la pelle di lei, un'elettricità sotterranea incendiò le sue vene. Sarebbe riuscito a contenere a lungo la sua passione?

"L'ho dimenticato..." rispose lei, quasi stupita dall'impeto del suo gesto.

Non poteva più aspettare. La guardò intensamente sbattere le ciglia sorpresa, mentre lui celava a fatica il suo pungente desiderio. Ma non la forzò. Al contrario, si limitò a divorarla con gli occhi nell'attesa che fosse lei a concedersi.

"Che cosa mangi?" le domandò, schiarendo la voce. Poteva ancora resistere. Se aveva fame, sua moglie doveva mangiare. Lui avrebbe tenuto a bada le sue voglie. Forse...

Lei lo fissò, senza rispondere.

E lui non sapeva più se era un dubbio, un assenso o l'inizio di una domanda, ma decise di interpretarlo come una risposta. No, non avrebbe più aspettato. Si piegò per afferrarle un polso e baciarlo come aveva fatto prima che lei decidesse di sposarlo. Chissà se adesso gli avrebbe permesso di...

"Che cosa stai facendo?" domandò lei, piccata, bloccandolo con la bocca ancora attaccata al suo polso. Tutta l'enfasi dei suoi muscoli si paralizzò, lasciandolo immobile come una statua.

"Mangio il frutto..." rispose, titubante e leggermente confuso. Possibile che lo interrompesse ogni volta che provasse a sedurla?

"La frutta va prima sbucciata..." esclamò la ragazza, generandogli uno strano effetto in numerosi centri neuronali, che probabilmente andarono in corto circuito, facendo affluire il sangue in una sola parte del corpo che, adesso, si faceva sentire decisamente molto sveglia e curiosa. Riuscì a trattenere un ringhio felino solo grazie al suo potente autocontrollo, ma non era certo se sua moglie lo stesse provocando o, al contrario, stesse solo cercando di smorzarlo. Fatto sta che, mentre decideva sul da farsi, Rey spostò frutta e vassoi dal tavolo, sedendosi sopra e incastrando le proprie gambe tra le sue.

Trattenne un gemito e un impulso maldestro del basso ventre per rispondere con le ultime briciole di un intelletto sempre più sfuggente.

"Interessante... E adesso?"

Mosse le labbra in un ghigno, mascherando un respiro sempre più a corto di ossigeno. Idee sempre più convulse che gli ruotavano nella mente, ma di fatto un solo pensiero: a che gioco stava giocando sua moglie? L'aveva voluto sposare prima di concludere e, adesso, si era tuffata in questo strano gioco fatto di frutta e risposte inconcludenti. Chissà se sarebbe stato in grado di spostare l'attenzione dal cibo sulla tavola ad altri tipi di pasti? Non era mai stato un seduttore, ma il suo corpo bruciava e non c'era altra soluzione che tentare una cura a quel veleno che sembrava volergli strappare a morsi tutti gli organi. Organi quasi tutti gremiti da farfalle volanti, ormai diventate rapaci famelici, e tutti pronti a divorarlo dall'interno, morso dopo morso. No, la sua cura era proprio lì davanti a lui, se solo fosse riuscito a suscitare il suo interesse con le parole...

"Dimmi, come dovrei sbucciarlo questo frutto?"

Era stato divertente? Mah, si sentiva solo un idiota alle prese con una cotta travolgente e pochissime idee sempre più confuse. Si spostò i capelli scuri dal viso, sollevando un sopracciglio, dubbioso. Che dire a quel punto, per non sembrare ancora più ridicolo?

"Non so proprio da dove cominciare..." Ecco, aveva detto la verità. Sollevò gli occhi in alto, sentendosi sempre più stupido. Perché l'avevano mandato al campo Jedi? Perché? Continuando così, non avrebbe assolto i suoi doveri coniugali neanche dentro ad un sogno.

"Io inizierei dal picciolo..." gli sussurrò lei, scuotendolo dai suoi timori e girando un dito nel velo bianco, con aria seducente.

Il velo? Mia moglie ha ancora il velo?

"Che marito imperdonabile..." Con un sorriso malvagio, afferrò il tessuto finissimo posato sul capo di lei. Lo strappò via con violenza, gettandolo di lato come se volesse distruggerlo.

"E poi?"

Il velo era andato e sua moglie sembrava voler giocare al suo stesso gioco.

"E poi... che cosa dovrei fare, a questo frutto senza più il picciolo?"

"Beh, io in genere sono diffidente. Prima di mangiare la frutta la annuso..."

La annusa? Ben la guardò sconcertato, spogliandola con gli occhi. Fuoco e fiamme ardevano nelle sue vene. Poi spostò più lontano leccornie e cesti di frutta, fregandosene che alcuni pomi rotolassero verso il basso. Li seguì con gli occhi, osservandoli mentre scivolavano oltre ai cesti. Contò i battiti che sembravano cadere più in fretta di quei pomi rossi. Infine, si avvicinò al collo di sua moglie per annusarla e, finalmente, poté posare le labbra con piccoli baci leggeri e soffici sulle sue braccia, sul collo, sul mento. Respirò, come se fosse la prima volta che lo faceva dopo mille anni. Brividi e calore percorsero ogni anfratto della sua pelle. La guardò quasi in estasi, poi, lasciò scivolare le sue labbra verso il basso, slacciando la fascia che teneva stretta la tunica di sua moglie. Una sola domanda, in cerca di conferma...

"Così?"

"Mmmm" rispose lei, con un sospiro che sembrava fatto di luce.

Le sue pupille rotolarono all'indietro, mentre ogni altra fibra si perdeva tra sogni, desideri inconfessabili e una passione sempre più travolgente. Come il più ingenuo degli amanti, lasciò che il suo cuore prendesse fuoco mentre i suoi occhi diventavano acquosi e liquidi, pronti a godere di quell'immagine che lo fissava con gli occhi spalancati. Aspetta, era stata lei a portarlo in quel gioco, perché adesso lo stava fissando in quel modo?

"Così?" domandò più incerto. Poi, riprese ad annusarla e baciarla ovunque e lei lo aiutò a slacciare la cintura dei propri calzoni, si tolse gli stivali e, quando anche le sue gambe restarono nude, riprese a guardarlo con gli occhi rotondi e le labbra dischiuse.

"Ben, ti prego, baciami."

A quelle parole, sentì le proprie gambe sciogliersi e le sue cellule correre in ogni direzione come se avessero perso l'obiettivo e non sapessero più dove andare. Però, adesso, era certo: Rey l'avrebbe fatto impazzire. E, come un pazzo, si piegò su lei, allargandole le cosce per baciarle, sfiorarle e toccarle fino a che non la sentì gemere e fremere tra le sue braccia. Sembrava lo stelo di un piccolo fiore smosso dal vento. Così piccolo e tenero tra le sue labbra calde. Poteva cogliere quel fiore?

"Così?" le chiese ancora, accarezzando le ginocchia tese.

"Così..." la sentì rispondere.

Ebbe un brivido, accorgendosi che le gambe di lei tremavano ad ogni bacio, carezza e lamento. Erano già stati in intimità senza concludere e, in quel momento, non si era fatto molte domande. Ma, vista l'insistenza per farsi prima sposare, gli venne in mente una domanda. Che per lei fosse la prima volta?

La baciò risalendo le gambe. "Così?" domandò ancora a bocca aperta, lentamente, lasciando che la sua pelle bruciasse sotto ai suoi tocchi. Poi, senza staccare mai gli occhi dai suoi occhi, le posò una mano in mezzo alle gambe, sentendo che rabbrividiva e ansimava sempre più forte.

"Così?" questa volta ridacchiò, vedendola arrossire.

"Ben, che cosa hai deciso? Stai cercando di farmi morire?"

Rey posò i gomiti sul tavolo, stringendo le ginocchia. Gesto che lo fece sorridere ed eccitare insieme. Sì, era vergine. L'ultima volta che erano stati insieme, l'aveva toccata senza neanche pensarci e lei si era lasciata andare in piena fiducia, ma adesso erano sposati e quindi poteva...

"Che cosa stai pensando?" gli chiese lei, leggermente stravolta e con i capelli in subbuglio.

"Sto decidendo che cosa assaggiare..."

Parole a cui Rey rispose con un gemito stretto tra le labbra chiuse. Ben deglutì, perdendo il controllo. Non avrebbe retto oltre. Neanche un solo secondo. Così, prendendo fiato e non curandosi più del proprio cuore, che andava a mille sul punto di esplodere, si incastrò con un gesto rapido tra le sue gambe tese.

"Così?" le domandò, mordendole il collo come avrebbe fatto un vampiro assetato di sangue.

Lei ebbe un fremito che si irradiò fino a lui, fino ad attraversare le sue stesse ossa, strappandogli un lamento. Se non l'avesse presa subito, forse avrebbe finito prima ancora di cominciare. Però, l'idea di possederla lo rendeva insicuro e confuso. Per questo restò immobile, deglutendo la saliva e cercando il modo per non spaventarla. Ma, forse, si stava preoccupando oltremodo, perché lei cominciò a mordergli le labbra, cercando i suoi occhi.

"Ben, mancheranno meno di 15 ore..."

Quella conferma gli tolse ogni dubbio. Sollevò le labbra in un sorriso crudele, poi l'afferrò per i fianchi e le sfilò le mutandine lasciando esposta la sua pelle. Il cuore gli batteva a più non posso. Il sangue scorreva sempre più veloce nelle sue vene e i suoi occhi erano gonfi e saturi della bellissima immagine di sua moglie tremante e pronta per accoglierlo. Quante volte aveva sognato di prenderla? Forse fin dalla prima volta che l'aveva vista da sola, persa dentro ad una foresta innevata. E adesso, che tutto era cambiato, poteva veramente farla sua? Era meritevole di quel dono? La guardò ergendosi in piedi in tutta la sua altezza.

"Devo dirti una cosa" le sussurrò, restando davanti a lei, con gli occhi che la scrutavano e l'aspetto altezzoso, come se potesse entrare dentro di lei solo con uno sguardo.

"Okay..."

Rey fece per chiudere le gambe, ma lui le tenne ferme e larghe, afferrandole le ginocchia e sollevando un labbro come se fosse una rivalsa. La sentì fremere all'idea di restare così esposta sotto al suo sguardo. Ma subito la rassicurò:

"C'è una cosa che sfugge a questo Principio di Indeterminazione. Qualcosa che non ho mai pensato prima di conoscerti e che adesso mi sta devastando, ma voglio che tu lo sappia."

La ragazza lasciò sbattere le ciglia più volte, rilassando le gambe e lasciando che lui respirasse e godesse della sua nudità a suo piacimento. Poi sollevò gli occhi per guardarlo.

"Il Principio di Indeterminazione?" la vide grattarsi i capelli già scarmigliati, sciogliendo inavvertitamente due delle tre crocchie arrotolate sulla testa.

Ben osservò i capelli ricadere sulle sue spalle della ragazza, poi aggiunse.

"C'è qualcosa che sfugge al Principio di Indeterminazione" ripeté più lentamente, con gli occhi più lucidi, le labbra più gonfie e la voce più roca.

"Che cosa vuoi dire?" rispose lei, con una voce quasi supplichevole, mentre le mani di lui tornavano a ghermirle le cosce nude.

"C'è qualcosa che il tempo e lo spazio non potranno mai cambiare. C'è qualcosa che forse non è un principio, ma è determinatissimo." Sospirò ancora, divorandola con uno sguardo insieme beffardo e crudele.

"Ti amo, Rey. Quello che provo per te, non sarà mai incerto. Al contrario è la cosa più sicura e determinata della mia inutile esistenza."

Rey prese fiato, spalancando gli occhi, senza più dire una parola. A quel punto fu lui a fremere. La spogliò di quel poco che le restava addosso, con lo stesso spirito di un uomo in procinto di cadere nell'abisso e, senza respiro, senza parole, senza fiato, rimase immobile a fissarla un'ultima volta, prima di precipitare.

Ma non precipitò, lì, sul tavolo. Al contrario la sollevò con delicatezza, come se fosse una dea, la sua dea, e la portò sul letto. La fece appoggiare sui cuscini morbidi e si baciarono come se tutto fosse stato creato apposta loro. Come se fossero due predestinati, due elementi complementari, due dèi. Due metà di uno stesso ingranaggio che si completava in una sola essenza. Un ingranaggio che si univa e si chiudeva un cerchio ondeggiante. Forza, su forza. Luce e ombra. Stelle e cielo. Pelle contro pelle, respiro dentro a respiro. Fuoco e acqua dischiusi nella stessa coppa fatta di sogni interconnessi. Zolfo e mercurio in perfetto equilibrio. Onda contro onda. Un oceano di suoni e piaceri mai provati. Celati, tramortiti, negati, nascosti eppure vivi, pulsanti e liquidi. Poi, chiuse gli occhi e, nella magia di un sogno condiviso, divennero una sola cosa, al punto che lui stesso perse la certezza di essere vivo, morto o soltanto nel purgatorio dei jedi. Si dimenticò persino di essere parte della stessa Forza, fino al punto di comprendere che, se quello che stava vivendo fosse stato un sogno o un miracolo partorito dalla sua vivida immaginazione, ormai non era più una cosa importante. Perché tutto ciò in cui credeva adesso era che lui l'amava ed era riamato. Rey lo voleva e non le interessava chi era stato e se mai sarebbe diventato un Jedi, un uomo giusto o semplicemente un uomo vero. Così, stretto nell'abbraccio dell'amore che tutto può e tutto perdona, per un attimo, lasciò andare la sua stessa esistenza alla Forza. Abbandonandosi totalmente. Come un pesce si abbandona alle onde. Si lasciò andare al mare primordiale, fatto di pura luce. Un'energia vitale, una forza liquida, pura, invincibile. Una luce nitida che scaturiva dal loro incontro. E a quella luce si abbandonò, fondendosi in essa e accettando ogni suo volere, persino l'incertezza che l'indomani tornasse ad essere un uomo libero o soltanto un pulviscolo luminoso che brillava nella foschia della sera.


Ma una cosa, ora, gli era certa: qualsiasi cosa la Forza gli avrebbe chiesto in cambio di una nuova vita, l'avrebbe accettata. Avrebbe dato tutto per avere l'occasione di ricominciare. Tutto ciò che era in suo potere in cambio di una vita in cui potesse soltanto amare ed essere riamato. E unendosi a Rey, nell'armonia della loro essenza, senza neanche accorgersi, annegò il mostro, lasciando rinascere l'uomo (2).

Angolo della scrittrice:

Ciao a tutti,

Sono incredibilmente lusingata, onorata e riconoscente verso tutti coloro che hanno letto, commentato, aggiunto questa storia in qualsiasi categoria o mi hanno scritto in privato. I commenti, visibili o privati, sono il motore che mi spinge a continuare a scrivere e, per questo, vi sono e sarò per sempre grata e riconoscente. Il mio cuore è già vostro!

Un grazie gigante anche a che è sempre presente e mi permette di andare velocissima anche con le revisioni. Per favore, andate a mostrare il vostro amore anche per i suoi racconti che sono bellissimi. Se cliccate , potrete andare a leggere l'ultima storia che sta scrivendo. Per favore, lasciate un cuoricino anche nel suo profilo.

Tornando alla storia, spero che il matrimonio vi sia piaciuto. Ben e Rey, meritavano più spazio insieme nel film, rispetto ai cinque minuti concessi dopo la redenzione di kylo e, quindi, eccoci qua con questa storia. Per chi ama conoscere i dettagli e le ispirazioni, più avanti vi ho lasciato qualche nota aggiuntiva.

Un caro saluto a tutti e grazie per essere passati.

Shaara

Ps: Ho notato che qui su Wattpad non posso incollare i link e i collegamenti alle singole parole. Venite a trovarmi anche su Epic Fan Fiction (stesso nome utente e stesso nome della storia) per leggere i collegamenti e vedere le immagini dei personaggi.

Note:

(1) Nella Bold è citata nel capitolo 2. È un personaggio appartenente alla Leggende di Star Wars che venne addestrata dal maestro Qui Gon Jinn. Qui viene inserita come collegamento tra i capitoli. Da notare che Nella Bold, essendo stata la padawan di Qui Gon, non può essere vissuta millenni prima della nascita degli Jedi. Ma, nella storia, ormai si è capito, c'è qualcosa che lega spazio e tempo e i maestri Je'daii sono in grado di dominarli entrambi.

(2) Come sapete, avevo già usato questo simbolo nel capitolo 11. I tre libri, trovati da Rey, Ben e Finn avevano ognuno un pesce nella copertina. Solo quando loro tre hanno unito i libri si è composto il simbolo con i tre pesci incrociati che ho preso in prestito dalla simbologia Celtica. Però, non mi sembra di avervi raccontato che, dalla mitologia celtica, ho preso anche il significato. Il simbolo in questione si chiama triquetra ed ha vari significati. Nella simbologia cristiana, per esempio, rappresenta la trinità. Nella cultura preislamica, era una rappresentazione delle tre dee. Per gli antichi Celti rappresentava l'aspetto femminile del divino. Femminile perché è la madre che genere la vita. Raffigurava la triplice divinità: Fanciulla, Madre e Anziana. Mentre le sue tre punte rappresentano i tre elementi dell'essere vivente: lo spirito, il corpo e la mente. Infine, gli spazi interni rappresentano le emozioni che ci rendono felici come gioia, amore e pace. Quindi assume anche il significato di amore e perfetto equilibrio. Così, alla luce di questo racconto, finalmente posso scriverlo chiaramente, ho voluto associare un simbolo con il senso della storia. Per saperne di più https://mondotatuaggi.altervista.org/triquetra/

(3) Quando ho pensato a questa storia, volevo riscrivere la storia di Alcione e Ceice, presa dalle metamorfosi di Ovidio, ma poi ho letto il famoso libro che lega la poesia di Rumi alla meccanica quantistica e ho partorito questa idea. Però, ho lasciato il concetto della metamorfosi (anche se l'ho rivista più da un punto di vista alchemico). Il mio riferimento è il Rosarium Philosophorum, il quale attraverso le varie fasi di nigredo, albedo e rubedo, porta ad un processo di morte e rinascita nella ricerca della perfezione spirituale (ma anche materiale, sotto alcuni punti di vista). Poiché, però, questa è una favola romantica, le rinascite finora raccontate sono solo dei passaggi da una fase ad un'altra. Per esempio, nel caso di Rey, Ben e Finn, questi dovevano superare dei limiti che ho immaginato per loro. Per esempio Rey doveva superare il suo stesso amore che quasi la rendeva cieca davanti al significato della profezia. Per Finn si è trattato di arrivare a perdonare Kylo, fino al punto di riuscire vedere che, dentro Kylo Ren, ha sempre albergato Ben Solo. Mentre per Ben il limite era quello di superare il fatto di essere stato Kylo Ren e il desiderio nichilista espresso in TROS. Solo superando chi era stato e desiderando di essere solo un uomo, per me, in questa storia, poteva essere perdonato dalla Forza. Il passaggio di Ben l'ho raccontato in questo capitolo. Come idea mi sono ispirata all'epopea di Gilgamesh. In particolare all'idea dei Sumeri secondo i quali, il passaggio dell'essere umano, da animale a uomo, era reso possibile solo attraverso l'amore (inteso in tutti i sensi) di una donna. https://www.indiscreto.org/nellepica-di-gilgamesh-essere-umani-significa-abbandonare-lo-stato-animale/ Come in Destiny's Force, il matrimonio ha una doppia valenza, sia quella del racconto che una sorta di "nozze alchemiche" tra i due elementi opposti e complementari. Sono un po' fissata con questa idea, ma io la amo tantissimo :-)

Ordine Je'daii qui su Wattpad non funzionano i link per vedere il riferimento a queste montagne aggiungete https : // alla riga starwars.fandom.com/it/wiki/Ordine_Je%27daii

Tython qui su Wattpad non funzionano i link per vedere il riferimento a questo pianeta aggiungete https : //starwars.fandom.com/it/wiki/Tython

Aleena qui su Wattpad non funzionano i link per vedere il riferimento a questa specie aggiungete https : // alla riga starwars.fandom.com/wiki/Aleena


Ps: Ogni personaggio descritto, tranne quelli inventati da me, sono di proprietà della STAR WARS - LUCASFILM, ora Disney. Ogni onore e gloria è di proprietà del suo creatore George Lucas e degli autori del nuovo Canon Disney. Questa Fan Fiction è stata creata a scopo ludico, senza fini di lucro ed è il mio personale e misero dono per questo meraviglioso Fandom. Che la Forza sia con voi :)

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