"Brava, principessa"

Mi alzo di scatto aspirando quanta più aria posso e la testa mi gira paurosamente costringendomi a poggiarmi a qualcosa di caldo che ho dietro di me. Sbatto gli occhi un paio di volte senza capire da dove provenga questa luce bianca e accecante che mi sta facendo male ma poi, le labbra si serrano e riesco a capire che si trattava di un sorriso.

Il ragazzo sui venticinque anni che ho davanti sbatte le mani e sorride ancora e socchiudo gli occhi abituandomi lentamente allo splendore (in tutti i sensi) del suo sorriso.

- Ta-daa! Il dio della medicina il vostro servizio gente! Odio quando ci finiscono male le belle ragazze - dice con un po' di rammarico e osservo i suoi Ray-Ban rossi, i jeans e la t-shirt e, per qualche secondo, mi domando per quale motivo questo tizio sia qui e non a lavorare per l'Abercrombie.

Le sue parole però riaprono un cassetto della memoria e mi ricordo di Annabeth con un libro di mitologia greca aperto sulle gambe incrociate. - Apollo - dico alla fine e lui sorride ancora, accecandomi poco, stavolta.

- Ciao, cuginetta! - esclama allargando le braccia e mi libero in un sorriso anche io, - ben tornata dal mondo dei morti - si volta poi, alzando una mano e - senza offesa, ovvio. L'Ade è un posto meraviglioso.

- Zitto, idiota - borbotta qualcuno e mi guardo attorno cercando di capire dove diavolo sia.

Spalanco gli occhi quando mi rendo di conto di trovarmi in una sala talmente tanto grande che la Gran Central Station, in confronto, sembra il mio bagno alla Yancy. Delle colonne massicce si levano dal soffitto a volta decorato con costellazioni dorate in movimento. Ventiquattro troni sono disposti per formare un cerchio e sono enormi. Non così tanto, tenendo conto che gli dei che ci sono sopra sono alti sei metri.

Merda, sono sull'Olimpo!

Questo posto è talmente tanto bello che mi toglie il fiato e quando sento un respiro sul collo mi rendo conto di essere poggiata a Carter. Sorrido d'istino mentre lui mi guarda impassibile e corrugo la fronte.

Non so che c'è che non va e vorrei chiederglielo ma una voce tuonante mi interrompe spingendomi a far ricadere l'attenzione su quello che, senza ombra di dubbio è Zeus.

Parla appena Apollo si siede e il suo tono è talmente autoritario che, se non fossi già seduta mi inchinerei.

Carter si alza e mi aiuta a fare lo stesso anche se barcollo e mi reggo al suo braccio per sicurezza.

Vedo anche Allison seduta ai piedi del trono del dio che riconosco essere Ares.

Alzo un sopracciglio nella sua direzione e lui ghigna verso di me anche se la voce di Zeus mi richiama verso di lui.

- Ariel Miller - esordisce e sono talmente tanto impegnata a guardare l'abito costoso e il trono in platino che ci metto un po' prima di connettere, scuotendo la testa.

Zeus ha un volto bello e fiero, una barba curata che sembra una nuvola temporalesca e quando incontro i suoi occhi grigi un formicolio mi percorre il corpo dandomi la sensazione di poter essere incenerita in meno di qualche secondo.

Apro la bocca per rispondere ma è il profumo del mare e delle alghe che attira la mia attenzione riportandomi per un istante l'immagine di Montauk e gli occhi vivaci di mamma.

L'uomo accanto a Zeus ha i miei capelli neri e gli occhi verde mare di Percy, il volto abbronzato e le mani un po' callose, forse a causa della pesca. Ha delle rughe attorno agli occhi, segno che sorride spesso e se non fossi così arrabbiata con lui, per quel piccolo dettaglio sorriderei anche. A si, la camicia hawaiiana a fiori rosa non fa che farmelo disprezzare ancora di più.

So che quell'uomo è Poseidone e so che non è stata colpa sua ma lo odio.

Lo odio davvero tanto.

Lo fisso assottigliando lo sguardo e incrociando le braccia al petto. Penso che Zeus mi stia chiamando ma non importa, lui deve vedere quanto lo odio per averci abbandonato. Per non averci aiutato.

- Ariel Miller! - mi chiama Zeus irritato e mi volto di scatto verso di lui.

- Che c'è?! Lo so anche io che mi chiamo Ariel Miller, va bene? - grugnisco stringendo i pugni lungo i fianchi e Carter mi prende per l'avambraccio cercando di farmi calmare.

Zeus assottiglia lo sguardo e per un attimo sono convita che mi voglia incenerire ma poi, una bella donna con i capelli castani si sporge verso di lui e il dio rilassa i muscoli in pochi attimi. - Eroi, non posso fare a meno di esser grato che voi siate tornati qui, sani e salvi.

Borbotto imprecazioni tra i denti scrutando tutti gli dei che mi circondano, mordendomi la lingua per non riempirli di insulti.

- Credo che sia giunto il momento di spiegarvi il perché di quest'impresa. - Apro la bocca per sparare un paio di insulti che mi sono appena inventata e, un attimo prima che possa fare la stronzata più grande della mia vita, un palmo caldo si poggia al centro della mia schiena. Continuo a guardare gli occhi da cerbiatta di Allison che si stringono in avvertimento, evitando quelli ancora più scuri di Carter che stanno tornando a farmi paura.

Zeus si alza, torreggiando su di noi per oltre sei metri, costringendoci a sollevare lo sguardo nella speranza di poterlo vedere. Agita le braccia con eleganza, formando uno schermo di nuvola che si modella davanti ai nostri occhi, prendendo la forma di uno schermo televisivo sfumato ai lati. - Questi, si chiamano Leviatani - ci spiega come se ci stesse illustrando un Power Point di storia. Davanti a noi passano le immagini di un enorme serpente squamoso ed enorme che, uscendo dal mare, spalanca le fauci irte di denti aguzzi. - E sono mostri di origine fenicia. Sono arrivati a noi greci spostandosi per mare e si diffondono attraverso l'acqua. - Fa una pausa, facendoci vedere un liquido nero che scorre lungo l'acqua di una fontanella all'interno di un parco giochi proprio mentre una bambina con le codette e un gilet rosa ci sta bevendo. - Si impossessano dei corpi umani e, quando hanno finalmente un ospite, attaccano gli altri umani, divorandoli e prendendone anche se sembianze, se lo desiderano. - Rabbrividisco quando, quella stessa bambina getta la bocca all'indietro, spalancando le fauci in una maniera smisurata, regalandoci l'ennesima raccapricciante visione di quei denti aguzzi e di una lingua biforcuta. Afferra fulminea un uomo in tight, mordendolo e trasferendosi dentro di lui mentre il corpo di quella piccola di sette anni cade a terra, privo di vita.

Assottiglio lo sguardo per la rabbia, stringendo i pugni e mentre Zeus continua a parlare, su quello schermo scorrono altre immagini di Leviatani che uccidono dei mortali, prendendone poi le loro sembianze. - Abbiamo ignorato i Leviatani per ben due anni - prosegue, facendomi repentinamente spostare lo sguardo da una donna che sventra un ragazzo della mia età, al suo viso austero che ci guarda dall'alto. - Ma adesso, con Dick Robertson al comando - dice mentre lo schermo mostra l'immagine di un uomo che mi sembra di aver già visto, sollevare la mano e sorridere fiero ai flash dei fotografi, incitando una folla e alzando il pugno in aria. - è stato necessario testare i semidei per formare una cerchia di eletti che sia in grado di debellare quest'imminente minaccia. - E lo schermo mostra immagini di Percy e Annabeth che combattono con furia, sventrando dei mostri, lottando in sintonia, capendosi con un solo sguardo. Clarisse che guida i figli di Ares, che uccide un drago dalle squame nere e che lancia veleno verde. E poi, me, Allison e Carter. Fa vedere Allison e Carter che combattono assieme lungo la ventiquattresima, con i capelli un po' più lunghi e i tratti meno marcati. Li mostra mentre si spalleggiano, mentre Carter si prende un affondo, parandosi contro la sorella che poi uccide quello che sembra essere un mezzosangue nemico. Fa vedere Carter che decapita Medusa ed Allison che lancia frecce perfette contro la manticora. E poi, mostra anche me. Mostra me che disarmo il mercenario dopo avergli spaccato il naso con una testata. Mostra me che uccido la Chimera e che mi batto contro Carter la sera della sfida, al Campo. - E voi, eroi, - annuncia fiero, - fate parte della nostra cerchia di eletti. - Apro la bocca per parlare, indignata, ma Zeus mi precede. - è stato necessario, quindi, che Dionisio permettesse alla manticora di entrare al Campo Mezzosangue per rapire la figlia di Ares. - Guarda me e Carter. - Avevamo dubbi su voi due, anche se vi abbiamo messo alla prova da quanto eravate bambini, consci di una possibile minaccia come questa. Quanto vi siete offerti per l'impresa, abbiamo capito che anche voi eravate pronti per entrare nella schiera degli eletti e venire addestrati per vincere contro i Leviatani! - Zeus ha finito di parlare, credo stia sorridendo eppure io continuo a guardare le immagini di altri semidei che combattono con furia: c'è un ragazzo biondo gli occhi azzurri che evoca una folgore, dirigendola verso un mostro che non ho mai visto attraverso la sua spada dorata. Accanto a lui, c'è una ragazza con la palle più scura, i tratti delicati che mi sembra di aver già visto da qualche parte e poi, un ragazzo ispanico, con i capelli ricci e scuri e il sorriso furbo che lancia palle di fuoco dalle mani.

Per un attimo mi chiedo se Percy, Annabeth e Clarisse sappiano di questa cazzata e sento il respiro più veloce di Carter accanto a me mentre i muscoli della schiena di Allison si irrigidiscono di colpo.

Una ragazzina di tredici anni adesso sta squartando una dracena e un sedicenne dai tratti orientali si è appena trasformato in un orso. Ruggisce contro lo schermo e lotto per non fare un passo all'indietro.

Che poi, chi sono questi tizi?

- Stronzate - dico facendo sparire dal volto l'espressione trionfante di Zeus, spingendolo a guardarmi.

- Come hai detto? - domanda minaccioso e io sorrido, inclinando leggermente la testa verso destra.

- Stronzate. Una dietro l'altra.

Zeus sembra quasi vibrare davanti ai miei occhi e quando parla, la voce è talmente tanto potente che mi fa sussultare. - Ma come osi..

- Ma come osa lei! - urlo indicandolo e roteo gli occhi al cielo quando qualche dio sussulta. Cerco quello che mi sembra Ade e lo vedo, chiuso in un completo scuro. - E sopratutto, come osate tutti voi! - esclamo guardando negli occhi ogni singolo dio e alzando la voce quando Zeus tenta di interrompermi. - Per sedici anni ho dovuto cavarmela da sola per colpa di una cavolo di barriera perché "dovevate studiarci"! - e sono talmente arrabbiata che non so neanche cosa sto dicendo ma le parole mi scorrono via dalle labbra come niente e l'adrenalina pompa forte nelle vene. Quasi riesco a sentire il mio cuore battere. - Forse voi sarete dei cavoli di dei immortali ma noi siamo umani. - Dico portandomi una mano al petto. - Ci facciamo male e proviamo sentimenti. Ma voi -come se la nostra vita non fosse abbastanza- perché cari miei dei, stupidi megalomani, non usate un cazzo di preservativo e poi impiegate anni a riconoscerci, rapite una diciassettenne perché "dovevate studiarci"!

- Non ti permettere di.. - prova a dire Ade.

Zitto! - grido con rabbia, - Zitto! Perché qualsiasi cosa proverà a dire non avrà comunque senso! - esclamo guardando negli occhi scuri il dio degli Inferi. - Non siamo macchine! Siamo persone che per colpa vostra sono costrette a lottare ogni singolo giorno. Siamo persone costrette a farci il culo perché voi non riuscite neanche a prendervi le vostri responsabilità!

- Adesso smettila, ragaz.. - prova a dire una dea dagli occhi grigi che somiglia terribilmente ad Annabeth. Per un attimo, quella somiglianza mi inchioda sul posto ma poi la rabbia torna a prevalere sul resto.

- Io la devo smettere?! Ci avete trasformato in cavie da laboratorio solo per prepararci a una futura guerra! Ci avete guardato soffrire e chiedere aiuto senza muovere un dito, uno solo! - urlo voltandomi di colpo verso Poseidone, scrutando gli occhi verdi troppi simili a quelli di Percy. E questo, mi fa infuriare ancora di più. - Andatevene affanculo tutti quanti perché nessuno per me c'è mai stato. Vaffanculo! - Mi volto nuovamente verso Ade, superando Carter e andando verso di lui, mentre gesticolo come una pazza. - E poi perché sono qui? Ero anche morta dopo che quella manticora ha ferito a morte me e i miei amici! E sopratutto - faccio voltandomi verso Poseidone, ricordandomi solo in quel momento ciò che voglio dirgli. Lo fisso gelida ed è snervante il modo in cui lui continui a rimanere impassibile. - Vaffanculo tu perché non sei mio padre - sibilo stringendo i pugni lungo i fianchi e prendendo fiato dopo la mia filippica contro tutti gli dei.

C'è silenzio adesso sull'Olimpo e forse, tutti gli dei stanno metabolizzando quello che ho detto anche se Ade e Zeus stanno facendo fumo dalle orecchie.

Il volto di mio padre è tranquillo anche se l'unica cosa che lo tradisce sono le dita che si stanno stringendo talmente tanto forte ai braccioli del trono da essere diventate bianche.

Dopo qualche attimo di silenzio, Ares batte le mani, ridendo, e sono gli unici rumori che rimbombano nella sala del trono dell'Olimpo, - complimenti, ragazza! Con questo carattere mi sorprende che tu non sia mia figlia.

Lo fulmino con lo sguardo ma la voce di Poseidone interrompe anche la risata del dio della guerra. Mi piace la sua voce, è rassicurante come il suono delle onde contro gli scogli.

Mi ricordo solo dopo che lo odio.

- È orgogliosa, testarda, arrabbiata, impulsiva e disobbediente- mi sembra di vedere un leggero sorriso sulle labbra e incrocio le braccia al petto per non far vedere le mie mani che tremano. - Penso che sia colpa mia. Al mare non piace essere limitato.

- E comunque - dice Ares parlando subito dopo Poseidone e facendomi spostare l'attenzione su di lui, - sono io che ti ho riportato indietro prima che potesse realmente finire nell'Ade.

Mi volto verso Carter ma la sua espressione è impassibile e vorrei tirargli un pugno sul naso per vedere se continuerà ad essere ancora così apatico.

- Per quanto le parole di Ariel siano state offensive e irrispettose - inzia Zeus guardandomi e intimandomi palesemente di starmi zitta, - ha ragione. Ma la guerra - continua fissandomi con odio e superiorità, - è guerra. - Batte le mani una volta, alzandosi dal trono. - Il consiglio è aggiornato.

- Voglio parlare con mia figlia - dice e mi volto di scatto bloccandomi e lasciando che il braccio che avevo allungato verso Als mi ricada lungo il fianco.

- Io non voglio parlare con te - sibilo e la mia amica tira via il fratello lasciando soli me e mio padre nell'enorme sala del trono.

Ho desiderato per anni un confronto tra me e mio padre e adesso che lo ho, mi sono accorta di non volerlo più. Mi ha ignorato per sedici anni, me e mamma, perché adesso dovrebbe voler qualcosa da me?

Perché mi deve far soffrire ancora?

- Per favore - dice e incrocio le braccia al petto fissandolo negli occhi quando lui si china per essere, almeno un minimo alla mia altezza. - Se non ti ho aiutato non solo era perché non potevo trovarti ma perché ero certo che ce l'avresti fatta - mi dice e spalanco gli occhi perché avrebbe fatto meglio a chiudere la bocca.

- Ce l'avrei fatta? - domando retoricamente e rido sarcastica, - mi sono prostituita a dieci anni pur di pagarle le cure. Mia madre è morta tra le mie braccia, l'ho vista spegnersi lentamente e tu mi dici che eri sicuro ce l'avrei fatta? - rido cercando di trattenere le lacrime e corro via dalla sala del trono spalancando le enormi porte con tutta la forza che ho, sbattendomi al petto di Carter e allontandomi poco dopo.

- Ermes ci da un passaggio - dice Allison eccitata e sorrido saltandole al collo e stringendola, immergendo il volto tra i suoi capelli scuri. Lei mi accarezza la schiena e rimango ancora un po' a sentire il suo profumo. - Come stai? - domanda guardandomi negli occhi e sorrido, - adesso sto bene.

- Divino Ermes al vostro servizio! - esclama un uomo sui venticinque anni con la maglietta bianca e i pantaloni kaki, reggendo un telefono in mano che, pochi attimi dopo, si trasforma in un caduceo come quelli della farmacia con tanto di serpenti attorcigliati attorno.

"Ehi" fa una voce maschile e sussulto, notando che anche Als e Carter hanno fatto la stessa cosa. "Hai un topo?" domanda allungando il collo verso di me e lo guardo con la fronte corrugata.

"George!" dice una voce femminile, precedendomi, "smettila di chiedere topi a chiunque!"

"tanto sarà sprovvista come il fratello".

Ermes sbuffa e agita il caduceo che si illumina accecandomi e diventando sempre più forte, - Buon viaggio, ragazzi! - e il suo sorriso è l'ultima cosa che vedo.

È la sensazione più strana del mondo. Mi sembra di venir appallotolata su me stessa prima di girare come una trottola impazzita. E dura tutto un attimo perché poi mi fermo al centro del padiglione della mensa con Carter e Als ed è come se non fosse successo niente.

Faccio istintivamente un passo in avanti quando mi rendo conto di esser troppo vicina al falò e alzo la mano in segno di saluto notando che tutti hanno smesso di mangiare per osservare tre casi clinici piombati al centro del padiglione.

Un boato si leva dai tavoli ed evito abbracci e baci per cercare una testa mora e una bionda.

- Percy! - grido con un sorriso sgusciando tra la folla di semidei che cerca di bloccarmi per chiedermi come sto.

- Ariel! - esclama lui prendendomi per i fianchi e facendomi girare tra le sue braccia, strappandomi una risata che lascia la mia gola quasi con un leggero dolore.

Sono così felice di vederlo che solo adesso che sono con lui mi rendo conto di quanto mi è mancato. - Mi sei mancato - gli sussurro all'orecchio quando mi rimette a terra, continuando però a stringermi a sé.

Seppellisco la testa nel suo petto e mi da un bacio sulla fronte prima che Annabeth mi tiri via da lui, avvolgendomi con le sue braccia.

- Tornata! - esclama e rido allontandomi da lei e socchiudendo gli occhi quando mi da un bacio sulla guancia.

È questione di secondi prima che un trattore barra mio fratello Tyson mi stringa a sé con forza sollevandomi da terra per almeno una spanna e dicendo, - Siii, Ariel non ha fatto Bum!

E rido, buttando la testa all'indietro godendomi l'accoglienza della mia famiglia e dei miei amici, - già, assurdo, no?

Alla cena, mangio talmente tanto da rischiare di vomitare ma decido comunque di rimanere attorno al falò per i canti di ben tornato stando vicino ad Als perché l'ho già persa una volta e non voglio rischiare che questo capiti ancora, in alcun modo.

Non perdo di vista neanche Carter che è seduto dall'altra parte del falò senza cantare.

Credo che ogni tanto mi guardi, ma è strano da quando sono tornata dall'Ade e non so davvero cosa pensare.

Voglio ignorare la sensazione di fastidio che ho allo stomaco, quella che me lo stringe in una morsa anche se il cuore è messo decisamente peggio.

Vado alla mia capanna assieme a Percy e intercetto il suo sguardo mentre va verso quella di Ares. I miei occhi si incrociano con i suoi e faccio un passo per raggiungerlo, nell'esatto istante in cui lui supera la porta della sua capanna facendo comparire il quadrato di luce che avevano formato i lampadari all'interno della stanza.

È due giorni che Carter non mi parla e non so se prenderlo a calci o trafiggerlo con Onda.

Passo il tempo ad allenarmi con Percy e Als e studiare con Annabeth giusto per non pensare a lui ma mi è praticamente impossibile e credo di star iniziando a somigliare a una dodicenne alle prese con la sua prima cotta. Inoltre, mio fratello mi ha spiegato chi erano quei ragazzi del video, affermando che Annabeth aveva intuito qualcosa sui Leviatani, senza però avere certezze: Jason, Piper, Leo, Frank ed Hazel, al Campo Giove con furore per una sorta di scambio culturale con la controparte romana del quale non ho capito nulla.

Li ho conosciuti tramite dei messaggi Iride e sarei disposta a fare ben altro pur di non pensare a quell'idiota.

Odio sentirmi così, forse perché sono emozioni totalmente nuove per me eppure, il volto di Carter non vuole lasciare i miei pensieri e sto iniziando seriamente ad odiarlo, per questo.

Non ho mai neanche avuto il bisogno di esternare a qualcuno i miei problemi e invece, per colpa di Carter, sento quasi la necessità di parlarne, di sentire cosa potrebbero dirmi e, per questo, mi sento ancora più deficiente.

Comunque sia, oggi è giovedì e Percy non torna stasera perché è la sua serata con Annabeth, e Tyson è tornato giù nelle fucine con Poseidone.

E io sono sola.

Ma non mi lamento, alla fine ci ho fatto l'abitudine e da una parte mi piace anche, nonostante stia pensando troppo a Carter e alle sue labbra sulle mie e alle sue mani che mi accarezzano come non ha mai fatto nessuno.

Scuoto la testa fissando la fontana sul fondo della nostra capanna e che Percy, quando aveva quattordici anni, aveva rotto con un colpo di spada anche se adesso è tornata nuova.

Torno a sdraiarmi sul mio letto fissando il soffitto e allungando una mano per cercare di toccarlo anche se so che è impossibile.

Sono totalmente immersa nei miei pensieri quando due vigorosi pugni alla porta mi fanno sussultare e mi siedo di scatto rischiando di beccare il soffitto con la testa. I pugni continuano e mi stringo il ciondolo che, stranamente, non è per niente caldo.

Balzo giù dal letto con un leggero tonfo ed esito, con la mano sulla maniglia della porta e preparandomi a qualsiasi cosa. La spalanco pochi attimi dopo e vedo Carter solo di sfuggita prima che mi prenda il viso tra le sue mani grandi e prema con forza le sue labbra sulle mie, chiudendosi la porta della cabina alle spalle con un piede.

Sono disarmata, completamente e apro i palmi delle mani sul suo petto per spingerlo via perché io sono meglio di così, perché io ho smesso di farmi usare dalle persone ma poi la sua lingua mi schiude con forza le labbra e io dimentico tutto il resto.

**Gli stringo la felpa arancione del Campo tra i pugni e respiro forte contro le sue labbra aperte quando lui si allontana da me un paio di centimentri prima che possa tornare ad attaccare la mia bocca con foga.

In questi baci c'è tutto: c'è denti, saliva, anche morsi e respiri mozzati e mi rendo conto che la felpa che porta Carter è troppo ingombrante. Ne cerco l'orlo con gli occhi ancora chiusi mentre le nostre lingue si fondono assieme senza darsi tregua.

Smettiamo di baciarci il tempo necessario perché gli possa togliere la felpa e Carter mi arpiona i fianchi spingendomi verso uno dei letti e cadendo sopra di me.

Rido e lui mi bacia il naso accarezzandomi la guancia con i polpastrelli.

- Sei bellissima - mi dice e rido ancora, perché non ci credo.

Gli passo una mano tra i capelli scuri e mi sporgo verso di lui, cercando ancora una volta le sue labbra rosee e delle quali non posso fare a meno, - lo dici solo perché stiamo per fare sesso.

Carter ride e vorrei tanto che non smettesse mai.

Mi piace la sua risata per quanto una constatazione del genere possa sembrare patetica.

- Forse - mormora poi chinandosi verso di me e premendo ancora le labbra sulle mie, facendomele schiudere e sorpassando il tessuto della felpa del Campo per accarezzarmi la pelle nuda dei fianchi.

Sollevo leggermente il busto e la mia felpa va a fare compagnia alla sua.

Non so perché lo stomaco mi faccia così male.

Non so neanche perché mi stia venendo voglia di sorridere come un ebete o di accarezzare ancora la pelle nuda di Carter o di sentire le sue mani grandi che accarezzano la mia.

Non so perché mi senta in questo modo ma mi piace e lui mi bacia ancora senza mai smettere, come se non potesse farne a meno o come se dipendesse dalle mie labbra tanto quanto io dipendo dalle sue.

Mi accarezza la curva del seno coperta dal reggiseno scuro, la pancia, i fianchi e il bottone dei jeans, staccandosi da me il tanto necessario per toglierlo dall'asola e tirare leggermente giù l'orlo.

Ho il cervello in pappa e intreccio le dita dietro al suo collo baciandolo ancora, un attimo prima che lui si allontani da me, tirandomi i pantaloni e buttandoli a terra da qualche parte, tornando su di me baciandomi il naso, le labbra, la guancia, la mascella e il collo.

Schiude la labbra sulla mia pelle, succhiando e leccando delicatamente e io gemo a labbra chiuse, serrando le palpebre e abbadonandomi a lui.

Mi sento in colpa però perché lui merita di stare bene tanto quanto sto bene io e gli accarezzo lentamente il petto, soffermandomi a ogni rilievo dei muscoli allenati e arrivando all'orlo dei suoi jeans.

Carter si allontana da me e lo guardo confusa negli occhi scuri, chiudendoli quando lui preme ancora le labbra sulle mie, con cautela, quasi avesse paura di farmi del male. - No - dice e non riesco a capire che stia succedendo quando si siede sul letto tra le mie gambe aperte togliendosi i jeans e restando solo in boxer scuri che gli cingono le gambe allenate e lasciano vedere.. tutto quello che c'è da vedere.

Mi siedo anche io e mi protendo verso di lui tornando a baciarlo e cingendogli il collo con le mani, rabbrividendo quando le sue mani grandi si aprono sulla mia schiena, giocando con il gancetto del reggiseno senza mai aprirlo.

Mi bacia ancora, mi bacia lentamente, si concede un'esplorazione languida della mia bocca e io gli permetto di farlo, tornando a sdraiarmi sul materasso e tirandolo giù con me.

Le mani di Carter mi stringono i fianchi e mi chiedo, mentre mi bacia, per quanto tempo abbia intenzione di torturarmi ancora, senza mai andare al sodo.

Fa scorrere le mani sul mio corpo prima di portarle sulla schiena e guardo il luccichio dei suoi occhi alla penombra della mia cabina. Sembra quasi mi voglia chiedere il permesso, sembra quasi che abbia davvero paura di farmi male e corrugo la fronte, annuendo un paio di volte.

Lui si china ancora su di me, baciandomi piano e sento l'elestico del reggiseno allentarsi e le coppe sollevarsi. Carter mi guarda ancora e allungo le braccia per facitargli il compito mentre mi lascia semi-nuda sotto di sé.

- Sei bellissima - esala ancora in un sospiro e si muove leggermente, facendo sfiorare involontariamente le nostre intimità.

La sua mascella si contrae e io gemo, inebriata da quella punta di piacere che però, non è ancora abbastanza.

Voglio di più perché lo desidero e perché devo dargli piacere.

Devo vederlo felice e soddisfatto. È così che funziona.

Con le mani raggiungo il cavallo dei suoi boxer e il suo petto sfrega contro il mio nudo mentre si china a baciarmi ancora.

Intercetta i miei movimenti e si allontana da me facendomi corrugare la fronte confusa. Intreccia le nostre dita e mi piega le braccia ai lati della mia testa.

- No - mi dice leggermente affannato e mi chiedo dove voglia arrivare o perché non mi stia permettendo di fare qualcosa per farlo star bene. - Tu sei Ariel Miller, hai sedici anni e sei vergine.

Ci metto un po' per metabolizzare le sue parole, il suo sorriso e le labbra che poi mi lasciano un bacio sul naso.

Ci metto un po' perché nessuno mi ha mai trattato come se fossi una vergine e, se non fossi così orgogliosa, lasciarei anche che le lacrime che mi pungono le palpebre scorrano libere sulle mie guance.

Intreccio le dita sul collo di Carter e lo tiro verso di me lasciando che le nostra labbra si incontrino per qualche secondo prima che lui mi possa osservare con le sue pozze scure, inchiodandomi al materasso per l'intensità che mi regala.

- Brava, principessa - sussurra e poi mi bacia le labbra prima che possa protestare per quel soprannome.

Mi bacia la guancia, la mascella e il collo dove esita un po' di più schiudendo le labbra e succhiando e leccando con una delicatezza che, prima di oggi non ho mai conosciuto.

Affondo le mani nei suoi capelli scuri e lui sorride sulla mia pelle continuando a baciarmi il collo fino a che non è soddisfatto. Chiudo gli occhi e gemo leggermente quando una mano mi stuzzica il seno nudo e l'altra le mutande nere e lui sorride ancora continuando quella scia umida di baci che mi sta facendo attorcigliare lo stomaco come impazzito.

Mi bacia la spalla, la clavicola e lì dove batte il cuore, sopra il seno sinistro, indugiando più del dovuto. Mi accarezza i fianchi mentre continua, baciandomi l'incavo tra i seni e il ventre piatto, esattamente sopra l'ombelico.

Gemo leggermente quando le sue mani arrivano all'elestico delle mutande e per quanto non sia abituata a così tanta lentezza, annuisco un paio di volte quando i suoi occhi scuri cercano i miei.

Mi tira giù l'ultimo indumento che ho addosso piano, senza fretta e la pelle mi si cosparge di brividi quando le sue mani calde seguono l'esatto percorso delle mie mutande prima di esser levate e gettate a terra da qualche parte.

Penso che adesso mi penetrerà, mi farà finalmente sua ma ho sbagliato a giudicare Carter come il donnaiolo che pensavo fosse.

Mi alza la caviglia sinistra e la bacia salendo poi verso di me lentamente e lasciando un bacio su ogni porzione di pelle che le sue labbra morbide incontrano.

Quando arriva all'interno coscia lo stomaco si chiude in una morsa ancor più forte e lui mi bacia la pelle sensibile vicino all'intimità, prima di continuare a baciarmi sullo stomaco, arrivando poi alle labbra.

Si puntella con i gomiti accanto alla mia testa e sento la sua erezione compressa nei boxer che preme contro il mio stomaco mentre le nostre fronti rimangono unite, così che possiamo guardarci negli occhi.

Per un attimo, una punta di fastidio cancella tutto quello che abbiamo condiviso fino ad adesso perché mi sembra impensabile che lui si sia comportato così anche con qualcun'altra, ma poi mi bacia, facendomi schiudere le labbra e accarezzandomi il collo e tutto passa in secondo piano.

Non mi importa più di niente, solo di lui che mi sta baciando come non ha mai fatto nessuno, che mi sta accarezzando come non sono mai stata accarezzata e che mi guarda con una scintilla negli occhi, come se fossi la persona più importante che ha.

- Sei bellissima - mi dice ancora e non riesco neanche a rispondere sarcasticamente perché le emozioni mi hanno completamente travolto.

Sono nelle sue mani, sono in balia della corrente di nome Carter e aspetto che sia lui a fare qualcosa perché, quando mi bacia ancora, io dimentico tutto ciò che ho imparato sugli uomini in questi anni.

Dimentico ogni cosa e le mani mi tremano leggermente mentre accarezzo con i polpastrelli i muscoli contratti della sua schiena, segno che non sono affatto l'unica nervosa in questa cabina.

- Sei bellissimo anche tu - mormorò, allungandomi per parlargli contro all'orecchio. Il suo petto nudo contro il mio vibra, segno che sta ridendo.

Crollo sul materasso con un sorriso e lui mi bacia ancora il naso guardandomi con quella scintilla negli occhi scuri che mi fa quasi piangere.

- Vuoi fare tu? - mi domanda poi alludendo ai suoi boxer, l'unico tessuto che divide parzialmente i nostri corpi caldi, e annuisco un paio di volte guardandolo negli occhi mentre faccio scorrere le mani sul suo torace allenato, arrivando poi all'elastico dei boxer.

Carter chiude gli occhi quando, con il palmo della mano gli sfioro volontariamente l'erezione. Gli tocco il viso per qualche istante sollevandomi per premere le mie labbra contro le sue ancora una volta e poi mi dedico al suo intimo, tirandolo lentamente giù lungo le cosce.

Gli bacio la gola scivolando leggermente sotto il suo corpo e facendo scorrere ancora i boxer lungo le sue gambe allenate e lisce, lasciando che il mio stomaco sfiori la sua erezione.

Alla fine, quando gli ho abbassato i boxer abbastanza, Carter li scalcia via e io mi risistemo sotto di lui, accarezzandogli il petto con le mani e cercando un bacio.

Carter me lo nega e poggia la sua fronte contro la mia respirando con forza mentre i nostri petti ansanti si sfiorano l'uno con l'altro.

Mi bacia solo dopo qualche secondo e quando sono troppo impegnata ad accarezzargli petto e capelli, lui mi stuzzica l'entrata con un dito, facendomi allontare di colpo da lui e gemere.

Spinge ancora più a fondo delicatamente e inarco la testa all'indietro, mordendomi il labbro e trattenendo i gemiti che minacciano di scivolare via dalla mia bocca.

Muove il dito dentro di me e gli stringo i capelli in un pugno, sopraffatta dal piacere, dalle gambe che tremano e dal cuore che sta battendo decisamente più veloce del normale.

Carter mi bacia il collo e mi morde il lobo. Lo posso quasi sentire sorridere mentre aggiunge un secondo dito aumentando il piacere che mi sta rendendo schiava delle sue azioni. - Voglio sentirti, Principessa - soffia contro il mio orecchio muovendo le dita dentro di me abilmente e facendomi gemere ancora una volta a labbra chiuse. - Fatti sentire - e sembra quasi che mi stia pregando, ansimando contro il mio orecchio e continuando a muovere due dita dentro di me.

Serro stoicamente le labbra quando mi stuzzica il clitoride con il pollice, roteandolo lentamente, un gemito più forte degli altri abbandona le mie labbra e Carter sorride, baciandomi ancora.

Muove ancora le dita sulla mia intimità e il cuore mi batte all'impazzata per il piacere che arriva più forte di quanto pensassi.

Mi agito sotto di lui stringendogli i capelli in un pugno, chiudendo gli occhi e gemendo più piano che posso mentre le sue labbra lavorano in sincrono con le dita, baciandomi la pelle calda del collo.

Le gambe tremano ancora e un gemito più forte degli altri lascia le mie labbra facendomi contorcere ancora sotto il corpo di Carter che continua a muovere abilmente le dita in me.

- Voglio sentirti - riesco a dire tra gli ansimi incarcandomi ancora contro il suo petto e sentendo la sua erezione sulla mia pelle. - Voglio sentirti - e quasi lo prego aprendo di poco gli occhi e cercando le sue sfere scure.

Carter mi guarda smettendo di muovere le dita.

Lascio che il cuore batta in modo più regolare e poi esce da me, puntellando i gomiti accanto alla mia testa e osservandomi come se potesse leggermi dentro.

Si china e mi lascia un bacio a fior di labbra entrando in me con una delicatezza che non pensavo neanche possedere.

Entra in me e mi guarda ancora come se potesse fare realmente male, come se stessi soffrendo invece di scoppiare di gioia perché -diavolo- io sto facendo l'amore per la prima volta.

E quando Carter inizia a muoversi, non c'è più spazio per nient'altro.

C'è spazio solo per noi due e per i corpi che sfregarono sudati tra loro.

C'è spazio per le nostre labbra gonfie che si cercano di continuo come se non potessero mai avere abbastanza le une delle altre.

C'è spazio per i gemiti che riempono la cabina, per gli sguardi vacui e i movimenti lenti.

C'è spazio per i cuori che battono all'unisono, per i petti ansanti e i respiri radi.

C'è spazio per il piacere che mi rende schiava di lui e di Carter. Che mi priva di ogni mia barriera o scudo lasciandomi nuda in modo nettamente diverso da quello che interebbe chiunque altro.

C'è spazio per lo stomaco che mi fa male perché per la prima volta in vita mia, io con Carter mi sento completa in un modo totalizzante che non riesco neanche a spiegarmi.

Mi irrigidisco sotto di lui quando il piacere si fa più inteso, abbastanza da non farmi pensare più a niente se non a Carter.

Lo sento arrivare, sembra quasi partadalla punta dei piedi facendomi tremare le gambe che stringo istintivamente ai fianchi di Carter e contraendo il bacino. Lo sento arrivare con forza, so che sarà travolgente e io sono pronta per accoglierlo, lo voglio con tutta me stessa.

Inarco la schiena all'indietro e graffio la pelle di Carter quando vengo totalmente travolta da lui e dalle emozioni che è riusciuto a farmi provare in così poco tempo.

L'orgasmo è forte e prende me qualche secondo prima di lui. Riesco ad aprire gli occhi in tempo quando lo sento stringere i miei capelli sparsi sul cuscino in un pugno, in tempo per vedere le palpebre serrate, la mascella contratta, pieno di me esattamente come lo sono io di lui.

Ed è talmente tanto bello in quel momento, talmente tanto perfetto, che un secondo orgasmo mi prende ancora spingendomi a chiudere gli occhi e graffiargli la schiena.

Carter grugnisce di piacere ed è un suono talmente tanto sexi che devo contenermi per non venire ancora.

Pochi istanti dopo, lui si accascia su di me, stanco tanto quanto lo sono io, posando la testa sul mio petto e avvolgendomi con le braccia forti, proteggendomi dai miei demoni che forse ho appena sconfitto.

Rimane dentro di me ma questo non fa che aumentare il senso di completezza che ho sentito da quando lui ha fatto l'entrata a sorpresa in camera mia.

Preme le sue labbra stanche sulle mie e poi esce da me, stendendosi al mio fianco e prendendomi tra le braccia.

Mi avvolge completamente e gli regalo un sorriso lasciando che lui mi baci ancora inebriandomi del suo profumo, un mix perfetto di sudore e qualcos'altro che non riesco ad identificare ma che è solo e solamente suo.

- Com'è andata come prima volta? - mi domanda guardandomi negli occhi e io rido, piegando la testa all'indietro per un secondo e sporgendomi poi in avanti per baciargli il petto.

- Perfetto - gli dico e lui cerca ancora le mie labbra avvolgendomi contro di lui e tirando su di noi le coperte.

E adesso, sono certa di essere totalmente e completamnte la sua principessa. Affondo la testa nel suo petto e Carter mi stringe ancora.

Solo in questo momento permetto a una lacrima solitaria di rigarmi sulla guancia, lenta. Mi sfiora le labbra e la intercetto mentre cade sul cuscino, bagnandolo leggermente.

Io sono la sua principessa.

Forse, lo sono sempre stata.

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