13. Distacco

In quel piccolo e tranquillo villaggio, circondata dalla natura e nascosta dal fitto bosco, mi sentii finalmente a casa.

Inizialmente fu difficile ambientarsi, devo ammetterlo. Accettare che Killian fosse ormai parte della mia quotidianità fu la prova più ardua da superare, ma dopo qualche giorno iniziò a diventare piacevole avere qualcuno con cui parlare, nonostante i bruschi modi di rispondere nella maggior parte delle occasioni.

C'era intesa, ma questo non impediva alle nostre divergenze di venir fuori. Gli ambienti in cui eravamo cresciuti erano così diversi l'uno dall'altro che lui ancora non si spiegava il motivo per cui mi spazzolassi i capelli prima di andare a dormire e io continuavo ad assillarlo chiedendogli di pulirsi i piedi sullo zerbino dopo aver girovagato per i boschi.

Quella mattina mi stavo dedicando, come al solito, alle faccende domestiche. Prima della fuga non avevo la più pallida idea di quanto fosse faticoso mantenere pulito e in ordine l'ambiente, ma mi ero così affezionata a quella piccola casetta che provavo gioia vedendo i boccioli piantati iniziare a sbocciare nelle fioriere davanti la porta. Era il mio piccolo regno felice, senza alcuna limitazione, senza la possibilità di commettere alcun errore.

La porta si spalancò improvvisamente, nonostante mi fossi abituata al suo fare sfrontato, sobbalzai leggermente spaventata.

"Ho importanti novità" affermò con tono basso.

Mi accigliai, ma non ci fu il tempo di chiedergli nulla che continuò.

"Parto per qualche giorno, mi accompagna Jacqueline" disse con un tono leggermente cupo, grattandosi la nuca.

"Potrei venire anche io, cosa faccio qui da sola?"

Si guardò attorno passandosi la lingua sulle labbra per pensare e negò. "Non puoi, hai già abbastanza da fare qui, milady."

Finse un sorriso. Ero una palla al piede, un peso da sopportare e al quale non poteva sottrarsi. Come ho già detto, eravamo ancora molto diversi.

Non risposi, ma sbuffai sonoramente. Era delirante, non avevo niente da fare in realtà, oltre girovagare per la casetta annoiata, e lui notò il mio dissenso. "Avrai molto tempo libero e magari troverai il coraggio di conoscere questa gente."

"Coraggio?" sbottai infastidita. "Pensi mi manchi il coraggio?" Alzai gli occhi al cielo e trattenni il respiro. La gola mi si era seccata e sentivo il desiderio di piangere, ma non lo feci.

Killian era bravo a giocare con le debolezze altrui e sbattermi la verità in faccia era una delle cose che lo divertivano maggiormente. Non avrei continuato quel gioco, cedere sarebbe stato come dargliela vinta e nonostante avesse ragione per quanto riguardava il mio coraggio, non lo avrei ammesso, non ancora.

Feci un respiro profondo, tanto profondo che sentii i polmoni riempirsi d'aria e il mio corpo rilassarsi, ero ancora agitata, ma un finto sorriso doveva bastare a convincerlo del contrario. "Non serve che mi tratti come se avessi dieci anni Killian, me la caverò anche da sola." Afferrai una brocca d'acqua da sopra il tavolo e mi finsi calma come un coniglietto, oltre che leggermente indifferente.

"Oggi sei di cattivo umore, milady?" domandò retorico morendosi il labbro inferiore un po' confuso.

"Forse un po', ma posso contenere la mia ira."

Alzai le spalle indifferente, lui mi mostrò un ghigno e io sorrisi d'istinto.

Sentivo di aver trovato qualcosa di raro e unico, mi chiesi se fosse quello il sentimento che si prova ad avere degli amici, ma dubitavo che emozioni contrastanti come la paura e la gioia potessero essere associati all'amicizia. Era un rapporto strano, anche a distanza di un mese dovevo ammettere di non aver scoperto granché di Killian, eppure dormivamo sotto lo stesso tetto, ma non mi sentivo più un pesce fuor d'acqua in sua compagnia: ero più un pesce rosso nella vasca di uno squalo.

"Parto fra una ventina di minuti. Mi dispiace non averti avvertita prima, ma è stata una decisione improvvisa."

"Non importa, vorrà dire che a cena mangerò il tuo pranzo."

Lui annuì e mi diede le spalle, iniziando a preparare i suoi bagagli che consistevano in una borraccia d'acqua, una fiaschetta con dentro qualche amaro liquore e due mele, oltre a una quantità di denaro che ancora adesso non saprei dire da dove provenisse.

"Vai in città?" domandai, ma sapevo la risposta. Non servivano provviste per viaggiare nei boschi e il modo in cui mi aveva guardata quando gli avevo chiesto se potevo andare con lui raccontava molto più delle sue parole.

"Forse faremo una scappata, ma principalmente sono diretto al porto."

"Per?"

"Dimentichi il fatto che ho lasciato attraccata la mia nave lì ed è passato quasi un mese dalla mia partenza."

Annuii concordante, sangue da pirata non mente mai. Probabilmente solo per la sua nave avrebbe affrontato un viaggio di dodici ore senza alcuna sosta.

"Nel caso riuscissi a ricevere notizie su quel che accade a palazzo ne sarei davvero entusiasta, ho bisogno di sapere qualcosa" dissi, con un tono leggermente più acuto.

Faceva male sapere che mio fratello fosse rimasto da solo. Neal era poco più che un bambino e non meritava un simile destino, ma soprattutto non meritava di credere che l'unica persona che avrebbe dovuto condividere il suo dolore aveva ucciso suo padre.

"Quello è il secondo motivo per cui vado in città, milady" rispose facendo un occhiolino.

Un sorriso spontaneo si formò sulle mie labbra senza che me ne rendessi conto, la consapevolezza che qualcuno credesse in me era un'arma molto potente.

Talmente avvolta nei miei pensieri non mi accorsi che Killian stava già uscendo di casa con lo zaino di cuoio su una spalla.

Lo raggiunsi e lo osservai montare a cavallo, volevo fingermi disinvolta, ma l'espressione delusa per aver si e no accennato un saluto mi faceva sentire una morsa allo stomaco.

Da sopra la sella mi sorrise ed esclamò: "Sai che tornerò fra un paio di giorni, vero?" ridacchiando.

Io annuii leggermente imbarazzata. Era disarmante il suo modo di leggermi dentro.

Killian mi salutò con la mano e iniziò a guardarsi intorno alla ricerca di Jacqueline, che poco distante lo attendeva per partire.

Lo osservai muoversi a cavallo con una tale dimestichezza da sembrare un vero cavaliere, gli occhi attenti a seguire il percorso e la delicatezza che usava per rivolgersi al destriero erano da ammirare e così feci, lo ammirai andare via con un po' di dolore a stringermi lo stomaco, quando mi resi conto che quella notte sarei stata completamente sola.

"Un'interessante teoria afferma che un uomo o una donna possono rendersi conto dei propri sentimenti durante un periodo di distacco" affermò una voce che non conoscevo alle mie spalle.

Mi voltai di scatto, presa alla sprovvista, e notai una donna osservarmi. La sua carnagione era chiara e i capelli legati con un fermaglio, sembrava diversa dalle altre che vivevano in quel luogo, il suo sguardo non era sereno, i suoi occhi scuri erano cupi come i miei.

"Non credo sia il mio caso, se avessi dovuto provare qualcosa per quell'uomo probabilmente sarebbe accaduto già da un po'" affermai indifferente, cercando di nascondere lo stupore dipinto sul mio viso.

"Oh, ma non si tratta di sentimenti, si tratta di farli uscire allo scoperto" rispose leggermente ovvia facendo una leggera risata.

In quel momento si sciolse i capelli neri, facendo qualche passo verso di me e porgendomi la mano per presentarsi: "Sono Regina, conosco Killian da molto tempo in realtà, ma lui non si ricorda di me."

"Come fa a non ricordarsi?" chiesi, grattandomi la nuca confusa.

Mi mostrò un ampio sorriso, comprendendo il mio disagio, e continuò: "Avevo una decina d'anni quando è nato Killian. Gli ho fatto da bambinaia finché non è diventato abbastanza grande da poter seguire suo padre a lavoro."

"Saprai molto su di lui quindi."

La curiosità aveva sempre la meglio, il mio desiderio di conoscere i misteri di quell'uomo era talmente forte da oscurare ogni pensiero.

"Può darsi, ma sarà lui a raccontare ciò che vuole quando si fiderà di te. Buona giornata, Emma."

Con un cenno della mano destra mi salutò e io le mostrai un sorriso.

Solamente dopo qualche minuto mi resi conto di non averle detto il mio nome e non comprendevo come facesse a conoscerlo.

Ero turbata, ma anche rincuorata all'idea di aver conosciuto qualcuno di nuovo. Una donna apparentemente placa e riflessiva, l'esatto contrario di ciò che ero io, ma la quale nascondeva dietro il sorriso un'ombra di mistero.

Killian qualche tempo prima mi aveva detto che gli abitanti del villaggio avevano una storia alle spalle e avrei dovuto scegliere se credere o meno alle loro parole. Quella mattina iniziai a riflettere sul seguire o meno il suo consiglio, in fondo avevo così tanto tempo libero durante la sua assenza.

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