19. Senza farti uccidere

La mattina mi svegliai nel mio letto, non ricordando bene come ci fossi arrivata. Guardai il soffitto sopra di me, concedendomi qualche attimo di pace e convinta di trovarmi a casa. Casa; che strano era definire casa un luogo che fino a quaranta giorni prima non conoscevo affatto, eppure sentii che quello era il posto giusto per me e per iniziare pian piano a ricostruire il muro che io stessa avevo fatto crollare.

Quella piccola disavventura mi era servita per capire molte più cose di quanto immaginavo e sorrisi immaginano lo stupore di Baelfire quando si sarebbe risvegliato confuso e dolorante. In fondo era ciò che si meritava per essere stato tanto meschino.

Talmente avvolta nei miei pensieri non mi accorsi di Killian, che stava facendo colazione davanti al tavolo della cucina, con una ciotola colma di latte e un tozzo di pane.

Mi alzai dal letto. Indossavo ancora i pantaloni sgualciti del giorno prima e in quel momento mi sembrarono ancora più grandi e scomodi a causa dello sguardo rimproverante di Killian. Mi mossi verso di lui fingendo di non averlo notato.

"Buongiorno, non ho avuto il tempo di... Beh, grazie."

"Sciocchezze, ho un codice d'onore, milady. Avrei salvato chiunque nella tua situazione."

Sminuì con un gesto della mano. Era tornato cupo e schivo come non lo era dal giorno della sua partenza. L'unica spiegazione che potevo attribuire a quel comportamento era il mio rifiuto del giorno prima.

"Mi stavi seguendo?"

"Non esattamente, stavo controllando che non finissi in qualche guaio."

"Mi stavi seguendo."

Sorrise sotto i baffi per farmi intendere che avevo ragione, ma era troppo orgoglioso per ammetterlo ad alta voce.

Afferrai una ciotola e, proprio come lui, versai un po' di latte all'interno, per poi sedermi di fronte al pirata e continuare quella chiacchierata. Inconsciamente sapevo dove volevo andare a parare, ma ero ancora troppo annebbiata dal sonno per riconoscerlo.

"Sai cosa dovresti fare, anziché scappare da una parte all'altra senza meta? Dovresti seguire il consiglio di Jacqueline. Hai bisogno che qualcuno si fidi di te, Emma, hai troppi nemici."

Silenzio. Non sapevo cosa rispondere e lui non sembrava volermi aiutarmi a capirlo. Quel suono muto si propagò come il veleno di un serpente e sembrava non voler avere fine.

"A volte sento di essere un'arma più che una persona" ammisi guardandolo negli occhi, indecisa tra il sentirmi usata o semplicemente triste per avermi ricordato cosa accadeva al di là del bosco.

Lui mi osservò confuso, voleva una spiegazione di ciò che avevo appena detto, ma non ero sicura di potergliela dare.

Convivevo con la consapevolezza che in quel paesello mi stessero aspettando da tempo, credendomi una guerriera, credendomi molto più arrabbiata di quanto fossi realmente, ma soprattutto credendo che avrei combattuto per loro.

"Non sono ciò di cui queste persone hanno bisogno, penso che tu ne sia consapevole."

"Invece sono certo del contrario, sennò non ti avrei mai portata qui."

"Bene, allora dimostramelo."

Era iniziata una nuova sfida di sguardi, mentre ci rivolgevamo mezzi sorrisi che nascondevano più di mille parole. Un litigio continuo, un battibeccare su tutto. Non avevamo un punto di incontro e dubito che l'avremmo mai trovato, ma adoravo il modo in cui mi guardava quando il mio sorriso si incurvava per dimostrargli che avessi ragione; come se fosse pronto a controbattere, come se già sapesse cosa avrei detto ogni qualvolta aprivo bocca.

"In realtà credo sia tu che debba dimostrare qualcosa a me, milady. Dimmi, di cosa pensi di aver bisogno?" domandò leggermente beffardo, voleva convincermi a parlare con quelle persone e probabilmente sarebbe riuscito nel suo intento.

Si sbagliava, non ero forte, ma ero debole e avrei ceduto facilmente alla sua silenziosa richiesta.

"Devo parlare con mio fratello. Avevo quasi sperato che quell'uomo mi catturasse, pur di arrivare viva a castello."

"Allora pensa a un modo per comunicare con tuo fratello senza farti uccidere."

Il suo tono ovvio mi fece sbuffare. Era ormai tanto che cercavo un qualsiasi modo per far capire a Neal di essere innocente, ma nessuna delle mie idee era veramente buona.

Killian si alzò da tavola, togliendo sia la mia che la sua ciotola vuota e poggiandole sul lavello. Mi fece un occhiolino e con quel sorrisino furbo uscì di casa, abbandonandomi nuovamente ai miei pensieri.

Cambiai modo di pensare in quell'esatto momento, nella mia testa stavo creando uno schema. Volevo riuscire a comprendere il pensiero di Killian, ero intenzionata a capire come avrei fatto secondo lui a risolvere quel rompicapo.

La risposta la ricevetti dopo pranzo, osservando un foglio di carta e una penna d'oca poggiati accanto al lavello, insieme a un calamaio. Ero consapevole che li avesse lasciati lì per me, volendomi convincere che fosse una mia idea, ma la trovavo talmente buona da farla realmente mia.

Prima di iniziare a scrivere però dovevo trovare un messaggero, qualcuno che avrebbe recapitato il messaggio a mio fratello ed era qui che voleva portarmi Killian: a parlare con quelle persone per convincerle a fare quel lavoro per me.

Era stato un gioco subdolo da parte sua, quasi obbligarmi a fare ciò che lui voleva, ma in fondo i nostri interessi coincidevano per qualche assurdo motivo e io volevo assecondarlo.

Uscii di casa, recandomi nel cortile, dov'ero sicura ci fossero più persone pronte ad ascoltarmi.

I prati colati di verde e il brecciolino sparso qui e lì a simulare una strada conciliarono per qualche secondo i miei pensieri confusi e mi concentrai ancor di più sui tetti di paglia delle capanne e su dei bambini seduti vicini a un fiumiciattolo che giocavano con l'acqua. Ero anch'io innocente come loro una volta, una creatura pura e impossibile da corrompere, ma contemporaneamente malinconica e desiderosa d'affetto. Non ero poi così sicura di esser mai stata bambina.

Mi guardai attorno, stavolta rivolgendo il mio sguardo verso lo stupore di molti, probabilmente erano sconvolti notando la freddezza del mio volto e il mio bisogno di uscire fuori dalla tana.

Me n'ero stata chiusa nel mio piccolo mondo, credendo che mai avrei avuto bisogno di relazionarmi con quella gente così diversa da me, ma che contemporaneamente si aspettava li salvassi da qualcosa che in realtà neanche esisteva.

Mi misi in piedi su un secchio di latta rovesciato e sorrisi con un po' di timore.

"Scusate, vorrei avere la vostra attenzione, per favore" esordii il mio discorso in quel modo, così poco reale e autoritario da non sembrare la voce di una donna che voleva diventare regina.

Uomini e donne si voltarono incuriositi, alcuni si sussurrarono cose all'orecchio, altri mi scrutarono confusi e notai Killian e Jacqueline uscire dalla tenda di quest'ultima e rivolgermi uno sguardo fiero.

Killian aveva ragione, non doveva dimostrarmi niente, ero io a dover dimostrare qualcosa, però non a lui, ma a me stessa. Il mio tono si fece immediatamente più ottuso e deciso, rispetto a quello di pochi attimi prima.

"Sono Emma, probabilmente l'ultima arrivata nel vostro villaggio e l'ultima persona che vorreste sentir parlare. Non mi aspetto quindi grande collaborazione, ma credo che unendo le forze ognuno di noi riuscirà a ottenere ciò che vuole."

"Cosa credi che vogliamo, ragazzina?" domandò un'anziana guardandomi male, ma nonostante l'appellativo poco incoraggiante feci un respiro profondo e non mi buttai giù.

"Sono abbastanza sicura che ognuno di voi cerchi la vendetta. Forse preferite chiamarla giustizia, ma devo riconoscere che non ci sia grande differenza."

Mi bloccai, notando anche gli abitanti più lontani, quelli impegnati a lavorare nei campi, avvicinarsi per ascoltare le mie parole e sorrisi a Killian che con le braccia incrociate mi osservava compiaciuto.

"Credo che le voci siano arrivate fin qui e che chiunque sia a conoscenza della dipartita del re, ma se siete ancora qui vuol dire che il mondo là fuori non vi sembra ancora sicuro e se mi aiuterete io credo di poter fare in modo che lo diventi."

"Baggianate, siamo qui perché lo vogliamo" affermò un uomo paffuto alzando il tono, con il sorriso curvato in un'espressione di disapprovazione.

Un vociare di disapprovazione si alzò nel cortile del piccolo villaggio. Mai nessuno aveva tentato di interrompere la loro routine, mai nessuno aveva tentato di dissuadere le loro idee.

Fallire era elementare per chiunque, quindi io non avevo alcuna speranza di convincere quelle persone ad agire per qualcosa di grande, qualcosa che realmente avrebbe potuto aiutarli. Mi convinsi che avevo sprecato il mio tempo e il viso mi si colorò di un rosso paonazzo dalla vergogna. Mai l'umiliazione mi aveva investita come quel giorno.

Ormai rinunciataria, persa nei sospiri e con la testa bassa, indietreggiai, pronta per tornare dentro casa e iniziare a preparare la cena, immaginando che quella sera avrei discusso amaramente con Killian per ciò che era accaduto.

Sentii una mano sfiorare la mia spalla e mi voltai allarmata sbarrando gli occhi, non avevo idea di ciò che mi avrebbe detto chiunque volesse attirare la mia attenzione.

Il viso chiaro e lo sguardo felino di Regina mi tranquillizzarono quel tanto che bastava da permettermi di tornare a respirare.

"Ti aiuterò io, dimmi di cosa hai bisogno" affermò secca, fredda.

Il racconto di quella donna era ancora vivido nella mia mente, ogni parola si ripeteva nella mia testa tutte le sere, come un incubo. Una storia che faceva parte della vita di un bambino rimasto solo, ma anche di quella persona disposta a schierarsi dalla mia parte.

Lei avrebbe aiutato me e io lei. Era uno scambio equo; la sua libertà per la mia libertà, niente di più, niente di meno.


***N/A***

Buonasera a tutti amati lettori, sono finalmente riuscita a pubblicare e quasi non ci credo! 

Allora, prima di giungere al mio commento riguardo al capitolo, devo informarvi che Principessa ha superato le prime due fasi del concorso Advisor Awards 2018! Di conseguenza volevo chiedervi di sostenermi nella competizione. Per chiunque voglia contribuire, basta un semplice commento di minimo cinque righe nel capitolo della competizione intitolato "Dream Always Awards", scrivendo "Salvo la storia Principessa - Captainswan perché..."

Il vostro sostegno è veramente importante per me. In ogni caso arriviamo al sodo. Questo è un capitolo di passaggio in cui Emma fa un piccolo grande passo verso la libertà. Il personaggio di Regina, già introdotto qualche capitolo prima, è decisamente uno dei miei preferiti, molto diversa dalla Evil queen, ma con delle risorse tutte sue e non potete immaginare quanto mi sia divertita a scrivere la sua storia. Sono curiosa di sapere se anche a voi piace la nostra Regina, quindi commentate!

In ogni caso vi lascio, per ogni chiarimento riguardante il sostegno per gli Advisor Awards commentate o scrivetemi in privato. (In realtà potete scrivermi in privato per qualunque cosa riguardante la storia, penso lo sappiate!)

Euph.

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