21. Emma è il mio nome
Era una calda mattina d'agosto e al mio risveglio i pensieri covati nella sera precedente erano svaniti nel nulla, lasciando il loro posto a un'espressione rilassata e fin troppo ordinaria.
"Buongiorno, milady" mi accolse Killian sorridendo a trentadue denti e mostrandomi la brocca del latte per chiedermi se ne volessi un po'.
Ci pensai su, effettivamente avevo una gran fame e prima di iniziare un'altra noiosa e comune giornata avrei dovuto far colazione, ma avvicinandomi al tavolo notai la lettera scritta meno di dodici ore prima e compresi ben presto che qualunque cosa avessi voluto fare avrebbe aspettato.
"Ho fretta di uscire, ma sarò di ritorno tra poco. Riesci ad aspettarmi?" domandai rivolgendogli un sorriso innocente.
La sua espressione si incurvò in modo malizioso e mi fece una smorfia, come a voler far intendere che non attendesse altro. Ingoiai della saliva, avrei dovuto usare tutta la volontà d'animo che possedevo per evitare di cascare di nuovo nella sua trappola, ma in quel momento, a causa della fretta, riuscii a sviare.
C'era una cosa che aveva la precedenza, l'unica forse che veniva prima di Killian e del suo desiderio di parlarmi, mio fratello. Consegnare la lettera a Regina era una priorità assoluta e niente avrebbe potuto dissuadermi dal piano che insieme a lei avevo architettato.
Mi sbattei la porticina della casetta alle spalle e camminai a passo felpato verso l'abitazione della donna, rendendomi conto solamente quando calpestai i ciottoli situati a metà del percorso, che mi ero dimenticata di indossare le scarpe.
Sbuffai e con i piedi doloranti, rallentata da quella scomoda situazione, arrivai finalmente davanti l'uscio di casa sua. Bussai.
"Entra" esclamò, mentre un ampio sorriso le si allargava sul volto. Partire, lasciarsi il passato alle spalle e cominciare tutto da capo era un buon motivo per essere felici.
La sua gioia mi fece provare un briciolo d'invidia; mi ero lasciata ogni cosa alle spalle, ma non ne ero mai stata tanto contenta.
"Vuoi mangiare qualcosa? Ho solamente del pane, sai com'è... Sono in partenza."
Tirai fuori la lettera da una tasca e con fin troppa forza la gettai sul tavolo. Non volevo perdermi in chiacchiere, volevo che partisse e giungesse dal principe prima possibile.
Quell'insulso messaggio era la mia condanna tanto quanto il mio salvavita, mi era rimasto solamente da sperare che Neal credesse ancora in me. Mi ero aggrappata a quel desiderio e mi ci tenevo ben salda, per non sprofondare giù ed evitare che ogni dolorosa verità mi crollasse addosso.
"Ricordi il piano?"
Le chiesi, mentre lei afferrava la lettera e la riponeva in una sacca di cuoio che immaginai essere il suo bagaglio.
Lei parlò con tono annoiato, ripetendo, forse per la decima volta, le istruzioni accordate: "Arriverò a palazzo per le sei del pomeriggio, Neal si troverà nelle stalle. Io devo riuscire a entrare dal retro e raggiungerlo lì, per essere sicura che le guardie reali non mi vedano."
"E cosa devi dirgli?"
"Salve maestà, sono una donna alla quale è stato chiesto di recapitare un messaggio. Non conosco il mittente, ma l'ho incontrato ai confini della Foresta Infinita e penso proprio che sia ancora lì. Buona serata."
Annuii soddisfatta.
"Poi ti rechi al confine della Foresta Infinita, sperando che non ci sia alcuna squadra di ricerca ad aspettarmi, in tal caso?"
"In tal caso torno qui per avvisarti, Emma. So tutto, non preoccuparti."
Feci un sospiro profondo. Era un buon piano ed ero sicura che avrebbe funzionato. Lo sguardo di Regina mi lasciava intendere la stessa cosa e io speravo con tutta me stessa di non aver lasciato niente al caso.
Notai la donna prendere lo zaino e metterlo sulle spalle, stava per partire, andare nella speranza di non dover più tornare in questo villaggio e io sperai davvero nella sua felicità.
Le era servita una piccola spinta, il mio discorso, per comprendere che poteva finalmente andare dove voleva.
La seguii fuori dalla piccola abitazione e la osservai camminare sul brecciolino, rumoreggiando a ogni passo.
"Buona fortuna" le gridai.
"Anche a te" mi rispose con tono alto, rivolgendomi un saluto con la mano.
Rimasi a osservarla per un po' mentre si nascondeva nella foresta, finché non mi risultò impossibile vederla.
Era una brava donna, anche se non aveva potuto raccontarmi niente su Killian non gliene avrei fatta una colpa. Dovevo trovare in me lo stesso coraggio che avevo visto in lei, per porre le mie domande e placare la curiosità.
Rientrai a casa, un po' scossa e un po' turbata, in fondo come biasimarmi, avevo lasciato il mio futuro in mano a Regina e cercavo di fingere che andasse tutto bene.
"Sei bianca come un lenzuolo, vuoi fare colazione o hai intenzione di cadere svenuta sul pavimento?" mi domandò il pirata, aspro.
Era strano e confortante averlo sempre fra i piedi, forse ci avrei fatto l'abitudine a sentire il suo parere anche quando non era richiesto, o forse no, ma ogni volta che mi rivolgeva la parola ero costretta a reprimere un sorriso che premeva per spuntarmi sul viso.
"Non ho fame, Killian, e smettila di trattarmi come una bambina."
"E come dovrei fare, milady?" esclamò ridendo di gusto.
Sbuffai. Era fastidioso.
Si avvicinò a me, sorridendo sotto i baffi e poggiò le sue mani sulle mie spalle spostandomi i capelli.
"Come prima cosa potresti smetterla di chiamarmi milady!"
Sbottai incrociando le braccia al petto.
Spostò il suo sguardo su di me e fece una lieve risata, evidentemente pensava che fossi veramente sciocca.
"E come dovrei chiamarti?"
"Emma... Fino a prova contraria è il mio nome."
"Va bene, Emma."
Disse ridendo. Quella conversazione sembrava divertirlo eppure il mio nome pronunciato dalle sue labbra sembrava così delicato da farmi battere forte il cuore.
"Molto meglio" ammisi soddisfatta, ma non riuscii a fare a meno di arrossire.
Era difficile controllare le mie emozioni; mi conoscevo così poco da non comprendere quali fossero i miei limiti e in quel momento lì avevo evidentemente superati.
Lo compresi dal suo sguardo, che rapidamente mutò da rilassato a rigido. Sospirò profondamente e si passò una mano tra i capelli, sembrava scosso ad avermi vista avvampare. Non capivo, ma le sue parole mi portarono nuovamente alla realtà.
"Non dovesti innamorarti di me, sai?"
Era troppo tardi, pensai, ma non mi azzardai a proferire parola. Ero ancora confusa per espormi a tal punto da dirgli di essermi innamorata, non ero mai stata innamorata, neanche sapevo cosa fosse l'amore. Mi trovavo di fronte a lui, quasi a un dito dalle sue labbra, eppure il suo sguardo era impassibile: non voleva che andassi oltre.
"Non mi sto innamorando di te" dissi secca, voltandomi dal lato opposto.
Lui fece un ghigno e fui costretta a trattenermi, per non voltarmi e osservare la sua espressione dopo quella bugia.
"Quindi se faccio così non provi niente, milady?"
La sua mano si poggiò sul mio fianco e fui costretta a trattenere il respiro. Il mio cuore batteva forte e mi morsi il labbro per trattenere ogni impulso che mi chiedesse di annullare quella poca distanza.
"Non rispondi?" domandò, allacciando anche l'altra mano alla mia vita.
Chiusi gli occhi e mi voltai, trovando non so dove il coraggio di sfidare il suo sguardo e chiedergli leggermente retorica: "Potrebbe essere solamente attrazione fisica?"
Lui annuì e non sembrò deluso dalla mia risposta, la sua presa era ancora salda intorno al mio busto e io sentivo di star per cadere nella sua trappola, di nuovo.
Osservavo le sue labbra rosse e sentivo i suoi pollici giocare con la pelle della mia schiena, desideravo mettere fine alla breve distanza.
"E se provassi a baciarti ti tireresti indietro?"
Io, incapace di parlare, negai con la testa e non gli diedi il tempo di metabolizzare la risposta che sporfondai a capofitto in quella tempesta, in quel turbine di emozioni, baciandolo.
Nonostante avessi detto e pensato tante cose non riuscivo a fare a meno di desiderare di essere sua e solo sua.
Era un bacio diverso dall'ultima volta, non c'era desiderio di scoprire o di conoscere, era il semplice gusto di stringerlo a me e sentire di essere nel posto giusto.
Si staccò dalle mie labbra e negò con la testa, lasciandomi lì, ferma, in attesa che dicesse qualcosa, una qualunque spiegazione per quel gesto improvviso.
"Non fingere di essere pronta, Emma."
"Cosa ti fa credere che io stia fingendo?" sbottai offesa.
Non me l'aspettavo affatto. Credevo che lui non volesse altro, pensavo che in una donna cercasse unicamente quello, ma era il rovescio della medaglia: un rifiuto per un rifiuto.
Killian se n'era andato subito dopo, lasciandomi lì, da sola.
Compresi in quel momento quanto doveva essere risultata antipatica la mia scelta di fuggire la notte dell'incontro con Baelfire e mi maledissi per averlo fatto, anziché rimanere in casa con lui a baciarlo.
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