Capitolo 11
ELEONORE
Passai la notte in bianco. Continuavo a pensare a cosa ci fossimo detti io e Oliver qualche ora prima e, come se non bastasse, Bella mi chiamava all'incirca ogni due ore per colpa degli incubi che faceva. Le avevo proposto di venire a dormire a casa mia fino a che non sarebbero tornati i suoi genitori ma mi sorprese rispondendomi prontamente che presto sarebbe diventata mamma e doveva essere forte per suo figlio. Questo fino alla chiamata successiva, dove ricominciava a piangere e lamentarsi come se fosse lei la bambina.
Erano le sei di mattino e mi resi conto di non aver più tempo per provare ad addormentarmi, mi sarei svegliata sicuramente in ritardo. Mi preparai per scendere e fare colazione con mio padre e con mia grande sorpresa anche la mamma era presente.
Non aprii bocca per i primi cinque minuti e ovviamente papà si accorse che qualcosa non andava.
"È successo qualcosa principessa? Qualche ragazzo ti ha fatto del male?"
"No papà, va tutto bene."
"Eleonore, cara. Lo sai che se c'è qualcosa che non va devi dircelo." La mamma aveva smesso di mangiare e stava osservando ogni mio movimento.
"Lo so mamma."
"Di cosa stavate parlando tu e Oliver ieri sera? Mi era parso di sentire le vostre voci in casa". Vedendo che io non dicevo nulla, papà decise di introdurre l'argomento. Sapevo che qualcuno ci aveva sentiti, da piccola sospettavo che in casa ci fossero dei microfoni o videocamere nascoste.
"Tu e Oliver avete parlato? E da quando? Di cosa poi, che non avete assolutamente niente in comune da condividere." La mamma sembrava alquanto sorpresa e sconcertata da quella notizia e non era per niente contenta. Cosa le avrà mai fatto quel ragazzo? Non poteva comportarsi così con lui e con sua madre solo perché non erano ricchi o conosciuti in società.
"Dovevamo vederci in piscina alle sei, si era gentilmente offerto di insegnarmi a nuotare visto che non sono capace, ma Bella aveva bisogno di me ieri e sono dovuta correre a casa sua, dimenticandomi del mio impegno preso con Oliver. Sono stata così sbadata da non avvisarlo e ora lui è arrabbiato con me per avermi aspettato per ore in piscina da solo."
"Hai fatto bene cara a preoccuparti per un'amica. Le amiche prima dei ragazzi, giusto?" La mamma sembrava soddisfatta nel sapere che io e Ollie avevamo litigato.
"Se hai bisogno di lezioni di nuoto posso procurarti io un vero insegnante, Eleonore. Non c'è bisogno che sprechi tempo con uno come Oliver; e poi lui ha un sacco di altre cose da fare qui alla villa. Viene pagato proprio per questo, non per rinfrescarsi in piscina durante le pause."
"Mamma, ho visto Oliver nuotare, è molto bravo. Non mi serve un istruttore professionista. Voglio solo imparare a stare a galla e non avere paura dell'acqua. E poi perché ce l'hai così tanto con Oliver? Cosa ti ha fatto per parlare sempre male di lui? Eravamo migliori amici, ricordi?"
"Principessa, quello che tua madre cerca di dirti è che ormai siete cresciuti, avete interessi diversi, frequentate persone diverse e avete impegni diversi. Quando si è bambini è facile andare d'accordo, non si vedono le differenze dell'altro. Ma hai visto come ha reagito ieri, solo perché avevi ritardato un po' per aver aiutato un'amica. Lui non può capire, non ha amici."
"Io ero sua amica. Ma per colpa vostra, per colpa delle vostre parole e dei vostri stupidi consigli ora non lo sono più. A me piaceva stare in sua compagnia. Certo che mi rendevo conto delle differenze già allora, però non tra me e Oliver, ma tra me e i miei compagni di scuola. Io rivoglio indietro il mio migliore amico, non mi interessano le feste, i ragazzi della scuola... io voglio Oliver!"
Dalla rabbia che avevo dentro e che tenevo repressa da tempo ormai, tirai un pugno sul tavolo e feci cadere la tazza da caffè, che puntualmente si riversò sul vestito di mamma.
"Lewis Tallish, spero tu non voglia passare sopra a questo suo atteggiamento!" Quando si arrabbiava non c'era verso di farla ragionare e parlarci insieme. Cercava sempre di far fare la parte del genitore cattivo a mio padre, mentre lei era sempre la vittima offesa.
"Eleonore!" Non mi piaceva per niente quando mio padre mi chiamava per nome. "Non voglio più sentire, né vedere che alzi la voce e reagisci così a una osservazione che ti viene fatta. Sei stata maleducata e non tollererò più un comportamento simile. Vedi dove ti ha portato frequentare Oliver Martinez? A non portare più rispetto per coloro che ti amano e che ti permettono di vivere una vita dignitosa! Guai a te se ti rivedo accanto al giardiniere per più di dieci secondi. Le vostre conversazioni devono essere ridotte al minimo indispensabile e solo per dargli istruzioni sul suo lavoro. Sono stato chiaro?!"
Presi la mia roba e uscii di corsa dalla porta di servizio della cucina scioccata dall'improvvisa reazione di mio padre. La rabbia che provavo per Oliver era tutta svanita, capivo ciò che provava. I miei genitori non mi capivano e forse non lo avrebbero mai fatto fino in fondo. Odiavo mia madre per mettere mio padre sempre contro di me, odiavo mio padre per lasciare che mia madre lo comandasse a bacchetta. Odiavo me stessa per non avere abbastanza coraggio e dirgli tutte le cose in faccia e scegliere sempre di andarmene via di corsa per non far notare loro le lacrime che ad ogni litigio, puntualmente, rigavano il mio viso. Detestavo farmi vedere impotente davanti agli altri.
Nel garage non trovai Oliver ad attendermi, ma sua madre Adele e questo mi spezzò ulteriormente il cuore.
"Adele, lasciami indovinare. Ha deciso di fare cambio e di lavorare in cucina di primo mattino piuttosto che dovermi portare a scuola, vero?"
"Ieri sera è tornato alla dependance davvero scosso e arrabbiato. Era così felice di poter passare del tempo contigo, mi amor. Non so cosa sia successo, ma proverò a parlargli. Va bene?"
"Grazie Adele. Ti voglio tanto bene e anche a Oliver, davvero!"
"Lo so, mija. Anche io te quiero."
Ben presto realizzai che Oliver doveva sicuramente aver sentito tutto dalla cucina, solo un muro sottile la separava dalla sala da pranzo. Mi vergognai molto per come avevano parlato di lui i miei genitori, mio padre in particolare. Oliver lo stimava molto. Da quando era un bambino gli aveva permesso di passare tanto tempo con noi alla villa, giocavamo insieme in salotto durante gli inverni nevosi, leggevamo in biblioteca quando fuori pioveva e durante l'estate gli permetteva di nuotare in piscina. Una volta, di ritorno da un viaggio d'affari, gli aveva addirittura portato un regalo, ma la faccia contrariata della mamma gli aveva fatto capire che sarebbe stata la prima e ultima volta.
Provai a chiamarlo al telefono di casa, ma non rispose. Diedi la colpa all'orario, sicuramente stava lavorando e non gli era consentito rispondere alle telefonate personali. Ancora non comprendevo come fosse possibile che ai giorni nostri un ragazzo della sua età non avesse un cellulare tutto suo.
Quella sera mi preparai in anticipo per la festa. Non era mai successo, ma volevo provare a cercare Oliver, prima di uscire. Papà non era ancora rientrato dal lavoro e mamma era come sempre fuori per qualche evento benefico e questo rendeva le cose più semplici. Provai a cercarlo ovunque, ma sembrava essersi volatilizzato. Decisi quindi di affidarmi alle saggie parole di Adele. Quando si trattava di convincere le persone lei era il numero uno.
Il clacson dell'Audi di Aryn mi riportò alla realtà. Entrai in macchina e vidi nel sedile posteriore Bella, con il broncio. Avevano sicuramente litigato di nuovo. Feci finta di niente.
"Allora ragazze, siete pronte? Questa sera ci divertiremo tantissimo!"
"Senza alcool ne dubito". Rispose Bella affacciandosi da dietro.
"Non ti preoccupare, ci saremo noi a farti divertire anche senza i tuoi soliti drink. Saremo astemie tutte e tre stasera!"
"Wow! Parla per te, cara. Non ho intenzione di passare la serata sobria. E poi le feste della squadra sono famose per i loro drink da sballo". Ancora una volta Aryn si dimostrava per quello che era davvero, una persona egoista e superficiale, pronta a tutto pur di divertirsi e stare al centro dell'attenzione.
Mi girai verso Bella, le sorrisi con affetto per farle capire che se Anita non fosse stata dalla sua parte questa sera, io sicuramente l'avrei fatto.
Arrivammo davanti alla casa di Tyler, il migliore amico di Jackson. Rimasi sorpresa dalla quantità di persone che c'erano in fila in giardino, in attesa di entrare. Aryn mi toccò il braccio e ci fece segno di seguirla. Era a conoscenza di qualche entrata di servizio sul retro?
"Ciao Charlie, come stai? Ti trovo bene oggi. Potresti dire a Jackson che siamo qui?"
"Conosci anche la sicurezza Aryn?"
"Ellie, tesoro. Sono stata qui con Jackson almeno cinque volte quest'estate. Tyler ha un appartamento davvero fantastico in centro, ma questa casa è davvero qualcosa di sbalorditivo, vedrai."
Bella mi strinse forte la mano e con l'altra si toccò la pancia, ancora piatta. Non l'avevo mai vista così spaventata ad una festa, di solito era la prima a buttarsi in mezzo alla mischia, oggi invece non sembrava per niente a suo agio. Mi sentivo in colpa per averla portata lì e non essermi imposta di stare con lei a casa per una serata tranquilla tra ragazze. Volevo solo che si svagasse un po' e non pensasse al bambino per qualche ora.
Qualche secondo più tardi arrivarono Jackson e Tyler, già visibilmente ubriachi, a farci entrare. La casa era davvero enorme. All'entrata un enorme lampadario sospeso illuminava la stanza piena di ragazzini urlanti. Ogni dettaglio della casa era rifinito in oro e sulle pareti c'erano diversi quadri che ritraevano Tyler nei suoi momenti di gloria in piscina, con accanto una serie di coppe e medaglie.
"Mio padre mi ha comprato questa casetta per il mio diciottesimo compleanno, così quando voglio invitare qualche amico per una festa non do fastidio. È geniale, no?" Sì, a parte il fatto che stasera non c'era giusto qualche amico, come l'aveva descritta Aryn. Non mi piacevano i luoghi piccoli e affollati, mi sentivo mancare l'aria e mi era ancora successo di svenire. Ma quella sera dovevo essere forte, per Bella. Lei aveva bisogno di un sostegno.
Tyler era più grande di tutti noi. Era stato bocciato per due anni consecutivi. Conosceva molti ragazzi della sua età che ora frequentavano l'università e rendevano le feste meno appropriate ai liceali.
Passammo gran parte della serata su un'amaca in giardino a dondolare. L'aria fresca di fine agosto era l'ideale dopo aver patito il caldo per tutta la giornata. Quando mi capitava di trascorrere del tempo con Bella da sole mi rendevo conto che l'assenza di Aryn rendeva le cose più semplici. Mi accorgevo che in sua presenza, Bella diventava un'altra persona, la assecondava spesso e volentieri. Ma quando eravamo solo io e lei era davvero sé stessa. Potevamo fare discorsi seri e molte volte mi confidava cose che davanti ad Aryn non aveva il coraggio di ammettere. Inoltre, mi stavo addirittura dimenticando dei miei problemi e questo riuscì a tenere anche me lontana dagli alcolici.
"Io e Aryn ci conosciamo fin dai tempi dell'asilo. Le nostre madri sono amiche da una vita e volevano che anche noi lo diventassimo. Abbiamo sempre fatto tutto insieme, ma non abbiamo molte cose in comune. A entrambe piace fare shopping, andare alle feste, ci piacciono i ragazzi e divertirci con loro. Ma queste sono tutte cose superficiali, come le nostre conversazioni. Se voglio parlare di qualcosa di più serio mi ferma subito dicendo che sono noiosa e che quelle cose non le interessano, cercando sempre di spostare l'attenzione su di sé. Non siamo più bambine, certe cose le dovrà affrontare anche lei prima o poi. Che male c'è nel confidarsi con un'amica su questioni più serie?"
Era come se avesse paura del suo giudizio. Bella era sempre stata la più timida e introversa. Solo quando aveva in mano un drink risultava essere la più agitata ed estroversa tra tutte noi. Aveva paura di rimanere sola, come me e per questo nell'ultimo periodo avevamo legato tanto.
A mezzanotte chiamò un taxi per farsi portare a casa. Era stanca, ultimamente non dormiva molto e aveva insistito per farmi rimanere e controllare Aryn. A quell'ora doveva aver già bevuto troppo e poteva dire o combinare cose di cui avrebbe potuto pentirsi il giorno dopo. Le feci promettere che una volta a casa avrei ricevuto un suo messaggio, mi mandò un bacio con la mano e salì sul taxi.
Tornai in casa e trovai Aryn avvinghiata a Jackson in un angolo che si strusciavano come due animali in calore. Ok, almeno non sta facendo danni! Decisi di fare un tour della casa, cosa abbastanza complicata vista la quantità di gente presente lì dentro e la musica troppo alta. Ovunque mi girassi c'erano persone che mi riconoscevano e mi salutavano. Non avevo ben chiaro se mi rivolgessero la parola perché ero mi trovavano simpatica o perché ero amica di Aryn e Bella. In ogni caso non mi fermavo mai a parlare, ma rispondevo semplicemente al saluto.
"Pesciolino, mi stavo giusto chiedendo se ci fossi anche tu qui?"
"Ciao Travis, quando la smetterai di chiamarmi così?"
"Quando ti vedrò nuotare in piscina forse. Anzi no, lì saresti davvero un bel pesciolino..."
Sorrise e mi avvicinò un bicchiere pieno di un liquido decisamente poco raccomandabile, dal forte odore di vodka.
"No grazie, stasera non bevo. Devo tenere d'occhio Aryn. Siamo qui con la sua macchina e sicuramente non potrà guidare stasera".
"Stai parlando della stessa ragazza che ho appena visto salire in auto con Jackson? Sicuramente stavano andando a casa di lui e non credo torneranno qui prima di domani mattina".
"Stai scherzando spero?! E adesso io come torno a casa?! Non ho neanche le chiavi della sua auto! Ci ha abbandonate appena siamo entrate e ora se ne va senza dirmi niente, lasciando qui l'auto".
Avevo accumulato troppa rabbia in sole ventiquattro ore e dovevo distrarmi in qualche modo o rischiavo di esplodere. Travis mi avvicinò di nuovo il drink e lo presi al volo. Bella non c'era, Aryn se n'era andata. Non avevo più nessuno di cui occuparmi e alcun motivo per rimanere sobria.
Dieci drink più tardi mi ritrovai in pista a ballare con dei perfetti sconosciuti, senza più pensare né alla litigata con i miei genitori, né a Bella o Aryn, né tanto meno a Oliver. Travis era seduto al bancone che rideva e mi scattava delle foto. Da sobria la cosa mi avrebbe dato fastidio, ma al momento non gli stavo dando troppa importanza. Non avevo neanche considerato l'idea di chiedere che cosa mi stessero servendo, ero solo estasiata dall'effetto che stavano avendo quei cocktail su di me.
A un certo punto un ragazzo mi prese e mi trascinò a sé. Era l'ennesimo della serata e lo lasciai fare, quando a un certo punto cominciò a stringermi forte a lui facendomi quasi soffocare. Cercai di allontanarlo con disinvoltura, ma la sua presa diventò più forte da farmi male ai polsi. Cominciò a baciarmi sul collo, in bocca, cacciando la sua lingua giù per la mia gola. Sapeva di fumo di sigarette e non solo. Dio solo poteva sapere che cosa avesse fumato quella sera.
La quantità di alcool nel mio corpo non mi permise di ragionare e reagire come avrei voluto e non riuscii a gridare aiuto. Sembrava che tutti intorno a noi fossero talmente impegnati in altro da non accorgersi di ciò che stava accadendo. Cercai Travis con lo sguardo, ma vidi solo sagome sfuocate e non riuscii a individuarlo. Nel frattempo, sentivo che il ragazzo, Adam aveva detto di chiamarsi, mi stava spingendo in un angolo oscuro della casa. Mi immobilizzò contro la parete e cercò di infilare la sua mano sotto la mia gonna, già abbastanza corta, mentre con l'altra teneva fermi i miei polsi sopra la testa. Era più forte di me e non riuscivo a divincolarmi. Con le gambe cercai di tirargli un calcio, inutilmente.
La vista si stava annebbiando ulteriormente, cominciai a sudare freddo e non riuscii più a razionalizzare cosa stava accadendo intorno a me. Stavo per arrendermi e lasciarmi andare, quando Adam mollò la presa e io caddi a terra, sbattendo la testa sullo spigolo di un comodino. Travis mi aveva trovata e stava urlando contro Adam qualcosa che non riuscii a capire. Stavo per chiudere gli occhi, stremata a terra e dolorante, quando sentii qualcuno sollevarmi e portarmi fuori da tutto quel casino.
"Ellie, riesci a sentirmi?"
Quelle braccia, quel profumo così famigliare, non poteva che essere lui. Possibile? Chi altro? Mi lasciai andare, pensando di essere al sicuro finalmente.
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