Boogeyman
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Cover by @herslaugh
BOOGEYMAN
Have I lived before,
Or could this be all that we've got?
If I die tomorrow
I'd be allright
Because I believe
That after we're gone
The spirit carries on
I used to be frightened of dying
I used to think death was the end
But that was before
I'm not scared anymore
[The spirit carries on_Dream Theatre]
LOUIS' POV
«Lo vedete anche voi, vero? Ditemi che non sono pazzo, vi prego!» urlai, alzando il peluche davanti agli occhi dei ragazzi.«N-no... c'è davvero, io lo vedo...» mormorò Harry, additando la zampa dell'orsacchiotto.«Ma tu non hai mai avuto pupazzi...» Niall sembrava oltremodo sconvolto dalla faccenda e osservava l'oggetto della nostra discussione con aria smarrita.«Appunto! È...» m'interruppi, pensando che non mi avrebbero mai creduto, ma poi mi resi conto che erano i miei migliori amici, se non mi avessero creduto loro chi avrebbe dovuto farlo? «È comparso stanotte» conclusi, indicando loro il punto preciso in cui lo avevo trovato. I ragazzi annuirono.«Hai... sognato di nuovo?» domandò Zayn, preoccupato.«Sì, ma questa notte non era un brutto sogno... solo che... è comparso lui...» sussurrai, appoggiando il pupazzo sul mio letto. Stranamente non avevo istinti remissivi verso quel pupazzo. Volevo tenerlo. «D'accordo... lo so che è paradossale, perché un orsacchiotto di peluche oggettivamente non dovrebbe far paura, ma... io ne ho! E tanta, anche!» ammisi, senza avere il coraggio di guardarli. Tra di noi calò un silenzio glaciale. Ero certo che non fosse stato uno di loro a metterlo lì, non mi avrebbero mai fatto uno scherzo simile. E nessuno entrava più in casa nostra da un pezzo.«Io penso che tu abbia ragione ad essere spaventato» disse all'improvviso Zayn. Alzai lo sguardo e lo fissai, sperando che avesse anche una soluzione. «Ti siamo vicini, Lou... però, nessuno di noi sa e può spiegarti cosa stia succedendo... devi cercare aiuto» esclamò. Non sapevo se fosse un modo gentile e velato per propormi di vedere uno psicologo o qualcosa del genere, ma in qualunque caso ero certo che avesse ragione. Annuii.«Andiamo a fare colazione» dissi. Non era il momento per parlare di quell'argomento e poi avevamo scuola, non potevamo arrivare in ritardo. Loro annuirono e si trascinarono stancamente in cucina, mentre io andai in bagno, per sciacquarmi il viso e schiarirmi le idee, per quanto fosse possibile. Quel pupazzo, per quanto strano, era finito lì per una ragione, ne ero certo: ora dovevo solo capire quale. Non credevo più alle coincidenze. Ero spaventato all'idea che ci fosse di più dietro questi avvenimenti e ancora non riuscivo a trovare una spiegazione plausibile, ma di una cosa ero davvero sicuro: la mia vita stava diventando decisamente troppo strana per continuare a ridurre tutto ai sensi di colpa. Magari dovevo cominciare a credere ai fantasmi, magari era una di quelle cose in stile film sovrannaturale-drammatico per cui Jordan era rimasta intrappolata in questo mondo e stava cercando il mio aiuto per morire in pace, tipo nel film "Ghost" o qualcosa del genere. Oppure, opzione ancora non scartabile, stavo diventando pazzo. In qualunque caso ero del parere che un tentativo valesse la pena farlo. Andai in cucina, dove si trovavano i ragazzi, deciso a finire quella storia una volta per tutte.«Voglio tornare nella mia casa d'infanzia» annunciai a gran voce. Non appena ebbero sentito, i ragazzi smisero le loro attività, per puntare i loro sguardi su di me.«Louis... sei certo di voler fare questa cosa?» domandò Harry, evidentemente pensieroso. Sospirai.«Sentite... magari potete pensare che io sia pazzo, ma... sono certo di aver lasciato indietro qualcosa in questi 11 anni. È come se... come se avessi perso il tassello fondamentale di un puzzle e... ho come la sensazione che lo troverò in quella casa!» spiegai, sincero. Ormai era da un po' che ci pensavo. Non c'era dubbio che tutti quegli strani avvenimenti fossero legati alla morte di Jordan, dovevo solo capire come e perché.«Io vengo con te» propose il mio migliore amico, dandomi una pacca sulla spalla.«Non c'è bisogno, Harreh, davvero... cioè... non voglio coinvolgervi in questa storia!» dissi. Volevo tenere i ragazzi il più lontano possibile.«Senti, Lou... io ormai mi sento già coinvolto perché... perché sei il mio migliore amico, quindi non voglio che tu stia male... non ti lascerò fare questa follia da solo!» annunciò Zayn, all'improvviso. Alzai il viso verso di lui. I miei migliori amici non mi avrebbero mai lasciato solo. Erano le uniche persone su cui potessi contare davvero, in quel momento non ebbi più alcun dubbio.«Io sono con Zayn ed Harry» aggiunse Niall, entusiasta.«E io non mi tiro certo indietro! Non pensare di poterti disfare di noi tanto facilmente, Tomlinson!» concluse Liam, cercando di sdrammatizzare. Sorrisi.«Siete i migliori amici del mondo!»«Per questo ora è nostro dovere ricordarti che dobbiamo andare a scuola! Questo pomeriggio o quando vorrai andremo alla villa» mi ricordò Harry, dandomi una pacca sulla spalla.«Questo pomeriggio, il prima possibile!» Volevo sapere, dovevo sapere. Ora però mi toccava andare a scuola.
JORDAN'S POV
«Sei la bimba più bella del mondo e un giorno troverai un principe, amore mio!»«Come Louis?» chiesi ingenuamente, facendo ridere mia madre.«Sì, come Louis, piccola mia. Vi sposerete e lui ti porterà ovunque tu vorrai!»«Io voglio andare dove ci sono i pinguini!» esclamai, battendo i pugni sul tavolo. Avevo 5 anni ed ero seduta sulle gambe di mia madre, che mi accarezzava i capelli e mi dava bacini sulle guance. «Tesoro! Jordan fa ancora la pipì a letto, non cominciare a condirle il cervello con le storie del principe azzurro! Louis è ricco sfondato! La ragazza povera non sposa mai il ragazzo ricco, ricordatelo! Non funziona così. La mia piccola Jordan non diventerà la signora Tomlinson e non andrà da nessuno parte!» disse mio padre, mettendo in moto il mio povero cuore fragile da bimba piena di sogni e speranze. Io vedevo ancora il mondo rosa e pieno di arcobaleni.«Oh... tesoro! Complimenti per la finezza! Non hai un briciolo di fiducia in tua figlia!» disse mia madre, prima di darmi un bacio sulla guancia. «Io so che farai grandi cose!» continuò, rivolta verso di me. Eravamo ancora nella nostra casetta di Doncaster, quella che ci aveva dato la famiglia Tomlinson. La stanza era impregnata del profumo di pane appena fatto e di marmellata, quella di mirtilli che piaceva a me. Stavamo aspettando Louis per il tè. Proprio in quell'istante la porta si spalancò e arrivò lui, l'uomo nero. Lo chiamavo sempre così perché era come quello che si diceva spaventasse i bambini. Non l'avevo mai visto in faccia. Era sempre vestito di nero e portava un cappuccio calato sul viso. Era alto ed enorme, una specie di gigante. Dal suo volto gocciolava sangue. Mia madre urlò e mi strinse più forte a sé. Mio padre indietreggiò spaventato. La stanza prese fuoco in meno di un secondo. Sentivo caldo e non riuscivo a muovermi. L'uomo nero si avventò su mio padre. L'urlo di mia madre spezzò di nuovo il silenzio. Il sangue di mio padre sporcò le mani dell'uomo nero, che si avventò su di noi. Mamma mi coprì col suo corpo. Sentii l'uomo nero sussurrare le solite parole: «Il suo sangue sporco pagherà il vostro debito». Vidi anche mia madre cadere sotto i colpi dell'uomo. Poi tutto finì. L'uomo nero prese fuoco, insieme a tutto il resto e diventò cenere, mentre nell'aria riecheggiavano le sue ultime parole per me: «Ti troverò»
Mi svegliai sudata e con il respiro affannoso. Una lacrima rigò lenta il mio viso e mi bagnò le labbra secche. Avevo imparato a non gridare più, riuscivo a controllarmi. Erano stati proprio quegli incubi a portarmi a Doncaster. Lo psicologo aveva detto che avevo tentato di rimuovere i ricordi, ma che a volte qualche brutto momento ritornava nella mia mente sotto forma di incubo. Aveva detto che l'unico modo per smettere di tormentarmi era tornare nella mia città natale e sperare di ritrovare le mie origini. Così ci eravamo trasferiti, ma gli incubi non erano finiti. Ogni notte sognavo l'uomo nero. A volte riusciva a prendermi, mi tirava con forza per le gambe, ma poi prendeva fuoco e il sogno finiva. Era da tanto tempo che avevo quegli incubi, per questo ormai ero in grado di non urlare nel sogno, per non urlare nella realtà, solo perché non volevo spaventare Sarah e Jacson, i miei genitori. Loro erano sempre stati fantastici con me e mi volevano un bene dell'anima. Non volevo dar loro troppi pensieri. Presi il bicchiere sul comodino e bevvi tutta l'acqua in un sorso. Ogni sera, addormentandomi, ricordavo le parole che mia madre mi aveva detto quella sera: "So che tu sei destinata a salvarci". Non sapevo cosa volesse dire, ma me lo ripeteva sempre nei sogni. Cercai di calmare il respiro e poco a poco scivolai di nuovo sotto le coperte. L'uomo nero mi aveva riportato a Doncaster, era stato lui, ormai era chiaro: mi stava cercando.
***
«Credo che la sua intelligenza non dovrebbe restare impagata, signorina... Parker» disse la preside, osservando le carte che aveva tra le mani. «Ho visto i suoi fascicoli e i suoi risultati scolastici. Lei è davvero un'ottima studentessa.» Sorrisi. Mi piaceva studiare ed ero felice se le persone riconoscevano che c'era del buono in me.«Grazie mille! Mi impegnerò per recuperare al meglio anche in questa scuola» esclamai, cercando di sembrare propositiva. La preside annuì.«Non avevo dubbi! È per questo che ho pensato di proporle di farsi aiutare da un tutor per recuperare il programma con cui è indietro. So che il programma nella sua vecchia scuola era leggermente diverso e non vorrei che restasse indietro, visto che potrebbe essere una delle studentesse più brillanti della scuola e considerando che il terzo anno è importante» propose, sorridendomi in modo cordiale. La signora Enderson mi aveva accolto molto bene in quella scuola e aveva subito capito le mie necessità. Mi sembrava una bella idea, la sua. In effetti, studiare con qualcuno che mi avrebbe aiutata sarebbe stato più semplice che recuperare tutto il carico da sola.«Mi sembra un'ottima idea, grazie mille» risposi, entusiasta.«Bene, allora deve solo fare l'iscrizione ai corsi pomeridiani. Qui da noi è una specie di progetto, gli studenti che vogliono aderire si propongono come tutor e aiutano gli altri che si iscrivono per migliorare o recuperare» spiegò la preside, porgendomi il modulo dell'iscrizione. Lo compilai e m'informai sugli orari e le modalità, poi, dopo aver ringraziato la preside uscii per consegnare il foglio in segreteria. «I corsi cominciano questo pomeriggio» spiegò la donna dietro il vetro della segreteria.«Perfetto... cos'è quella?» domandai ad un tratto, notando una lista piena di nomi.«È l'elenco di tutti i ragazzi di quarta e quinta che fanno da tutor quest'anno, ma a te non deve importare» rispose la donna, in modo quasi scortese. Forse la mia domanda l'aveva infastidita perché non era possibile scegleirsi i tutor o cose simili. Diedi una scorsa veloce alla lunga lista e il mio occhio cadde su un nome in particolare proprio mentre la segretaria stava per metterla via: Liam Payne del quinto anno. Se non ricordavo male era uno degli amici di Louis. In meno di una frazione di secondo il mio cervello elaborò un'interessante teoria: Liam Payne poteva aiutarmi con la scuola e al tempo stesso essere il mio ponte di collegamento per arrivare a Louis.«Senta... mi scusi, potrei chiederle un favore?» chiesi, cercando di sembrare il più dolce possibile. La donna sospirò scocciata e mi rivolse un'occhiata eloquente.«Che cosa?»«Potrebbe farmi avere Liam Payne come tutor?» spiegai, indicando la lista. La segretaria rise divertita e mi fissò in modo arcigno.«Senti signorina, non ho tempo da perdere con le ragazzine come te che fingono di aver bisogno di aiuto solo per avvicinare i ragazzi più grandi... ti ho capito bene, sai?» disse, puntandomi il dito contro. Impallidii, colta alla sprovvista dalla sua affermazione. Tecnicamente non era proprio così, solo in parte, ma le mie motivazioni erano più nobili: non potevo credere che ci fossero davvero ragazze che facevano cose del genere. E inoltre io avevo davvero bisogno di aiuto. Mi scossi da quel momento di imbarazzo e mi atteggiai a sfida, incrociando le braccia sotto il seno.«Mi ascolti lei, ora: Liam Payne è mio cugino, lo conosco già da un bel po' di tempo, non ho bisogno di abbordarlo con questi giochetti e in secondo luogo, io sono stata iscritta al corso di recupero direttamente per volere della preside, perché sono nuova e indietro con il programma! Lo chieda a lei, se non ci crede! Io non fingo di aver bisogno di aiuto! Volevo solo lavorare con qualcuno di cui già mi fido!» esclamai, alzando leggermente il tono. Mio cugino? Ma come mi era venuto in mente? Beh... in ogni caso la mia era solo una mezza bugia a fin di bene. Quella volta fu la donna a sbiancare.«D'accordo, farò il possibile» disse, prima di farmi andare via soddisfatta. Trascorsi le ultime tre ore di scuola pensando a Louis e a Liam. Come potevo fare? Louis non era ancora pronto per sapere la verità. Quando l'avevo incrociato la prima volta, anche se non ero ancora sicura che fosse lui, il mio primo istinto era stato quello di saltargli tra le braccia e dirgli che ero Jordan, che ero lì davvero e che non lo avevo mai dimenticato, come speravo avesse fatto anche lui. Il buon senso però aveva prevalso: ero certa che Louis mi credesse morta. Non sapevo nemmeno chi mi avesse tirato fuori da quella casetta, quella famosa sera, ma di una cosa ero sicura: Louis e la sua famiglia non mi avevano più visto dopo quella sera. Se gli avessi detto una cosa del genere mi avrebbe preso per una pazza o sarebbe impazzito lui stesso, credendo di vedere un fantasma, magari. Prima di rivelargli la verità dovevo conquistare la sua fiducia come Charlie.
LOUIS' POV
«Questo pomeriggio comincio il progetto come tutor... non indovinerete mai chi mi hanno affidato!» annunciò Liam entusiasta. Lo guardammo perplessi. Sul serio aveva voglia di aiutare la gente a studiare dopo 6 lunghe e pesanti ore di scuola? Ma come diavolo faceva?«Non dirmi Amanda, ti prego!» disse Niall, mentre l'ansia si dipingeva già sul suo viso.«No, Niall, tranquillo! Non Amanda, ma... Charlie!» A quell'affermazione sussultai, ritrovandomi 4 sguardi addosso. Altro che Niall, ora ero io ad avere ansia.«Ho l'impressione che all'irraggiungibile Tomlinson piaccia una ragazza!» esclamò Harry, dandomi una pacca sulla spalla.«Interessante, è interessante, niente di più!» precisai. Non era del tutto una bugia. Charlie era davvero interessante, sia perché era una bella ragazza, sia perché... beh, non è che mi piacesse, era solo che mi ricordava Jordan. Ma non potevo dirlo ai ragazzi.«Beh... io ora sto andando in biblioteca da lei, magari potresti accompagnarmi!» propose Liam. Sì, non era una cattiva idea. Decidemmo di andare tutti in biblioteca e di conoscere la famosa Charlie, poi io ed i ragazzi saremmo tornati a casa per prepararci all'impresa del pomeriggio e Liam, una volta finite le ripetizioni con Charlie, ci avrebbe raggiunti per andare nella mia vecchia casa disabitata, come d'accordo. Liam ci fece strada in biblioteca e Niall gli indicò la ragazza bionda che se ne stava seduta ad uno dei grandi tavoli in legno. Alzò il viso ed improvvisamente un sorriso timido si dipinse sul suo volto, mentre le sue guance arrossavano leggermente. Beh, non potevo negare che fosse estremamente bella.«Ciao! Charlie, giusto? Mi hanno detto che sarò il tuo tutor per il prossimo semestre» esordì Liam, raggiungendola al tavolo.«Sì, così pare... Charlie Parker, piacere» disse, stringendo la mano di Liam.«Liam Payne» si presentò il mio amico, sorridendole, poi si voltò verso di noi «Perdonami se sono in compagnia, ma i miei migliori amici hanno insistito per accompagnarmi! Loro sono...» Charlie lo interruppe sorridendo divertita.«Niall Horan quello biondo, lo conosco già... poi c'è Zayn Malik quello figo e misterioso che fuma, Styles il riccio che fa strage di cuori e... Louis Tomlinson, l'irraggiungibile» ci elencò uno ad uno, poi il suo sguardo si posò su di me, mentre la sua voce si abbassava leggermente nel pronunciare il mio nome. L'irraggiungibile... era quello che si diceva di me? «Voi sapete già chi sono e io so chi siete voi, le voci corrono fin troppo in fretta nei licei!» precisò, vedendo i nostri sguardi stupiti.«Presentazione perfetta, non c'è che dire! Incantato, signorina» esclamò Zayn, sedendosi al suo fianco e scoccandole un occhiolino. Sbuffai.«Smettila di fare l'idiota solo perché ha detto che sei figo!» lo ripresi. Avrebbe potuto dirlo di me, invece che pensare che io fossi irraggiungibile.«Solo una cosa non mi torna in realtà... Styles, sei Styles e basta o hai anche un nome? Perché questo non me l'ha mai detto nessuno ancora!» continuò Charlie. Harry rise.«Harold Edward Styles, per tutti Harry, per gli amici Hazza!» disse, dandole la mano. «Per le ragazze il ricciolino rubacuori» aggiunse, riprendendo le parole di Charlie. Il mio sguardo si posò nuovamente su di lei, che sorrideva dolcemente. Aveva i denti inferiori leggermente storti. Jordan aveva i denti storti. Scossi la testa, liberandomi da quel pensiero: Jordan era morta. Non potevo farmi fregare così da una ragazza solo perché mi ricordava vagamente la mia migliore amica d'infanzia. Sempre e solo sensi di colpa. Charlie alzò il viso nella mia direzione e divenne leggermente rossa quando si rese conto che la stavo fissando.«Sentite, Liam e Charlie devono lavorare... noi diamo solo fastidio! Andiamo a casa! Ti aspettiamo per le 17, Liam» dissi, prima di girare i tacchi e avviarmi verso l'uscita, senza nemmeno guardare un'ultima volta Charlie. I ragazzi salutarono e mi raggiunsero. Quella ragazza mi affascinava e m'infastidiva allo stesso tempo, per rievocare nella mia mente ricordi tremendamente belli che non facevano altro che ricondurmi ad altri ricordi... tremendamente brutti.
***
Non appena Liam tornò a casa partimmo alla volta della nostra meta. Nessuno di noi osò chiedergli come fosse andato il resto del pomeriggio, soprattutto io non accennai all'argomento. Arrivammo davanti all'ex villa Tomlinson poco prima che iniziasse a piovere a dirotto.«Villa o...»«No, andiamo nella casetta dei domestici... so che è caduta a pezzi, in buona parte, ma c'è ancora qualcosa in piedi... devo andare lì!» dissi, interrompendo i sogni di Zayn di farsi un giro nella megavilla ormai disabitata. Come da copione, nessuno aveva voluto abitare in quella casa dopo l'incendio misterioso, ovviamente. Le persone avevano paura dell'ignoto e dell'inspiegabile.«D'accordo!» Ci avviamo verso la dependance. Ad ogni passo il mio cuore accelerava un po' il suo battito e i ricordi affioravano veloci nella mia mente. Rivedevo le fiamme che divoravano quel posto e le urla disperate di mia madre che mi copriva gli occhi e mi ripeteva che sarebbe andato tutto bene. Mi fermai appena davanti all'entrata, come bloccato da qualcosa di più forte di me.«Lou... sei sicuro?» domandò Harry, scuotendomi per le spalle. Annuii e feci il primo passo verso l'ingresso della casa, determinato più che mai a sapere. Il tetto era quasi completamente crollato, i mobili erano bruciati. La polvere ricopriva quello che era rimasto, le travi del pavimento scricchiolavano sotto i nostri passi e si sollevavano o minacciavano di spezzarsi. L'odore lì dentro era insopportabile e l'aria irrespirabile. Il tempo di certo non aiutava a guardarsi intorno, perché, oltre al fatto che in quella casa non entrasse molta luce, il cielo si stava completamente oscurando di nuvoloni neri.«Questa casa mette i brividi» sussurrò Niall, quasi avesse paura di farsi sentire da qualcuno. Annuii, pensando a come era sempre stata prima dell'incendio. Le pareti erano azzurre e tappezzate dai disegni di Jordan, alcuni dei quali raffiguravano anche me. E poi in quella casa c'era sempre profumo di torta o di pane sfornato, perché la signora Davis era un'ottima cuoca. Andavo da loro tutti i pomeriggi a prendere il tè con i biscotti e qualche dolce fatto da lei. Sorrisi malinconicamente al pensiero.«Lou... che cosa staremmo cercando, esattamente?» domandò Liam, guardandosi intorno. Procedevamo con cautela per paura di rovinare ulteriormente quell'ammasso di macerie.«Io... non lo so...» risposi sincero. Avanzai fino a raggiungere i resti di quella che una volta doveva essere la stanza dei signori Devis. Una trave del pavimento si sollevò al mio passaggio, rivelando una scatola bruciacchiata infilata sotto il pavimento, molto in profondità. Sembrava essersi conservata nonostante tutto. Ed era strano, ma in qualche modo cominciai a pensare che fosse rimasta lì per aspettare me. Aprii la scatola e dentro vi trovai un quaderno. Nonostante i segni del tempo era ancora perfettamente integro. Lo sfogliai.«Che cos'è?» domandò Zayn, osservandolo.«Credo sia il diario della madre di Jordan» mormorai, scorrendo con gli occhi alcune righe. Arrivai velocemente all'ultima pagina, spinto dal desiderio di sapere qual era l'ultima cosa che aveva scritto. Con mia grande sorpresa l'ultima pagina aveva la data 4 Novembre 2001, il giorno dell'incendio. Sussultai.«Questa pagina è stata scritta il giorno dell'incendio, ragazzi»«Che cosa c'è scritto?» domandò Harry. Era scritto in modo disarticolato, quasi la donna andasse di fretta, la grafia era tremolante e incerta. Misi a fuoco le parole e cominciai a leggere:
"04 Novembre 2001
Pensavo che questo giorno non sarebbe mai arrivato. Quando nacque Jordan, 5 anni fa, fu il giorno più bello della mia vita e non potei credere alle minacce di nessuno, ma evidentemente io e mio marito ci sbagliavamo: lui è venuto a prenderla. Ha detto che il suo sangue sporco pagherà la nostra colpa. Ora ne sono consapevole, ma se c'è una cosa che ho sempre pensato, dal primo momento in cui ho visto gli occhi splendenti della mia bambina, è che lei è destinata a grandi cose. So che lei ci salverà, so che lei espierà le nostre colpe. So che riporterà l'amore nelle nostre famiglie. Per questo motivo non lascerò che se la portino via. Proteggerò Jordan con la mia stessa vita."
Chiusi il quaderno, sconvolto da quelle poche righe.«L'incendio non è stato un incidente... qualcuno voleva ucciderli e portare via Jordan» constatai, sentendo il mio cuore minacciare di uscirmi dal petto. I ragazzi tenevano lo sguardo fisso su di me, scioccati allo stesso modo.«Ma... di che colpa parlava? E chi è l'uomo che l'ha portata via?» domandò Niall, in modo concitato.«Io... non so niente, ragazzi! Vorrei saperlo e vorrei averlo saputo anche prima, ma... per me Jordan era solo una bambina spensierata che giocava dalla mattina alla sera, senza alcun pensiero... non so cosa nascondesse quella famiglia» dissi. Mi sedetti per terra, perché le gambe mi erano improvvisamente diventate deboli e la vista si era appannata.«Louis... che hai intenzione di fare?» domandò Liam. Scossi la testa. Non lo sapevo, ma volevo restare solo, in quel momento. Mi alzai in piedi e uscii da quella stanza, senza guardarli.«Non lo so... andiamo nella villa» esclamai. Volevo uscire da lì il prima possibile. Quella casa rievocava solo brutti ricordi. Corremmo dall'altra parte del giardino, dove si trovava la mia ex casa. I ragazzi cominciarono a guardarsi intorno estasiati: in effetti l'avevo sempre trovata un po' grande e decisamente esagerata. Approfittai della loro distrazione per salire al piano di sopra, in camera mia. Era esattamente come l'avevo lasciata, con i poster dei calciatori alle pareti e il disegno che aveva fatto Jordan di me mentre giocavo a calcio. Lo strappai dal muro e lo osservai ancora per qualche secondo. Sentii gli occhi gonfiarsi in un battito di ciglia e nonostante i miei sforzi le lacrime presero a scendere violentemente lungo le mie guance. Forse se avessi saputo all'epoca, avrei potuto fare qualcosa per salvarla. E invece... se l'erano portata via. Leggendo il diario avevo creduto che ci fosse una minima speranza che Jordan non fosse morta, che l'avessero portata via, come aveva scritto la madre, ma anche in quel caso... io non potevo fare assolutamente nulla. Non sapevo di cosa stesse parlando la donna, non sapevo quale fosse la sua colpa e quale strana maledizione o stregoneria o dio solo sa cosa avesse portato via la mia Jordan. Chiusi gli occhi, accartocciando il disegno tra le mani. Un rumore assordante mi fece voltare all'improvviso. La porta di camera mia si era chiusa alle mie spalle. Mi avvicinai per aprirla, ma prima che potessi rendermene conto, la corrente saltò lasciando la stanza completamente al buio, dato che le persiane della finestra erano chiuse ormai da tempo.Chiamai i ragazzi, ma dal piano di sotto non ricevetti risposta, ci riprovai, ma di nuovo non mi rispose nessuno. Cominciai a preoccuparmi, ma cercai di convincermi che si trattasse solo del temporale che era appena arrivato. Un'aria gelida mi fece rabbrividire, esattamente come quella del mio sogno della sera prima. Deglutii.«I tuoi amici non ti sentiranno» Sobbalzai e mi ritrovai con la schiena contro la parete. Chi aveva parlato? Sentii il cuore perdere un battito e poi riprendere la corsa più forte del dovuto.«Chi... chi sei?» domandai, come se fosse logico ricevere una risposta. Un fulmine illuminò la stanza quel tanto che bastò per permettermi di vedere la figura nera che mi stava davanti. Era alto almeno due metri, enorme e completamente vestito di nero. Non gli vidi il volto, perché era coperto. Rise. La sua mano toccò il mio viso. Percepii qualcosa di denso bagnarmi le guance e intuii che fosse sangue. Ero completamente paralizzato, con la schiena contro la parete e le gambe che tremavano per la paura. Che cos'era quella cosa? E cosa voleva da me?«Dimmi dov'è lei» disse. La sua voce era fredda e metallica. Lei?«Che cosa? Non so di cosa stai parlando» dissi, anche se ormai mi era chiaro chi stesse cercando. Mi paralizzò il viso, sentii qualcosa di affilato graffiarmi la guancia, poi il mio sangue mischiarsi al suo, facendomi bruciare la ferita.«Dimmi dov'è Jordan! Sai che me la prenderò prima o poi! Ma forse quello che non sai è che... voglio anche te!» ripeté, urlando più forte quella volta. Il dolore provocato dalla ferita non fu abbastanza forte da sovrastare la fitta che mi colse alla sua affermazione. Non riuscivo più a respirare, avevo la testa pesante, girava all'impazzata e volevo chiudere gli occhi. Mi mancava l'aria e credevo di non avere più nulla sotto i piedi.«Jordan... è morta» balbettai, trovando per miracolo la forza di parlare. Quella cosa rise divertita e mi spinse contro la parete, graffiandomi il petto, sopra la maglietta. Urlai per il dolore e picchiai la testa.«Dimmelo ora, prima che ti strappi il cuore a morsi e ti faccia a pezzi» sibilò, graffiandomi anche l'altra guancia. Cercai di prendere un respiro.«Io... non lo so» balbettai. Le forze mi mancarono proprio in quel momento. Un caldo soffocante si sollevò nella mia stanza e la puzza di bruciato intasò i miei polmoni, mentre chiudevo gli occhi e mi lasciavo andare, scivolando contro la parete. Fiamme, solo fiamme. Solo incubi. Però sperai di chiudere gli occhi e di non riaprirli mai più.
***
«Louis! Oh, mio dio! Sveglia Louis! Apri gli occhi, ti prego!» Uno schiaffo mi colpì in pieno viso, proprio dove ancora le ferite mi bruciavano. Ero ancora vivo e Harry mi stava maltrattando per svegliarmi. Ero svenuto sul pavimento di camera mia.«Harry spostati, così lo soffochi cazzo!» urlò Zayn, spingendo via Harry.«L'avete visto anche voi?» domandai, prima ancora di riprendere del tutto conoscenza.«Di cosa stai parlando?» chiese Niall, guardando gli altri preoccupato.«Quel coso... quell'uomo vestito di nero... ha cercato di... uccidermi» spiegai. I ragazzi si scambiarono qualche occhiata, poi tornarono su di me.«No, non abbiamo visto nulla... abbiamo sentito un rumore su di sopra e quando siamo arrivati eri caduto a terra svenuto» disse Liam. Annuii.«Io... vi ho chiamati un paio di volte. Ho... gridato» balbettai, toccandomi il viso. Un po' di sangue mi sporcò la mano, facendo sussultare Niall.«Noi... no, non abbiamo sentito nulla. Ma... come ti sei fatto questi?»«È stato lui, quell'uomo! Mi ha chiesto dove si trovasse Jordan e ha detto che... che vuole anche me» spiegai, alzando la maglia per far vedere loro gli altri graffi.«Andiamo all'ospedale...» esclamò Harry, preoccupato. Gli presi la mano e lo bloccai.«No! Voglio andare a casa... sto bene, davvero! Voglio solo trovare qualcuno che possa spiegarmi cosa sta succedendo!» dissi, alzandomi lentamente in piedi. Loro annuirono e mi aiutarono ad uscire da quella casa dove non sarei mai più tornato. Raccolsi il diario della mamma di Jordan e me ne andai. Restammo in silenzio per tutto il viaggio, fino a casa. Non appena arrivammo mi rintanai in camera mia. Mi sedetti sul letto e il mio sguardo fu immediatamente attirato da quel pupazzo. Improvvisamente un ricordo si fece strada nella mia mente, sovrastando tutti gli altri pensieri: avevo regalato un orsacchiotto di peluche a Jordan per il suo quarto compleanno e lei da quel momento lo aveva portato sempre con sé. "Cerca i suoi occhi" aveva detto la donna. Cominciavo a pensare che Jordan non fosse morta... era dispersa da qualche parte e qualcuno voleva che la trovassi, perché l'unico modo per arrivare a lei era... trovare me.
JORDAN'S POV
Quella sera una volta a casa, dopo le ripetizioni con Liam, mi stesi sul mio letto e cercai di farmi una bella dormita, visto che quella notte non avevo chiuso occhio. Non appena sprofondai sotto le coperte e mi decisi ad addormentarmi, un sogno arrivò a tormentare di nuovo il mio sonno, quella volta, però, fu estremamente diverso.
Ero nella stanza di Louis, nella villa dei Tomlinson. L'avevo vista tante volte da piccola, perché ci andavo a giocare con lui. Io però non avevo 5 anni, ne avevo 16, ero proprio io. E Louis... Louis ne aveva 21 e se ne stava steso a terra, immobile, svenuto in mezzo al fumo dell'incendio. Mi inginocchiai davanti a lui. Aveva il viso graffiato e sporco di sangue, respirava appena. Era stato l'uomo nero a ridurlo così, lo sapevo perché quelli erano gli stessi segni che avevo visto sul volto di mio padre e di mia madre. «Louis... Louis svegliati ti prego...» sussurrai, accarezzandogli lentamente il viso. Louis non rispose e rimase immobile, con gli occhi chiusi. «Louis... sono io, Jordan! Non sono morta, Louis!» sussurrai, appoggiando le mani sul suo petto. Avevo paura che non si svegliasse e che non mi riconoscesse. Mi chinai su di lui e una lacrima scese lungo il mio viso, cadendo sulle sue labbra sottili e dischiuse. Presi un profondo respiro e mi abbassai fino a sfiorare la sua bocca con la mia. Era la prima volta. Ed era un sogno. «Louis... non lasciarmi, ti prego...»
Mi svegliai, respirando lentamente. Mi toccai le labbra, umide di lacrime. Perché Louis era comparso così in un mio sogno? E perché l'uomo nero lo aveva ridotto così? Cosa voleva da lui? Mi rannicchiai sotto le coperte tremando e mi ritrovai a sperare che Louis ora stesse bene e che, se avesse sognato anche lui, avesse sentito le mie labbra sulle sue.
Angolo darkryry
Mmmmh, la storia continua a farsi sempre più intricata ed interessante non trovate?
Chi sarà mai l'uomo nero? E perchè cerca Jordan e, ora, anche Louis?
Beh, per scoprirlo non vi resta che continuare la lettura ;)
darkryry
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