Capitolo 3
ELEONORE
Mi dimenticai di impostare la sveglia e ovviamente dovetti prepararmi di corsa per riuscire a essere impeccabile per il primo giorno di scuola.
Facevo sempre lo stesso errore, prenotavo il volo di ritorno a New York per il giorno (anzi la sera) prima del rientro.
Per fortuna la divisa scolastica mi è sempre stata di grande aiuto per non dover spendere ore e ore davanti allo specchio. A differenza di tante mie compagne, io non la trovavo così orribile.
Scesi di corsa le scale e mi affrettai a uscire di casa senza che nessuno mi potesse vedere. Se la mamma avesse saputo che ero arrivata tardi proprio il primo giorno di scuola mi avrebbe sicuramente sgridata.
Afferrai la maniglia del portone d'ingresso pronta per uscire in punta di piedi, ma sentii dei passi dietro di me.
«Non così in fretta, principessa».
Mi girai con un grande sorriso e lo abbracciai forte. Mi era mancato più di tutti in questi due mesi in Italia.
Con mio padre ho sempre avuto un buon rapporto e abbiamo tanti bei ricordi insieme.
«Papà, mi sei mancato tanto. Ma cosa ci fai qui? Non dovresti essere in ospedale?»
«Sshh, la mamma non sa niente! Sono tornato tardi ieri sera e mi sono concesso un'ora in più a letto. Usciamo prima che si svegli e sgridi tutti e due».
Uscimmo entrambi senza fare il minimo rumore e chiudemmo piano il portone alle nostre spalle. Una volta fuori e lontani dall'entrata ci guardammo negli occhi e cominciammo a ridere. Mi piaceva vederlo sorridere, con mamma era sempre serio e cupo.
Mi diede un bacio sulla fronte e augurandomi buona giornata si avviò verso il suo gioiellino. Una Porsche nuova di zecca che penso considerasse come una seconda figlia.
Lo seguì per dirigermi alla mia auto, pronta per andare a scuola.
«Ah tesoro, quasi dimenticavo. Ho chiesto ad Adele di portare la tua Audi in officina. Perché non chiedi a Oliver di accompagnarti a scuola con la Jeep? Ti voglio bene. A più tardi».
Perfetto, ero in ritardo e dovevo farmi dare un passaggio da Oliver. Da quando abbiamo avuto l'ultima discussione qualche anno fa il nostro rapporto si è rotto definitivamente. Vorrei tanto riallacciare i rapporti con lui, mi sento troppo in colpa per come l'ho trattato, ma da allora ogni volta che provo ad avvicinarmi a lui per chiedergli scusa, lui cambia strada quasi schifato dalla mia presenza. Mi manca così tanto parlare con lui.
«B-buongiorno...»
È lui. Forza Ellie, voltati e prova a dirgli qualcosa di sensato.
«Hey». Ecco appunto.
«Suo padre mi ha chiesto di portarla a scuola con la Jeep, è pronta?»
«Sì, ma ti prego, non darmi del lei. Te l'ho già detto tante volte, non mi importa cosa pensa mia madre, Oliver. Ci conosciamo da una vita.»
Diceva che era la signora Tallish a richiedere un tono più formale tra tutto il personale della casa e i padroni di casa, ma io ero sicura che il vero motivo fosse dimostrarmi il suo perenne distacco e questo mi mandava fuori di testa.
Senza neanche rispondermi aprì la macchina e salì. Per tutto il tragitto da casa a scuola lui non aprì bocca, il suo sguardo serio era fisso sulla strada e le sue guance si erano arrossate.
Avrei tanto voluto dirgli qualcosa, ma cosa? Da bambini, appena ci vedevamo non riuscivamo più a stare zitti, parlavamo e ridevamo di continuo. In quel momento mi sembrava di essere seduta accanto a un estraneo e questo mi faceva male, perché sapevo che in parte era colpa mia.
Avrei tanto voluto tornare a come eravamo un tempo, ma la mamma continuava a ripetermi che fosse meglio così e che lui non mi avrebbe mai capita, non sarebbe mai riuscito ad abituarsi al mio stile di vita. Effettivamente le nostre ultime liti sono scoppiate proprio per questo motivo.
Con la coda dell'occhio cercavo di osservarlo senza farmi vedere. Era diventato proprio un bel ragazzo. Aveva degli occhi color nocciola, capelli scuri, i classici tratti dei ragazzi con origini latine ereditate dal padre. Dalla maglietta da lavoro ben aderente al corpo si intravedeva un accenno di addominali, muscoli sui bicipiti e pettorali davvero niente male. Il lavoro in giardino sotto il sole estivo newyorkese aveva reso la sua pelle di un fantastico colore ambrato.
La vibrazione del mio cellulare mi riportò alla realtà. C'era un messaggio da Aryn e tre chiamate perse da Bella. Erano le mie due migliori amiche, ma a volte sapevano essere davvero estenuanti.
"Eleonore! Dove sei? Non puoi essere in ritardo proprio il primo giorno di scuola! Oggi ci sono gli allenamenti delle matricole alle dieci!"
Arrivammo nel grande parcheggio della scuola e salutai Oliver velocemente per non perdere altro tempo. Lui sembrava deluso, come se si stesse aspettando qualcosa da me e rispose al mio saluto con un semplice sorriso forzato. Per tutto il tragitto, nessuno dei due aveva emesso alcun suono, che cosa si aspettava ora?
Entrai a scuola di corsa, ma dovetti aspettare il suono della campanella della seconda ora per poter entrare in classe e ovviamente mi beccai il mio primo richiamo.
Ne approfittai per sistemare i libri più pesanti dentro il mio armadietto.
"Quest'anno Eleonore devi impegnarti a tenere in ordine il tuo spazio, dopo tutto sei una senior ormai!".
Ma sapevo già che tra meno di una settimana ci sarebbe stato il caos là dentro.
Ad un tratto sentii qualcuno avvicinarsi e aprire l'armadietto accanto al mio. Facevo sempre amicizia con i vicini, così chiusi il mio armadietto velocemente e lo salutai porgendogli la mia mano.
«Ciao, piacere Eleonore. E tu sei?»
«In ritardo per la prova d'ammissione in piscina. Oh, non che serva un test per capire quanto io sia bravo, dico bene?».
Era davvero molto alto, il classico ragazzo biondo con gli occhi azzurri che si crede bello da paura. Ma chi l'ha detto che un ragazzo con quelle caratteristiche debba considerarsi automaticamente oggettivamente carino?
Si voltò a guardarmi solo per sfoggiare un sorriso provocante, per i quali ogni ragazza di questa stupida scuola si sarebbe sciolta. Tutte eccetto una.
"Ma come si permette di trattarmi così? Chi si crede di essere quello?!"
Ero così nervosa che non sentii la campanella scandire la fine della prima ora. Due minuti dopo, infatti, mi ritrovai a terra per colpa di due ragazzini disorientati alla disperata ricerca dell'aula giusta.
"Ben tornata a scuola Eleonore Tallish" pensai, recuperando i miei quaderni sparsi per terra e rialzandomi il più velocemente possibile.
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