Capitolo 10

ELEONORE

"Oliver, perdonami non ho visto l'orario. Mi sono totalmente dimenticata della piscina." Cercavo di stare al suo passo mentre scendeva le scale per dirigersi verso la dependance.

"Eleonore, lascia stare. Dopotutto dovevo capire quali sono le tue priorità, io non sono tra queste già da diverso tempo".

Mentre parlava, mi dava ancora le spalle. Era come se guardandomi potesse in qualche modo tradire il suo tono serio e cedere.

"Oliver, guardami. Bella aveva bisogno di me, è la mia migliore amica e stava male".

"Bella Brown?! La stessa ragazza che qualche anno fa ci ha provato con me senza sapere che ero un semplice giardiniere invece che un ragazzo ricco e viziato? La stessa ragazza che ti chiama esasperata dicendo di avere un'urgenza, ti fa attraversare metà città, per scoprire che il suo problema è che non ha nulla da mettersi per la serata?! Stiamo parlando della stessa persona egoista, superficiale e odiosa?"

"Tu non la conosci, lei è molto più di tutto questo! Ha tante qualità che tu neanche ti immagini. Ed era una cosa troppo importante della quale non posso parlare, mi dispiace. Ma ora sono qui".

Non potevo rivelare a Oliver che Bella fosse incinta. Lei non me l'avrebbe mai perdonato. E Oliver non ne avrebbe capito l'importanza. Avrebbe riso, dicendo che se l'era meritato per aver fatto la zoccola per tutta l'estate. Non aveva tutti i torti, ma era pur sempre una mia amica e dovevo rimanere dalla sua parte.

"Quello che tu non capisci è che per me questo era importante. Pensavo stessimo facendo passi avanti per recuperare il nostro rapporto, Eleonore. Ti sto venendo incontro dopo tutto quello che è successo, dimenticando il passato. Ma sembra che l'unica persona a cui importi qui sia io!"

"No, affatto. Anche a me importa."

"Eleonore, ti importa così tanto di me che non ti sei nemmeno degnata di guardare il cellulare e vedere il mio messaggio di questo pomeriggio nel quale ti ricordavo dell'impegno che ti eri presa con me!"

Maledizione! Se solo l'avessi letto, mi sarebbe venuto in mente e ora non saremmo qui a litigare.

"Sei solo una ragazzina viziata e superficiale come le persone che ora chiami amiche...anzi, migliori amiche. Stupido io nel pensare che qualcosa tra di noi stesse cambiando. Ma la verità è che tu sei sempre stata così, come tutti loro, viziata ed egoista. Sono io che non me ne sono mai reso conto e ora non voglio una persona così nella mia vita."

Le lacrime cominciarono a scendermi, un po' per la rabbia e un po' per la tristezza. Come poteva parlarmi così? Avevamo condiviso così tanto in passato. Era la persona più importante della mia vita. In un attimo fui trasportata a quel giorno d'estate di qualche anno prima, il giorno in cui il legame con Ollie si spezzò definitivamente.

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La mamma mi aveva suggerito, o meglio indirettamente obbligato, a invitare a casa nostra le nuove ragazze che avevo conosciuto qualche mese dopo l'inizio della prima superiore.

"Devi farti degli amici nuovi Eleonore cara, altrimenti rimarrai sola a vita."

Avevo Ollie, non volevo altri amici, soprattutto se appartenevano alle famiglie più ricche di tutta New York. Ma mi accorsi che Oliver era sempre più impegnato con i lavori, la mamma gli dava ogni giorno delle mansioni nuove e io da qualche tempo decisi di provare a dare più ascolto a mia madre, trascorrendo il mio tempo libero con Aryn e Bella. Non erano così male in fondo, avevamo addirittura qualcosa in comune.

Forse lei aveva ragione, se Oliver aveva sempre tante cose da fare, prima o poi sarei rimasta sola davvero. Quel giorno però aveva esagerato, invitando a casa ragazzi e ragazze che non conoscevo. Alcuni di loro erano addirittura dell'ultimo anno e portarono degli alcolici dicendo che una festa senza alcool non poteva chiamarsi tale. Sapevo già qual' era l'effetto di quei drink su di me ed ero contenta che i miei non sarebbero tornati a casa prima delle dieci quella sera.

"Eleonore tesoro. Posso chiamarti Ellie ormai, giusto? Lasciami dire che conosci proprio le persone giuste."

Già all'epoca Aryn squadrava i ragazzi da capo a piedi e ci provava spudoratamente con più di uno di loro nel giro di qualche ora. Diceva che era troppo giovane per impegnarsi seriamente in una relazione duratura, aveva tutta la vita per quello e che per il momento poteva divertirsi e fare nuove esperienze. In quel periodo ammiravo la sua estroversione.

"Grazie Aryn. In realtà non conosco la maggior parte di loro, è stata mia madre a insistere per invitarli."

"Allora bisogna subito rimediare! Su, tieni questo drink cara, ti aiuterà a sciogliere l'ansia. Sei piuttosto tesa".

Bella già al quarto cocktail, mi porse un bicchiere mezzo vuoto (già intuivo dove fosse finita l'altra metà). Non avevo mai visto Bella ad una festa senza un bicchiere pieno di liquidi strani tra le mani. Tra di noi era sempre la prima ad ubriacarsi. Cercai di opporre resistenza per un po', ma alla fine mi lasciai convincere e bevvi il primo di una lunga serie di drink della giornata.

La musica alta rimbombava nelle orecchie e per terra un sacco di bicchieri di plastica rossi, vuoti e non, avrebbero atteso l'indomani per essere raccolti. Povera Adele, ogni volta che organizzavo delle feste in piscina promettevo a me stessa di tornare ad aiutarla a fine serata, ma il post- sbronza aveva sempre avuto la meglio su di me.

Due ragazzi si avvicinarono a me mentre ballavo spensierata con le mie due amiche e cominciarono a muoversi a ritmo di musica strusciandosi su di me. Non avrei saputo dire chi fossero, ero troppo ubriaca per rendermene conto e a un certo punto sentii qualcuno chiamare il mio nome.

"Ellie! ... Eleonore, puoi venire un attimo?" Era Oliver, tutto sudato, con la tuta da lavoro, di fronte a me.

"Buon Dio Tallish, chi è questo? Un tuo amico? Ma quanto puzzi amico e come ti sei vestito?!" Uno dei due ragazzi si tappò il naso per indicare il disgusto e il tanfo che emanava Oliver. Lui non si mosse minimamente.

"No tranquilli, è solo il giardiniere. Non so perché sia qui! Arrivo subito ragazzi. "

Ero così in imbarazzo che afferrai Ollie per un braccio e lo trascinai dentro casa un po' impacciata, chiudendo la porta finestra alle mie spalle.

"Da quando sono diventato solo il tuo giardiniere, Eleonore?"

"Ehi, da quando hai trovato del tempo per venire da me invece che continuare a lavorare anche durante la pausa? Ti fai vedere solo quando porto a casa qualcuno o per rimproverarmi ormai. Cosa c'è, sei geloso?"

L'alcool che avevo ingerito era talmente tanto che non riuscivo neanche a stare in piedi in equilibrio e Oliver dovette sostenermi con entrambe le braccia.

"Sei ubriaca fradicia Ellie e sono solo le quattro del pomeriggio. Ti rendi conto che, se tuo padre torna a casa e ti vede in questo stato non ti fa uscire di casa per il resto dell'anno scolastico?"

"Non penso proprio che la mamma glielo permetterebbe. E sai benissimo che lei ha tanta influenza su di lui. E poi mi sto divertendo con i miei amici, che vuoi da me?!"

"Forse mi preoccupo per te Eleonore Tallish! Sono tuo amico, il tuo migliore amico e non voglio che ti accada nulla di brutto. Non ti rendi nemmeno conto di quanto ti stai mettendo in ridicolo!"

Stava gridando e gesticolando troppo e non volevo che i ragazzi in giardino sentissero le nostre conversazioni.

"Ellie tesoro, tutto bene? Quello ti sta dando fastidio? Amico, lascia stare la ragazza e tornatene di là a fare ciò per cui vieni pagato. Non capisci che non sarai mai alla sua altezza? " Un ragazzo biondo di cui non ricordavo il nome si era affacciato, sentendo le urla di Oliver fin da fuori.

"È tutto ok, sto solo impedendo che Eleonore passi la notte a vomitare nel water, al contrario di quello che stavi facendo tu strofinandoti su metà delle ragazze là fuori".

Si guardarono intensamente e cominciarono a punzecchiarsi in modo perfido e pungente, finché arrivarono alle mani. Cercai di fermarli, ma il poco equilibrio mi fece cadere a terra.

"Dio Eleonore, ma che razza di persone frequenti? Pensavo fossi meglio di così." Il biondino riuscì finalmente a liberarsi dalla presa di Oliver. Aveva del sangue che gli scendeva dal naso e fece per uscire dalla porta. Intanto la musica si era fermata e tutti stavano assistendo alla scena.

"Ti ho detto che non è mio amico! Lavora qui alla villa per la mia famiglia, niente di più." Ero arrabbiata con Oliver per avermi messo in imbarazzo davanti ai ragazzi, come poteva essere così ostinato e orgoglioso? Non aveva alcun diritto a controllarmi, né dirmi ciò che dovevo o non dovevo fare. Non potevo essere solamente sua amica, e soprattutto solo quando faceva comodo a lui o aveva tempo per me.

Mi girai e guardai Ollie con uno sguardo visibilmente perso e annebbiato, ma con la rabbia che stava crescendo dentro di me.

"Piantala di starmi addosso. Sei solo un semplice giardiniere, non potrei mai essere tua amica. Apparteniamo a due mondi completamente diversi. Tornatene a lavorare, mio padre ti paga per questo! E poi qui ora non mi servi!"

Nel momento esatto in cui pronunciai quelle parole capii di aver esagerato e di aver perso il mio migliore amico per sempre. Non pensavo davvero quelle cose, ma non potevo permettere che Aryn, Bella e tutti gli altri mi vedessero con lui. Non avrebbero capito il nostro legame e se ne sarebbero andati, lasciandomi sola.

La mamma aveva ragione, avevo bisogno di loro per poter sopravvivere al liceo. Oliver era il mio passato, loro il mio futuro. Ma dentro soffrivo nel vederlo così.

Ollie strinse i pugni, respirò profondamente e le uniche parole che riuscì a dire furono:

"Hai fatto la tua scelta, Eleonore Tallish".

Da quel momento l'unico contatto con Oliver era ridotto al minimo. Inizialmente mi parlava solo se in presenza dei miei genitori e solo se strettamente necessario. Si rifiutava anche solo di guardarmi, quando andavo alla dependance per chiedergli scusa.

Era scontroso con me e pian piano smisi di cercarlo definitivamente.

Solo nell'ultimo anno mi accorsi che aveva ricominciato a salutarmi e non cambiava più direzione quando mi vedeva, ma era sempre distaccato e si rivolgeva a me come la signorina Tallish, non Ellie, né Eleonore.

Non parlammo più di quanto fosse successo quel giorno. Gli avevo fatto troppo male e mi meritavo quel trattamento. Ma nonostante tutto lui sapeva quando io uscivo e tornavo tardi e mi lasciava sempre la porta di servizio aperta, per far sì che i miei genitori non si accorgessero della mia assenza anche dopo il coprifuoco. Sapevo fosse lui, perché quando rientravo vedevo la luce della sua camera accesa. Solo quando chiudevo la porta dietro di me e mi affacciavo senza farmi vedere alla finestra della cucina la luce si spegneva. Non ha mai smesso di prendersi cura di me.

Ero grata a lui per quello che faceva per me, anche se non capivo perché continuasse ad aiutarmi dopo tutto quello che gli avevo detto.

Mi mancava tanto, ma ero troppo orgogliosa per dirglielo e ormai era passato fin troppo tempo, eravamo cresciuti e sicuramente lui non mi avrebbe mai perdonata.

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Ero rimasta da sola, in piedi davanti alla porta di camera mia. Oliver se n'era andato, arrabbiato e deluso dal mio comportamento.

Perdonami Oliver.

Le lacrime mi rigarono il viso. Ero arrabbiata perché sapevo quanto lui fosse stato importante per me, solo non potevo dirgli ciò che stava accedendo. Ancora una volta capii che eravamo troppo diversi per far parte l'uno della vita dell'altro e che ci saremmo fatti solo che male insieme.

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