Crazy, stupid love
All rights reserved a midnite_ (EFP)
Cover by @herslaugh
CRAZY, STUPID LOVE
Take a chance with me
Girl, you know that I won't do you no harm
Oh, my love, you got my heart, heart, heart
Yeah, you know we're meant to be, yeah
All this magic, we should wish on a star
Oh, my love, you got my heart, heart, heart
[Oh my love_Chris Brown]
JORDAN'S POV
«Il Malleus Maleficarum... non è una bolla papale o qualcosa del genere?» cominciò Liam, cercando sullo scaffale dei libri di storia. Scossi la testa.
«Non ne sono così sicura... però diamo un'occhiata» proposi, mentre gli altri si mettevano al lavoro. Ad un tratto Niall saltò dalla sedia, richiamando l'attenzione della bibliotecaria, la quale gli lanciò un'occhiataccia poco rassicurante. Niall sfoderò uno dei suoi migliori sorrisi e si rimise a sedere davanti al computer, prima di chiamarci.
«L'ho trovato!» disse, indicandoci lo schermo del pc. Amanda gli stampò un sonoro bacio sulla guancia.
«Bravo amore» disse, facendo diventare leggermente rosse le guance del biondino. Gli altri ragazzi ridacchiarono nel vedere la sua reazione. Amanda e Niall stavano insieme da un mese ormai. Amanda mi aveva raccontato che lui non si era sentito pronto per una relazione quando l'aveva lasciata la prima volta, perché aveva paura di farla soffrire, perché pensava che lei fosse ancora troppo... piccola. Non volevo pensarci, non in quel momento.
«Malleus Maleficarum, dal latino "Il Martello delle streghe" fu pubblicato in latino nel 1487 ad opera di due frati domenicani, Jacob Spranger e Heinrich Kramer e fu un vero e proprio trattato...» m'interruppi, quasi inorridita da quello che stavo per leggere. Louis mi diede una pacca sulla spalla, esortandomi a continuare. Per tutti quei pomeriggi passati a ricercare informazioni su demoni e strani scritti, mi ero costantemente domandata come avessi fatto ad affrontare tutta quella realtà senza di lui. Era l'unico che sapeva capirmi davvero e che riusciva in qualsiasi caso a darmi coraggio. Presi un respiro e ripresi: «... Fu un vero e proprio trattato sulla caccia alle streghe» conclusi, con lo stesso tono mesto di prima. Avevano davvero scritto una specie di manuale sulle streghe, sulle loro forme, su come riconoscerle e ucciderle? E probabilmente quelle innocenti ragazze non avevano nemmeno chissà quali poteri, magari erano solo affette da malattie mentali incurabili all'epoca ed erano stata brutalmente torturate ed uccise. Davvero non ci potevo credere!
«E la data e il titolo dell'opera erano riportati sul libro della tua famiglia? Ma cosa c'entra tutto questo con... con i demoni?» domandò Zayn, confuso. Se avessi potuto dargli una risposta lo avrei fatto molto volentieri, ma il problema era che le risposte non le avevo nemmeno io.
«Beh... qui c'è scritto che il Malleus Maleficarum fu pubblicato esattamente quando la stregoneria cominciò ad essere vista come una forma di... satanismo» disse Harry, procedendo nella lettura del documento che avevamo trovato.
«Pensi che... tutto questo possa essere associato al fatto che... all'epoca i demoni erano sentiti come spiriti maligni al servizio del demonio?» azzardò Niall, guardandomi. L'unica persona in quella stanza che non aveva mai parlato e che non faceva ipotesi era Louis. Per tutto il pomeriggio non aveva fatto altro che girarsi intorno alla ricerca di qualcosa di utile, ascoltando e recependo le informazioni, aggrottando le sopracciglia di tanto in tanto, come se le stesse elaborando. Sembrava serio e concentrato. A volte mi stringeva la mano e mi sorrideva, poi ritornava stranamente cupo, come se la faccenda lo turbasse. Beh, in tal caso non potevo dargli torto. Distolsi lo sguardo da Louis e mi concentrai sull'ipotesi di Niall. Non era affatto male come teoria... visto e considerando che noi potevamo formulare solo teorie, senza avere prove certe su nulla.
«Potrebbe essere... magari... magari avevano cominciato a perseguitare anche i demoni, perché riconosciute come creature del diavolo... e quindi come streghe e stregoni»
Bene, era l'unica conclusione plausibile a cui eravamo giunti.
***
«Lei vuole esprimere la sua opinione, signorina Parker?» La voce della professoressa mi raggiunse attutita, come se la mia testa fosse infilata in una specie di bolla. Non sapevo nemmeno cosa stesse dicendo e in realtà ci misi qualche minuto a capire che stava parlando con me. Louis era così abituato a chiamarmi Jordan che ormai Charlie Parker mi era completamente estranea. Già, io ero Jordan Davis. «Signorina Parker? Vuole degnarci della sua presenza o preferisce farsi un giro?» Solo in quel momento alzai il viso e guardai la Green con aria di insofferenza.
«Sì... mi scusi... mi ero solo distratta un attimo» mormorai, incapace d'inventare una scusa migliore. Dopotutto era vero. Ero distratta perché... pensavo. Pensavo a me e alla mia famiglia. Un demone. Ero un mezzo demone e ancora non sapevo cosa significasse, a dirla tutta. Nessuno mi aveva mai spiegato cosa fosse un demone, né tanto meno cosa comportasse esserlo.
«Stavamo parlando del romanzo "Cime tempestose" di Emily Bronte... lo ha letto per caso?» riprese la Green, la professoressa di letteratura. Lo avevo letto due volte, era uno dei miei libri preferiti.
«Sì, l'ho letto» risposi, facendo mente locale di quello che sapevo.
«Vuole dirci cosa ne pensa?» incalzò la donna. La Green non mi dispiaceva. Era una brava professoressa, era molto dolce e sapeva come aiutare gli studenti, ecco perché in quel momento non mi stava accusando, ma stava semplicemente cercando di mettermi alla prova.
«Beh... io credo che, anche se molti non la pensano allo stesso modo, sia una delle più belle storie d'amore che io abbia letto. Quello tra Heathcliff e Catherine era un amore morboso e disperato. Io ritengo che... in qualche modo, loro avessero sempre e costantemente bisogno l'una dell'altro. La verità è che Catherine e il signor Heathcliff erano due veri egoisti e il loro orgoglio ha fatto sì che si dimostrassero il loro amore uccidendosi a vicenda. Non potevano far altro che questo, amarsi in modo quasi ossessivo, distruggendosi. Il loro amore era... era una specie di demone che li ha consumati.» Ecco... il loro amore era una specie di demone. Un demone... La professoressa mi fissò interessata e mi esortò a continuare, sapendo che avevo altro da dire. Mi guardai intorno. I miei compagni di classe mi fissavano sorpresi, probabilmente perché loro ancora non avevano letto il libro. Mi schiarii la voce. «Insomma... alla fine ho pensato che... che probabilmente Catherine non sarebbe stata così... dannata se i pregiudizi e le distinzioni di classe sociale le avessero permesso sin da subito di frequentare Heathcliff. Penso che lei si sia buttata nel matrimonio con il signor Linton perché si sentisse in dovere di farlo, a causa della sua... elevazione sociale. Per mantenere separato il suo mondo da quello di Heathcliff. Perché sapeva che nessuno le avrebbe mai permesso di amare un trovatello insomma» conclusi. Ecco qual era la mia conclusione: Catherine non sarebbe stata dannata se avesse potuto amare subito Heathcliff. Ma nessuno voleva che lei lo vedesse e lo frequentasse. Nessuno voleva che io vedessi Louis.
«Ottima presentazione, Charlie!» disse la Green, sorridendo. Sorrisi anch'io di rimando e la ringraziai. «Bene, mi aspetto che leggiate "Cime Tempestose" entro fine mese. Poi ne riparleremo in classe» aggiunse rivolta ai miei compagni. La campanella dell'intervallo suonò proprio in quel momento. La professoressa lasciò la classe tra gli sbuffi degli altri ragazzi.
«Bene, Parker! Complimenti! Vedo che sai qualcosa degli amori impossibili, a quanto pare! Che combini con Tomlinson, eh?» Perfetto, ci mancava solo l'interrogatorio di quella gallina di Sharon! Scossi le spalle. Non lo sapevo nemmeno io cosa combinavo con Tomlinson. Era un mese circa che ci frequentavamo. O meglio... lo facevamo di rado, qualche bacetto ogni tanto quando eravamo a scuola e poi a casa ci vedevamo per discutere di cosa fossero i demoni e di quale fosse il modo per sbarazzarci dell'uomo nero.
«Nulla, davvero... ci frequentiamo come amici» risposi, cercando di sembrare convincente. Sharon rise.
«Certo, certo! Non inganni nessuno, piccola novellina! Ma... sai, io lo faccio solo per il tuo bene, in fin dei conti voglio metterti in guardia: Louis ti scaricherà non appena avrà ottenuto quello che vuole, esattamente come ha fatto con tutte le altre! Non sei che una della lista, Parker! Non fare la finta santerillana e sbrigati a dargliela, così Tomlinson sarà di nuovo sulla piazza!» disse, nel modo più freddo possibile. Dalle sue parole traspariva chiaramente tutto il suo odio nei miei confronti. Ma non era solo quello a preoccuparmi. Amanda mi mise una mano sulla spalla e mi scosse leggermente. Fissai il pavimento come incantata. Louis l'irraggiungibile, giusto. Era impossibile che proprio io, Charlie Parker, Jordan Davis, lo avessi raggiunto. Forse era vero... forse si sarebbe stancato di me, presto.
«Dai, Charlie... non ascoltarla! Io non ci credo proprio! Louis è cotto di te, davvero! Se è come dici... ti ha aspettata per 11 lunghissimi anni! Non lo capisci? Aspettava te per innamorarsi!» esclamò, sollevandomi il viso.
«Dio, Amanda! È tutto così complicato! Volevo semplicemente conoscere un ragazzo ed innamorarmi per la prima volta, non pensavo che tutti mi avrebbero guardata come se avessi svaligiato una banca! Io non sono fatta per la realtà di Louis, ammettiamolo!» Amanda aveva Niall, la sua era una storia del tutto normale. Nessuno le diceva nulla. Ma la nuova arrivata che senza fare il minimo sforzo conquistava il ragazzo più ambito della scuola era indubbiamente sulla bocca di tutti. Soprattutto se la ragazza in questione era una ragazza di cui nessuno sapeva nulla, completamente anonima, con cinque anni in meno del ragazzo interessato e la fama di una verginella. Insomma, di un evento così se ne parlava anche in una scuola dove la popolarità non contava. Almeno così volevano farmi credere, ma avevo avuto un'impressione decisamente diversa. Volevano ricordarmi in ogni modo che era meglio non vedere Louis. Amanda tentò di ribattere, ma io uscii dall'aula prima che potesse parlare. Sperai di poter evitare Louis per tutto l'intervallo, ma mi resi conto che era praticamente impossibile dal momento che lui mi stava cercando ed era praticamente fuori dalla mia classe. Lui e la sua dolcezza non facevano che peggiorare le cose. Sorrise non appena mi vide uscire dalla classe. Io lo salutai in modo freddo, alzando semplicemente la mano. Louis mi fissò perplesso, probabilmente domandandosi perché di punto in bianco mi stessi comportando così. Mi si avvicinò cautamente, poi mi cinse la vita con un braccio e mi tirò a sé. Sapevo che voleva baciarmi, così mi ritrassi il più possibile.
«Non qui... Louis» mormorai, come se bastasse a tenerlo calmo. La sua espressione divenne immediatamente più severa e i suoi occhi azzurri mi fulminarono con un'occhiata raggelante.
«Fammi capire... mi stai evitando perché... perché non vuoi che ti vedano con me?» domandò, alzando il tono di voce. Deglutii a vuoto e chiusi gli occhi. Volevo negare l'evidenza, ma ero ben consapevole di non esserne in grado. Louis mi prese il polso e immediatamente sentii la sua stretta farsi più forte. In men che non si dica mi trascinò dietro di sé lungo tutto il corridoio, senza fornirmi uno straccio di spiegazione. Camminammo sotto gli occhi di tutti fino al laboratorio di informatica che Louis aprì, mi fece entrare con malagrazia all'interno dell'aula, e richiuse alle sue spalle, appoggiandosi contro la porta con la schiena.
«Non è... non è esattamente così» tentai di giustificarmi, senza guardarlo. Louis sospirò in modo esasperato e mi prese le spalle, tirandomi verso di sé.
«Ah no? E allora com'è? Pensavo si fosse capito che m'interessi!» disse, guardandomi in modo indecifrabile. Scossi la testa. Per quanto tempo gli sarei interessata?
«Non voglio essere solo un'altra della tua lista, Louis! Sappi che se quello che cerchi è sesso... beh, da me non otterrai nulla!» esclamai, cercando di sfoderare tutta la sicurezza possibile. Oh, ma chi volevo prendere in giro? Ero estremamente debole nei suoi confronti. L'espressione tesa di Louis si rilassò in una frazione di secondo, trasformandosi in uno dei suoi soliti sorrisi assassini di ragazze innocenti. Ridacchiò, come divertito da qualcosa, poi mi tirò verso di sé. Appoggiai la testa sulla sua spalla e sentii la sua risata tra i miei capelli.
«E questo chi te l'ha detto?» domandò. Scossi la testa e scelsi il silenzio. Louis sospirò. Mi scostò leggermente, poi mi prese il viso e mi costrinse a fissare gli occhi nei suoi, in modo che non potessi distogliere lo sguardo. «Senti... tu davvero non ti sei accorta che... che tra di noi c'è sempre stato qualcosa di speciale? Voglio dire... quando avevi 5 anni non hai mai pensato che... che io e te un giorno saremmo stati insieme?» disse, addolcendo il tono. Scossi la testa.
«N-no...» balbettai. Cazzate: io quando ero piccola volevo sposarlo. Stavo mentendo spudoratamente e non sapevo perché. Forse perché la situazione m'imbarazzava, forse perché volevo sapere cosa pensasse lui, o, più probabilmente, perché io volevo sposarlo solo per il fatto che a 5 anni mi sembrava la cosa più ovvia, dato che passavo tutto il mio tempo con lui. Nella mia mente era come se lo avessero messo lì apposta e mi costringessero a farmelo vedere proprio perché un giorno ci saremmo sposati. Ma mai, e questo veramente mai, crescendo, avevo pensato che Louis Tomlinson avrebbe potuto scegliermi. Non di sua spontanea iniziativa. Lui rise ancora con più gusto.
«Peccato perché vedi... quando io avevo 10 anni... mi chiedevo spesso come sarebbe stato quando saremmo cresciuti. Sapevo già che sarei diventato grande con te e che avremmo fatto tutto insieme... ma questo non è successo» disse, rabbuiandosi leggermente alla fine del suo discorso. Annuii. «Mi auguro che questo pomeriggio verrai a casa mia... per parlare delle questioni della tua famiglia e... di questa nostra piccola discussione» aggiunse, lasciandomi poi andare, consapevole del fatto che non aveva bisogno di augurarselo, perché ci sarei andata. E sarebbe stato uno dei pomeriggi più lunghi della mia vita.
LOUIS' POV
«Vieni, entra» dissi, prendendo la borsa di Jordan ed invitandola ad entrare in casa. Si guardò intorno leggermente spaesata e capii immediatamente quale fosse il problema, ma fu lei a parlare per prima.
«I ragazzi non ci sono?» domandò, cercando di sembrare calma e indifferente, ma sapevo che la cosa non la metteva affatto a suo agio.
«No. Niall è con Amanda, Liam sta studiando con Harry e Zayn è con una ragazza» spiegai in modo sbrigativo. Non sapevo nemmeno se fosse davvero così, ma ad ogni modo loro avevano trovato qualche occupazione provvisoria per lasciarmi la casa libera. Jordan annuì e si accomodò sul divano del salotto.
«Bene... ehm... volevi parlarmi di qualcosa?» domandò, fissando uno dei ghirigori sul tessuto del divano, come se fosse un'interessantissima opera d'arte. Mi passai una mano tra i capelli, sorprendendomi di quanto io stesso fossi nervoso. C'erano troppe cose da dire, ma non sapevo come farlo. Mi schiarii la voce.
«Pensavo che... forse sarebbe utile tornare da tua zia... sai, per parlarle di quello che abbiamo scoperto» proposi, espondendole il mio piano che era tutto fuorché geniale. Lei comunque acconsentì.
«Però sarebbe meglio che ci andassi da sola... non penso che le farebbe piacere sapere che... che non ti ho lasciato andare... e nemmeno a Carol farebbe piacere. Lei sembra tenere particolarmente alla tua salute!» sibilò. Percepii la sua voce incrinarsi leggermente sulle ultime parole. Alzò il capo e i suoi occhi chiari mi colpirono come una doccia gelata. Sorrisi. Che cos'era quella? Gelosia? O... di nuovo il terrore di essere solo una della lista, una di passaggio?
«Beh... allora dovranno abituarsi all'idea che dove ci sarai tu ci sarò anch'io!» dissi, sincero. Era vero che volevo starle accanto. Era vero che lei era speciale. Avevo passato 11 anni a chiedermi se sarei mai riuscito ad interessarmi veramente ad una ragazza e a trattarla come meritava, ma non ce l'avevo mai fatta. Poi... poi era arrivata lei. O meglio, era tornata.
«Louis?» mi richiamò, tornando improvvisamente a sembrare la creatura fragile e insicura di prima. Erano tanti i problemi che mi frullavano per la testa. Stavo con un demone, solo per metà a voler precisare, ma la sostanza non cambiava: anche suo padre stava con un demone e la fine che aveva fatto non mi rassicurava affatto. Aveva 5 anni in meno di me, i suoi genitori mi odiavano, alcuni ragazzi attribuivano aggettivi poco carini sulla mia decisione di "volermela fare con una tipa più piccola", benché io non stessi cercando di"farmela", le mie intenzioni erano ben diverse, ma se già mi sentivo male all'idea di fantasticare su una ragazza che era a malapena diventata una donna, beh... certe parole non facevano che aumentare il mio disgusto nei miei confronti. Tuttavia, per entrambi i problemi che tentavo vanamente di analizzare, la risposta era una sola: non potevo farne a meno. Anche provandoci seriamente, non riuscivo a starle lontano. E la mia non era solo attrazione fisica nei suoi confronti. C'era ben di più: c'era un desiderio quasi incontrollato di voler sapere qualsiasi cosa la riguardasse, perché sentivo che riguardava anche me. Ero affascinato, stregato per dirla con termini affini, da lei e da tutto ciò che le girava intorno. E sentivo semplicemente che stare con lei era la cosa giusta.
«Dimmi» dissi, sedendomi accanto a lei sul divano. Le presi la mano e in men che non si dica lei si ritrovò a fissare le nostre dita intrecciate. Prese un profondo respiro.
«Quello che hai detto oggi... lo pensavi veramente?» domandò, senza distogliere lo sguardo dal punto in cui si era fissato.
«Non ho mai smesso di pensarlo, Jordan! Se ero così legato a te, all'epoca... c'era sicuramente un motivo. E se tu sei tornata qui, sei tornata da me... beh, sicuramente anche adesso c'è un motivo!» dissi. Jordan sorrise e finalmente mi sentii più leggero. Come poteva non accorgersi che lei per me era speciale? E io per lei? Lo ero anch'io?
«E tu cosa pensi al riguardo?» chiesi, guardandola. Jordan sgranò gli occhi, come se l'avessi colta sul fatto. Scoppiai a ridere e le pizzicai i fianchi, facendole il solletico. Si dimenò inutilmente per qualche secondo, implorandomi di smettere. Io non fui così buono, ma lei alla fine riuscì ad alzarsi.
«Dove pensi di andare? Vieni qui, piccola» dissi, prendendola per un braccio. Era la prima volta che la chiamavo così. Jordan rise e prima di potersi liberare dalla mia presa, la tirai verso di me. «Seduta» ordinai, indicandole le mie gambe. Jordan sospirò esasperata e si sedette sulle mie gambe, circondandomi la vita con le sue e il collo con le braccia.
«E adesso?» domandò, ingenuamente. Sorrisi e le accarezzai la guancia, scostandole una ciocca di capelli.
«Dio... sei così bella» mi lasciai sfuggire, osservando ogni millimetro del suo viso, come a non volerne perdere nemmeno un dettaglio. Jordan sospirò. Le strinsi i fianchi con le mani e avvicinai il viso al suo. Jordan si ritrasse solo per un secondo, poi mi concesse di baciarla, stringendosi a me. Dischiuse le labbra, in modo che potessi approfondire il bacio e non mi lasciai ripetere l'invito. In un attimo la stanza si riempì dei nostri sospiri e del rumore dei nostri baci sempre più esigenti. Jordan infilò le mani tra i miei capelli, accarezzandomi e giocherellando con qualche ciuffo ribelle. Al contatto con le sue dita una miriade di brividi partivano dal punto interessato, fino ai miei piedi, attraversandomi tutto il corpo. Le pizzicai il labbro inferiore coi denti, prima di cercare di nuovo la sua lingua, in modo sempre più esigente. Jordan si muoveva sulle mie gambe, di tanto in tanto, senza minimamente pensare che quel semplice contatto non faceva altro che velocizzare i miei tempi di reazione. Cominciai a sentire l'eccitazione crescere, dentro di me e dentro i miei jeans. Perché doveva farmi quell'effetto sconsiderato? Mi eccitavo fin troppo in fretta se si trattava di lei e non avevo fatto altro che baciarla! Preso dal momento, velocizzai le cose e feci correre una mano lungo il suo busto. Senza pensarci troppo le strinsi il seno con la mano, sopra il tessuto della sua t-shirt. Jordan ansimò in modo involontario, poi si ritrasse immediatamente, imbarazzata. Il suo sguardo cadde verso il basso, ma non fu una scelta azzeccata. Arrossì violentemente, notando la mia erezione a malapena nascosta dai jeans. Mio malgrado mi ritrovai a ridere. Era davvero così... ingenua? Le sollevai il viso con le mani e la guardai negli occhi.
«Ehi... questa cosa... non deve imbarazzarti, ok? È normale... anzi, dovresti essere felice di farmi quest'effetto... significa che ho una voglia pazzesca di stare con te, di baciarti e... magari, un giorno, se vorrai... di averti» mormorai, azzardando una proposta che forse avrebbe ottenuto solo l'effetto di imbarazzarla di più. Jordan annuì.
«Mi dispiace è che...»
«Lo so, non devi vergognartene... anzi... sei giovane ed è giusto così» dissi. Sì, ed io ero il ventenne che voleva prendersi la sua verginità. Mi facevo schifo, in un certo senso. Ma... lei mi piaceva così tanto.
«Louis... nella mia vecchia scuola... beh, diciamo che ero considerata una tipa piuttosto strana e non mi sono mai... mai avvicinata tanto ad un ragazzo. Cioè... non sono mai stata tanto attratta da un ragazzo quanto mi sento attratta da te. È una sensazione strana... è che quando mi sei vicino o mi sfiori... ogni centimetro del mio corpo brucia di desiderio e vorrei che tu mi baciassi e mi toccassi... io... ti desidero e questa cosa mi è del tutto nuova...» disse. Mentre parlava la sua mano scivolava lenta lungo il mio petto, accarezzandomi. Sorrisi.
«Jordan... così... mi rendi solo più felice e... anche eccitato, a dirla tutta... so che hai bisogno del tuo tempo perché... è la tua prima volta, ma... non devi preoccuparti e soprattutto devi farlo solo quando ne sei sicura. Se ti sembra che io mi stia spingendo troppo in là fermami, d'accordo?» Jordan sorrise e premette le labbra sulle mie.
«Sì» mormorò, senza staccare la sua bocca dalla mia. Speravo che il mio gesto estremo la convincesse che facevo sul serio. E onestamente meravigliava anche me: ero disposto a non fare sesso e ad aspettarla. E forse sarei stato la sua prima volta. Era una situazione del tutto nuova per me. L'accarezzai ancora, cautamente, fino ad arrivare al seno. Ripresi lo stesso percorso di prima e le strinsi il seno sopra la maglietta, quella volta un po' meno impulsivamente. Jordan ansimò di nuovo, ma quella volta non si ritrasse. Spostai le labbra sulle sue guance e lasciandole piccoli baci raggiunsi il suo collo, dove mi soffermai un po' di più. Le succhiai la pelle, cercando di essere delicato e la sentii trattenere un gemito, che mi raggiunse in modo velato. Sorrisi e sfiorai il punto dove avevo appena lasciato il mio segno con la lingua. Jordan piegò leggermente il capo, sopraffatta dal desiderio. Approfittai del suo momento di distrazione per spingerla con la schiena sul divano, nel modo più delicato possibile. Jordan sorrise impercettibilmente. Continuai il percorso sul suo collo, scendendo sulla spalla. Le scostai la manica della t-shirt e continuai a sfiorare la sua pelle con le labbra. Jordan cominciò a muoversi sotto di me, in modo nervoso eppure impaziente. Infilò le mani tra i miei capelli e piegò il capo all'indietro, quasi a chiedermi di fare di più. Ovviamente non mi lasciai ripetere l'invito. Sarei andato avanti finchè non mi avesse fermato. Mi abbassai leggermente, feci scivolare le mani sotto la sua maglietta e la sollevai fin sotto il suo reggiseno. Jordan non si oppose, così portai le labbra appena sotto il bordo del suo reggiseno nero e cominciai il mio lento percorso, seminando baci lungo tutto il suo ventre, fino a raggiungere il bordo dei suoi jeans stretti, quei jeans che le fasciavano le curve in modo che qualsiasi uomo sarebbe uscito di testa. Jordan ansimava di tanto in tanto e il suo respiro si era fatto decisamente più profondo ed irregolare. Le presi i fianchi, poi riportai lo sguardo sul suo viso.
«Ti fidi di me?» domandai, sperando che la sua risposta fosse quella che volevo sentire. Jordan rimase in silenzio per qualche secondo, come in apnea.
«Sì» disse alla fine, in un impercettibile sussurrò. Infilai gli indici sotto il bordo dei jeans e li feci scivolare lentamente lungo le sue gambe, gustandomi lo spettacolo delle sue cosce nude e degli slip che l'avrebbero coperta ancora per poco. Jordan arrossì immediatamente, facendomi sorridere.
«Ehi... sappi che io sono il tuo ragazzo e che non ti farei mai niente che possa farti del male. Come non farei nulla che tu non volessi, chiaro?» domandai, giusto perché si capisse che ero un ragazzo con dei sani principi morali. Lei sorrise.
«Sì, solo che... mi... m'imbarazza, ecco.» Come se non l'avessi capito! Sospirai divertito.
«La risposta è sempre: sono il tuo ragazzo. Se vuoi... solo se vuoi... lasciati andare e fidati di me. Sarà piacevole» la rassicurai, accarezzandole leggermente il viso. «E comunque... sappi che svestita sei uno spettacolo e che il rossore sulle tue guance mette in evidenza le lentiggini!» Risi di gusto, quando notai che la mia affermazione aveva ottenuto l'effetto desiderato. Era strano che sembrasse così... umana, quando in realtà lo era solo per metà. Lasciai scivolare l'indice lungo la sua pancia, solleticandola.
«Tu adesso... devi solo rilassarti e lasciar fare tutto a me... ti piacerà, vedrai!» sussurrai, cercando di tenere il tono di voce il più basso possibile.
«D'accordo... fammi quello che vuoi» acconsentì, riportandomi alla realtà. Annuii felice e prima che potesse cambiare idea cominciai ad accarezzare la sua intimità sopra il tessuto degli slip. Jordan cominciò immediatamente ad ansimare.
Era fin troppo eccitata e me ne accorsi immediatamente, non appena mi liberai anche di quell'indumento e potei toccarla senza barriere.
«Oh... dio...» mugugnai, incapace di trattenermi. La cosa mi era piaciuta e non poco, tanto che persino Jordan se ne accorse e mi guardò paonazza. «Scusa è che... è bello sapere che sei così... così eccitata per me» dissi, cercando di giustificare il mio verso di approvazione. Jordan sbuffò e lasciò cadere di nuovo la testa sul cuscino del divano. Cominciai a massaggiarla lentamente, prima di cominciare a stuzzicarla con un dito, cercando di essere delicato e di non esagerare. Volevo prepararla lentamente e senza farle pressione. Jordan gemette e portò le mani sulla mia schiena. Era perfetto tutto quello. Ed io volevo darle piacere. Mossi il dito ancora per qualche secondo, mentre con l'altra mano continuavo a massaggiarla. Jordan ansimò più forte. Alzai il viso per guardarla e la sua espressione mi eccitò ancora di più.
«Ti piace?» chiesi, rendendomi perfettamente conto di quanto stupida fosse quella domanda. In altri casi di sicuro non l'avrei chiesto.
«Mmmh» fu l'unica risposta che ottenni, affermativa, per quanto mi riguardava. Mi chinai fino a baciarle con le labbra l'interno coscia. Stavo per andare avanti, ma Jordan mi bloccò, tirandomi leggermente i capelli.
«Ok, basta... fermati...» mormorò, quasi chiedermelo le costasse imbarazzo. Annuii a malincuore e mi alzai, porgendole i suoi slip e i jeans. Jordan si rivestì velocemente, imbarazzata come non mai. Mi avvicinai a lei e sollevai un sopracciglio in modo allusivo.
«Penso di meritarmi un bacio, no?» dissi, sfiorandole il naso con le labbra. Jordan sorrise e mi sfiorò la bocca con la sua.
«Grazie, Louis» mormorò. Io annuii.
«Evidentemente anche i demoni provano piacere!» dissi, comprendo dal suo schiaffo sulla nuca che la mia battuta non era stata poi così azzeccata. Capii che dovevo abituarmi a quel suo essere ingenua e aspettare.
Angolo darkryry
Cosa dire del capitolo?
La gelosia e l'invidia di Sharon verso Jordan, la confessione di Louis alla mezzademone, il loro primo momento hot insieme (anche se era solo un preliminare ;) ).
Beh, credo non ci sia nulla d'aggiungere, stavolta il capitolo parla da sé ;)
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