Capitolo 5

Ade's POV

Mi trovavo nella sala del trono insieme ai miei fidati giudici per emettere la sentenza alla lunga fila di anime che attendevano il verdetto. Ascoltavo annoiato la maggior parte di esse con la testa appoggiata sul pugno della mano, tutto scorreva dannatamente lento quando ad un tratto un grido di dolore squarciò l'aria, facendomi sobbalzare. 

"Ade! Ade, aiutami!"

Riconobbi immediatamente la voce di mia moglie chiamarmi. Mi precipitai fuori dalla sala e davanti a me si presentò dedalo di strade, come se si aprisse il labirinto di Cnosso. Io iniziavo a correre disperatamente, inseguendo la voce di Persefone che sembrava provenire da ogni direzione. Più sembrava avvicinarmi alla voce che mi chiamava, più la strada diventava infinita. Sentivo il sudore freddo scorrermi lungo la schiena, non sapevo cosa fare, in più di due millenni di regno, e tre di vita, era la prima volta che non sapevo come comportarmi. Ad un tratto vidi una luce dorata in lontananza che sembrava mostrare la stanza, mi avvicinavo lentamente e li potevo vedere Persefone, che piangeva disperata con Illizia e Asclepio ai piedi del letto su cui era distesa. Quando mi vide sorrise, invitandomi sedere al suo fianco, prendendo la mia mano nella sua e stringendola forte. Dopo non molto tempo le grida di mia moglie cessavano e Illizia teneva tra le braccia quello che sembrava un bambino. 

"È un maschio o una femmina?"

La domanda che Persefone rivolse alla donna era grondante di entusiasmo, così come gli occhi che rivolse a me, pieni di gioia e amore, che dovevano essere lo specchio dei miei.

"Mia signora... mio signore... non so come dirvelo..."

"Cosa? Cosa non sai come dircelo?"

"Il bambino... è nato... morto, mio signore."

Io rimanevo senza fiato, mentre Persefone iniziava a urlare come se fosse impazzita. Lei cominciava a scalciare, urlando di non credere a ciò che Illizia aveva appena detto. Persefone lo prese in braccio strappandolo dalle braccia della dea del parto, in quel momento potremmo vedere il bambino senza vita che Persefone iniziò a cullare piangendo. Ad un tratto ci trovammo stranamente soli, in un attimo non c'era più nessun altro nella stanza. Dopo che mia moglie si riprese, si voltò verso di me con occhi di brace.

"La colpa è tutta tua! Mi hai costretta a vivere in questo posto, mi hai condannata, mi hai addirittura dato la speranza di poter avere un figlio per poi togliermelo così ingiustamente! Sei un mostro, dovevo capire che le Parche non avrebbero concesso un figlio è un essere abominevole come lo sei tu!" Ogni parola aveva trapassato il mio corpo come una spada affilata ma fu l'ultima che spezzò il mio cuore nel petto. "Io ti odio Ade, ti disprezzo, non ti ho mai amato e mai ti amerò, mostro!"

Mi svegliai di soprassalto, mettendomi a sedere sul letto ansimante con il sudore che scendeva lungo la mia schiena. Iniziai a respirare lentamente cercando di calmare il mio respiro, presi la testa fra le mani cercando di calmare il mio nervosismo. Mi voltai e vidi Persefone dormire pacificamente su un fianco, io mi raggomitolati intorno a lei, stringendola forte e accarezzandole il ventre. La vidi sorridere nel sonno, per poi voltarsi verso di me e stringermi a lei. Ispirai il suo profumo di rosa selvatica, cercando di calmare la mia mente inquieta. Non riuscivo a togliermi dalla testa il sogno che avevo appena fatto, e tutti quelli che avevo fatto le notti precedenti, avevo paura del significato di quei sogni. Strinsi i denti come un animale feroce, sapevo a chi dovevo rivolgermi. Saltai fuori dal letto e indossai velocemente la mia armatura, afferrando il bidente e uscendo velocemente dalla stanza. Giunsi al palazzo di Hypnos, recandomi nella stanza dove sapevo avrei trovato Forbetore. Quando mi vide spalancare ferocemente la porta, sobbalzò. Indietreggiò verso il muro dove io lo bloccai con il bidente, stringendogli il collo con la mia arma. 

"Che significato aveva il mio sogno?"

"Non lo so, mio signore, il sogno è dovuto a congetture della vostra mente, non sono cose reali ma la realizzazione delle vostre paure, sono passati per la porta Ebu..."

Non gli diedi nemmeno la possibilità di finire, lo lasciai cadere a terra e mi recai nell'unico posto in cui avrei potuto ricevere delle risposte concrete. Il mio cuore martellava nel petto impaurito nel conoscere la verità. Spalancata la porta del loro palazzo, nessuno sembrava stupito.

"Mi avevate detto che non avrei mai potuto avere figli, perché adesso Persefone è incinta? Rispondete!"

"Aidoneus io avevo detto che non avresti mai potuto avere figli con il Sottosuolo, Persefone è una dea della terra e, in modo particolare, della fertilità; era quasi inevitabile che lei, primo o poi, sarebbe rimasta incinta."

Io rimasi scioccato alla rivelazione di Moros, indietreggiai, quasi barcollando non sapendo come comportarmi.

"Quindi... io avrò... Persefone non lo..."

"No, non ci sarà alcun aborto, la gravidanza si concluderà nel migliore dei modi."

"L'unico a cui dovrai prestare attenzione sarà l'ultimo nato."

"Perché? Avrò più di un figlio? Che avrà l'ultimo nato?"

Mi senti stordito da tutte quelle rivelazioni che stavo ricevendo tutte insieme, non riuscivo ancora a capacitarmi del fatto che avrei avuto un figlio, ora avrei dovuto metabolizzare il fatto che ne avrei avuti diversi. Ananké si sporse dal suo trono, per la prima volta scendendo dallo scranno e venendo verso di me, prendendo il volto tra le sue mani. Non avevo mai notato la grande differenza di altezza tra noi, visto che era sempre seduto sul suo trono, i capelli nero corvino sistemati accuratamente sulle spalle mentre gli occhi azzurri erano fissi nei miei argentei.

"Mio caro, forse non lo crederai ma sei sempre stato il nostro prediletto... purtroppo non possiamo impedire ciò... la morte benedetta, i fantasmi, i riti orfici sono diversi dalla ricchezza."

"Che... che vuoi dire?"

"Per il momento non posso dirtelo ma un giorno capirai ciò che intendo."

La figlia del Caos tornò a sedersi mentre i miei occhi saltavano da una figura all'altra, quando vidi che nessuno dei tre parlava più, me ne andai. Tornai nel mio letto, sistemandomi vicino a Persefone che si strinse forte a me. Non capii quello che Ananké voleva dirmi ma sapere che presto avremmo avuto un bambino, che sarebbe sopravvissuto e che lo avremmo cresciuto, mi fece sorridere felice come non lo ero mai stato in vita mia.

Il giorno seguente mi adoperai per preparare il banchetto che avremmo tenuto con tutti gli dei inferni per annunciare la sua gravidanza. Appena arrivai nella sala dove si sarebbe tenuto il banchetto fui rapito da Thanatos che mi aggiornò sulle ultime anime che aveva raccolto e che io avrei dovuto giudicare. Sentii in quel momento degli occhi puntati su di me e quando mi voltai, notai Persefone che si girava velocemente e si ricava dall'altra parte della stanza. Corrugai le sopracciglia, chiedendomi il perché del suo comportamento stranamente così freddo, lei che era la persona più affettuosa e, per la maggior parte del tempo, più appiccicosa di sempre.

In quel preciso momento notai Hypnos che si dirigeva con uno sguardo preoccupato verso la mia direzione.

"Ade, possiamo parlare?"

Io feci cenno di sì, e ci muovemmo una parte isolata dal gruppo che parlava e scherzava tra loro.

"Cosa c'è che ti preoccupa, Hypnos?"

"Potrei farti la stessa domanda."

"Che vuoi dire?"

"Riguarda Persefone, lei pensa..."

Fummo interrotti da Erebus che si avvicinò a suo figlio e iniziò a parlargli. Quando iniziò la cena, incrociai più volte il suo sguardo, sorridendole rassicurante, gustandomi la sua espressione che tornava ad essere felice e raggiante. Mi disse più volte ti amo sottovoce, solo a me, facendomi sorridere entusiasta. Dopo aver fatto il brindisi, la vidi avvicinarsi e la tirai in grembo su di me, baciandola davanti a tutti senza ritegno, forse anche per il vino che avevo bevuto abbonatemente.

"Quindi... sei felice?"

"Di cosa?"

"Del bambino!"

"Perché non dovrei?"

"Non lo so! Eri distante, credevo non volessi... questo... b..."

Ripensai al suo comportamento di prima e a ciò che Hypnos mi stava per dire. Ero rimasto talmente attonito dalla notizia della gravidanza che le avevo dato l'impressione di essere infelice.  La baciai nuovamente senza remore, scendendo con le mie labbra lungo il suo collo.

"Sono la persona più felice della terra, non pensare al mio comportamento, erano cose sciocche! Godiamoci questa serenità!"

"Ancora per poco!"

Mi staccai dalla sua pelle per incontrare i suoi occhi confuso, incontrando il suo sorriso divertito.

"Che vuoi dire?"

"Dobbiamo dirlo a mia madre e aspetta che saprà quando è stato concepito e di conseguenza il dove!"

"Vuole sapere anche il come? Perché i ricordi di quella notte li ho ancora vivissimi nella mia mente."

Sospirò felice mentre mi tirava leggermente i capelli facendomi chiudere gli occhi.

"Anche i miei!"

"Beh... niente ci impedisce di replicarla!"

Senza che potesse obiettare la presi in braccio e la portai in camera nostra. Lei appoggiò la testa sul mio petto e io la portai lungo il corridoio che conduceva verso la nostra camera. 

"Credi che sia maschio o femmina?"

Io ci rifletterei un po' su, per poi rispondere alla sua domanda cercando di trattenere l'eccitazione.

"Sento che sarà un maschio, sarà il primo erede del mio trono."

Prima che Persefone potesse rispondermi, sentimmo un rumore di qualcosa che cadeva e si rompeva. Mi voltai e vidi Menta che stava con la bocca aperta e vassoio in mano con tutto il contenuto per terra, con cocci e vetri rotti sparsi ovunque.

"Stai... state... voi... il..."

"Sì, stiamo per avere un bambino, il nostro primo erede e stiamo al settimo cielo!"

Vedi il ghigno di Persefone e lo sguardo di disperazione che Menta mi rivolse, facendomi leggermente stringere il cuore e osservando come mia moglie avesse ereditato un po' della mia natura sadica.

Sotto l'influenza del vino, non le prestai attenzione, recandomi semplicemente nella nostra stanza, lasciando Menta con quelle che sembravano delle lacrime che rotolavano lungo le sue guance di porcellana. Persefone invece sembrava soddisfatta e, quando la misi a terra, mi baciò con tanto fervore da farmi cadere sul letto. Iniziò a baciarmi il collo, mordendomi leggermente la pelle, facendomi chiudere gli occhi e buttare la testa all'indietro.  Visto l'immenso desiderio di Persefone di dimostrare che ero solo suo, le lasciai farmi tutto ciò che voleva, aiutata anche da tutto l'alcol che avevo ingurgitato, facendo durare quella notte fino all'alba.

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