Dopo la colazione, che a quanto pare comprendeva darne una parte anche a un padre del quale non conoscevo l'identità, Chirone divide noi ragazzi arrivati al Campo da poco in due gruppi e corrugo la fronte quando mi ritrovo con ragazzi di dodici anni che mi arrivano a malapena al seno.
Voglio dire, nulla in contrario ai piccoli, ma vedere ragazzi della mia età che vanno ad allenarsi con Percy mentre io sono con loro, mi fa sentire leggermente inferiore.
Scrocchio i polsi e cammino guardandomi attorno, guardando la vita frenetica del Campo e la neve di metà dicembre che cade fuori dai confini. Neanche mi accorgo di una ragazza che sta correndo in direzione opposta alla mia, e l'impatto dei nostri corpi è talmente tanto forte che cado all'interno, sbattendo il sedere sulla pietra fredda.
Impreco, alzandomi dolorante qualche secondo dopo e quando sono finalmente in piedi, due mani forti mi spingono per le spalle, facendomi barcollare. Qualcosa brucia all'altezza del petto e solo dopo mi accorgo essere il mio ciondolo.
- Ma dove cavolo guardi, eh? - ringhia quella ragazza e la scruto velocemente notando che è il doppio di me sia in altezza che larghezza e che -cavolo- potrei comunque batterla.
Ha i capelli castani portati corti che incorniciano un volto olivastro e cattivo che mi da fastidio.
Sollevo le sopracciglia e la osservo stringendo i pugni lungo i fianchi mentre metà dal Campo è attorno a noi, aspettando di vedere che cosa combineremo.
- Ma guarda tu dove vai - dico in tutta risposta con una calma che non mi appartiene.
Quella tipa mi guarda e io socchiudo gli occhi perché non vedo l'ora che faccia la prima mossa per farsi attaccare.
- Mio padre è il dio della guerra. Non conviene provocarmi - mi minaccia e rido, gettando la testa all'indietro.
- E io sono cresciuta nel Bronx, stronza - e ci lanciamo l'una contro l'altra prima che ci possa pensare o parlare ancora.
Sono molto più leggera di lei ma comunque consapevole di essere più veloce e l'impatto del mio corpo contro il suo la fa cadere a terra di schiena e il rumore sordo che segue la sua caduta mi fa storcere la bocca per un secondo.
I ragazzi del Campo urlano e il ciondolo mi brucia a contatto con la pelle ma non mi importa, io ne ho bisogno e i miei pugni quasi fremono per la voglia che hanno di colpirla.
Carico i pugni e la colpisco al viso più volte con il fiato che mi viene meno ma che, comunque, non è abbastanza d'impiccio perché la smetta.
Mi scrollo via dal gomito una mano che tenta di fermarmi e sento un rumore secco alle mie spalle, segno che ho colpito anche qualcuno che non c'entrava assolutamente niente.
Quella piccola distrazione mi fa perdere per un attimo la presa sulla ragazza che riesce a liberare un braccio per colpirmi il collo con un pugno e il fiato mi manca per qualche secondo.
Le afferro il polso ignorando la stanchezza o le nocche che mi fanno male e tenendole l'altro braccio bloccato sotto la mia gamba, gli torco quello che sto stringendo, facendola gridare.
I ragazzi del Campo gridano ancora e nessuno osa più avvicinarsi a noi due.
- Basta! - sento a malapena una voce che mi è familiare e due braccia forti bloccano le mie, sollevandomi lontana da quella ragazza che grida ancora insulti.
Cerco di divincolarmi ma quello che poi capisco essere Percy mi blocca con una presa talmente tanto ferrea che non riesco più a muovermi.
- Che stai combinando?! - mi urla nell'orecchio e quando altre due ragazze sollevano la tipa che ho picchiato, sorrido nel notare il sangue che le cola dal naso, lo zigomo gonfio e il sopracciglio spaccato. - Tutti ai loro lavori e tu, Tracy, in infermeria - ordina alla ragazza ferita che annuisce e stringe gli occhi in due fessure mentre mi guarda.
Le farei il dito medio se non fossi completamente bloccata.
Due occhi neri che non ho mai visto mi inchiodano sul posto e piego la testa da un lato mentre la folla si dirada e Percy mi tiene ancora ferma.
E tu - mi dice quando mi lascia andare, spingendomi a voltarmi verso di lui, - tu vieni con me. Con i dodicenni non ci fai assolutamente nulla.
Seguo un altro po' di ragazzi verso quella che ha tutta l'aria di essere un'arena a cielo aperto, con un armadio per le armi e il resto di cose minacciose. Ignoro gli sguardi che gli altri semidei mi rivolgono, probabilmente per lo spettacolino gratuito che gli ho offerto quella mattina.
Ci sistemiamo in un semicerchio e Percy si posiziona davanti a noi battendo le mani per attirare la nostra attenzione e aprendosi in un sorriso, - dei, per la maggior parte di voi non è il primo giorno di allenamento! Fatemi un sorriso, ragazzi! - alcuni di noi ridono ma io continuo a rimanere zitta, forse sono davvero troppo tesa anche per parlare.
- Comunque non avete niente di cui preoccuparvi e per ora, cercate di accapparrarvi la spada migliore e lavoreremo su quei manichini - e indica una serie di fantocci sul fondo dell'Arena prima di catturare nuovamente la nostra attenzione su di lui.
- Adesso prendetevi una spada, forza! - esclama e ci fiondiamo sul tavolo delle armi scegliendo quella più adatta, con un clangore di metallo e ferro che mi fa quasi male alle orecchie ma che, incredibilmente, mi piace.
Percy ci fa vedere come si fanno le scoccate, le parate e gli affondi con la sua spada e si muove in modo talmente fluido da sembrare una sorta di strana danza. Si muove con la sua spada dall'impugnatura rivestita di borchie come se non pesasse neanche un po', come se quei novanta centimetri non siano niente per lui e mi chiedo se anche io avrò mai una spada che porta un nome inciso sopra, Anaklusmos, o se mai anche io mi muoverò con quella grazia.
Per ora, la spada che ho è talmente pesante che mi fa quasi male al braccio ma considerando che le armi migliori sono già state prese, nella vita ho imparato che bisogna accontentarsi.
Quando Percy finisce, sorride e poi batte le mani una volta gridando, - ai manichini, forza gente!
Sono almeno una decina di minuti che sto attaccando un manichino in legno e mi beo del suono della lama contro quella superficie, dei tagli profondi che ci lascio sopra e del sudore che mi cola dalle tempie. Mi piacciono quelle emozioni, mi piace la fatica che da risultati e mi piace l'idea di dover lottare anche solo per resistere e continuare ad affondare la lama sul manichino.
- Io sono Allison, figlia di Ares - e mi volto per qualche istante alla mia destra guardando di sottecchi la ragazza minuta dai boccoli neri e gli occhi altrettanto scuri che sta combattendo con ferocia contro quel fantoccio.
Mi sento un po' a disagio, tenendo conto che solo qualche ora prima ho picchiato una sua sorella ma le rivolgo comunque un'occhiata di sottecchi, continuando a combattere.
- Ariel e non ho idea di chi sono figlia - esalo tra la fatica. riprendendo a affondare e parare finte stoccate con un po' di fatica.
- Sono certa che lo scoprirai presto - dice ancora e sento che sta sorridendo anche se continua a combattere. Non è esattamente così che mi ero immaginata i figli di Ares che avevo visto uscire dalla loro cabina quella mattina, ed essere sinceri. - E comunque, complimenti. Era ora che qualcuno desse una lezione a Tracy.
Capisco dalla voce che sta sorridendo e abbozzo una risata anche io, senza fermarmi - Grazie, e lo spero - esalo, e sussulto quando Percy interrompe la risposta che mi stava per dare la mia nuova amica.
- Meno chiacchiere qui, ragazze - dice divertito e annuiamo due volte. Sento il suo sguardo addosso e continuo a lasciare segni su quel manichino, - buon affondo, ma tieni la guarda più alta - e sorrido per quel mezzo complimento continuando a lottare.
Percy batte le mani attirando la nostra attenzione e poso la borraccia dalla quale sto bevendo sulle gradinate in pietra voltandomi verso di lui e sorridendo a Allison che ha appena fatto la stessa cosa. Mi prendo qualche secondo per osservarla mentre andiamo verso il centro dell'arena, e il mio cervello stanco si chiede per l'ennesima volta cosa ci faccia una ragazza come lei tra i figli di Ares: i boccoli scuri e un po' disordinati per l'allenamento le corrono lungo metà schiena smorzando i tratti spigolosi ma comunque bellissimi del suo viso. Gli occhi scuri contornati da ciglia lunghissime le conferiscono uno sguardo da cerbiatta e la sensazione che Allison sia una ragazza che ha costantemente bisogno di protezione. Ma è proprio quello sguardo, quasi intimidatorio quando ha la spada, l'espressione determinata e le palpebre assottigliate in un chiaro segno di concentrazione mentre picchia il manichino che mi hanno dimostrato -senza realmente saperlo- quanto in realtà, nonostante il fisico magro e le forme minute, Allison sia ben lungi dall'essere fragile e indifesa.
Muovo il braccio intorpidito per la spada pesante anche se dopo aver bevuto e aver sfidato il tempo gelido rovesciandomi l'acqua sul viso mi sono un po' ripresa.
Allison scioglie i muscoli e - preferisco tirare con l'arco. La spada dopo un po' diventa noiosa - dice attirando la mia attenzione su di sé.
- Credo di essere una frana con l'arco anche se non ho ancora tirato - confesso e lei sta per parlare ma la voce di Percy la sovrasta facendola ammutolire e catturando la nostra attenzione verso di lui.
- Lo so che è passato pochissimo tempo ma voglio mettervi alla prova. Vi batterete contro di me, uno di voi lo farà - si corregge con un sorriso, - e non voglio che abbiate paura o che siate intimiditi. Prima io non avevo neanche idea di come prendere una spada e adesso sono anche finito ad insegnare - e credo che stia dicendo così per allentare la tensione ma sono comunque tesa.
- È il miglior spadaccino degli ultimi trecento anni - mi sussurra Allison, - e ci dobbiamo battere contro di lui, quindi nessuna pressione.
Ridacchio e - Ariel, vieni qui - e mi fermo di colpo con il cuore in gola perché, evidentemente, quell'infame di mio padre non ha ascoltato le mie preghiere dove lo imploravo di non venir chiamata.
Così imparo a picchiare una figlia di Ares più grande di me di almeno due anni.
Quanto sono stronza.
Mi inchino per prendere la spada da terra e vado verso di lui ignorando le occhiate di tutti e l'ansia che mi sta attanagliando lo stomaco in un maniera paurosa.
Mi maledico fra i denti almeno una ventina di volte mentre cammino di fronte a lui, fermandomi a qualche passo di distanza dal suo petto.
- Stai tranquilla, d'accordo? - mi dice appena gli sono vicino e annuisco un paio di volte deglutendo.
- Ovvio, perché dovrei avere paura quando è la prima volta che prendo in mano una spada? - mormoro.
Percy abbozza un sorriso e poi parla a voce più alta per attirare l'attenzione di tutti, - vi insegnerò una tecnica di disarmo e infine, il primo che disarma e ferisce l'altro, vince.
Preme il piatto della lama sulla mia e poi flette il polso facendo cadere la mia spada a terra con un rumore metallico. Si inchina e la prende con la mano sinistra porgendomela per l'elsa e la afferro flettendo le dita e piantando i piedi ben saldi a terra.
- Sono certo che tu ce la possa fare Ariel, d'accordo? - mi dice e non ho neanche il tempo di annuire che si lancia in un affondo.
- Oh merda! - esclamo evitandolo all'ultimo e sentendo il rumore della stoffa della maglietta strapparsi per la lama di Percy.
Non so neanche bene come riesco a parare una sua stoccata e assottiglio lo sguardo rendendomi conto quanto Annabeth avesse avuto ragione ieri.
Mi sembra quasi che tutto stia rallentando e sento perfettamente il mio battito cardiaco accelerato e il respiro di Percy. Mi sembra di poter vedere i suoi muscoli flettersi un secondo prima che tutto accada davvero e scatto all'indietro inchinandomi, prima che la sua spada mi possa beccare la testa.
Ed è a questo punto che Percy cambia, assottigliando lo sguardo e attaccando con più foga. I suoi movimenti sono più veloci adesso e se io sono sempre più stanca, lui sembra sempre più fresco eppure, l'adrenalina che mi sta scorrendo adesso nelle vene non è mai stata così potente in tutta la mia vita.
Se non fossi così in tensione per non venir ferita riderei anche.
Percy avvicina la lama alla mia con uno scatto e cerca di premerla verso il basso per disarmarmi ma è istintivo sfruttare quella vicinanza per una gomitata alla spalla che lo fa esclamare di sorpresa e mollare la presa di colpo.
Roteo su me stessa e i capelli prima legati si sciolgono fendendo l'aria. Paro un attacco di Percy col piatto della lama senza essere del tutto voltata difronte a lui che evita il mio calcio spostandomi via il piede con il suo e colpendomi l'altro.
Rovino a terra e Percy fa per tirare un calcio e farmi scivolare via la lama ma rotolo velocemente e mi rialzo, arrestandomi di colpo quando la sua spada si ritrova a pochi centimetri dal mio petto indifeso.
Mi mostra un sorriso di sfida nonostante i petti ansanti ed esito qualche secondo prima di ruggire e roteare il braccio per spostargli via la spada usando la mia di taglio.
E alla fine, tutto succede talmente velocemente che neanche me ne rendo conto sul serio perché non so neanche bene quello che faccio ma mi affido solo all'istinto.
Mando la lama di taglio due volte e con una velocità che non credevo neanche di avere. Mi inchino e mi abbasso leggermente mentre roteo, parando la lama di Percy che stava andando dritta sulla mia schiena. Ho le braccia piegate sopra la testa ma non rimango così per molto e ruggisco ancora portandole in alto e facendo stridere forte le nostre lame.
Percy para un mio attacco e questa volta tocca a me roteare con la spada tesa. I miei capelli fendono l'aria per la seconda volta costringendolo ad abbassarsi per evitare di venir colpito.
E voglio vincere. Voglio e pretendo di vincere perché adesso che sto combattendo tutto sembra avere un senso e adesso che qualcuno è anche più bravo di me rende il tutto maggiormente eccitante.
Porto la spada verso l'alto per calarla su di lui ma Percy para ancora il mio attacco e non faccio neanche in tempo a tirargli un calcio che lui mi disarma velocemente bloccandomi con la mia e la sua lama.
Ha vinto.
Blocco il ginocchio che era in procinto di partire verso il suo stomaco e ci guardiamo negli occhi, i petti ansanti e un interesse del tutto nuovo nello sguardo verde di Percy.
Abbiamo entrambi il fiato corto ma poi Percy sorride abbassando le spade, un attimo prima che i ragazzi che ci guardino, possano gridare e battere le mani.
Mi libero in un sorriso e incrocio per un attimo lo sguardo raggiante di Allison che batte le mani e ride dando di gomito a un ragazzo accanto a lei e guardandomi.
Percy mi porge la mia spada per l'elsa.
- Non ho mai visto nessuno combattere così appena arrivato - mi dice senza smettere di sorridere mentre ho la gola talmente tanto secca che non riesco neanche a deglutire. Mi limito a sorridere e lui continua, - sei davvero forte, Ariel Miller, dammi retta.
Andiamo a lezione di tiro con l'arco dopo una decina di minuti di pausa e mi rovescio nuovamente l'acqua sul viso riprendendo le forze che lo scontro con Percy mi ha risucchiato.
Parlo molto con Allison e per essere una figia di Ares è una ragazza che sorride spesso a differenza di un paio dei suoi fratelli che non hanno esitato a sbeffeggiare noi appena arrivati.
Seguiamo Will Solace della casa di Apollo e ci porta a un'arena di tiro con l'arco e dopo averci spiegato le basi, da' a tutti le armi, a tutti tranne che a Allison.
Le sto per chiedere il motivo ma poi lei si accarezza un anello sottile che porta all'anulare e guarda con un mezzo sorriso il gioiello mentre si trasforma, in pochi attimi, in un arco scuro con tanto di faretra che si sistema su una spalla.
Flette la corda un paio di volte e poi incocca la freccia puntandola verso il bersaglio a una quindicina di metri da lei.
Con ogni probabilità è l'unica ragazza che riesce ad essere così bella anche tirando con l'arco: l'espressione si fa più determinata, serra le labbra e fissa lo sguardo verso il bersaglio. Tende l'arco e poi lascia andare sia la freccia che un respiro.
Centro.
- Ho appena scoperto che faccio schifo con l'arco - esordisco sedendomi tra Travis e Connor al tavolo di Ermes che smettono di tirarsi il pane e ridono.
- Molto schifo o mediamente schifo? - domanda Lyla, la ragazza bionda sabbia che mi aveva dato la coperta la prima sera.
Mi porto alle labbra un pezzo di carne buonissima che ci hanno cucinato per pranzo e sorrido a labbra chiuse prima di ingoiare, - davvero molto schifo - e i ragazzi vicino a me ridono, riprendendo poi a farsi scherzi e lanciarsi cibo.
Scruto la mensa senza un motivo ben preciso, sorrido a Percy e Annabeth che mi hanno notato in quel momento e poi incrocio lo sguardo di Allison che mi sorride per poco prima di tornare a parlare con uno che sembra la sua copia al maschile e che, per quanto è bello, mi toglie anche il fiato.
Si vede che non ama il sorriso perché anche quando parla la sua espressione rimane seria. Probabilmente ha l'età di Percy e Annabeth, i capelli scuri e gli occhi profondi come quelli di Allison. Ha anche i suoi tratti spigolosi e le sue labbra sottili ma il fisico è ben piazzato e le spalle larghe e il busto tonico sono messi in risalto dalla maglietta scura che gli aderisce al corpo.
Lo fisso ancora per un po', quasi incantata perché si, anche Percy è davvero bello ma io, un ragazzo perfetto quanto lui non l'ho ancora visto.
Si passa una mano sul ciuffo scuro che gli cade sulla fronte ed è in quel momento che alza lo sguardo e mi vede e i miei occhi chiari si fissano nei suoi incredibilmente più scuri e talmente tanto freddi che la mia carne diventa d'un tratto molto più interessante. E mi rendo conto che sono gli stessi occhi che, altrettanto freddamente, mi stavano scrutando quella mattina quando ho picchiato una delle sue sorelle che -tra parentesi- non si è neanche presentata a mensa.
Finiamo di cenare dopo almeno un'ora e seguo Annabeth per le lezioni di greco antico.
Ci sediamo sul molo del laghetto delle canoe e se non ci fosse così tanto freddo mi tufferei in acqua senza esitazione.
- Annabeth - la chiamo interrompendo la sua lettura dell'ennesima leggenda che sta tentando di spiegarmi e farmi leggere, - che è successo due anni fa?
- Non lo sai? - mi domanda alzando lo sguardo dal libro e trafiggendomi con quegli occhi così grigi e profondi.
Scuoto la testa, quasi intimidita, - ero in Florida. Risparmio per andarci d'estate e.. - prendo un attimo per non aggiungere altro sulle mie vacanze ma premere su ciò che voglio davvero sapere, - quando sono tornata New York era..
- Devastata? - completa lei con un sorriso un po' amaro e deglutisco nella sparanza che, stando zitta, lei parli. Si passa una mano tra i capelli ricci prima di accarezzare la collana di perle e guardare l'orizzonte, - c'è stata una guerra due anni fa. Una guerra che ha tenuto impegnati sia noi semidei che i nostri genitori. - Fa una pausa sempre senza guardarmi e continuando a giocare con le perle della sua collana, - Il titano Crono voleva conquistare l'Olimpo, spodestare gli dei e rivendicare il potere suo e degli altri titani. Era riuscito a incattivirsi gli dei minori che non avevano mai accettato di non avere un trono sull'Olimpo, i rispettivi figli che non avevano una casa. Mostri del Tartaro e anche qualcuno dei ragazzi qui al Campo.
- È stata la guerra più terribile alla quale abbia mai partecipato. New York era sotto assedio e ho visto cadere ragazzi con i quali avevo riso solo una settimana prima. Non avevamo speranze eppure continuavamo a combattere e nonostante le cacciatrici, i satiri e i centauri, ogni passo avanti che facevamo, corrispondeva a dieci passi in più da parte di Crono e il suo esercito - continua a giocare con le perle della sua collana e l'anello dorato in modo quasi morboso e mi sono pentita di quella domanda dopo almeno due secondi che lei ha iniziato a parlare, - siamo stati traditi da nostri amici, compagni, ragazzi sui quali avevamo riposto tutta la nostra fiducia.
- La guerra è durata una settimana. Percy ha guidato i nostri eserciti e Percy ha fatto la scelta che alla fine ha garantito la nostra salvezza.
- Che scelta? - domando prima di potermi chiudere la bocca e Annabeth continua a guardare l'orizzonte e posso solo immaginarmi quei bellissimi occhi persi più lontano di quanto io stessa possa andare. Persi in ricordi che probabilmente le fanno anche troppo male.
- Eravamo sull'Olimpo mentre tutti i nostri compagni combattevano a terra. Crono era riuscito ad entrare e stava per distruggere l'Olimpo, noi e gli dei. Si era impossessato del corpo di uno dei capi del Campo e.. non sembrava ci fossero più speranze quando invece ho capito che ce l'avremmo fatta se solo ci avessimo creduto davvero - si inumidisce le labbra prima di continuare, - conoscevo Luke da quando aveva sette anni. Lui mi ha accolto, lui mi ha dato il mio coltello e lui mi ha portato al Campo. Lui mi ha protetto e lui è sempre stato il padre che non avevo mai potuto riconoscere - ride mentre i ricordi la rendono schiava davanti ai miei stessi occhi, - dei, non può essere tutto perduto quando hai amato una persona così tanto, giusto? - ma io so che non lo sta davvero domandando a me, - Luke è tornato in sé qualche attimo, ha lottato per dare il tempo necessario a Percy di scegliere e quindi, di salvare l'Olimpo.
Corrugo la fronte e assottiglio lo sguardo, - Luke è il ragazzo..
E a questo punto Annabeth si volta verso di me annuendo, - il ragazzo con la cicatrice e i capelli color sabbia nella teca. Figlio di Ermes ed eroe, non scordarlo mai, d'accordo?
E annuisco senza avere né la forza né il coraggio di aggiungere altro.
- E con Percy quando vi siete fidanzati?
Annabeth mi guarda e ride.
Piccolo genietto nel cambiare discorso.
- Il giorno del suo compleanno.. sai che l'ho baciato io? - esclama.
Sbarro gli occhi battendo le mani e attaccando a ridere, liberandomi di un peso che avevo al petto quando Annabeth mi imita, - ma che, scherzi? - domando tra le risate e Annabeth scuote la testa.
- I ragazzi danno poche soddisfazioni e quando prendevo il discorso dopo il nostro primo bacio, lui cercava di sviarlo! - confessa ancora facendomi ridere.
- Glielo rinfeccerò per tutta la vita! - Annabeth si fa seria per un secondo posandomi una mano sul braccio.
- Io lo faccio già.
E poi riprendiamo a ridere.
Si, mi piace stare qui.
Dei, mi piace davvero davvero tanto stare qui.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top