8. Il caos

Una sensazione di déjà-vu invase il mio corpo. Era già successo che corressi per i corridoi del castello, confusa e incosciente. In realtà più e più volte mi ero ritrovata in una situazione simile in quel breve lasso di tempo.

Stavo nuovamente scappando, diretta chissà dove, mentre la servitù si muoveva turbolenta all'interno del castello: anche loro avevano sentito le urla.

Raggiunsi in poco tempo il maestoso cancello in legno massello, contornato dalle mura in pietra del palazzo. Era l'unica via per uscire da quella prigione e solitamente era sorvegliato da due sentinelle armate.

Quel giorno, però, non c'era nessuno. L'ingresso era libero e non c'erano guardie a controllare se ci fossero nemici in agguato, così lo varcai innocentemente, senza pormi alcuna domanda.

Non avevo idea di cosa stesse succedendo tra i corridoi del castello, mi interessava solo finire ciò che avevo iniziato, ovvero il mio viaggio verso la verità.

Senza neanche rendermene conto mi ritrovai sommersa dal vociare degli abitanti e dalle bancarelle stracolme di cibo e abiti poco costosi. Rimasi confusa, avevo vissuto in quel posto per tutta la vita e non mi era mai capitato di trovarmi in un simile marasma, soprattutto all'alba del mattino.

Ero nel bel mezzo della folla, nel giorno del mercato cittadino, chiunque avrebbe potuto riconoscermi e assalirmi di domande, ma per qualche assurdo motivo erano tutti abbastanza indaffarati da ignorarmi.

Avevo vissuto in una gabbia per tutta la vita, era evidente. Forse possedevo quel che chiunque sognava, ma non lo desideravo affatto. Chiunque non desidererebbe mai vivere nelle menzogne causate da tutta quella ricchezza.

"Emma!" Udii una voce alle mie spalle chiamarmi.

Mi voltai e dopo aver fatto un respiro profondo, sperando che nessuno mi avesse riconosciuta, notai il suo solito sorriso sghembo, difficile da ignorare.

A passo lento, troppo stanca e troppo sconvolta per continuare a correre, raggiunsi Killian. Era in sella a un cavallo pezzato, probabilmente appena rubato, e stringeva le redini con una destrezza e una sicurezza che quasi mi stupì. Mentre mi osservava con leggero rimprovero, provai un brivido lungo la spina dorsale e mi morsi il labbro leggermente imbarazzata.

"Salta su" affermò facendosi immediatamente serio.

La sua espressione era cambiata da un momento all'altro, da divertita ad accusatoria in una frazione di secondo. Immaginai fosse perché non ammettesse repliche, perché volesse allontanarsi prima possibile da quel luogo, proprio come me.

Così annuii e lui mi porse la mano per aiutarmi a salire.

"La prossima volta che tenterai di tramortirmi, non pensare che tornerò a salvarti."

"Non ho bisogno di essere salvata, Killian" risposi con indifferenza. Il pirata serrò i polpacci e il puledro cominciò a camminare.

"Sì certo, come no" affermò ironico, facendo una risata finta e debole.

Alzò le spalle e tornò a guardare la strada davanti a sé.

In quel momento di confusione non mi chiesi perché lui fosse lì, né come facesse a immaginare che mi servisse aiuto. Mi limitai a stringere la sua vita per non cadere da cavallo e a chiudere gli occhi per sentire sulla pelle la libertà che conoscevo così poco.

In quel esatto momento presi la decisione più importante della mia vita: non avrei più obbedito ad alcuna regola.

Tutto ciò per cui ero stata addestrata, i principi che avevano fondato la mia anima e ogni insegnamento dato dai miei familiari era diventato vano in quel preciso istante.

Volevo essere persa nella follia, volevo vivere di niente per poi godere del poco che sarei riuscita a ottenere.

Dissi basta agli abiti costosi e pieni di ricami, basta ai fiocchi colorati che mi avevano ordinato i capelli fino a quel momento e soprattutto basta a mio padre. Ero libera.

Killian fermò il cavallo proprio nel bel mezzo di una viottola fuori portata, probabilmente ci trovavamo all'ingresso del bosco, ma non potevo esserne sicura, non ero una che faceva molto caso ai dettagli. In lontananza ancora potevo notare le alte torri del castello, ma la maggior parte di esso era oscurato dalle fronde degli alberi.

Ero di nuovo al punto di partenza, faccia a faccia con Killian, indecisa tra il sorridergli o rivolgergli uno sguardo imbronciato. Lui era la mia guida o il mio consigliere forse, qualunque cosa fosse in realtà, sapevo solo che in qualche modo mi stava aiutando.

Decisi così di porre la fatidica domanda: "Come mi hai trovata?"

"Semplice, ho seguito il caos."

"Caos?" domandai confusa. Mi grattai la fronte e poggiai la schiena a un tronco per evitare di cadere a terra dalla stanchezza.

Il pirata di fronte a me, con le braccia conserte, sembrava troppo indaffarato a guardarsi attorno per rispondere. Rimasi stupita quando spostò quegli occhi azzurri, velati da un'ombra di dolore, su di me.

"Il caos, milady. Le guardie reali urlanti e gli zoccoli dei cavalli che premevano sui sampietrini del regno, non ti sei accorta di niente? Cercavano te."

Sgranai la bocca stupita. Era ovvio che non sapessi niente. Non avevo visto nessuno seguirmi, né inveirmi contro. Capii in quel momento che qualcosa non tornava.

"A proposito, cosa hai fatto per farli infuriare tanto?" domandò leggermente divertito, facendosi scappare una risatina.

Era così poco serio, anche nei momenti di sconforto trovava il motivo per sfoggiare il suo sorriso e questo mi faceva venir voglia di scappare. Un uomo che non provava mai dolore, come poteva guidarmi in un viaggio tanto amaro?

"Io non ho fatto niente!" gli inveii contro, incrociando le braccia al petto per difendermi dal suo sguardo accusatorio.

Negò con la testa e non rispose.

Constatai che era meglio così. Non avevo bisogno di sentire altre parole, soprattutto da lui e dai suoi modi scortesi.

Afferrò le redini del cavallo e gli carezzò la criniera morbida. Osservai in silenzio la scena, chiedendomi cosa ne sarebbe stato di me e come avrei superato tutto quello.

Il mondo mi era letteralmente crollato addosso: ogni mattone su cui ero poggiata, ogni filo d'erba su cui mi cullavo fino a meno di una settimana prima; era tutto sparito.

Dovevo iniziare tutto da capo, un pezzo alla volta, mattone per mattone, dovevo ricostruire me e la mia vita. Sapevo già da dove cominciare.

"Ho bisogno di un favore."

"Un altro, milady?" domandò Killian, leggermente scocciato.

Annuii.

"Devo capire cosa credano io abbia fatto. Devi chiedere informazioni a qualcuno" affermai quasi con indifferenza. Per iniziare a costruire una nuova era dovevo prima far affondare la vecchia.

"Non puoi farlo tu?"

"Beh, le guardie reali mi cercano, non penso sia prudente farmi vedere in giro." Uno sguardo rimproverante bastò a convincerlo.

Dopo un paio di sbuffi, salì in sella al cavallo e mi sorrise lievemente.

Non potei fare a meno di pensare che fosse nato per quello, per fare il cavaliere. L'eleganza con cui maneggiava le redini e il tono, né troppo dolce, né troppo forte, con cui si rivolgeva al destriero mi ricordavano i movimenti unisoni delle guardie reali con i propri puledri. Sembravano una cosa sola, nati per stare insieme, per fare quello. E quel cavallo non era stato allevato da lui, non era sempre stato accudito da Killian, eppure sembrava fidarsi ciecamente di quel pirata.

"Sarò di ritorno fra un paio d'ore. Continuando per questa strada, fra duecento passi, troverai dell'acqua. Non fare ulteriori danni, principessa" mi rimproverò lui.

Annuii, evitando di controbattere. Avrei potuto marcare il fatto che io non avevo fatto niente, ma mi convinsi che fosse inutile, così obbedii e l'osservai mentre spariva tra la folta vegetazione.

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