Capitolo 18

ELEONORE

I mesi di agosto e settembre passarono velocemente. Il rientro a scuola non fu uno dei migliori in assoluto, in una sola settimana erano successe davvero troppe cose. Avevo litigato con una delle mie migliori amiche che ora mi rendeva la vita impossibile durante gli allenamenti con le cheerleader, avevo scoperto che Bella era rimasta incinta e facevo del mio meglio per rimanerle accanto moralmente e psicologicamente ogni giorno, ero stata ad una festa in cui uno sconosciuto voleva approfittarsi di me ed ero finita io in detenzione a scuola per aver provato a reagire tirandogli un pugno, avevo trovato un nuovo amico, Travis, che si era preso la colpa insieme a me e mi aveva alleggerito quelle ore interminabili in punizione, raccontandomi vari aneddoti sulla sua vita. Ma la cosa più importante e straordinaria accaduta durante quelle prime settimane fu proprio il mio riavvicinamento con Oliver. Era difficile tornare quelli di un tempo, non eravamo più bambini dopotutto, non potevamo azzerare e dimenticare il passato in pochi secondi. Il secondo ostacolo da superare era mia madre. Anche quando non era in casa sapeva esattamente cosa stessi facendo, con chi fossi e io ero sempre più convinta che alla villa fossero state installate delle telecamere e dei microfoni a mia insaputa.

L'Audi finalmente era stata riparata e io potei ritornare a guidare sentendomi più indipendente. Quando riferii a Oliver che non avrebbe più dovuto portarmi lui a scuola giurai di intravedere una smorfia di tristezza sul suo volto, ma cercò di mascherarla con un fugace sorriso abbozzato. Nonostante gli avvertimenti della mamma, aveva insistito per portarmi lui in giro quando lei non era in casa a tenerlo d'occhio e io accettai volentieri. Sentivo il desiderio di recuperare gli ultimi due anni lontana dal mio migliore amico, sapere cosa avesse fatto, se avesse conosciuto qualcuno, o qualcuna. Lui sembrava conoscere molto bene la mia vita, mentre io non sapevo più nulla di lui.

"Ci vedremo qui alla villa ogni giorno. Mamma non potrà mica puntarmi una pistola contro solo perché parlo con te, giusto? E poi è passato del tempo dall'ultima volta che si è arrabbiata, sicuramente le è passata".

Non capivo se gli stessi dicendo quelle cose per convincere lui o me stessa della situazione. Conoscevamo bene entrambi la mamma. Non aveva mai sopportato Oliver e a stento tollerava Adele. Ma per qualche strana ragione non aveva mai pensato di licenziarla e assumere una nuova domestica.

Le due settimane di punizione a scuola stavano per giungere al termine. Il preside O'Brien ci stava obbligando a trascorrere pomeriggi interi con la signora Jenny, bidella della scuola da ormai quarant'anni. Non avevo mai pulito niente in vita mia, per queste cose c'è sempre stata Adele. Mi resi conto di quanto potessero essere irrispettosi i ragazzi della mia età, noncuranti del lavoro e della fatica altrui, riducendo ogni classe dell'istituto un vero disastro.

Jenny ci raccontò di quella volta in cui sorprese due ragazzi pomiciare timidamente nei bagni del secondo piano e di come li aveva sgridati duramente per quella scena disgustosa. Ci spiegò che i due si erano sentiti così male per essere stati colti in fragrante da lei che il giorno dopo erano tornati a chiederle scusa per l'accaduto e si erano offerti di aiutarla nei suoi compiti per l'intero pomeriggio. Magicamente, sortiva una certa influenza sugli adolescenti di quella scuola.

"Colsi la palla al balzo e gli feci lavare i bagni maschili e femminili di tutti e tre i piani della scuola. Non mi dimenticherò mai i loro sguardi appena diedi loro la bella notizia."

Jenny era una signora anziana, ma piena di energia e voglia di lavorare. Sarebbe dovuta andare in pensione da li a tre anni, ma ci confidò che da quando si era innamorata del nostro preside aveva giurato di non mancare neanche un giorno al lavoro fino a quando non l'avrebbe conquistato.

"Signora Jenny, lei è così bella e giovane. Come può andar dietro a un vecchio scorbutico come il signor O'Brien?"

Travis era proprio un gran adulatore, ma i suoi sforzi con la signora Jenny furono sempre vani. Ne aveva conosciuti tanti lì dentro come lui e a nessuno aveva concesso di riposare o andarsene via prima di aver scontato tutta la punizione imposta dal preside. Miller però ci provava ogni giorno instancabilmente.

Trascorrere del tempo con lui mi aveva dato l'opportunità di cambiare idea sul suo conto. Mi raccontò delle pressioni che i genitori facevano su di lui durante le gare, delle lunghe domeniche passate in acqua per allenarsi, delle amicizie interrotte a causa dei vari traslochi fatti negli ultimi anni e la cosa che mi commosse più di tutte, l'effetto che ebbe la separazione dei suoi genitori su di lui. Cominciavo a capire come mai si fosse comportato in modo arrogante e superficiale con me all'inizio dell'anno, quando ci eravamo appena conosciuti. Cercava di apparire forte e sicuro di sé per non permettere a un estraneo di leggergli dentro e comprendere tutte le sue paure e sofferenze. Allora perché stava dando la possibilità a una ragazza che conosceva da così poco tempo di conoscerlo? Chi ero io per Travis Miller? Cosa avevo in più di tutte le ragazze della scuola?

La risposta arrivò poco più tardi, a fine giornata, nel parcheggio della scuola.

«Ti andrebbe di uscire insieme una sera? Potremmo fare un giro in centro e provare quel nuovo locale italiano sulla nona strada».

Per la prima volta era nervoso e un po' impacciato nei movimenti. Si passò una mano tra i capelli e fece finta di cercare qualcosa nello zaino, in attesa di una mia risposta. Soffocai una risata davanti a quella scena. Chi poteva immaginare che lo stesso ragazzo stronzo che avevo conosciuto il primo giorno di scuola e che mi aveva buttata in piscina mi avrebbe chiesto di uscire solo un mese più tardi?

«È un appuntamento quello che mi stai chiedendo Miller?». Mi divertivo troppo nel vederlo così imbarazzato e poi volevo che fosse più chiaro sulla questione.

«Solo una semplice uscita tra amici. Per passare del tempo insieme fuori da queste quattro mura e festeggiare la fine della detenzione.».

Non era proprio la risposta che mi aspettavo, sapevo che sotto c'era dell'altro, ma mi accontentai. Ci demmo appuntamento per il fine settimana successivo e lo salutai prima di entrare in auto.

Arrivai davanti a casa di Bella alle quattro in punto. Fortunatamente abitava non molto distante dalla scuola e, nonostante il traffico, non impiegai molto per raggiungere la mia destinazione. Da un mese trascorrevo quasi tutti i miei pomeriggi a casa Brown e Michael, il portiere, ormai ci aveva fatto l'abitudine. Mi aspettava davanti al portone d'ingresso con la speranza di vedermi scendere dall'auto con Aryn, ma ogni volta rimaneva deluso.

«Anche oggi sola, signorina?». Cercava sempre di strapparmi di bocca qualche informazione in più sulla mia amica, non voleva proprio capire che con lei perdeva solo il suo tempo.

«Michael, quando capirai che meriti molto di più di una ragazzina superficiale e attaccata ai soldi come Aryn? Te lo dico per il tuo bene, cerca altrove. Persone del genere è meglio non farle entrare nella propria vita». Gli diedi le chiavi dell'auto in mano, non fu neanche necessario chiedergli di trovarmi un parcheggio vicino, si era già fiondato a bordo dell'Audi. Lo guardai e sorrisi divertita. Poverino, sarà sicuramente il momento migliore della sua giornata!

Salii fino all'ultimo piano e pregai affinché l'ascensore non si bloccasse. Avevo guardato centinaia di film in cui il protagonista rimaneva in ascensore e nessuno lo trova per ore. Ogni volta mi terrorizzava che potesse accadere anche a me. Arrivai davanti all'appartamento dei Brown e suonai al campanello.

«Eleonore cara, come stai? Vieni, entra pure. Bella ti attende in camera sua». La madre di Bella, Josephine Brown, era una donna minuta e di bell'aspetto. Donna d'affari incallita, si dedicava anima e corpo al lavoro e mancava spesso da casa. Mi meravigliai di vederla davanti a me, ad attendermi.

«Signora Brown, non sapevo fosse tornata a casa. Com'è andato il viaggio?» La donna cominciò a raccontarmi di quanto faticoso e stressante fosse stato il rientro dalla Cina con l'aereo privato dell'azienda del marito. Una volta decollata, si era sentita male e le compresse prese per il mal di testa non avevano fatto alcun effetto su di lei. Sorrisi educatamente, cercando di comprendere come quello potesse essere un grande problema che richiedesse un trasporto emotivo così grande nel raccontarlo. Diedi la colpa al jet-leg.

«Cara, posso farti una domanda su mia figlia?» Improvvisamente Josephine diventò seria e mi invitò a sedermi accanto a lei sul divano del grande salone. Il suo repentino cambio di umore mi spaventò e preoccupò molto.

«Da quando sono tornata dal mio viaggio d'affari ieri sera ho trovato Bella molto strana. Si comporta in modo freddo e distaccato con me e non ne capisco il motivo. C'è forse qualcosa che non vuole dirmi?». Ovviamente non sapeva nulla della gravidanza della figlia e finché la figlia non si fosse sentita pronta a parlarne con la madre, io ne sarei stata fuori. Dovevo però dirle qualcosa per tranquillizzarla.

«È sicuramente presa dagli esami di metà semestre. Siamo all'ultimo anno e tra gli allenamenti e i test siamo davvero stressati. Tra qualche settimana ci saranno le vacanze e si sentirà meglio, ne sono sicura. Ora però vado, abbiamo davvero tanto da studiare».

Non sapevo che scusa avesse inventato Bella con la madre, ma di sicuro lo studio era una delle scelte migliori al momento. Salii di corsa le scale ed entrai in camera, trovando la mia migliore amica nuovamente nel letto, a testa in giù.

«Ehi, come mai ci hai messo tanto? Ti aspetto da un'ora ormai».

«Scusa, Travis mi voleva parlare nel parcheggio, poi ho trovato traffico e in fine tua mamma mi ha chiesto di te».

«Che cosa ti ha detto?».

«Mi ha chiesto se sapessi come mai ti comporti in modo strano con lei e io le ho risposto che...»

«No, Ellie. Sto parlando di Travis, non di mia madre. Di che cosa voleva parlare con te Travis Miller?». La conversazione le stava decisamente interessando, tanto da mettersi seduta sul letto per ascoltare meglio e non perdersi neanche un dettaglio.

«Mi ha chiesto di uscire con lui una sera per fare una passeggiata e mangiare qualcosa in un locale italiano». Non mi piaceva per niente essere al centro dell'attenzione, ma in un modo o nell'altro finivo per essere sempre io l'argomento principale di conversazione quando venivo a casa di Bella. Il mio principale obiettivo era farla stare serena, tranquilla e aiutarla in questi mesi di cambiamento per lei, per questo la lasciavo fare.

«Ma è una cosa straordinaria, Ellie. Era ora che quel bell'imbusto si decidesse e ti chiedesse un appuntamento».

«Veramente non è un appuntamento. Ci ha tenuto a precisare che sarà una semplice uscita tra amici».

«Certo, come no. Lo dicono sempre quando non vogliono far trasparire i propri sentimenti. Ma perché i ragazzi non possono essere un po' più emotivi e romantici?»

Scoppiai a ridere a quella sua affermazione e cercai subito di farle capire che ero la prima a non voler dare false speranze a Travis. Non ero pronta per una relazione, di sicuro non con un ragazzo che conoscevo da sole tre settimane.

«E che cosa mi dici del tuo bel giardiniere? Pare che ultimamente tra di voi vada tutto per il verso giusto. Soprattutto dopo che ti ha baciata». Da quando aveva scoperto di essere in dolce attesa, Bella aveva l'abitudine di impicciarsi un po' troppo nella vita degli altri. Quando le raccontai tutto ciò che era successo la notte in cui Oliver mi aveva trovata alla festa, non ci aveva messo molto a capire che qualcosa tra di noi era successo. Era rimasta scioccata nel sapere che Oliver mi aveva baciata, per lei era ancora un semplice poveraccio con il quale ci aveva provato qualche anno prima, scambiandolo per un mio amico argentino. Ma quando decisi di raccontarle di noi, della nostra amicizia e di tutti i bei ricordi che avevo con lui, cambiò idea sul suo conto. Non volle ammettere che, anche se non apparteneva al suo mondo, non aveva il suo stesso capitale in banca e non frequentava i suoi stessi posti, Oliver era comunque un ragazzo come noi prima di essere un giardiniere; accettò semplicemente il fatto che per me lui era importante, c'era stato in passato quando gli avevo girato le spalle e che con lui io ero felice.

«Non abbiamo mai parlato di quel bacio. Non sa che io ero sveglia in quel momento e penso che non glielo dirò mai. Mi vergognerei troppo. Parliamo per telefono ogni sera, quando i miei genitori e Adele dormono. Ci raccontiamo le nostre giornate e ridiamo come bambini».

«Gli hai parlato di Travis?» Bella era così curiosa di sapere sempre di più che saltellava e non riusciva a star ferma mentre parlavo. Dovetti prenderla con forza e sedermi accanto a lei sul letto per bloccarla.

«Non sa neanche che è con lui che trascorro la metà dei miei weekend a scuola. Crede che venga subito qui da te per studiare. Ho provato a fare il suo nome con Oliver, ma credo sia ancora infastidito da lui. Peggio ancora se scoprisse che esco con lui questo sabato. Si arrabbierebbe e non capirebbe. Forse è meglio che chiami Travis per disdire tutto. Ci ho messo così tanto per riavere il mio migliore amico, non voglio rovinare tutto quanto proprio ora».

Bella mi guardò teneramente e mi accarezzò una guancia.

«Non ci pensare nemmeno ad annullare il tuo appuntamento. Tu sabato sera uscirai con Travis e te lo garantisco, perché ti aiuterò io stessa a scegliere che cosa indossare. E se Oliver è davvero un buon amico come dici accetterà il fatto che Travis farà parte della tua vita. Se ti vuole davvero bene e non ti vuole perdere di nuovo, capirà». A volte Bella mi sorprendeva con il suo modo di parlare. Non sembrava più quella ragazza un po' sbadata e superficiale che avevo conosciuto qualche anno fa in prima liceo.

«E poi... non si può dire di no a un figo come Travis Miller, te lo proibisco! Altrimenti ci esco io!».

Eccola, la mia amica era tornata.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top