Combatto contro un mostro con tre ascelle
Succede tutto troppo velocemente. Non abbiamo neanche il tempo di trasformare del tutto le armi che il mio nuovo amico "vado matto per l'anatomia", si toglie un arco da dietro la schiena e incocca una freccia dritta alla mia testa.
Carter si lancia su di me facendomi cadere bocconi sulla neve e la freccia mi sibila sulla testa, cadendo poi a un paio di metri di distanza da noi.
Ci rialziamo di scatto e impreco, rafforzando la presa su Onda e spazzolandomi i jeans.
- Imbecille - sibilo, un attimo prima che mi possa calare il berretto degli Yankees di Annabeth sul capo, diventando invisibile.
Carter stringe la sua spada osserva Gerione negli occhi, una freccia incoccata contro il suo petto, e mi sorprende notare che è il ritratto dell'assoluta calma anche se l'ho visto combattere moltissime volte.
Cammino verso il mostro e mi giro la spada tra le mani prima di infilargliela nello stomaco senza esitazione. La estraggo subito dopo e mi aspetto che diventi polvere ma, dopo un paio di secondi che Gerione rimane piegato in due, con le mani sulla ferita, si rialza con un sorriso inquietante sul volto, aspettando paziente che lo stomaco si ricucia con un risucchio.
- Tre cuori, ripresa perfetta, piccola dea - e fa scattare una mano verso il mio mento, talmente tanto velocemente che non faccio in tempo a spostarmi. Il colpo è abbastanza forte da farmi volare all'indietro e perdo il berretto di Annabeth sulla neve assieme a Onda, cadendo malamente sul sedere.
La cosa positiva è che sono accanto a Carter e mi rialzo faticosamente, togliendomi il sangue dal labbro un secondo prima che Gerione scagli le prime frecce verso di noi.
È veloce, più di quanto pensassi e il panico mi attanaglia lo stomaco assieme alla consapevolezza del nostro assoluto svantaggio.
Ci lanciamo dietro al cofano della macchina ma cado, quando un dolore lancinante mi colpisce alla coscia, facendomi ruzzolare a terra. Carter mi tira verso di sé prima che possa venir colpita ancora e striscio contro l'auto, fissando con sgomento la freccia che mi spunta dalla coscia.
Le mani mi tremano e respiro con difficoltà. Non riesco a dilatare abbastanza i polmoni per prendere l'aria che mi serve ma so bene che è il panico che mi blocca e devo combatterlo.
- Ariel, sei più forte di così - mi dice Carter fermandomi le mani tra le sue, ignorando Gerione che urla, che ci intima di uscire e che ci schernisce perché, per l'ennesima volta, ci siamo creati un mondo che è interamente nostro.
Quando Carter mi lascia le mani mi costringo a respirare e chiudo i pugni attorno alla freccia. Conto mentalmente e poi me la strappo via dalla gamba con un grido e il fiato mi viene nuovamente meno.
Lascio ricadere l'arma sulla neve perché sono certa di non riuscire neanche a tenere la spada che, tra l'altro, è bella che abbandonata davanti alla traiettoria delle frecce di Gerione.
- Fuori! - e l'urlo è talmente disumano che sussulto mentre Carter assottiglia lo sguardo carico di rabbia, un attimo prima che il mostro possa sollevare la Porsche per il muso, scoprendoci.
- No.. - mormora Carter ma quando capisce le intenzioni di Gerione balza in piedi, portando le mani verso l'alto, - no no no no! - ma lui getta la macchina oltre il ciglio della strada con un bruttissimo rumore di vetri infranti e carrozzeria costosissima andata al Tartaro. - Oooh, ma andiamo, amico! Era una cavolo di Porsche! - protesta indignato, - hai idea di quanto mi ci ero affezionato a quella bambina?
Ma evidentemente, Gerione non apprezza la tristezza di Carter perché grida, - non ti servirà negli inferi, figlio di Ares! - scaglia l'ennesima freccia e mi butto lateralmente, afferrando la spada con le dita stanche e intorpidite per il freddo.
Osservo Gerione e quando la mano che ha portato dietro la schiena si chiude sull'aria, racimolo abbastanza forza da lanciarmi su di lui, aprendogli uno squarcio sulla gamba mentre Carter gli apre il braccio sinistro.
Barcollo sulla gamba buona, tento di aggirarlo per tagliarlo di netto alle spalle ma Gerione mi spazza via il piede, facendomi rovinare a terra e perdendo nuovamente la presa sulla spada. È veloce quando tira una gomitata in viso a Carter, facendolo gemere mentre la sua testa scatta all'indietro, dandosi il tempo necessario per raccogliermi da terra, bloccandomi il collo nell'incavo del suo gomito.
- Non vuoi che la tua amica muoia, vero figlio di Ares? - domanda con un tono che mi ricorda molto i pazienti nel reparto psichiatrico dell'ospedale di mamma e quando il fetore delle sue ascelle mi arriva al naso, decido che l'ultimo modo in cui voglio morire è asfissiata perché questo cavolo di mostro non conosce la doccia.
Gli do un calcio al ginocchio e Carter è rapido ad aprirgli uno squarcio sul fianco. Si rimargina in fretta ma il dolore è abbastanza per far mollare la presa al mostro e lasciarmi andare.
Quando tocco terra, la gamba ferita mi cede per il dolore e Gerione fa scattare una mano verso Carter, aiutato dal buio, spedendolo a un paio di metri di distanza da noi. Lo sento cadere con un tonfo e un'imprecazione a terra e provo a rialzarmi quando uno degli stivali da cowboy di Gerione mi preme sulla ferita che mi ha inflitto una delle sue frecce.
Grido mentre la vista mi si appanna terribilmente e il mostro ride, ride di gusto, premendo ancora di più il tallone sulla ferita e il dolore è talmente lancinante, forte e assurdo che non riesco a concentrarmi su nient'altro. Mi pungolo sulle mani per sfuggirgli ma il suo tallone preme ancora di più, facendomi urlare.
- Allora, piccola dea, non sei più così forte adesso - ride ancora, un attimo prima che Carter, seppur privo di spada, gli si lanci addosso rendendo fieri di lui -con ogni probabilità- tutti i giocatori di football americano della zona per quel placcaggio in piena regola.
Ruzzolano verso gli alberi e io striscio via afferrando le tre frecce più vicine e che Gerione sembra aver lanciato per puro sfogo.
Mi volto di scatto verso Carter e riesco da vedere solo la sua figura che si rimette in piedi con un colpo di reni. Con mio sgomento, Gerione è veloce tanto quanto lui e prova a placcarlo, un secondo prima che Carter rotei all'indietro, colpendolo al petto col collo del piede e facendolo cadere a terra sulla neve.
Devo alzarmi. Devo alzarmi e ucciderlo.
Carter cade a terra quando Gerione lo tira per i piedi e dai colpi, capisco che si stanno prendendo a pugni. A essere sincera, non so chi vincerebbe tra i due.
Mi rialzo con fatica, stringendo le frecce nei pugni e cammino il più velocemente possibile mentre la gamba destra striscia a terra e pulsa in una maniera allucinante.
- Via! - dico quando arrivo da loro e -grazie agli dei- Carter è abbastanza furbo da capire che deve spostarsi.
Cado sul petto di Gerione, un po' perché lo volevo e un po' perché mi cede anche la gamba buona e con una violenza che sorprende anche me gli conficco le frecce nei tre cuori.
- Salutami quello stronzo di Ade - sibilo guardando Gerione negli occhi, visibili solo per la tenue luce della luna.
Il suo corpo diventa cenere e cado sulla neve con un tonfo, portandomi poi le mani attorno alla ferita. Rotolo, sdraiandomi a pancia in su sulla neve e butto la testa all'indietro, digrignando i denti per il dolore.
- Carter, mi fa male - dico e lui mi mette una mano sulla schiena, sollevandomi delicatamente a sedere.
- Come ti medico? - ma sembra che lo domandi più a sé stesso che a me.
Non abbiamo più nulla perché gli zaini sono nel sedile posteriore della Porsche e chissà dove diavolo è finita quell'auto.
- Dobbiamo trovare un posto dove dormire - dico, lottando per impedire alle lacrime di corrermi ancora sulle guance per il dolore, - manca solo un giorno alla scadenza e per guarire a me serve solo dell'acqua - faccio quasi uno sforzo per dire:"troviamo il motel più vicino".
Nonostante il buio, vedo gli occhi scuri di Carter sbarrarsi, - stai scherzando? Sei debole! Non riesci neanche a parlare, figurarsi a camminare!
Chiudo gli occhi per un secondo usando il braccio che lui ha ancora dietro la mia schiena come sostegno per stare seduta dato che ho la mezza impressione che, se non avessi qualcosa a tenermi, sverrei seduta stante.
- Non possiamo neanche dormire per strada e dobbiamo raggiungere il Gran Canyon entro domani - riesco a dire con fatica e Carter sbuffa stringendo il pugno sulla mia schiena e facendomi male, quasi a volermi punire per la mia testardaggine.
Passo un braccio attorno alle sue spalle e lui rafforza la presa del proprio sulla mia vita, tirandomi su.
La gamba buona -infame- cede e vedo un lampo di rimprovero negli occhi di Carter che però sta saggiamente zitto e mi riporta dritta.
Un rombo d'auto in lontananza attira la nostra attenzione e sbarro gli occhi.
- Ho un'idea - dico subito e Carter si sbatte la mano libera sulla fronte, inchinandosi lateralmente per prendere il berretto di Annabeth.
- Ti seguo, kamikaze.
Ho un freddo cane e la gamba mi fa male quindi, se questo deficiente su un fuoristrada non si ferma subito dopo che mi sono tagliata i jeans e il maglione, farò in modo che il fiume Mississipi gli inondi in qualche modo la casa.
Mi metto sul ciglio della strada e osservo i fari della macchina che si avvicinano sempre di più. Stringo il ciondolo, quasi a darmi coraggio e sorrido quando l'uomo di trent'anni si ferma davanti a me, abbassando il finestrino del passeggero.
- Quanto prendi?
Ci vuole tutta la mia forza di volontà per non fare una smorfia ma sorrido morsicandomi un'unghia e passandomi poi il dito sul labbro, - poco, amore. Te lo giuro.
- Sali - dice e rido con malizia camminando il più normalmente possibile e augurandomi che Carter abbia capito cosa voglio fare.
Salgo con difficoltà sul fuoristrada e quando sono seduta sbatto la testa del tipo contro il finestrino della macchina con forza. Gli slaccio la cintura e lui non fa neanche in tempo a difendersi che delle braccia invisibili lo trascinano a terra.
Carter sale velocemente sulla macchina e mette in moto nell'istante stesso in cui l'uomo si alza e impreca contro di noi dopo aver tentato di rincorrerci.
Premo il palmo della mano sulla ferita e anche se la neve che ci ho messo sopra ha alleviato il dolore, non è comunque abbastanza.
- Resisti, principessa - mormora Carter e poi preme il piede sull'acceleratore e lo scatto è talmente potente che sbatto la testa al sedile con un mezzo sorriso.
Il primo motel fatiscente che troviamo alle quattro e mezzo del mattino a Santa Fe è la nostra tappa e sono talmente tanto stanca che non bado neanche al nome.
Carter parcheggia un po' lontano dell'ingresso e, chiusi dentro il fuoristrada, mi guarda con leggera apprensione.
- Ce la fai ad aspettarmi fuori? - domanda e rido, davanti a tutta quella preoccupazione.
- Si, Carter. Mi appoggio al muro, lo giuro!
Si cala il berretto di Annabeth sui capelli neri diventando invisibile e aspetto che faccia il giro per aiutarmi a scendere. Le sue braccia invisibili mi afferrano i fianchi e mi posano a terra delicatamente. Un braccio continua a sostenermi mentre andiamo verso l'ingresso e quando mi lascia vicino al muro, capisco che il piano per entrare senza pagare è appena iniziato.
Per un attimo vedo, dietro alla ragazza con i capelli neri e le cuffie alle orecchie che agita la testa ascoltando la musica, delle chiavi voltanti ma scompaiono pochi istanti dopo e le porte scorrevoli tornano ad aprirsi senza che ci sia nessuno.
- Ehi - sussurra Carter dandomi le chiavi e sorrido dove spero ci sia la sua faccia.
Non si può ancora togliere il berretto per pura precauzione ma mi aiuta lo stesso, avvolgendomi la vista con un braccio e attaccandomi a lui mentre entriamo nel motel.
Faccio un cenno con la testa e un sorriso alla ragazza che ascolta musica Heavy Metal a volume talmente tanto alto che anche io, al centro del corridoio riesco a sentirla e osservo con la fronte corrugata le pareti dipinte di rosa con alcune pietre, i vasi di fiori appassati e la stanza per la colazione con delle tovaglie che andrebbero sicuramente lavate.
Chiamo l'ascensore e solo quando siamo lì dentro, Carter si toglie il berretto e cado su di lui con uno spaventoso movimento di quel macchinario che avrà come minimo cent'anni.
Mi sistemo tra le braccia di Carter togliendomi le chiavi arruginite dalla tasca, - 168 - dico, leggendo il numero il numero della stanza e ringrazio tutte le divinità dell'Olimpo perché ho premuto il terzo piano senza sapere che era quello giusto.
La nostra stanza è l'ultima del corridoio e quando arriviamo, calpestando una moquette che con ogni probabilità ha la stessa età dell'ascensore, entriamo in una stanza con un corridoio talmente tanto stretto da starci solo una persona, il bagno sulla destra con una vasca da bagno e un cesso che sembra un vasino da notte. Il letto, al centro della stanza principale è affiancato da due comodini, davanti c'è un televisore e alla sua sinistra un armadio mezzo sfasciato che comunque, non useremo.
- Considerando che è gratis va anche bene - sorride Carter e mi costringo a fare la stessa cosa, passandomi una mano tra i capelli. - Vai a farti un bagno. L'acqua ti fa guarire, no?
Lo guardo malandrina mentre saltello verso il corridoio e mi attacco allo stipite della porta, puntandogli un dito contro, - dietro il fatto che l'acqua mi farà guarire nascondi il fatto che puzzo, non è così?
- Allora non sei così stupida! - esclama divertito e rido, facendogli una smorfia prima di chiudermi la porta del bagno alle spalle.
Apro l'acqua della vasca e aspetto che la riempia e la scaldi e dovere, sedendomi sul gabinetto lì affianco. Quando è piena quasi fino all'orlo mi porto i capelli scuri sulla spalla destra e poi mi spoglio entrando piano e facendo perno sulle mani perché la gamba ferita non mi faccia ancora così male.
Poggio la testa al bordo e chiudo gli occhi mentre recupero le forze perse in questi giorni di impresa e mentre la ferita da freccia non mi fa più così male, segno che sta guarendo velocemente.
Mi sfrego con forza la cute e il corpo e sto dentro l'acqua fino a che non si raffredda e quando esco, la gamba e un po' di atre ferite che avevo riportato nel corso di questi giorni non esistono più.
Mi avvolgo un asciugamano attorno al corpo e ai capelli e poi guardo i miei vestiti strappati, sudati e sporchi di sangue e decido che non posso assolutamente mettermeli.
Molto bene, dovrò rubare qualcosa missà tanto.
Quando esco dal bagno avvolta nell'asciugamano trovo Carter a petto nudo sul letto. La fasciatura fatta grezzamente con la sua maglietta è accanto a lui e della ferita della Chimera è rimasta solo una piccola cicatrice dei denti al centro del petto. Fisso il suo corpo allenato per qualche istante, osservando la curva delle sue braccia, la linea a V dei fianchi, il petto e i capelli che hanno bisogno di essere lavati. Il volto spigoloso fisso sulla tv via cavo che ha acceso e le gambe fasciate dai jeans che sono più sporchi di quanto ricordassi.
- Devo rubare dei vestiti - esordisco costringendolo a spostare l'attenzione su di me e ci vuole un po' prima che risponda mentre il suo sguardo indugia sull'asciugamano troppo corto che mi protegge fino a metà coscia.
- Come vuoi - dice, tornando a chiudersi in sé stesso come ogni qualvolta c'è qualcosa che lo turba e lo guardo per un secondo chiedendomi se quel qualcosa sia proprio io.
Afferro il cappellino di Annabeth da sopra il mobiletto accanto alla tv e me lo calo sulla testa, diventando invisibile. Lascio cadere l'asciugamano ai miei piedi che mi ingombrerebbe e basta e gli occhi di Carter si spalancano quando si alza e si rende conto di cosa stia succedendo.
- Fuori! - esclama e rido prima di aprire la porta e correre verso la reception, ringraziando il cappellino che porto sulla testa.
Scendo velocemente le scale sentendomi abbastanza strana e fisso lo sguardo sulla ventenne dietro la reception che ha la musica talmente alta nelle cuffie che riesco a sentirla anche io da quella distanza. Lei deve avere sicuramente degli abiti di ricambio che, a giudicare dalla corporatura, sono anche della mia taglia.
Cammino verso il bancone della reception e scivolo velocemente dietro di lei, aprendo la porta alle sue spalle e andando a tentoni per la luce che non posso decisamente accendere.
Sbatto il piede contro il mobile e impreco tra i denti per il dolore saltellando e scontrandomi violentemente contro a un tavolino. Rischio di caderci sopra ma poi finisco su quella che sembra una sedia girevole, mantenendomi il cappellino in testa perché, decisamente, se quella ragazza dovesse entrare, non voglio che mi veda completamente nuda.
Vado verso la parete di sinistra, sbattendo la testa a quello che sembra l'anta di un armadietto e lo apro con un pugno, togliendone fuori quelli che sembrano dei vestiti e un paio di scarpe.
Uno spiraglio di luce mi illumina e mi stringo vestiti e scarpe al petto, decidendo di guardarli solo appena sarò in camera. La ragazza entra dentro la stanza con gli occhi semi chiusi e la musica troppo alta, agitando la testa a ritmo e canticchiando di tanto in tanto.
Sguscio velocemente dietro di lei e poi torno verso la mia stanza, bussando un paio di volte e sperando che Carter mi apra.
- Sono io! - esclamo in un sussurro e lui apre la porta, scostandosi da un lato per farmi passare e guardandomi con curiosità. Solo dopo mi rendo conto che, effettivamente, non può realmente vedermi.
Chiude la porta alle mie spalle e vado in bagno, afferrando mutande e reggiseno che, anche se sono sporchi, mi servono. Infilo tutto il più velocemente possibile e quando mi faccio scorrere i pantaloncini di jeans sulle cosce, Carter trova la mia testa, togliendomi il cappellino e rendendomi visibile.
- Ma sei imbecille? - ringhio chiudendomi i pantaloncini sulla vita a una velocità inaudita e infilandomi velocemente la maglietta sui capelli ancora bagnati.
Carter ride, tenendosi lo stomaco con le mani e piegandosi in due, la punta del naso arricciata e la sua risata che riempe la stanza, strappandomi un sorriso che nascondo.
La maglietta che ho è un po' larga e degli acdc ma credo che vada bene lo stesso considerando che l'alternativa era un golfo strappato o girare costantemente con il berretto di Annabeth.
- Dai, a dormire principessa - dice poi più dolcemente e solo in questo momento mi rendo conto che è solo in boxer e il torace è ancora umido per la doccia che si è probabilmente fatto mentre io recuperavo i vestiti di quella ragazza.
Deglutisco perché Carter è già bello di suo, figurarsi in boxer scuri che gli abbracciano le gambe toniche e gli lasciano scoperto il torace allenato. - Agli ordini. - Faccio con un sorriso andando nella parte del letto vicino alla porta perché ho sempre qualche problema a dormire vicino alla finestra anche se non ho ancora capito bene il perché.
Scivolo dentro le coperte e mi volto di lato aspettando di sentire Carter fare lo stesso.
Vorrei parlare, dirgli qualcosa anche se non so ancora bene che cosa ma gli occhi mi si chiudono prima che possa formulare anche una sola frase.
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