Carter rischia di essere pietrificato
- Ho avuto un sogno su di lei - dico - Perso la uccide da addormentata guardando il suo riflesso sullo scudo. - Medusa fa un passo verso di noi e sorride, - ma adesso mi sembra anche troppo sveglia.
Carter stringe l'elsa della spada e sbuffa scocciato, - ribadisco: qualche idea su come ucciderla?
- Hai uno specchio? - chiedo senza pensare e lui si volta verso di me stralunato, spingendomi a fare la stessa cosa.
- Sei tu la ragazza della situazione. Non dovresti averlo tu uno specchio?
Corrugo la fronte e mi porto la mano sul fianco, indispettita, - che razza di sessista! - lo accuso facendolo sbuffare, - e poi cosa vuol dire "la ragazza della situazione"?
- Dei! Vogliamo metterci a discutere proprio adesso?
- Grandissima idea. Chi diavolo ti ha nominato capo dell'impresa, eh?
- Visto, sei davvero una bambina! Ed è logico che sia io il capo.
- A si, parla l'uomo vissuto! E se tu sei il capo siamo davvero nella merda. - bercio sarcastica, ma quando i serpenti di medusa stretti nel turbante sibilano ancora, la nostra attenzione decide di spostarsi sul problema principale.
Ci muoviamo cauti calpestando i vetri e lanciando di tanto in tanto occhiate ai mortali feriti. Spero che qualcuno di loro chiami un'ambulanza il prima possibile, né io né Carter abbiamo un telefono che lo possa fare.
Usciamo all'esterno e il freddo dentro il fast food è niente paragonato al gelo che c'è fuori e che mi entra sotto ai vestiti e dai buchi delle All Star.
- Allora, piccoli dei volete farvi una foto con me? - dice Medusa con voce talmente dolce che per un secondo rilasso i muscoli e allento la presa sulla spada, - volete stare con me per sempre? - aggiunge e sorride e quel sorriso è talmente tanto dolce e gentile che la spada quasi mi scivola tra le dita mentre la guardo.
- Zitta - sibila Carter e si fa avanti velocemente, sottovalutando la potenza di Medusa.
- No! - grido troppo tardi e Medusa si leva il turbante con un ghigno lasciando che almeno un centinaio di serpenti verdi sibilino attorno alla sua testa.
Abbasso di scatto il capo verso sinistra serrando gli occhi e sento Carter esclamare, i piedi che scivolano sulla neve e che si fermano di colpo. Il cuore mi batte nel petto a una velocità spropositata per la paura e sento il distinto rumore della spada che cade sulla neve.
- Allora, piccolo dio, andiamo a farci una foto? - e non sento Carter protestare ma solo dei passi che si allontanano velocemente sulla neve.
Impreco un paio di volte e aspetto che spariscano tra gli alberi dall'altra parte della strada prima di aprire gli occhi e imprecare. - Stupido figlio di Ares.
Mi tolgo il berretto blu degli Yankees dalla tasca posteriore dei jeans e me lo calo sulla testa, sperando che almeno un po' questo mi possa aiutare.
Afferro la spada di Carter con la mano sinistra e seguo le loro impronte lasciate sulla neve e mi apposto dietro il primo muretto di marmo che trovo, osservando le loro figure poste lateralmente a me e al centro di una radura tra gli alberi, circondata da moltissime statue.
Mi prendo qualche istante per osservare le statue e spalanco gli occhi davanti alla vista di volti terrorizzati, mani vicine al viso nella speranza di schermarselo dal potere di Medusa. Coppie paralizzate e famiglie distrutte e trattengo un urlo quando mi rendo conto di avere le mani attorno al bacino di pietra di una ragazza alta quanto me.
Incespico un po' sulla neve attirando l'attenzione di Medusa su di me e lei mi sorride, come se mi vedesse e mi tasto la testa per esser sicura di avere il berretto dell'invisibilità sul capo.
Momentaneamente mi ero scordata di averlo.
Medusa continua a guardare verso di me per un altro paio di secondi prima di rafforzare la presa sugli avambracci di Carter che continua ostinatamente e tenere gli occhi serrati e la testa volta verso di me, anche se lui non lo sa.
Devo trovare un modo per avvicinarmi ma non so bene come fare dato che, nonostante la pioggia, un po' di neve persiste ancora e sopratutto, quella Medusa sente il mio odore.
In un momento di puro panico mi ritrovo a sperare che sia congelata ma la sua voce mi distoglie dal groviglio senza fine che è la mia mente.
- Allora, piccolo dio. - Dice piano accarezzandogli il volto e facendogli storcere il naso, - sei così bello - fa suadente passandogli un dito sulle labbra mentre i serpenti sibilano, tremendamente vicini al volto di Carter, - perché non apri gli occhi, figlio di Ares? Io voglio che tu stia con me, per sempre. Solo io e te e nessun altro.
- Scordatelo - risponde Carter con quel suo tono duro che è riuscito a intimidirmi dal primo giorno, e ringrazio di avere il berretto dell'invisibilità perché non voglio che mi veda sorridere a quel ricordo.
- Non voglio farti male, piccolo dio. Io voglio proteggerti - dice con un tono lento , suadente che ha quasi l'effetto di una ninna nanna su di me. Scrollo il capo e stringo la presa sull'elsa delle spade concentrandomi sul viso di Carter per non crollare nella trappola di Medusa.
- Che fortuna, dico davvero - interviene Carter con voce leggermente strozzata e mi chiedo come faccia a fare sarcasmo anche con dei serpenti a due centimetri dal viso.
Medusa storce il volto e gli infila un'unghia nella guancia, facendolo gemere. Stringo lo sguardo e muovo il primo passo avanti per ucciderla ma poi Medusa parla ancora, costringendomi a fermarmi.
- Chi ti ha costretto in quest'impresa? - domanda Medusa e se non sapessi che è un mostro e che vuole ucciderci penserei che sia anche realmente dispiaciuta, - gli dei? I ragazzi al tuo amato Campo?
- Devo salvare mia sorella - e dalla smorfia che fa mi rendo conto che avrebbe preferito non parlare ma non è riuscito a stare zitto. E qui non c'entrano iperattività e impulsività, qui c'entra solo Medusa e quei cavolo di poteri psichici che non pensavo avesse.
- Ovvio - fa Medusa comprensiva e gli accarezza nuovamente le labbra con un dito facendogliele contrarre in una smorfia. I serpenti sibilano e muovo un passo ancora, ma quello che dice Medusa dopo mi fa bloccare con un piede a mezz'aria e la schiena un po' inarcata, pronta per la corsa, - ma solo per tua sorella? O sotto sotto sei contento che con te ci sia anche la figlia di Poseidone? È bella, vero? - e lo stomaco mi si stringe in una morsa quando Medusa pronuncia quella domanda.
Vedo il pomo d'Adamo di Carter muoversi appena deglutisce e mai prima d'ora avevo desiderato così tanto di uccidere una persona.. o mostro che sia.
- Come immaginavo, piccolo dio - gli afferra bruscamente il mento con la mano voltandolo verso di sé. I serpenti sibilano e Carter sussulta tenendo gli occhi più serrati che mai, - ma lei non ti ama - sibila, - lei non ti amerà mai. Per lei sei solo una pedina per diventare più potente - continua con la voce che da quel rabbioso che aveva assunto, va a sfumarsi in un tono dolce, quasi ipnotico, - rimani con me, Carter. Rimani con me, per sempre.
E le palpebre di Carter si rilassano. So che non aprirebbe mai gli occhi, non per quello che gli ha detto Medusa ma non posso perderlo e grido prima che me ne possa realmente rendere conto, - non aprire gli occhi, Carter. Non ti azzardare perché credimi, se fai una stronzata del genere sarò io ad ucciderti! - la mia voce lo riporta alla realtà e sorrido vedendolo ridere.
Medusa rafforza la presa sui suoi avambracci e la risata di Carter si interrompe di colpo quando lei lo scuote un po'. Annusa l'aria e poi sorride, - un'altra figlia di Poseidone. - Constata, - tuo fratello mi aveva ucciso una volta. Tu vuoi rimanere con me per sempre? - e abbozzo una risata avvicinandomi lentamente a loro due e sperando che Medusa continui a rimanere voltata verso Carter.
- Non trovi che il fatto che mio fratello ti abbia ucciso dica molte cose? - e mi scaglio su di lei scordandomi che nonostante il capellino dell'invisibilità posso comunque guardarla negli occhi. Medusa si volta di scatto verso di me e incespico sui miei stessi piedi per il panico facendo cadere le spade e atterrando di pancia sulla neve.
- Ariel! - grida Carter e spero vivamente che nonostante la mia formidabile caduta stia tenendo gli occhi chiusi. Cerco la spada a tentoni, diventata ormai visibile per aver perso il contatto con il mio corpo e mi allungo sentendo la lama fredda contro le mie dita ma Medusa la calcia via velocemente.
Il freddo mi penetra nelle ossa per il cappotto e i jeans bagnati e, - piccola dea - sento Medusa esclamare radiosa, - sento il tuo odore - dice allungando le mani verso di me nonostante indossi il cappellino dell'invisibilità.
Rotolo via velocemente tenendo gli occhi chiusi e sono ancora convinta che lei si dedichi a me, prima che si scagli su Carter cogliendolo di sorpresa e facendolo trasalire.
Lo afferra per gli avambracci portando il suo viso a un palmo dal proprio e lo guardo torcere il naso quando parla. Probabilmente è da un po' di millenni che non vede un dentista.
- Dai, piccolo dio non vuoi vedere chi sono realmente? - ricomincia Medusa con quella voce calma e suadente che aveva rischiato di abbindolarmi più volte, - non vuoi stare con me per sempre e smettere di soffrire? Io lo so che lo vuoi, piccolo dio. Lo vogliono tutti. Staresti meglio con me. Smettersti di star male ogni giorno per tua madre che ti ha abbandonato quando eri solo un bambino e smetteresti di rischiare la vita per gli dei che non si sono mai preoccupati di te - stringo i pugni sentendomi un verme nell'ascoltare ciò che Medusa gli sta dicendo e guardo Onda a una decina di metri di distanza da me.
Devo prenderla assolutamente.
- Io, infondo, piccolo dio, sono così per un capriccio degli dei. La dea dagli occhi grigi mi ha ridotto così. Mi ha ridotto al mostro emarginato che sono adesso ed è per questo che creo le mie statue, perché non voglio sentirmi più sola - accarezza il viso di Carter e mi balenano in mente gli occhi di Annabeth, quegli occhi grigi che mi piacciono tanto.
Atenta, penso, è Atena che l'ha ridotta così?
Ma la compassione che provo per Medusa scompare quando mi rendo conto di essere circondata da statue di persone innocenti e che lei ha ucciso per una stupida faida contro gli dei.
- Piccolo dio rimani con me - continua Medusa con la sua voce suadente e mi concentro su onda ad un po' di metri da me. - Che cosa mai potranno darti gli dei se non una vita piena di sofferenze? Rimani con me, piccolo dio e non ci sarà più una madre che ti ha abbandonato, prima te e poi tua sorella - mi fermo di colpo e una morsa mi stringe forte lo stomaco.
Volto lo sguardo verso Carter e noto i lineamenti del viso tesi e i muscoli contratti e Medusa sorride perché lo sa che sta centrando il segno, - ne vale la pena, Carter? Vale la pena soffrire così tanto per chi non ti ama? - domanda ancora sembrando seriamente dispiaciuta e una lacrima solitaria riga la guancia di Carter.
Serra un po' di più le palpebre e poi volta il viso verso Medusa che sorride mentre i serpenti si aprono all'esterno.
E dimentico la spada correndo e saltando alle spalle di Medusa, perdendo il berretto dell'invisibilità da qualche parte nella neve. Il mio peso e abbastanza per farla cadere a terra sulla neve e mi butto con tutto il peso del corpo sulla sua testa ignorando i serpenti che sibilano sotto la mia pancia e il suo urlo di sorpresa.
Mi allungo per prendere la spada e riesco a prendere l'elsa con entrambi le mani congelate.
Provo ad alzarmi ma Medusa mi conficca le unghie sui fianchi per tirarmi giù con lei. Le mani congelate mi fanno perdere la presa sulla spada e Medusa si butta sul mio corpo stringendomi il collo con la mano.
Il suo peso mi tiene bloccata a terra e serro velocemente gli occhi.
È finita.
Ed è l'unico pensiero logico che ho in questo momento.
- Perché combatti per gli dei, piccola dea? - domanda con un po' di fatica e sistemandosi meglio su di me per tenermi ferma.
Provo a divincolarmi ma quando un serpente sibila e scatta nella mia direzione, mi fermo di colpo. Il freddo penetra oltre il tessuto dei jeans e si, è davvero finita.
- Non combatto per loro - dico con la voce un po' strozzata per il fiato che mi sta portando via la mano di Medusa attorno al mio corpo.
- Fai tanto per loro e loro non fanno niente per te.. - provo a divincolarmi ancora una volta ma la sua presa si rinvigorisce, - se gli dei ti avessero aiutato non ti avrebbero lasciata da sola a cercare di far vivere tua madre..
- Stai zitta! - strillo racimolando tutta l'altra possibile anche se la mano del mostro continua a cingermi la gola. Mi agito sotto di lei inutilmente mentre un moto di rabbia si fa largo dentro di me come lava bollente: il tasto "mamma" non deve essere toccato in alcun modo.
- Lo sai bene, tesoro mio. Sei sempre stata sola - dice realmente dispiaciuta.
Io so che è così. Io so che Medusa ci sta male per la mia situazione e so bene che mi vuole aiutare perché non ce la faccio più a provare tutto questo dolore. È troppo anche per me.
- Tuo padre non ha mosso un dito per aiutarti. Ti ha lasciato fare qualsiasi cosa pur di salvare tua madre. Ti ha visto fare qualsiasi cosa senza mai agire - e lei ha ragione perché io ho davvero fatto di tutto solo per vedermi scivolare via la sabbia tra le dita un po' più lentamente. E lascio che le lacrime mi bagnino le guance perchè sono sopraffatta dai ricordi e perché non ce la faccio a sopportare tutto questo. È troppo e ho resistito troppo a lungo.
- Tutto questo con me può finire, questo dolore può finire, piccola dea. Ti basta solo aprire gli occhi.
- Può davvero finire tutto questo? - domando lasciando che le lacrime mi corrano sul viso senza sosta. Ma è perfetto così e io voglio smetterla di star male così tanto. Voglio essere felice, almeno per una volta.
E apro gli occhi lentamente iniziando a vedere il viso di Medusa e i serpenti che si muovono.
Va bene così.
Adesso starò meglio.
E tutto finirà.
E io non soffrirò più.
E sarò felice almeno per una volta.
Ma poi, il segno inequivocabile di una testa mozzata mi riporta bruscamente alla realtà. Volto il capo osservando la nuca di Medusa un po' lontano da meche continua a ruzzolare sulla neve, lasciando una scia verde mentre i serpenti che si muovono indeboliti. Il corpo cade verso di me e allungo un braccio, spostandolo verso sinistra e facendo finire anche quello sulla neve.
Carter è in piedi davanti a me, il petto ansante e la sua spada borchiata stretta in due mani.
Del liquido verde continua a fuoriuscire dalla testa di Medusa e torno a guardare Carter che fa ritrasformare la spada in un bracciale, indietreggiando per fami alzare.
Mi sollevo lentamente e mi asciugo le guance col dorso della mano.
Stai bene? - domando tirando su col naso e cercando di riprendermi almeno un po'.
- Tutto bene - mormora guardandomi. Scuote la testa e la butta all'indietro prima di allargare le braccia, - andiamo, bambina vieni qui.
E seppellisco un singhiozzo contro il suo petto circondagli la vita con le braccia e lasciando che lui mi stringa a sé.
Carter non mi sembra tipo da abbracci ma Medusa c'è andata pesante con entrambi e anche se non lo ammetto mai, io ho bisogno di abbracci, ho bisogno di presenze e certezze e mi fa un po' strano realizzare che in questo momento, Carter sia la mia.
Respiro il suo odore che è un misto di leggero sudore, Campo e un profumo tutto suo che l'ha sempre contraddistinto.
Mi piace stare tra le sue braccia, mi fa sentire stranamente protetta e lascio che mi poggi il mento sulla testa mentre continua a stringermi a sé facendomi dimenticare, almeno per i secondi che rimaniamo uniti, la situazione terrificante nella quale ci troviamo.
Adesso siamo solo due ragazzi di sedici e diciotto anni in gita scolastica che un po' si odiano e un po' si amano e questo non fa che rendere il tutto ancora più eccitante.
Mi prende il viso tra le mani senza che io smetta di stringerlo delicatamente per la vita e mi asciuga le lacrime in un altro impeto di dolcezza che riesce a sorprendermi. Mi sorride, - vedi che sei una bambina? - Dice affettuosamente e mio malgrado, riesce a strapparmi una risata.
- È andata anche questa. Andiamo a fare fuori un altro po' di mostri? - chiedo divertita e Carter annuisce con un sorriso prima di lasciarmi andare.
Mi volto a guardare la testa di Medusa alle nostre spalle, i serpenti che sibilano stanchi e un po' di liquido verde che continua a far sfrigolare la neve attorno a sé.
"Gli ho mandato la testa di Medusa come pacco postale" mi sorride Percy passandosi una mano tra i capelli e lo imito, osservandolo con orgoglio.
"Scherzi?"
"Assolutamente no!" esclama mio fratello "se adesso noi poveri sfigati siamo costretti a combattere mostri come lei è solo per colpa degli dei. Mi è sembrato giusto ricodarglielo."
Sorrido a quel ricordo e Carter mi guarda curioso, - che c'è?
- Aspettami qui - gli rispondo prima di correre verso il McDonald.
Noto che hanno chiamato l'ambulanza ed entro nel fast food senza farmi vedere dai paramedici dato che sono certa che mi fermerebbero per dei controlli.
Alcuni dei mortali stanno venendo curati, altri parlano tra loro o con i medici e lo vedo dalle loro espressioni che sono ancora scossi e spaventati.
Intercetto una scatola con una morsa allo stomaco per il dispiacere verso persone ignare a tutta quella sofferenza e costretta a viverla nel modo più sbagliato, e afferro la prima di quelle scatole quadrate di cartone che originariamente doveva contenere pane per hamburger.
Corro verso la radura di Medusa e arrivo da Carter che intanto sta guardando la statua di una famiglia con un velo di tristezza negli occhi.
- Che fai? - domanda con una nota stridula nella voce spostando lo sguardo su di me.
Mi inchino per prendere il velo di Medusa poggiando la scatola sulla neve accanto a me. Gli sorrido da sopra la spalla e osservo il cielo terso di nubi grigie mentre tento di bendare Medusa senza guardarla negli occhi.
I serpenti sibilano mentre mi avvicino e rabbrividisco anche se le assicuro il foulard dietro la testa e la acchiappo con non so quale coraggio.
Un serpente scatta contro la mia mano e grido lanciando la testa dentro la scatola e facendo scoppiare a ridere Carter.
- La testa è bottino di guerra, giusto? - dico, e lui annuisce tra le risate, - finiscila, idiota - borbotto divertita anche se sentire la sua risata non mi dispiace per nulla. - Bene, voglio rendermi degna sorella di mio fratello - dico con un sorriso furbo sulle labbra chiudendo la scatola e togliendomi il pennarello dalla tasca che ho preso prima dal bancone del McDonald.
Gli Dei
Monte Olimpo
600esimo Piano
Empire State Building
New York, NY
Buon Natale,
spero che il vostro sia bello tanto quanto il mio:)
Vaffanculo,
Ariel Miller
Estraggo qualche dracma d'oro dallo zaino abbandonato in un angolo della radura e quando le infilo dentro la scatola, quella scompare dopo un Pop e un suono simile a quello di un registratore di cassa.
- In questo momento - esordisce Carter prendendomi lo zaino e mettendoselo su una spalla, - hai tutta la mia più totale stima.
Sorrido dandomi fintamente arie, - è una dote naturale.
Ci incamminiamo con una risata verso il pullman e sbarro gli occhi quando me lo vedo sfrecciare davanti senza noi due sopra.
Corriamo verso di lui per istinto ma poi ci fermiamo qualche istante dopo.
- Non ci voglio credere - mormoro passandomi una mano tra i capelli mentre Carter impreca guardandosi attorno.
Effettivamente le cose stavano già andando troppo bene - da uno sguardo alle due volanti della polizia ferme davanti al McDonald e poi mi fa un cenno verso la strada che si spiana davanti a noi, - ti va di fare due passi?
Camminiamo in silenzio per un po'. Sono passati forse una decina di minuti e mi bagno le labbra con la lingua un paio di volte prima di trovare il coraggio per parlare, - Carter, a proposito di quello che ha detto Medusa.. - inzio guardandolo da sopra la spalla mentre camminiamo sul ciglio uno dietro l'altra.
- Io non faccio domande a te, tu non le fai a me, ci stai? - e gli sorrido da sopra la spalla annuendo un paio di volte, grata per ciò che ha appena detto.
Sussulto quando, dopo dieci minuti di camminata che non avevo sentito rumori di motore, un Harley Davinson rossa mi sfreccia accanto scuotendomi vestiti e capelli.
Impreco per lo spavento bloccandomi di colpo e Carter si scontra contro la mia schiena.
Sento distintamente i suoi muscoli irrigidirsi contro i miei e quando il motociclista scende dal suo gioiellino a un paio di metri da me, non mi ci vuole molto a capire perché: l'uomo porta jeans neri in pelle e un cappotto dello stesso colore, una maglietta aderente che gli segna il fisico allenato e degli occhiali da sole che nascondono parzialmente il viso, probabilmente bello se non fosse ricoperto di cicatrici.
Lo sguardo mi cade sul sellino che ricorda vagamente pelle umana e rabbrividisco prima che quel po' di inquietudine venga sostituita da stati d'animo ormai familiari per me: i pugni tremano per la tensione, la rabbia e l'irritazione. La schiena quasi brucia e respiro forte perché voglio prendermela con qualcuno. Voglio prendere a pugni qualcosa fino a spaccarmi le nocche ma ciò che mi destabilizza di più e che non so assolutamente il perché voglia fare tutto questo.
Ma alla fine, so bene chi è il dio che si è appena fermato davanti a noi e che mi sta mostrando un ghigno divertito.
Sono certa che si nutra della rabbia che sto provando in questo momento e ricordo le parole di mio fratello:"mi odia e probabilmente, odierà anche te. Ti farà arrabbiare e ti provocherà ma non metterti contro di lui. Non conviene a nessuno mettersi contro Ares".
Perché il motociclista che ho difronte non è altro che il dolcissimo e amabilissimo papà di Carter.
Gran bel modo per conoscerlo, no? Non ci ho neanche parlato e già voglio ucciderlo, promette decisamente bene.
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