Your last first kiss

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Cover by @herslaugh




YOUR LAST FIRST KISS

Since the beginning of time

Since it started to rain

Since I heard your laugh

Since I felt your pain

I was too young, you were much younger

We were afraid of the each other's hunger

And I have always loved you

There's never be anyone else

I knew you before I knew myself, my baby

[I have always loved you_Enrique Iglesias]


JORDAN'S POV

«Mandy... stai bene?» domandai alla mia amica, che stava battendo nervosamente i piedi per terra. Amanda in tutta risposta annuì e mordicchiò la penna che aveva tra le mani.«Una meraviglia!» esclamò, cercando di concentrarsi, con scarsi risultati, sull'espressione che avevamo sotto gli occhi da 20 minuti abbondanti. Il lunedì avevamo sempre un'ora in meno delle quinte, così Mandy mi aveva accompagnata in biblioteca ad aspettare Liam e ne avevamo approfittato per fare un po' di esercizi di matematica, materia in cui Amanda aveva notevoli difficoltà.«Sul serio, Amanda... so che odi la matematica, ma... c'è qualcos'altro, vero?» incalzai. Ero in quella scuola da un mese e Amanda, James, Noah e Luke erano diventati praticamente i miei migliori amici, insieme a Liam che vedevo quasi tutti i pomeriggi. O almeno erano i miei unici amici lì a Doncaster. Speravo fosse così. «Io... credo che ormai siamo amiche o almeno lo spero... perciò se vuoi parlare con me...» Amanda rise divertita e mi diede una pacca sulla spalla.«Ehi... sei qui da più di un mese e stiamo praticamente sempre insieme! Usciamo insieme, mangiamo insieme, studiamo insieme... pensi che se non fossi mia amica passerei così tanto tempo con te?» esclamò, facendomi sorridere.«D'accordo... allora qual è il problema?»«Non così in fretta, Charlie! Io ho intenzione di aprirmi con te, ma se lo faccio, poi parlerai anche tu con me, promesso?» disse. Boccheggiai, non sapendo esattamente di cosa stesse parlando e soprattutto cosa volesse sapere, ma dovevo pur ricominciare a fidarmi di qualcuno e Mandy fino a quel momento si era rivelata un'amica straordinaria.«D'accordo» dissi quindi, accettando la sua proposta.«Bene, allora... sta arrivando Niall» disse tutto d'un fiato. La guardai perplessa, esortandola a spiegarsi meglio. «Mi ha chiesto se mi andava di fare un giro con lui dopo scuola e... io ovviamente ho accettato!» concluse, abbassando lo sguardo.«Sul serio? Sono felicissima, davvero! Però... io non ho ancora capito che rapporti abbiate voi due!» dissi, sincera. Amanda sospirò.«Io e lui siamo stati insieme per più di un mese... Niall è stato...» si interruppe, fissando un punto indefinito al di là delle mie spalle, quasi fosse indecisa se continuare o meno. Prese un profondo respiro e riprese: «Niall è stato la mia prima volta. Era tutto perfetto... quella sera è stata una delle più belle della mia vita. Lui era perfetto. Pensavo che la nostra fosse la storia più bella del mondo, ma non mi ero mai resa conto che lui non ne aveva mai parlato con i suoi amici, che non me li aveva mai presentati, che a scuola mi salutava a malapena... e poi... ci siamo allontanati. Non mi ha mai detto che era finita veramente, ma me l'ha fatto capire. Ed io... beh, io ho pianto come una stupida per un mese, senza sapere il motivo per cui tra di noi fosse finita, ma mi rendo conto che... era come se si vergognasse di me. Ho pensato di non piacergli, ma... mi accorgevo di tutti quegli sguardi su di me, dei suoi sorrisi per me... e quindi non riuscivo a capire. Poi oggi questo: mi ha chiesto di uscire ed io voglio dargli un'altra possibilità, anche se ho paura che mi faccia soffrire di nuovo. Ho deciso di dargli un'altra possibilità perché... perché io sono completamente pazza di lui!» Sorrisi e senza pensarci la abbracciai, stringendola il più possibile. Non potevo capire fino in fondo quello che provava. Io non ero mai partita così per un ragazzo, io non avevo mai avuto la mia prima volta. «Sono sicura che tu abbia fatto la scelta giusta! Niall sembra un bravo ragazzo e sicuramente vorrà chiarire con te che cosa non è andato bene la prima volta!» Amanda annuì.«Grazie Charlie! Sai... non posso parlare di queste cose con Noah, Luke e James!» disse, separandosi dal mio abbraccio.«Non c'è problema! Quando vuoi sono qui!»«Ora però tocca a te!» mi ricordò, rammentando la mia promessa. Deglutii, preoccupata di quello che avrebbe potuto chiedermi. «Che succede tra te e Tomlinson? Ho visto come lo guardi e come... come lui guarda te ogni volta che vi incrociate nei corridoi! Che state combinando?» Ecco, appunto... che stavamo combinando? Dopo quella volta, dopo quel sogno spaventoso, non avevo più parlato con lui. Era passato circa un mese e non ero riuscita ad avvicinare Louis. A volte ci incontravamo nei corridoi e lui sorrideva o mi guardava, poi però tornava immediatamente freddo, esattamente come mi avevano detto che sarebbe stato. Era glaciale e distaccato. Ma io dovevo conquistare la sua fiducia, perché ero stufa di vivere nell'ombra e volevo confessargli la verità, perché avevo bisogno di lui. Quella situazione era diventata troppo strana ed ero certa che lui, anche se solo in parte, fosse coinvolto.«I-io... noi... nulla, davvero!» balbettai, poco convinta. Amanda annuì, sorridendo divertita.«Oh, d'accordo... allora per te non dovrebbe essere un problema il fatto che lui stia venendo qui insieme a Niall, vero?» esclamò, indicandomi un punto oltre la mia spalla. Sussultai e cercai con tutte le mie forze di non voltarmi. «Come pensavo!» aggiunse prima di alzarsi per raggiungere Niall.«Ciao Mandy!» la salutò lui, prima di rivolgersi anche a me. Mi voltai cercando di sembrare il più naturale possibile, ma mi resi conto che non sarebbe stato un compito semplice nel momento esatto in cui incontrai gli occhi di Louis. Quando avevo 5 anni lui era il mio principe azzurro e ora era così... distante. Avevo paura di perderlo di nuovo. Forse dovevo darmi una mossa.«Ciao ragazzi!» esclamai, salutandoli. Niall mi diede un bacio sulla guancia, mentre Louis si limitò ad alzare la mano in un cenno di cortesia.«Bene, noi allora andiamo a fare un giro!» disse Amanda, prendendo Niall sotto braccio, lasciandomi intendere che ci avrebbero lasciati soli. Louis si sedette al mio fianco, mentre gli altri due uscivano velocemente dalla biblioteca. Mi guardai intorno leggermente spaesata, poi drizzai la schiena e mi sedetti in modo da darmi un tono, guardando Louis in modo diretto.«Beh... io stavo aspettando Liam» dissi, semplicemente. Louis sorrise leggermente. Aveva un sorriso a dir poco spettacolare.«Liam ha la febbre, mi ha chiesto di venire al suo posto» rispose, calmo. Sentivo il suo sguardo bruciare sul mio corpo e non sapevo se esserne felice o estremamente imbarazzata: mi stava studiando da capo a piedi, quasi volesse farmi una radiografia.«Quindi dovrei studiare con un vent'enne che fa ancora la quinta?» chiesi, puntando lo sguardo nel suo, per distrarlo dal suo compito minuzioso. Pessima mossa. In meno di un secondo mi ritrovai imbambolata a fissarlo, col rischio di non riuscire più ad essere loquace nel nostro dibattito botta e risposta.«Veramente ho 21 anni, per la precisione e... vedila così: ho l'esperienza dalla mia parte» disse. La sua voce non era molto profonda, ma aveva un che di estremamente attraente, tenendo conto anche del suo accento. Sorrisi, mentre lui si sporgeva verso di me sulla sedia. Cercai di distogliere lo sguardo dal suo, ma fu come impossibile. Ero incantata. Da lui, dal suo fascino, dai ricordi. Era cresciuto ed era diventato così... bello. Quando lo guardavo da piccola non riuscivo ad immaginarmi Louis da grande, eppure ora era lì, davanti a me ed io, per qualche strano motivo, non riuscivo a staccare gli occhi da lui.«Dovrei fidarmi della tua esperienza, allora?» mormorai. Louis fece scivolare la sedia più in avanti e mi sorrise. Come poteva passare da un atteggiamento all'altro alla velocità della luce?«E non solo in campo di studio» disse, schioccandomi un occhiolino che mi risvegliò per un secondo dal mondo perfetto in cui ero finita. Deglutii.«Davvero?» Louis scosse la testa divertito, poi frugò nelle tasche e ne estrasse una margherita tutta stropicciata, poi me la porse.«Per te! Non sai fino a che punto può spingersi un uomo per conquistare una donna, credimi» sussurrò. Mi ritrassi leggermente, ma lui si avvicinò e in un attimo mi scostò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, per poi adagiare lentamente la margherita sul mio orecchio. Al contatto con le sue mani uno strano formicolio prese le mie, incapaci di muoversi per respingerlo. Sorrise.«Potrebbe addirittura fingere di essere interessato allo studio e far venire la febbre ad uno dei suoi migliori amici?» domandai retorica, cercando di riguadagnare punti. Perché si comportava così? Un attimo prima sembrava che non gli importasse nulla e ora era qui seduto al mio fianco e mi stava... corteggiando! Era incredibile. E lui nemmeno mi conosceva, fino a prova contraria.«Il tuo ragionamento non farebbe una piega se non fosse che... Liam ha davvero la febbre!» esclamò sorridendo. Scoppiai a ridere e nel farlo la margherita cadde a terra. Mi abbassai per raccoglierla e istintivamente la misi nel diario, prima di chiuderlo. Louis sorrise impercettibilmente.«Allora non dovresti essere a casa a prenderti cura del tuo amico?» domandai. Lui alzò le spalle.«Magari è più giusto prendersi cura della sua allieva. Cosa devi studiare?» domandò, facendo correre lo sguardo sui miei libri.«Storia... sono indietrissimo con questa materia!» risposi, cercando di concentrarmi sui libri. Louis storse le labbra in una smorfia eloquente. Risi. «Deduco che questa materia non ti piaccia particolarmente!» dissi, aprendo il libro.«Diciamo che non è la mia materia preferita, ma... me la cavo dai... da cosa partiamo?»«Guerra delle due rose?» domandai, sulla difensiva. Mi stava davvero aiutando a studiare?«D'accordo... se non ricordo male... 1450 circa, giusto? Durata più o meno 30 anni, quindi si è conclusa intorno al 1480... Scoppiò a causa di una diatriba tra le due famiglie inglesi più potenti del tempo, i Lancaster che avevano una rosa rossa nello stemma e gli York che invece ne avevano una bianca. Ecco perché è stata poi denominata "Guerra delle due rose".»«E tu saresti ancora in quinta?» domandai, alquanto stupita. Non sapeva che avrei voluto studiare storia, non sapeva nemmeno quale argomento avrei scelto eppure sembrava preparato sulla guerra delle due rose ed era un argomento che non si faceva certo al quinto anno. Louis rise.«Sono stato bravo? Te l'ho detto che ho l'esperienza dalla mia parte! Comunque so solo questo!» precisò, aprendo il mio libro di storia e sfogliandolo. Studiammo per circa un'oretta abbondante. Louis si rivelò un ottimo aiuto. E onestamente faticavo a credere che fosse stato bocciato tante volte. Sembrava avere interesse in quello che faceva. Sapeva tutto e le cose gli restavano in mente molto velocemente, quasi più che a me. E a me piaceva studiare!«Vorrei rivederti» esclamò ad un tratto, come se nulla fosse. Sussultai, colta alla sprovvista, mentre il mio cervello accantonava immediatamente la storia per far largo a quella frase. Stava dicendo sul serio? Allora gli piacevo... Charlie gli piaceva. Il pensiero di averlo davvero conquistato sfiorò un angolo remoto della mia mente, mettendo in moto una reazione stranissima, tanto che le mani mi s'informicolarono di nuovo... doveva essere per quello. Doveva essere perché... Louis mi piaceva. Deglutii.«I-io... non so se... come...» Louis interruppe il mio sconnesso giro di parole, sollevandomi il viso. I suoi occhi nei miei ebbero l'effetto di una doccia fredda, di acqua ghiacciata in mezzo alle fiamme in cui avevo vissuto per tanto tempo.«Liam... avrà la febbre per tutta la settimana» spiegò. Non riuscii a capire se suonasse più come una minaccia per Liam o se stesse davvero male e quindi non sarebbe guarito in fretta. In ogni caso l'intensità della sua affermazione mi fece annuire, senza nemmeno pensarci.«D-D'accordo» balbettai. Dovevo conquistarlo, ma la verità era che... lui stava conquistando me. E io non ero chi pensava che fossi.


LOUIS' POV

Charlie era... era fantastica. Qualsiasi cosa facesse risultava intrigante, almeno ai miei occhi. E dovevo ammettere di non essere mai stato interessato così tanto ad una ragazza in tutta la mia vita. O almeno... non negli ultimi 11 anni di vita. Beh, ovviamente per Jordan era un interesse diverso, ero piccolo e ancora ingenuo, ma ero comunque interessato a lei. Volevo proteggerla, difenderla dal mondo dei grandi, volevo essere il suo fratellone e fare in modo che nessuno potesse mai farla soffrire. Volevo essere il suo punto di riferimento nella vita e volevo che lei crescesse con me. Ma non era successo e io non ero stato in grado di difenderla. E Charlie... me la ricordava così tanto. Era come se nei suoi sorrisi rivedessi quelli di Jordan. Adoravo passare il tempo con lei perché aveva la stessa gioia di Jordan, quel suo interesse per qualsiasi cosa che mi faceva impazzire, perché aveva sempre la mente attiva, perché era in grado di fare mille cose contemporaneamente, senza sbagliare o distrarsi. E riusciva a coinvolgere anche me, questa era la cosa più strana. Quello era l'ultimo giorno che potevo passare con lei. Era venerdì ed avevamo passato insieme tutti i pomeriggi, nonostante le maledizioni di Liam, che in realtà era guarito da un pezzo. Io però non volevo rinunciare a... a vederla e a stare con lei. Dovevo fare qualcosa, perché da quando Charlie aveva fatto capolino nella mia scuola e nella mia vita, qualcosa era cambiato.«Ehi... stavo pensando... stasera c'è una festa... ti va di venirci con me?» proposi, mentre lei cercava di capire un'equazione di matematica. Alzò il viso di scatto, fissandomi perplessa.«Io... non so se sia il caso... pensi che...»«Voglio passare del tempo con te, Charlie, davvero! Non mi interessa di quello che pensa la gente. Non sono irraggiungibile come dicono tutti!» la interruppi. Non volevo che pensasse una cosa simile. Lei mi piaceva. Era strano, la conoscevo da poco, ma... «Nonostante tutto... mi sembra di conoscerti da una vita...» azzardai, dando voce ai miei pensieri. Era davvero così. E lei in una sola settimana era riuscita ad entrare un po' nel mio mondo ristretto, come nessuno aveva mai fatto prima di lei, come se lei... avesse saputo quello che era successo nella mia vita. Charlie contrasse il viso in un'espressione indecifrabile alle mie parole. Un'idea strana si fece spazio nella mia mente: magari Charlie, tornando alla mia ipotesi del fantasma, poteva essere un modo da parte di Jordan per farmi capire come dovevo liberarla, o qualcosa del genere.«D'accordo... ci vengo... devi solo dirmi che festa» esclamò, sorprendendomi. Sorrisi.«È la festa di un mio compagno di classe... è uno affidabile, tranquilla! Poi ci sono anche i ragazzi e Niall porta Amanda. Passo a prenderti io stasera alle 21, Jordan» dissi. I suoi occhi si sgranarono davanti ai miei. Mi morsi il labbro, maledicendomi. L'avevo chiamata Jordan. Avevo mandato tutto a puttane, probabilmente. Ma stavo pensando a lei, come al solito. Era un pensiero fisso e il fatto che Charlie me la ricordasse così non aveva fatto che peggiorare le cose. «Io... mi dispiace... è che... mi ricordi tanto una persona» mormorai. Charlie annuì appena, voltandosi imbarazzata. Le sue guance si colorirono esattamente come succedeva ogni volta che le dicevo qualcosa di carino o che la sfioravo appena.«Una... ex?» domandò, sforzandosi di sorridere. Non sapevo cosa rispondere. Forse sarebbe stato meglio dirle di sì, per non complicare le cose, ma non volevo che pensasse che avevo ancora un'altra per la testa. In fin dei conti però non volevo nemmeno ridurre il ruolo di Jordan nella mia vita. Presi un respiro più profondo.«No... era molto più importante...» dissi semplicemente, distogliendo lo sguardo dal suo.«Capisco» mormorò. Mi parve di sentire la sua voce tremare, ma non la guardai, non ancora.«Beh... allora vieni alla festa?» domandai, cercando di riportare la conversazione sull'argomento originale. Charlie sorrise, lasciandosi andare.«Sì, ti aspetto a casa mia» disse, prima di scrivermi l'indirizzo su un pezzo di carta. Subito dopo corsi a casa: dovevo parlare con i ragazzi di quello che era successo e prepararmi per la serata. Quella sera l'avrei conquistata, ne ero certo. Spalancai la porta di casa raggiante come non lo ero da anni, anche se ero ancora in imbarazzo per quello che era successo poco prima.«Ciao ragazzi!» urlai, euforico. Facevo quasi fatica a riconoscermi. Da parte loro però non ebbi la reazione che mi ero aspettato. Mi stavano aspettando tutti in salotto e non appena li raggiunsi, rabbrividii di fronte alla loro faccia da funerale. «È... morto qualcuno?» domandai, sperando che stessero scherzando.«Niall deve parlarti...» sussurrò Zayn, senza nemmeno alzare lo sguardo. Il mio entusiasmo crollò nel giro di un secondo. Niall annuì appena e mi fece cenno di sedermi. Mi accomodai sul divano, confuso: di cosa volevano parlare?«Lou... sei sicuro di aver visto morire Jordan in quell'incendio?» balbettò Niall, sbiancando improvvisamente. Era andato dritto al punto, senza pietà. Ero stato colpito e ora stavo crollando. Perché dovevano togliere quel muro che avevo creato tra Jordan e il resto del mondo? Io... dovevo autoconvincermi che lei era morta, non ascoltare chi credeva il contrario. Non volevo... impazzire.«S-Sì... cosa vorresti dire?» Niall si sedette accanto a me, impallidendo ulteriormente. Probabilmente io avevo lo stesso colorito. Al solo sentir parlare di lei, la mia forza interiore era svanita, mi sentivo debole e spaventato. Niall prese un profondo respiro e si morse il labbro in modo nervoso, prima di cominciare a torturarsi le mani, come se non volesse parlare.«Oggi ero con Amanda, la prof le aveva chiesto di sistemare alcuni documenti per lei. Abbiamo portato tutto in aula professori per sistemarli e... beh... per divertirci un po' abbiamo cominciato a dare un'occhiata in giro, visto che non c'era nessuno. Ho visto il fascicolo scolastico di Charlie. Ci è saltato subito all'occhio e non siamo riusciti a resistere alla tentazione di dare un'occhiata. Dio, Louis... Il suo vero nome è Jordan Davis. Lo ha cambiato all'età di 5 anni, esattamente quando c'è stato l'incendio. Jordan non è mai morta, Louis» disse. Le sue ultime parole mi colpirono in pieno petto come una lama, aveva riaperto una ferita che ora stava sanguinando come non mai. Mi guardai intorno confuso, cercando approvazione anche da parte degli altri. Non sapevo a chi credere... non sapevo a cosa credere. Se era vero... perché Charlie mi aveva mentito così? Eppure oggi era sembrata confusa, quando l'avevo chiamata Jordan. O stava solo fingendo? Oppure... nel peggiore dei casi... magari aveva perso la memoria e si era dimenticata di tutto e anche di me. E onestamente, se Charlie era davvero Jordan, quella era l'ipotesi che più mi spaventava. Mi presi la testa fra le mani e la scossi con forza. All'improvviso aveva cominciato a girare e faceva male, come se tutte quelle informazioni ricevute in una giornata stessero cozzando insieme nel mio cervello per distruggerlo. Respirai lentamente, cercando di calmarmi.«Non... non è possibile... io l'ho invitata alla festa di Nate... ci sarà anche lei stasera» mormorai, quasi parlando più a me stesso che a loro.«Che hai intenzione di fare?» domandò Harry, confuso quanto me. Troppe ipotesi, troppe opzioni, troppe informazioni, ma nessuna certezza. E io avevo bisogno di capire. Alzai di scatto la testa guardandoli uno ad uno. Loro sarebbero stati miei complici in tutta questa faccenda.«La porterò a quella festa, costi quel che costi. E lei stasera mi dirà la verità.»


***


Charlie si fece trovare fuori casa puntuale, con un vestito blu che metteva in evidenza le sue curve formate e la vita stretta, facendo risaltare quegli occhi tanto splendenti. Dovevo ammettere che persino il suo sguardo era simile a quello di Jordan. Aveva gli occhi di un azzurro cristallino, che diventavano più scuri quando era triste o quando il cielo era scuro, fino a sembrare quasi verdi come pietre preziose. Erano degli occhi particolari i suoi. Occhi che... beh, che non avevo mai scordato. E ora... cominciavo a credere di non vedere gli occhi di Jordan in quelli degli altri, ma semplicemente i suoi. Magari era la verità. Ma era ancora troppo presto, nonostante tutto volevo ancora conquistarla, volevo ancora che quella fosse la serata perfetta. Charlie salì in macchina e mi sorrise, sistemandosi il vestito, in modo da coprirsi meglio le gambe. Sorrisi per la sua timidezza. Era carina. E io ero un uomo: non potevo fare a meno di guardarla. Cercai con tutte le forze di distogliere lo sguardo dalla sua scollatura e da ogni centimetro della sua pelle guardabile, per riportarlo sulla strada.«Stai davvero bene con quel vestito!» dissi, come un perfetto idiota alle prese con il primo appuntamento. Charlie sorrise.«Grazie, anche tu non sei male... ma i miei genitori non si fidano comunque!» azzardò, guardando fuori dal finestrino. Genitori? Allora... non erano morti nemmeno loro? Scossi la testa. No, non era ancora il momento di affrontare l'argomento. Improvvisai una risatina.«Devo parlare con loro?»«No, stasera non sarà necessario, credo di aver calmato un po' i loro bollenti spiriti!» rise anche lei, mentre io mettevo in moto. Accesi la radio, per sovrastare il silenzio che si era creato tra di noi. In una settimana non eravamo mai stati in silenzio per così tanto tempo prolungato, nemmeno mentre lei leggeva i suoi libri. Arrivammo finalmente a casa di Nate, dopo quello che mi sembrò il tragitto più lungo di tutta la mia vita. Scesi dall'auto e mi precipitai ad aprirle la portiera, cercando di mostrarmi un buon cavaliere. Le tesi la mano. Charlie la fissò riluttante, poi, dopo qualche secondo di esitazione la strinse. Non appena entrammo in casa di Nate, una miriade di occhi si puntarono sulle nostre mani intrecciate e un brusio di voci sovrastò leggermente il volume della musica, non ancora sufficientemente alto, dato che la festa era appena iniziata. Sorrisi al pensiero di quanto fosse divertente. Tutta quella gente stava parlando di noi, perché io ero Tomlinson l'irraggiungibile ed ero alla festa con una di terza e non una qualsiasi, ma la novellina. Purtroppo però, mi resi immediatamente conto che per lei non era così divertente come per me. Charlie strizzò gli occhi e strinse con forza la mia mano, tanto da farmi male.«Ehi... loro non sanno niente, d'accordo? Lasciali parlare quanto vogliono!» dissi, cercando di rassicurarla. Charlie annuì, ma cercò immediatamente di sciogliere il contatto tra le nostre mani. Io glielo impedii, tenendola stretta.«È solo che... forse tu non te ne accorgi, ma loro pensano che io per te sia una conquista... anzi, la conquista più divertente di tutte, perché sono nuova, molto più piccola di te e ingenua...» sussurrò, cercando di nuovo di liberarsi. Istintivamente la tirai con forza verso di me, finché il suo viso non fu sul mio petto. Infilai una mano tra i suoi capelli e la strinsi con più forza.«Qui non conta quello che pensano loro, qui conta quello che pensi tu! Credi di essere solo la mia conquista più divertente?» domandai, lasciandole un bacio tra i capelli. Non lo era, non lo era affatto. Semmai era la più difficile.«I-io... no, credo... ma...»«Allora fottitene e divertiamoci! Ci siamo solo io e te!» dissi, prima di stringerle la mano e trascinarla in mezzo al salotto. Sorrisi e lei di rimando. «Balliamo?» domandai, tendendole la mano. Charlie sospirò esasperata e alzò gli occhi al cielo, in modo divertito. Sfiorai con lo sguardo il bordo in pizzo del reggiseno a balconcino che affiorava appena dal suo vestito, in modo sensuale. Era da tanto che non mi sentivo così... così vivo e coinvolto. Charlie era così sexy da mandarmi fuori di testa. E mi maledivo a pensare che avesse solo 16 anni. Mi maledivo perché la desideravo e quella giovane donna che avevo davanti agli occhi era la stessa bambina che mi dava innocenti bacini sulle guance e di tanto intanto sulla bocca, in modo innocente. Era la creatura più dolce e fragile che avessi mai incontrato e non potevo, non potevo trattarla come una donna qualsiasi. Lei era... Jordan. La guardai in quei suoi profondi occhi chiari e ne fui consapevole. "Cerca i suoi occhi" aveva detto la donna. Eccoli, li avevo trovati. Mi prese per mano e cominciammo a ballare. Passarono alcuni dei miei amici, che si fermarono a salutarci, presentai loro Charlie, ma tutti sapevano che era "quella nuova". Charlie non aveva smesso un attimo di sorridere. Ed era perfetta. Ma ancora non avevo capito. Perché ancora non mi aveva detto la verità?«Charlie... tu... mi piaci, sai?» dissi ad un tratto, mentre lei scuoteva i suoi lunghi capelli biondi in mezzo alla sala. Mi si avvicinò lentamente, sorprendendomi di quanto potesse essere sensuale, pur non facendolo di proposito. Aveva un portamento decisamente perfetto. Si aggrappò alle mie spalle, sollevandosi leggermente sulle punte dei piedi.«Anche tu piaci a me, Louis!» sussurrò, sfiorandomi l'orecchio con le labbra. Quasi a voler cogliere il momento perfetto, il dj fece partire "Without you" canzone romantica e allo stesso tempo movimentata. Le mie mani finirono dritte e consapevoli sui suoi fianchi. La strinsi in modo possessivo. La volevo, doveva essere la mia ragazza. Dovevo averla e... mi meritavo la verità.«Allora mi concedi questo ballo?» domandai, attirandola ulteriormente a me. Il suo seno premette sul mio petto, scatenandomi una reazione più sconsiderata del dovuto.«Louis... ci stanno guardando tutti, non so se sia il caso» mormorò, lasciando andare le mani lungo i fianchi. Cercò di prendere le mie, per toglierle, ma non glielo permisi. La voltai velocemente, facendo scontrare la sua schiena contro di me. Le cinsi i fianchi con più audacia, tenendola stretta contro il mio corpo. Charlie sussultò, sorprendendosi del mio gesto. Le sfiorai l'orecchio con le labbra.«Rilassati, lasciati andare. Ci sono solo io» sussurrai. Charlie non rispose. Sollevò le braccia intorno al mio collo, prima di infilare una mano tra i miei capelli. Rabbrividii. Charlie mosse la mano lentamente, accarezzandomi. Si muoveva lentamente, in modo ancora imbarazzato, mentre io le dettavo i movimenti, in modo che rimanesse sempre a contatto con il mio corpo. Le mie mani risalirono lungo i suoi fianchi, fino al seno. Raggiunsi le sue braccia che accarezzai con dolcezza. Charlie voltò il viso verso il mio. Mi persi nei suoi occhi e le sorrisi, cercando di rompere quel muro invalicabile che aveva costruito intorno a sé. Dovevo scoprire il suo segreto, per averla completamente. Lasciai scivolare le mani sulle sue braccia, prima di sostituirle con le labbra. La sentii fremere.«Louis...»«Zitta, chiudi gli occhi e rilassati... ci sono solo io» ribadii. Sciolsi la presa delle sue braccia intorno al mio collo e le portai sotto il suo seno, incrociandole con le mie. Appoggiai la testa sulla sua spalla e il suo profumo dolce ed invitante fu l'ultima tentazione a cui non riuscii a resistere. Premetti le labbra sul suo collo, baciandola. La sentii trattenere il respiro per una frazione di secondo, mentre spostavo la mia bocca, per accarezzare un altro centimetro della sua pelle. Ero consapevole che, ormai, i miei vestiti non erano più una barriera sufficiente per nascondere la mia eccitazione, mentre cominciavo a sentire i jeans diventare dolorosamente stretti. Cercai di nuovo un contatto più stretto tra di noi, spingendo il suo corpo contro il mio. Charlie sussultò, diventando improvvisamente bollente. Sorrisi e decisi che era arrivato il momento di guardarla di nuovo negli occhi. La voltai tra le mie braccia e lei, colta alla sprovvista, appoggiò le mani sul mio petto, per non barcollare. Le cinsi i fianchi e cercai i suoi occhi con i miei. I suoi brillavano, avevano una luce tutta loro. E... lei era Jordan. Non avevo più alcun dubbio. Poteva continuare a fingere, tutti potevano continuare a farlo, potevo continuare a credere che fosse morta 11 anni prima, ma... Charlie era Jordan. Era la mia Jordan. Avvicinai il viso al suo, ma lei strinse con forza la mia camicia tra le mani, cercando di fermarmi. Chiuse gli occhi.«Louis... io... devo dirti una cosa importante, prima che sia troppo tardi... mi dispiace, ma...» Le sollevai il viso, interrompendola. Mi guardò confusa, ma io sorrisi, per rassicurarla. Disegnai il contorno delle sue labbra con il pollice, beandomi di quello che sarebbe arrivato dopo. Lei ripeté con la lingua lo stesso percorso che aveva fatto il mio dito, inumidendosi le labbra in modo nervoso.«Ehi... io... lo so» dissi semplicemente, senza distogliere lo sguardo dall'oggetto dei miei desideri. Lo sapevo davvero. Stava cercando di dirmelo, ma non c'era più bisogno di parlare, io avevo capito tutto. Dischiuse leggermente le labbra per ribattere, ma non gliene diedi il tempo. Qualsiasi cosa facesse era diventata estremamente invitante. Posai le labbra sulle sue, in modo delicato. Jordan sussultò, ma non si oppose. Piegò leggermente il capo, in cerca di un nuovo contatto con la mia bocca, che non le negai. La baciai così, in modo dolce, per qualche secondo, senza farle pressione, riscoprendo quelle labbra che già da bambino, in un modo del tutto diverso, mi erano appartenute. Rinforzai la mia presa sui suoi fianchi, mentre lei gettava le braccia intorno al mio collo, sollevandosi leggermente sulla punta dei piedi. Sapevo che ci stavano guardando, ma a me non importava. Jordan era piccola, troppo piccola per me, lo sapevo, ma... non potevo farne a meno. L'avevo cercata per 11 lunghi anni. Ed ora era lì con me. Tracciai il suo labbro inferiore con la lingua, per farle capire che ero intenzionato ad andare oltre, ad assaporare quel bacio il più a lungo possibile. Jordan non si oppose e lasciò l'accesso alla mia lingua, che cercò la sua in modo avido e incontrollato. Non chiusi gli occhi, perché temevo che potesse essere solo un sogno. E non volevo svegliarmi, non quella volta. Jordan mi pizzicò il labbro fra i denti, facendomi fermare solo per un attimo, per riprendere aria. Appoggiai la fronte sulla sua. Respiravamo lentamente, presi dalla foga di quel bacio meraviglioso. Era da tempo che non ricordavo un bacio così, o, forse, non c'era mai stato un bacio così.«Louis...»«Mi sei mancata, Jordan» fu tutto quello che riuscii a dire. Lei spalancò i suoi bellissimi occhi, guardandomi in modo indecifrabile, come se fosse felice, ma triste allo stesso tempo. Senza darmi il tempo di capire, si gettò fra le mie braccia, circondandomi la vita con le sue, per tenermi stretto. Rimasi impassibile per qualche secondo, immobile e confuso, poi la strinsi.«Mi dispiace... non volevo che lo scoprissi... avrei dovuto parlartene prima, ma... avevo paura che non mi avresti creduto!» disse, in modo concitato. Sentii la mia camicia diventare improvvisamente umida sotto il suo viso, ma lei si separò prontamente dall'abbraccio per asciugarsi le lacrime.«Jordan... non importa, so che volevi dirmelo e questo mi basta» dissi, cercando di farla sentire a suo agio e meno in colpa.«Ci sono così tante cose che non sai, Louis...»«Lo so, ma... sono pronto a scoprirle» Chissà se anche lei sognava, chissà se aveva i miei stessi incubi e si svegliava la mattina con qualche livido in più. Chissà se tutto quello era un sogno o la realtà. «Ti ho aspettata per troppo tempo, lo sai?» mormorai. Lei annuì, prima di abbozzare un sorriso.«Anche tu mi sei mancato... sorriso dritto» disse. Allora le mostrai il mio sorriso migliore.«Non hai nulla da invidiarmi, sorriso storto!» la presi in giro, scompigliandole i capelli come facevo da bambino.«Ehi... ora ho 16 anni e una reputazione da mantenere, non mi scompigliare i capelli!» si lamentò. Risi. Eppure... lei aveva solo 16 anni, io 21. Lei era ancora una bambina, per me. Era sempre la stessa bambina di 11 anni prima. Sarei riuscito a trattarla come meritava? Proprio in quel momento arrivarono gli altri ragazzi, compresa Amanda, che erano al corrente di tutto. Spiegai loro la situazione, ma per fortuna per quella sera nessuno fece più domande, io incluso. Volevo solo divertirmi, con lei.«Ragazzi... solo una cosa... io dovrei essere Charlie per il mondo intero, non potete chiamarmi Jordan, ho cambiato nome» fu l'unica raccomandazione che fece. Gli altri accettarono di chiamarla Charlie, tanto ormai erano abituati a quel nome. Solo io non ero felice della prospettiva.«Ehi Lou! Come va? Bella festa, vero? Senti... i miei non torneranno prima di domani sera, quindi... pensavamo di fare after! Tu e i tuoi amici ci state?» esordì Nate, il proprietario di casa, arrivando proprio in quel momento. Guardai i ragazzi che annuirono entusiasti, felici di potersi divertire ancora un po'. Jordan mi guardò confusa.«Fare after?» domandò, preoccupata.«Sì, significa che restiamo qui... fino a quando ci pare... anche tutta la notte!» spiegai, facendole un occhiolino. Jordan scosse la testa.«Non se ne parla! I miei...» Zayn le porse il suo cellulare e le diede una spintarella amichevole.«Ehi, dolcezza... è il trucco più vecchio del mondo: chiami i tuoi genitori e dici loro che resti a dormire da Amanda! Tanto Amanda dice ai suoi che è a dormire a casa tua» spiegò, mentre Jordan lo guardava scioccata.«Sul serio?» domandò. Evidentemente non aveva mai fatto nulla del genere. Le presi la mano e la trascinai un po' distante da loro, in modo da poterle parlare.«Sì, sul serio, si fanno queste cose! Ma... se non vuoi ti riporto a casa, d'accordo?» Jordan annuì, guardandomi, poi prese un respiro profondo ed estrasse il suo cellulare dalla borsa. La guardai perplesso mentre componeva il numero, poi mi sciolsi in un sorriso, quando disse a sua madre che sarebbe rimasta a dormire da Amanda, perché la festa finiva tardi. Le ci vollero quasi 5 minuti per convincerla che io non c'entravo nulla, ma probabilmente mi ero già guadagnato l'odio dei suoi genitori. Risi, non appena staccò la chiamata.«Grazie!» dissi, divertito.«Domani mattina mi uccideranno!» replicò lei guardandomi severa. Sorrisi e ritornammo dagli altri.«Jor... Charlie resta!» comunicai, avendo la prontezza di cambiare il nome. Io proprio non ce la facevo. Restammo insieme ancora per un po' e tra cazzate e drink la nottata passò velocemente, anche se notavo che Charlie era preoccupata. Verso le 5 del mattino la maggior parte dei ragazzi era a terra, devastata dall'alcol e dalle ore piccole. Zayn si era addormentato sul divano, con la bocca aperta e una bottiglia di birra che gli era caduta dalle mani: era a dir poco esilarante. Liam era sul pavimento, in uno stato ancora più pietoso, considerando che non gli era ancora del tutto passata l'influenza e che, probabilmente, il giorno dopo gli sarebbe ritornata la febbre. Harry si era appartato da qualche parte con qualche ragazza, probabilmente. Mentre Niall... beh... Niall verso le 3 aveva chiesto a Nate dove poteva trovare una stanza, Nate aveva ammiccato e gli aveva indicato la stanza degli ospiti e da quel momento in poi Niall ed Amanda erano spariti. Finalmente il biondino si dava da fare, Harry ne sarebbe stato felice. Restavamo solo io e Jordan, anche se lei faceva fatica a tenere gli occhi aperti ed era evidente che stesse per crollare dal sonno. Mi feci spazio tra gli addormentati e la condussi al piano di sopra, nella stanza di Nate. Per fortuna era libera e poi io e lui ci conoscevamo da tanti anni, non sarebbe stato un problema prenderla in prestito, anche perché io e Jordan non avremmo fatto nulla su quel letto se non dormire, ne ero certo. Un po' mi dispiaceva, ma mi rendevo conto che era giusto. Non volevo affrettare le cose e poi... la nostra notevole differenza d'età continuava a ronzare fastidiosamente nella mia testa. Jordan guardò la stanza preoccupata, poi il suo sguardo si soffermò su di me. Sorrisi comprensivo e mi gettai sul letto, invitandola a stendersi al mio fianco, per quanto il letto fosse piccolo. Jordan mi seguì lentamente, preoccupata. Si sdraiò al mio fianco, avendo cura di non toccarmi. Le cinsi i fianchi e la voltai, in modo che la sua schiena aderisse al mio petto. Affondai il viso tra i suoi capelli e cercai di rilassarmi, ma, ben presto, mi resi conto che, nonostante lei provasse a mantenere le distanze, quella non era decisamente la posizione più azzeccata. Le accarezzai il fianco con la mano e mi ripromisi comunque di stare calmo e di farla dormire.«Immaginavo tu avessi sonno» spiegai. Jordan annuì.«Mi dispiace, ma... non sono proprio abituata!» si giustificò.«Guarda che anche gli altri stanno dormendo, non devi preoccuparti, Jordan!»«Charlie!» mi corresse, per l'ennesima volta quella sera. Sospirai esasperato.«Jordan io sono Louis! Non sono il mondo intero!» dissi, leggermente alterato. Jordan mi strinse la mano.«Che vuoi dire?»«Hai detto agli altri che tu ora dovresti essere Charlie per il mondo intero... beh, io non sono il mondo intero! Io sono Louis e tu per me sei e sarai sempre Jordan!» spiegai, accarezzandole le dita. Lei annuì appena.«Dovremmo parlare» mormorò.«Lo so, ma ora siamo troppo stanchi... chiudi gli occhi e riposati, domani abbiamo tutto il tempo del mondo!» dissi, dandole un bacio sulla guancia.«Louis... io... ho paura di... di addormentarmi, non voglio dormire» sussurrò. In quel momento molte delle mie ipotesi trovarono conferma: aveva anche lei quegli strani incubi. Ma non potevamo stare svegli per sempre e in qualunque caso lei sarebbe crollata prima ancora di provare a tenere gli occhi aperti.«Lo so... anch'io, ultimamente, ma... sono qui con te. Andrà tutto bene, vedrai» dissi, cercando di rassicurarla. La strinsi con più forza, cercando di trasmetterle un po' di sicurezza. La verità però era che non ne ero certo, ora che me lo aveva ricordato ero terrorizzato all'idea di addormentarmi. Ma nel giro di pochi secondi chiudemmo entrambi gli occhi e ci addormentammo, con la speranza di riuscire a dormire per una notte intera.





Angolo darkryry

Ed ecco la verità su Charlie/Jordan. Louis l'ha presa bene, forse perchè sotto sotto aveva già capito che Charlie era la sua amica/qualcosa di più Jordan.

Cosa succederà ora che si sono ritrovati veramente?


Avviso importante: sarò assente da domenica 14/06 fino a domenica 21/06 perchè vado al mare! Ibiza mi attende e questa pausa comprenderà l'assenza di internet e soprattutto del computer, quindi gli aggiornamenti arriveranno al mio rientro dall'isola spagnola :)


Intanto ne approfitto per augurare a tutti un buon inizio di vacanze!! xx


darkryry


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