Chronos
Fin dalle sue origini, il mondo era sempre stato abitato da forme di vita di vario genere. Sebbene diverse nella specie e nelle caratteristiche, vi era un elemento che era in grado di accumunarle tutte. La loro vita era scandita dal tempo. Nascevano, crescevano e invecchiavano, per poi morire e diventare essi stessi parte del tempo.
Per anni ho ammirato da questo luogo bianco e asettico, illuminato solo da bagliori di colore, una delle creature più strane e intelligenti che avessi mai visto. L'uomo.
Osservai la loro evoluzione, fin dalla loro nascita. Mi stupì della loro capacità di costruire città, mi incuriosì il loro impegno costante nel costruire macchine meravigliose e nel cercare cure per le malattie e soprattutto mi terrorizzò il loro lato distruttivo, le guerre, la distruzione e la morte che erano in grado di portare.
Creature meravigliose.
Ero sempre stato da solo, destinato a rimanere isolato e a controllare che il tempo non subisse alterazioni, tuttavia qualche volta mi veniva concesso di allontanarmi ed esplorare, e fu nel giorno in cui la conobbi che tutto ebbe inizio.
La Terra era un pianeta stupendo, verde e azzurro, sano e rigoglioso, e lì, crescevano le mie creature preferite. Tuttavia nel tempo stesso si erano formate alcune distorsioni, che avevano dato vita a mondi paralleli e sconosciuti.
Uno di questi il più piccolo, simile alla Terra in aspetto, era appena nato, e aveva attirato subito la mia curiosità.
Ad abitarlo erano sì, degli umani, ma a differenza della terra, questi si muovevano in un unico gruppo, erano un popolo nomade.
Tra di loro spiccava una ragazza dai capelli d'oro e occhi colore del mare, ed era bellissima. Scoprì poco dopo che si chiamava Elena.
Da quello che potei capire apparteneva a una delle famiglie benestanti, tuttavia in quel luogo era impossibile trovare una famiglia che non fosse ben agiata, il terreno era ricco e cibo e acqua non mancavano.
Più osservavo Elena e più me ne innamoravo, sorridevo quando lei sorrideva ed ero triste quando lei era triste.
Un giorno decisi di incontrarla.
Era la prima volta che entravo in contatto con un umano, il mio corpo fatto di spirito era invisibile agli occhi delle persone, potevano solo percepire la mia voce. Grazie a una particolare clessidra tuttavia, per un breve lasso di tempo, mi era concesso di diventare reale.
Quando la vidi era stesa sotto un salice piangente, isolata da tutti e intenta a fissare il paesaggio. I suoi capelli brillavano appena qualche raggio di sole faceva capolino dalla chioma dell'albero.
Mi avvicinai lentamente e lei come se avesse percepito fin da subito la mia presenza, si tirò su a sedere con grazia sorridendomi dolcemente.
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