24. Solo dubbi

Il tempo scappava dalle mie mani in quel giorno fatto di imbarazzi e dubbi. Senza che riuscissi ad accorgermene era già sera e con un'esagerata fretta mi ero ritrovata a calpestare i ciottoli irregolari del cortile, diretta a casa di Killian.

Nessun viso, conosciuto o sconosciuto, sembrava prestare attenzione a me e al mio modo impacciato di camminare e le incertezze che mi avevano accompagnata per l'intera giornata sembravano aver lasciato spazio per quel che di lì a poco avrei trovato sul cammino tortuoso che stavo intraprendendo.

Tra gli allenamenti con la spada e le continue domande di Jacqueline, riguardanti i temi più bizzarri e assurdi, mirate solamente al suo desiderio di entrare a far parte della mia vita, ero riuscita a liberare la mente il tanto che bastava per non impazzire.

Le vere e proprie paure arrivarono quando, rientrando nella sua capanna, avevo iniziato a realizzare che dopo qualche ora avrei dovuto raggiungere Killian e la sua imbarazzante cena. Avevo chiesto a mia zia – ormai potevo definirla tale – un abito qualunque, adatto per la vita di campagna, ma meno scomodo e trasandato rispetto ai vecchi pantaloni prestatimi da Killian.

Non volevo far credere al pirata che avessi dedicato più tempo del solito a prepararmi, cercavo di auto convincermi che non avessi alcuna ansia, quando in realtà le viscere mi si stavano rigirando nello stomaco e la paura di ciò che mi avrebbe confessato quel tipo volubile e incoerente quella sera non volevano abbandonarmi.

Mentre i dubbi continuavano a farmi venire il voltastomaco, continuai per la mia strada, osservando l'ormai vicino futuro sopraffarmi e con una forza esagerata, dovuta a tutto quello stress, bussai alla porta della piccola abitazione che fino a qualche giorno prima potevo definire casa mia.

Passarono pochi attimi, il tempo che aprisse la porta e mi mostrasse un debole sorriso, ma le paranoie avevano già iniziato a divorarmi e mi sentii in dovere di darmi della stupida per aver arrossito appena l'uscio si spalancò.

Killian mi si presentò davanti con i capelli più in ordine rispetto al solito e la solita tenuta marinaresca che non si toglieva neanche per dormire. Il rossore sulle mie guance lasciava intendere più di mille parole e incapace di parlare mi morsi il labbro e abbassai la nuca. C'era una tensione insolita e al contempo piacevole che mi costringeva a pensare che fosse bellissimo, ma non era decisamente quello il momento giusto per ammirarlo. Era la serata dedicata alle parole, ai chiarimenti per tutti quei baci rubati e le emozioni contrastanti che provavo mi imploravano di capirci qualcosa.

Varcai l'ingresso anche se non udii alcun tipo di benvenuto e lasciando le braccia sciolte lungo il busto per allentare la tensione gli mostrai un sorriso palesemente finto.

Non avevo idea di cosa dovessi aspettarmi.

"Ho fatto del coniglio per cena, spero non faccia schifo."

"Sicuramente sarà meglio dei cosciotti di tacchino che ho cucinato quando siamo arrivati qui."

Ironizzai. Lui annuì. Avrei giurato di aver visto dell'imbarazzo nel suo sguardo, ma l'espressione mutò rapidamente in un mezzo sorriso d'occasione.

Sul tavolino poggiava la solita candela, che aveva stanziato di fronte ai nostri piatti fin dal primo giorno, ma in quell'occasione mi sembrava incredibilmente romantica. Cercai di far sciamare il pensiero per rimanere lucida e lui mi chiese: "Con il coniglio preferisci le patate o i funghi?"

"Nessuno dei due, sai che non sono un'appassionata di verdura."

"Giusto, la principessa non c'è più, ma i suoi vizi restano" ammise ironico e io mi ritrovai per la prima volta a ridere per una di quelle squallide battute su di me.

"Sei proprio sicuro che la principessa non ci sia più?"

"Beh, se c'è l'hai nascosta bene sotto i panni della guerriera munita di spada e scudo."

Emise un'amara risata e si decise a sedersi a tavola, dando anche a me la possibilità di poggiarmi su una delle sedie senza risultare esageratamente maleducata.

Mi persi nei miei pensieri per qualche altro minuto, la cena era iniziata e lui sembrava gradirla. Mostrai un'espressione favorente per fargli intendere che non fosse affatto male, ma nella mia mente c'era solamente l'immagine di me che tentavo di imparare come difendermi e lui che mi guardava da lontano. Me lo immaginavo in piedi, poco distante da me, con le braccia conserte e il sorriso beffardo sul volto, mentre mi studiava con quello sguardo perforante e cercava di capire quanto fossi portata con la spada.

"Perché mi hai osservata?" chiesi, incapace di tenermelo per me.

"Non dovresti chiederlo. Pensavo lo sapessi, io ti osservo sempre, Emma."

"Non hai risposto alla mia domanda. Dovremmo continuare la conversazione di ieri, o sbaglio?"

Lasciai il mio piatto ancora mezzo pieno al caso e lo osservai con sguardo deciso, intenta a comprendere veramente ciò che stava accadendo tutt'intorno a me. Lui mollò le posate e, in imbarazzo, mi osservò. Un misto di timore e orgoglio si leggevano sul suo volto, non era poi così convinto di parlare, ma non c'era via di fuga.

"Non serve che io ti dica ciò che provo."

"Forse sì" dissi, con un leggero desiderio all'idea che potesse realmente ammettere ad alta voce i suoi sentimenti.

"Penso sia più corretto spiegarti quel che penso."

"Continua" lo intimai. Era troppo lento, troppo riflessivo, sembrava quasi che non avesse mai avuto una conversazione simile e questo mi faceva fremere dal desiderio di capire.

"Io sono un uomo di origini umili, penso tu lo sappia" si bloccò, come per riflettere. "Ho ceduto al guadagno facile e alla vendetta più e più volte, mentre tu... sei una grande. Sei l'eroina che tuo padre non ha potuto crescere e di cui oggi sarebbe fiero. Sei una rosa pronta a sbocciare e non voglio rovinare la tua gloria con i miei petali appassiti."

Rimasi in silenzio. Killian si era alzato in piedi e aveva iniziato a togliere i piatti da sopra il tavolo, anche il mio, nonostante non avessi ancora finito di mangiare. Non sapevo se credergli o meno, se riuscissi ad accettare una riflessione tanto confusa da un uomo che sembrava avere sempre idee così precise.

"Sei scappato per questo l'altra sera?" domandai dopo le incertezze iniziali, ricordando le vere motivazioni che mi avevano spinta ad accettare la cena.

"Volevo schiarirmi le idee, ma per strada ho incrociato l'alcol."

"E Milah" sottolineai.

"Milah è stata un effetto dell'alcol" disse secco. Sembrava uno di quegli argomenti che non voleva toccare e io non ero intenzionata a farlo infuriare.

Mi passai una mano fra i capelli e talmente confusa su ciò che desideravo fare e quel che invece sapevo fosse giusto mi alzai in piedi, iniziando a camminare avanti e indietro per la stanza che in quel momento mi sembrò incredibilmente stretta.

Non avevo niente da dire, né da replicare, ero stanca di avere stupide paranoie o discussioni su argomenti che in realtà non mi interessavano, avrei preferito concentrarmi sul presente e viverlo, ma non me la sentivo di cedere in quel momento così teso.

"Vorrei che tornassi a vivere qui" affermò Killian con un tono gelido.

A causa dei miei pensieri tanto confusi immaginai di aver immaginato la sua voce, ma con un passo incerto si avvicinò a me e con la mano destra mi sfiorò cauto un braccio.

Mi ritrassi, come scottata dal suo tocco tiepido, e dissi: "Non posso andarmene ora da casa di Jacqueline, penso tu possa capirlo."

Annuì. "Allora resta qui stanotte."

Negai con la testa, ma il mio corpo sembrava non rispondere a quel che il cervello gli chiedeva di fare. Le mie mani erano intrecciate con le sue e, a causa del mio improvviso silenzio, rise con naturalezza. Quelle labbra rosse schiuse che mostrarono i denti bianchi e la barbetta ispida, che quasi sfiorava il mio mento pallido erano l'unico panorama che riuscivo a vedere e che volevo vedere.

L'ennesimo bacio sigillò il ricordo nella mia mente, stavolta senza confini né paure. Le carte in tavola erano state scoperte e, per quanto potessi temere, non avrei mai permesso che la mia impulsività rovinasse tutto.

Stretta tra il muro e il suo corpo, accaldata, ma non abbastanza da sentire il dovere di allontanarmi da lui, continuando a stringere le mani intorno al suo collo.

Quando si staccò dalle mie labbra sentii di aver appena messo un piede in un torrente gelido, ero completamente sottosopra.

"Allora, rimani qui con me?" mi domandò a fior di labbra.

Risi, non perché fossi divertita, ma per quanto mi sentissi bene in quel momento, in pace, al mio posto con lui a pochi passi da me. Mi sentii costretta a negare, nonostante la sua mano a contatto con la mia schiena metteva a dura prova ogni genere di concentrazione.

"Sai quando sarà la prossima luna piena?" domandò, con lo sguardo assolto nei suoi pensieri.

Un nuovo dubbio mi assalì, oltre me, pensavo che nessuno sapesse ciò che era scritto nella lettera per mio fratello.

"Come fai a sapere della luna piena?"

"Mi sono svegliato prima di te e ho dato una sbirciatina."

"Hai mai sentito parlare di privacy?"

Rise amaramente. Io mi accigliai, ma evitai di continuare quella discussione. Ovviamente sapevo esattamente quanto mancava alla luna piena, ma preferivo tenerlo per me; non dirlo ad alta voce era l'unico modo che avevo per rendere quell'evento solo mio.

Avrei compreso quanta fiducia avesse Neal nei miei confronti. Era un passo importante e nessuno oltre me poteva capirlo.

"Beh, allora io vado" dissi, in dubbio se dovessi affermarlo o chiederlo.

Annuì, non fece ulteriori domande. Mi sentii sollevata, non volevo spiegargli che le paranoie stavano nuovamente attanagliando i miei pensieri, ma per una volta non erano rivolte a quel pirata, che per quanto mi confondesse sembrava aver finalmente capito da che parte stare. Ero in pensiero per mio fratello, per l'insopportabile attesa che stavo sopportando.





***

Allora, mi sembra impossibile, ma anche questa volta ce l'ho fatta! Cosa ne pensate di questo capitolo? Secondo voi i problemi tra Killian e Emma sono finiti? E cosa dite di Neal che torna in questo capitolo solamente come un vago pensiero? 

Beh, aggiornerò prestissimo, ma nel mentre fatemi sapere cosa ne pensate! 

Già che ci sono voglio comunicare che ho da poco iniziato a scrivere un fantasy, si chiama "Nameless - Il faro dei desideri" e potete trovare il prologo online nel caso siate interessati o anche solo curiosi! Nel caso vi stiate preoccupando per il destino di Principessa, don't worry, ho già terminato di scriverla e mi manca solamente da pubblicare!

Saluti a tutti e grazie dell'attenzione, 

Euph.

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