Capitolo 16
ELEONORE
Il mio rapporto con Oliver stava migliorando e io non potevo esserne più felice. Gli volevo tanto bene e non volevo farlo allontanare ancora una volta dalla mia vita. Non avevamo più avuto tanto tempo per parlare a causa dei miei genitori, ma ero contenta che fosse passato a trovarmi e di essere riuscita a confidargli come mi sentissi nei confronti di Aryn. Oggi avrei dovuto rivederla a scuola e di sicuro non sarebbe stato facile per nessuno delle due.
Chiamai Bella prima di uscire di casa e le raccontai della festa, omettendo alcuni particolari importanti. Non volevo che si preoccupasse per me, soprattutto ora. Ero tornata dall'Italia da soli quattro giorni e in così poco tempo erano già successe tante cose da poterci scrivere un libro.
Arrivai a scuola in perfetto orario. Da quando si occupava Oliver dei miei spostamenti il traffico di New York sembrava non essere più un problema la mattina. Era abile alla guida e aveva dimostrato a mio padre di potersi fidare nel lasciare sua figlia in macchina con lui.
Lo salutai con un semplice gesto della mano e gli sorrisi, gesto decisamente inaspettato per lui, che non riuscì a dire neppure una parola in risposta, e me ne andai. Arrivai al mio armadietto senza incontrare né Aryn, né Bella e questo fu un sollievo. Non ero del tutto sicura che Bella avrebbe preso le mie difese essendoci di mezzo la sua amica di una vita. Al contrario di quanto avevo fatto io con il mio migliore amico, la sosteneva ed era sempre dalla sua parte, non importava chi avesse ragione.
"Hey pesciolino, come stai oggi?"
Sorrisi automaticamente nel sentire la sua voce, chiusi il mio armadietto e mi voltai verso di lui per salutarlo.
"Ciao Travis, sto bene grazie." Mi rivolse la sua solita espressione ammiccante e io feci finta di non notarla, proseguendo nella conversazione.
"Avrei un favore da chiederti. Gradirei che tu non parlassi con nessuno di quanto è successo l'altra notte. Non vorrei che tutta la scuola o, peggio, mia madre sappia quanto è accaduto".
"Farò del mio meglio, ma non ti assicuro niente, considerando che tutta la squadra di nuoto è a conoscenza di una versione un po' distorta della storia". Travis girò gli occhi di lato e con il mento indicò il compagno, Adam e altri tre ragazzi in tuta che ridevano e mi scrutavano con aria provocante.
"Che cosa hanno detto, Travis?"
Ero leggermente agitata per tutta quella situazione, ma abbastanza sicura del fatto che Adam non si sarebbe mai vantato con nessuno di aver approfittato di una ragazza ubriaca nel momento in cui lui per primo era fatto, fallendo miseramente nell'impresa. In ogni caso non volevo neanche essere etichettata come una sgualdrina o l'ennesima preda di un perfetto idiota. Era capitato di trovarmi al centro dell'attenzione a causa del mio legame con Aryn e Bella, ma ero sempre riuscita a stare alla larga da possibili pettegolezzi sconci che giravano a scuola. Come avrei spiegato tutto a mia madre? Non mi avrebbe più lasciata uscire di casa fino al diploma.
"Adam ha raccontato di averci provato con te alla festa e di essere finiti entrambi a casa sua ieri. E siccome non avevi altri vestiti da metterti, né la divisa scolastica, ieri non sei venuta a scuola, rimanendo a casa sua a dormire fino a tarda mattinata".
Scoppiai a ridere sollevata da quella spiegazione tanto ridicola. Si era bruciato da solo, poiché avevo dalla mia parte più di un testimone a confermare di avermi vista a casa ieri. Ma la cosa più importante era che mia madre non ci avrebbe creduto minimamente. Era stata la prima persona a vedermi quella mattina e sapeva che non avevo lasciato la villa per tutto il giorno. Era rimasta solo una cosa da sistemare, Adam. Non volevo pensasse che avrei avuto paura di lui in futuro e decisi di affrontarlo direttamente. Respirai profondamente e mi avvicinai a lui. Travis cercò di fermarmi ma riuscii a divincolarmi dalla sua presa.
Ero a pochi centimetri di distanza da lui e sentii lo stesso profumo misto a sigaretta dell'ultima volta. Inalare quell'odore mi fece girare la testa e chiusi gli occhi per qualche secondo perdendo l'equilibrio. Sentii la mano di Travis appoggiarsi sulla mia schiena e mi ripresi il più velocemente possibile. Tutti mi stavano fissando. Con la coda dell'occhio notai Aryn ferma a metà corridoio, che osservava la scena. Guardai Adam dritto negli occhi, mentre lui cercava di trattenere una risata. Vedere il ragazzo che si voleva approfittare di me ridermi in faccia mi fece andare su tutte le furie e quasi istintivamente gli tirai un pugno in un occhio. Adam indietreggiò incassando il colpo inaspettato e Jackson gli si parò davanti per difendere l'amico da un ulteriore attacco a sorpresa. Ero troppo euforica per fermarmi, ma Travis mi aveva già scansata con forza, posizionandosi di fronte a Jackson in modo tale da impedirgli di fare qualcosa della quale si sarebbe successivamente pentito. Era più alto e forte di me e non riuscii a spostarlo, ma riuscivo comunque a vedere Adam con una mano sull'occhio ferito che mi malediceva in tutti i modi possibili, giurando che me l'avrebbe fatta pagare. Di tutta risposta gli dissi che se l'era meritato e che avrebbe dovuto solo che vergognarsi di ciò che aveva fatto e detto. Non mi ero mai sentita così carica in vita mia, ma dovetti assecondare Travis quando mi suggerì di correre fuori dalla scuola il più velocemente possibile per evitare che il preside O'Brien mi trovasse e chiamasse mia madre. Miller corse dietro di me e una volta all'aria aperta mi guardò, stupito dalla mia reazione.
In quel momento notai un livido rosso e un leggero gonfiore in parte al suo occhio destro. Era strano che non lo avessi notato prima e gli chiesi cosa fosse successo.
"Niente di che, non preoccuparti".
Mi sorrise timidamente, cercando di nascondere la ferita con il ciuffo lungo e intuii che non mi stava dicendo la verità. Quando era stato alla villa il giorno prima non aveva quei segni in faccia, doveva essere successo per forza dopo. Mi venne in mente Oliver, anche lui aveva dei segni sul braccio e sul collo, ma quando li vidi pensai istintivamente che fossero dovuti al lavoro.
"Travis, dimmi la verità. È stato Oliver a farti del male?"
Non riuscivo neanche a credere a quello che la mia mente stava ipotizzando. Oliver non sarebbe mai stato in grado di fare del male a nessuno, non aveva mai picchiato nessuno. E di sicuro se fossero andati a botte ne sarebbe uscito molto peggio di Travis.
"Vedo che non ci hai messo tanto a capirlo. Quindi ti dirò la verità. Quando ti ho salutato ieri e stavo per andarmene, il tuo giardiniere è venuto in tuo soccorso e ha pensato bene di tirarmi un pugno credendo che fossi stato io a saltarti addosso alla festa. Non so cosa ci facesse là sinceramente, né come abbia fatto ad entrare, ma dovresti dire ai dipendenti di tuo padre di farsi gli affari loro o la prossima volta non lascerò correre".
In quel momento compresi fino in fondo la conversazione del giorno prima con Oliver. Non stava parlando di Aryn. La persona da cui avrei dovuto stare alla larga, secondo lui, era Travis. Aveva frainteso tutto e a causa sua anch'io avevo incolpato la persona sbagliata. Decisi che gli avrei parlato non appena uscita da scuola.
Passai l'ora successiva dal preside con Travis, che aveva deciso di mentire sull'accaduto per non farmi assumere tutta la colpa per il pugno in faccia a Adam e ci vennero assegnate diverse ore di detenzione nei sabati successivi.
"So che non vedi l'ora di passare del tempo da sola con me a scuola pesciolino. L'ho fatto per te, dovresti ringraziarmi".
A volte era davvero odioso e presuntuoso. Gli diedi una spinta che gli fece perdere l'equilibrio e sbattere goffamente contro il muro. Mi guardò con un grande punto interrogativo sulla faccia, ma quando scoppiai a ridere si unii a me.
Per mia fortuna non avevo lezioni in comune con Aryn e questo mi permise di uscire subito da scuola a fine giornata, senza essere trattenuta dalle loro conversazioni frivole. Mandai un messaggio a Bella assicurandole che l'avrei chiamata più tardi per spiegargli tutto quanto, non volevo che si convincesse solo della versione dell'amica. Raggiunsi il grande parcheggio dell'istituto e individuai la Jeep... e Oliver. Rimasi ferma sul posto per qualche secondo, avevo paura di utilizzare le parole sbagliate, dei toni equivocabili e di terminare nuovamente la conversazione litigando. Inspirai lentamente ed espirai profondamente prima di sorridergli da lontano e avvicinarmi all'auto.
"Ciao, è andata bene oggi a scuola?"
"Sì, grazie. Ascolta Oliver, ti dovrei dire una cosa..." non sapevo come iniziare il discorso e andai dritta al punto.
"...ti sei sbagliato su Travis. Non è stato lui a farmi del male alla festa, ma Adam, il ragazzo che hai visto litigare con lui".
Stava per accendere l'auto e ripartire, ma si fermò con il dito sul pulsante d'accensione. Mi guardò perplesso, non si aspettava un'affermazione così di punto in bianco. Soffocò una risata.
"Fammi indovinare. È venuto da te a lamentarsi del fatto che il tuo giardiniere ha osato sfiorarlo?"
Sembrava irritato e ancora fermamente convinto di avere ragione.
"Oliver, lasciargli un livido in faccia non vuol dire sfiorarlo. Comunque, lui non mi voleva dire niente. Sono stata io a chiedere spiegazioni."
"E tu gli credi? Cosa è cambiato da ieri pomeriggio Eleonore? Quando abbiamo parlato in camera tua sembrava avessi capito."
"Pensavo tu ti stessi riferendo ad Aryn. Avevo appena litigato al telefono con lei per come si era comportata alla festa, per avermi abbandonata lì senza dirmi niente e per non essersi minimamente preoccupata per me. Pensavo fosse lei la persona da non volere nella propria vita, non il ragazzo che mi ha salvata da un pervertito mezzo drogato."
A quel punto Oliver non riuscii più a ragionare e, sentendosi ferito, esplose per l'ennesima volta.
"Lui ti ha salvato Eleonore?! E chi ti ha riportata a casa, ti ha aiutato a salire fino in camera tua cercando di non fare rumore per non essere beccati e ti è rimasto accanto mentre vomitavi tutta la merda che avevi in corpo? Non mi sembra sia stato Travis!"
"Sei arrivato giusto in tempo per trascinarmi fuori da lì, sei rimasto con me fino a che non sono stata meglio e per questo te ne sono grata, ma se Travis fosse arrivato qualche secondo più tardi, magari..."
"Eleonore, non si tratta solo di quanto accaduto l'altra notte. Io ti sono sempre stato accanto in questi anni, quando non ero assolutamente costretto a farlo. Se non sei mai stata beccata tornando tardi dopo il coprifuoco è grazie a me. Se non hai mai passato la notte intera fuori dal portone di ingresso, vomitando l'anima, è solo grazie a me. E non te lo dico perché voglio un riconoscimento, o un ringraziamento, ma solo per farti capire che ogni cosa che faccio nei tuoi confronti è solo e soltanto per il tuo bene, perché tengo a te più di ogni altra persona. Posso essermi sbagliato questa volta su quel ragazzo, ma puoi davvero dire di conoscerlo bene? L'hai incontrato per la prima volta neanche una settimana fa e con lui hai già più confidenza che con me. Ti dico solo una cosa Tallish, stai attenta".
Finì il suo discorso, accese la Jeep e partì. Nessuno dei due disse più nulla prima di arrivare alla villa.
Dal fondo del lungo viale alberato riuscii a intravedere mia madre, in piedi davanti al portone d'ingresso, con le braccia incrociate e lo sguardo serio. Era sicuramente stata messa al corrente della discussione di stamattina e del mio sfogo su Adam. Pensai a cosa dirle in mia difesa, ma non mi venne in mente nulla se non la verità, che avrei taciuto finché avrei potuto.
Scendemmo entrambi dall'auto e la mamma ci raggiunse velocemente, fermandosi davanti a Oliver.
"Martinez! Da ora in poi non ti voglio più vedere accanto a mia figlia, hai capito? Da quando è tornata dall'Italia è cambiata e tu centri sicuramente qualcosa. Ma d'altronde la colpa è di mio marito per averti permesso di accompagnarla a scuola e di riempirle la testa con chissà quali storie".
Guardai la mamma esterrefatta e cercai di intromettermi nella conversazione per difendere il povero Oliver. Ma lei non mi lasciò neanche parlare e continuò ad attaccarlo ingiustamente.
"So benissimo che hai picchiato quel ragazzo l'altro giorno, venuto fin qui semplicemente preoccupato per la salute di mia figlia. Chi ti credi di essere? La sua guardia del corpo? E oggi scopro che mia figlia ha preso proprio alla lettera il tuo esempio, picchiando un ragazzo nei corridoi della scuola senza nessun motivo, abbassandosi al tuo livello. Sei una cattiva influenza per lei e se non vuoi finire in mezzo alla strada insieme a tua madre, ti consiglio di starle alla larga".
Oliver aspettò pazientemente che la mamma avesse sputato tutto fuori e rispose con pacatezza.
"Signora Tallish, mi rendo conto di aver esagerato l'altro giorno con quel ragazzo e su questo le do ragione. Ma le posso assicurare che non c'entro niente con quanto accaduto oggi a scuola. Con sua figlia ho sempre tenuto un atteggiamento consono e opportunamente distaccato, accompagnandola a scuola la mattina e assicurandomi che non facesse tardi. Tutto ciò che è accaduto durante la settimana non è dipeso da me..." si girò nella mia direzione e aggiunse "...se non mi vuole accanto a sua figlia non si preoccupi, mi occuperò dei miei compiti e doveri alla villa e sarà mia madre a portarla in giro. Con permesso, auguro una buona giornata a entrambe".
Aveva mantenuto una tale calma che in pochi avrebbero saputo fare di meglio, ma era uscito di scena con gli occhi lucidi, che fortunatamente la mamma non notò, rifiutandosi di guardarlo negli occhi mentre le parlava. Rimasi a guardarlo mentre spariva dietro la dependance, quando la mamma mi afferrò per un braccio e mi trascinò dentro casa.
"Eleonore Tallish, quando ti dico che Oliver non è una persona adatta a te è proprio a questo che mi riferisco. Non hai mai picchiato nessuno, cosa ti è saltato in mente di fare oggi? Non posso lasciare i miei impegni ogni volta che mi chiamano da scuola perché ti cacci nei guai... non ti ho educato così io!"
La guardai seria, cercai di contare fino a dieci e tranquillizzarmi prima di risponderle, ma quello che dissi era ancora troppo per lei.
"Mamma, Oliver non c'entra niente con quanto accaduto oggi a scuola! Ho picchiato quel ragazzo perché andava in giro a dire che eravamo stati a letto insieme dopo la festa di mercoledì e tu sai che io ero qui, perché mi hai vista la mattina dopo. Vuoi che tua figlia passi per una poco di buono o che reagisca alle accuse?"
Sentendo quelle parole la mamma si portò una mano davanti alla bocca e assunse un'espressione quasi di tristezza e comprensione. Non aveva la minima idea di quello che mi stava succedendo, ma aveva capito che tutto sommato lei avrebbe reagito allo stesso modo. Vedendola più tranquilla e in silenzio, continuai.
"E sai perché ero qui? Perché Oliver mi ha riportata a casa sana e salva dalla festa..." sentendo il suo nome si irrigidì nuovamente, cercai subito qualcosa da dire in sua difesa "... ho chiamato io Oliver al telefono della dependance per venire a prendermi, dopo che Aryn se n'era andata via con Jackson, lasciandomi lì da sola in mezzo a una cinquantina di ragazzi ubriachi. Adesso dimmi mamma, ho fatto male a chiamarlo?"
Rimase sorpresa e scioccata da quanto le avevo raccontato e mi disse che avrebbe parlato con il preside per risolvere la situazione. Su Oliver non pronunciò neanche una parola.
"Mamma hai capito cosa ti ho detto? Hai sbagliato a prendertela così tanto con Oliver. Lui mi ha aiutata, è stato disponibile con me e lo è sempre, al contrario di una delle mie migliori amiche. Non voglio che parli con nessuno, tanto meno con i genitori di Aryn. è una questione tra me e lei e non voglio assolutamente che tu ti intrometta. Te l'ho raccontato solo per farti rendere conto che stavi accusando nuovamente la persona sbagliata".
"Eleonore, non lo capisci che ti gira intorno di nuovo solo perché interessato ai nostri soldi? Svegliati cara, perché rimarrai presto delusa se continuerai così".
Se c'era una cosa di cui non avevo mai dubitato era proprio della buona fede e bontà d'animo di Oliver. Non aveva mai approfittato della mia posizione o di quella della mia famiglia, per chiedere o esigere nulla. Aveva sempre dato del suo meglio nel lavoro e non si era mai lamentato per la paga misera concessagli da mio padre. E poi me l'aveva confessato, lui era innamorato di me, non dei miei soldi. Ma come si fa a innamorarsi di una persona che ti ha fatto così tanto male in passato?
Guardai mia madre negli occhi e presi tutto il coraggio che era rimasto dentro di me per dirle quello che in fondo pensavo già da diverso tempo.
"Mamma, non sono più una bambina. Non hai il diritto di scegliere chi io possa o non possa frequentare. È la mia vita e tu non potrai impedirmi di viverla a pieno. Sono stanca delle tue continue intromissioni. Se c'è una persona qui che non mi capisce quella sei tu, non Oliver. La stessa persona che ha sempre fatto di tutto per allontanarci e che, a quanto pare, ci è riuscita alla grande. Spero proprio che tu sia soddisfatta, Emily".
"Eleonore Tallish, non ti permetto di parlarmi in questo modo. Sono tua madre e finché vivrai sotto il mio tetto le decisioni le prenderò io. Sono stata chiara? Non so chi ti credi di essere ma di sicuro non sei la figlia di cui ero tanto orgogliosa, mi stai davvero deludendo ragazzina".
Quelle parole mi fecero così male che non riuscii a rimanere in quella stanza con lei un minuto di più. Corsi in camera mia e piansi. Non riuscivo a capire come fosse possibile che in soli quattro giorni ero riuscita a riavvicinarmi a Oliver e ad allontanarlo ancora di più in così poco tempo. Avevo discusso con i miei genitori e mi sentivo incompresa. Non capivo perché ce l'avessero così tanto con Oliver, cosa aveva di così orribile da non poter neanche parlare con me? E poi c'era la mamma. Avevo sempre dato il mio massimo affinché lei capisse che ci tenevo davvero tanto a renderla felice, a non deluderla. Le avevo sempre permesso di prendere le decisioni più importanti, perché una madre di solito sa cosa è più importante e giusto fare per una figlia, anche se quest'ultima non è sempre d'accordo. Ma qual era stato il risultato dopo tutti i miei sforzi? Qual era stato il mio riconoscimento? Emily Tallish delusa del fatto che la figlia avesse finalmente espresso i suoi sentimenti e le sue impressioni su di lei.
Quella sera saltai la cena. Mio padre era ancora in ospedale e la mamma aveva chiamato le amiche fingendosi malata per non dover presenziare all'ennesima raccolta di beneficenza senza il marito. Affrontare un pasto da sola con mia madre non era un'opzione al momento. Comunicai a Adele che non mi sentivo bene e di non preoccuparsi per me e pregai affinché la mamma non mi venisse a cercare per obbligarmi a scendere.
Un'ora e un bagno caldo più tardi mi sentivo già meglio. Indossai il mio pigiama di flanella e mi misi a leggere il mio libro preferito. A un certo punto sentii un rumore provenire da fuori e mi avvicinai alla finestra. Qualcuno stava lanciando dei sassolini che, rimbalzando sul vetro, cadevano sul davanzale della finestra. Mi sporsi oltre per cercare di individuare chi fosse riuscito a entrare alla villa a quell'ora senza essere notato da nessuno.
C'era un albero nel giardino, cresciuto al punto tale che i suoi rami arrivavano vicino alla mia finestra. Mi venne subito alla mente quelle volte in cui l'avevo usato come via di fuga, quando la mamma mi metteva in punizione. Ma quella sera fu un altro ad utilizzarlo. In uno dei rami più alti era stata allacciata una corda, usata per legare a una delle sue estremità un cestino da picnic che non vedevo da tempo ormai. Lo riconobbi quasi immediatamente e sorrisi nel ricordare che significato aveva avuto per me qualche anno fa.
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