capitolo 34 pedra
Vestita con un classico abito da sposa bianco, una giovane Elfa si guarda allo specchio.
Questo dovrebbe essere un giorno gioioso, il giorno che qualunque donna sogna da quando è bambina.
Ma per Pedra non è così, per lei in questo giorno inizia il suo incubo peggiore.
La sua prigionia vestita in abiti nobili e bianchi.
Figlia di un semplice contadino, non credeva di attirare lo sguardo di un nobile.
Figurarsi quello del re.
Un essere egoista e presuntuoso, orribilmente viscido con le donne, secondo i racconti di corte.
Viziato fin da bambino, vuole avere ciò che vuole, ed ora vuole la donna che ha visto nei campi come sua quarta moglie.
I genitori della ragazza hanno rinunciato in fretta a lei, è bastato in sacchetto di diamanti per rinunciare alla loro unica figlia.
La stessa che è stata portata al castello con le mani legati, come se fosse una prigioniera.
E forse lo era davvero.
E nonostante gli ordini del re, Pedra non ha abbassato la testa, gridando davanti a tutta la corre di non voler essere regina.
E ne meno dopo giorni in una lurida cella senza ne acqua ne cibo, ha rinunciato alla sua libertà.
Ma poi, poi è dovuta crollare.
Si è arresa dopo la ventesima frustata sulla schiena nuda.
Si è arresa, stanca e troppo debole per resistere ad altro dolore.
Il re ha organizzato in fretta il matrimonio.
Mentre le sue concupite si sono prese cura della futura sposa.
Con astio.
E Pedra ha subito le spugne spingere sulla pelle fino a irritare la pelle.
Le cento spazzolate dolorose, che le hanno creato dolore alla cute.
Lo stringere il corsetto più del dovuto, strappandogli spesso un respiro.
Fino a lasciarla sola, davanti a uno specchio corniciaio d'oro.
E non gli interessa dei gioielli che indossa.
Del vestito fatto di stoffa pregiata e pizzo.
L'unica cosa che guarda sono la sue orecchie a punta, simbolo della sua libertà.
Quando un elfa decide di legarsi a un compagno, le punte delle orecchie si piegono leggermente.
Segno di sottomissione al proprio marito.
In questo caso lei non si è legata al re.
Perciò per renderla sposa, le punte le verranno tagliate.
E si guarda, sfiorandole con dita tremanti, indifferente di come le lacrime stiano rovinando il trucco perfetto.
Legarsi a un uomo che non si ama?
Mai, Pedra non rinuncierà mai ad essere amata e amare qualcuno.
Le tende della finestra, dietro alle sue spalle e riflesse nello specchio, vengono mosse dal vento.
Segno che la finestra è aperta.
E Pedra fa una scelta sbagliata quanto folle.
Ma che pare l'unica plausibile per lei.
Se non potrà vivere libera, preferisce non vivere.
Ad occhi chiusi, prende la ricorsa, lanciandosi giù dalla finestra.
La stanza in cui è stata chiusa è al quinto piano della Torre.
Perciò è impossibile sopravvivere, se il destino non si mette di mezzo.
Infatti non si schiatta in morte certa sul terreno.
Ma bensì cade su un carro appena caricato di fieno e lana.
Una fortuna che la sua decisione di morire, le sta permettendo di rincorrere la vita.
Gli occhi spalancati, mentre i polmoni bruciano per la corsa sfrenata verso la libertà.
Il vestito lungo le intralcia il passo, rischiando più volte di cadere rovinosamente.
I rami degli alberi, che compongono il bosco che sta attraversando, le hanno graffiato più volte il viso e strappato molti punti del vestito.
Ma a Pedra non importa, questo dolore vale la fuga.
Vale la libertà che tanto brama.
E corre, con le urla delle guardie alle sue spalle sempre più vicine.
Facendo un errore madornale quando si scappa, girarsi per guardare alle spalle.
In un istante il vestito di infila sotto i piedi, facendola cadere.
E non basta alzarsi velocemente, le guardie l'hanno già circondata.
"Hai fatto un enorme errore mia cara."
Si fa avanti il re, che è stato avvisato subito della sua fuga.
E ora sorride sadico vedendola in ginocchio davanti a sé.
"Ne meno superare i confini ti ha salvato."
Ci aveva sperato Pedra.
Pensava che sarebbe bastato uscire dai suoi terreni per aver salva la vita.
E invece no.
Il re si avvicina pericolosamente a lei, mentre le guardie la minacciano di stare ferma sotto la mira delle ami.
Le afferra il viso, dandole dolore al collo per la spinta che gli dà verso l'alto.
"Mi costringi tu a farlo."
La lascia di colpo alla sua disperazione.
Guardando le guardie.
"Tenetela ferma."
Due guardie l'afferrano di lato, mentre un terzo le spinge un ginocchio sulla schiena, spingendola a tenere la testa china.
Ma è quando vede il re tirare fuori la spada, mentre le vengono alzati i capelli, che capisce cosa sta per accadere.
"No.
No.
No."
Urla con disperazione, con più forza quando la spada cala velocemente sulla punta dell'orecchio destro.
Il sangue le macchia il viso, mentre gli occhi spalancati guardano la punta del suo orecchio a terra.
E brucia la carne, il dolore arriva tutto in un colpo, fermando il respiro in gola.
La nausea che le sta salendo alla bocca.
Ma il dolore della lacerazione non è lontanamente paragonabile alla anima che si spezza proprio come il suo corpo.
E trema mentre il re mira all'altro orecchio.
Sapendo che se lo farà, per lei sarà finita.
Ed urla di fermarsi, sperando che dio ascolti questa supplica disperata.
Mentre la lama scivola pronta ad amputare non solo l'orecchio, ma anche la sua vita che dopo questo taglio diventerà prigionia ed incubi.
Il vento intorno a lei si ferma, persino gli animali smettono di far rumore mentre guardano un un'abominio che sta per essere inflitto.
Immaginando dolorosamente se stessi al posto di quella Elfa, agoniando il taglio di una ala o una zampa oppure della coda.
La spada è innalzata fin sopra la spalla del re, pronta a calare sull'orecchio.
Ma all'improvviso un forte movimento toglie il respiro e la lama del re si scontra contro una spada brillante e spessa, nelle mani di un giovane vampiro dagli occhi neri e una smorfia divertita sulle labbra.
"Perché non te la prendi con una della tua stazza orecchie a punta?"
Pedra, confisa e stordita da ciò che succede e dal dolore ancora presente sull'orecchio tagliato, cade a terra sentendosi lasciare andare dalle guardie che la tenevano ferma.
Con gli occhi pieni di lacrime e disperazione, sussultano quando una mano gentile si posa sulla sua spalla.
"Stai tranquilla tesoro, siamo qui per aiutarti."
Le sorride una ragazza dai capelli rosso fuoco e gli occhi viola.
Una strega.
Perché una strega la sta aiutando?
Tutti sanno che gli elfi non sono alleati di queste creature.
Ma voltandosi verso il suo mancato marito, capisce che nulla è plausibile e chiaro in ciò che sta accadendo.
Vedo le guardie e il re combattere contro il vampiro, un elfo guerriero non del suo regno e due licantropi uno dei quali possiede due occhi blu tempesta.
Frastornata accetta la mano della strega, che subito la stringe a se aiutandola a mantenersi sulle sue gambe, accompagnandola pochi passi indietro dallo scontro che sta avvenendo.
Viene fatta sedere vicino a una ragazzina, anche lei sorridente e dallo sguardo gentile.
Lasciata sola con lei mentre la strega va in soccorso di quelli che devono essere i suoi compagni.
"Capisco la tua confusione, ma non abbiamo cattive intenzioni.
Abbiamo sentito le tue urla e siamo corsi qui.
Io comunque sono Ester."
Si presenta la ragazzina, facendo illuminare i propri occhi di un blu oceano, un colore molto più calmo e sereno rispetto a quelli della lupa che sa star combattendo con gli altri.
Ester tira fuori dalla sacca dei pezzi di stoffa e un piccolo contenitore di ferro, grande quanto tre dita.
Appena lo apre, Pedra sobbalza impaurita da quell'unguento che puzza di magia e erbe mediche.
Ma la piccola lupa cerca subito di calmarla.
"E un cicatrizzante.
Purtroppo non può far ricrescere l'orecchio ma pagherà un po il dolore e fermerà l'emorragia."
Pedra non sa che fare, se fidarsi di questi stranieri o cercare di fuggire.
All'improvviso alza il capo di scatto, guidata dalle urla della battaglia, oltre la roccia che le nasconde.
Vede una delle guardie correre verso di lei, sicuramente per ucciderla dato il suo sguardo, ma subito viene fermato da un lancia sulla schiena che lo trapassa nel petto, rendendo i suoi occhi vitrei e il suo corpo un cadavere che cade a terra.
Il manico della lancia è ancora stretto nelle mani di un elfo proprio come lei.
Che la guarda, annuendo appena, dicendole mille parole in quello sguardo, per poi tornare al centro della battaglia.
Quell'elfo le ha detto di fidarsi, le ha detto che capisce la sua diffidenza, perché la vissuta anche lui.
Ed ora invece combatte al fianco di uno strano gruppo, di cui fa parte persino una strega.
Tornando seduta, annuisce verso la piccola lupa, girandosi per darle piena libertà sull'orecchio ferito.
Questo gruppo poteva continuare tranquillamente il suo passo, invece è corso in suo aiuto nonostante non conoscono nemmeno il suo nome.
Merito almeno un po di fiducia.
Intanto il branco degli emarginati non se la sta cavando malamente contro il gruppo di guardie che si ostinano a proteggere quel re da strapazzo.
Ma nonostante siano fiduciosi della loro vittoria, quando Elia vede il re tirare fuori un corno e prepararsi a suonarlo, capisce che è il momento della ritirata.
"Ne stanno per arrivare altri.
Dobbiamo andare."
Urla Elia contro gli altri, per poi scambiare uno sguardo di intesa con la sua compagna.
Senza nemmeno parlare, lei sa di cosa lui ha bisogno.
"Andiamo."
Urla Deb spingendo gli altri a fare qualche passo indietro rispetto alle guardie.
Illumina i suoi occhi di viola e dalla terra si innalza una nebbia fitta che ferma nella confusione le guardie.
Sordi ai passi dei loro nemici che stanno fuggendo.
"Ester salta su."
Le dice Tristano indicandole la schiena, mentre Deb posiziona le sacche sulla schiena di Calipso in forma di lupa.
Caleb invece si piega sulle zampe, iin modo che Elia possa caricare sul suo dorso la Elfa svenuta.
Dopo di che, parte la fuga dalle terre di questo regno elfico.
Uno dei pochi rimasti in piedi, solo grazie al loro re meschino che sfrutta e vende la sua gente in cambio di alleanze con streghe e scambi commerciali con i cacciatori.
Di tutti quello più deluso è Elia, che sperava di trovare aiuto tra questa gente, ignaro della identità del re e della sua crudeltà.
Invece si è trovato davanti a un incubo che non augurerebbe nemmeno al suo peggior nemico.
Una volta superati i confini, il gruppo cammina ancora per qualche ora, finché non si fermano sulle rive di un fiume, costellato da grandi grotte che li nascondono da occhi nemici o stranieri.
La ragazza viene stesa su una coperta alle cure di Ester, mentre Deb alza lo scudo e gli altri recuperano cibo e legna per il fuoco.
La neve dopo giorni ha smesso di scendere, ma ha lasciato un tappeto di neve sulla vegetazione e una leggere l'astra di gelo sul fiume.
Rendendo la caccia molto difficile ma non impossibile per Caleb e Tristano che sanno ben usare le loro capacità di predatori.
Sirio e Thomas si occupano di controllare il perimetro, mentre Elia e Calipso cercano legna per il fuoco, anche umida che poi verrà asciugata da un incantesimo di Deb.
La comodità di avere come amica una strega.
Comunque non c'è bisogno di essere una strega per capire l'umore nero dell'elfo, Calipso ci riesce tranquillamente senza usare le sue capacità di Omega.
Lo vede sbuffare, calpestare la neve con rabbia e radicare rami dagli alberi a mani nude.
No, non ci vuole nemmeno un genio per capirlo.
"Hai intenzione di sradicare quell'albero, o preferisci parlarne?"
Gli chiede con un pizzico di ironia, raccogliendo i numerosi rami che Elia ha fatto cadere, risvegliando dai suoi confusi pensieri.
Perche in realtà non sa cosa lo rende tanto furioso, sente solo disgusto verso quel re, verso ciò che è accaduto.
È stato proprio Elia ha fargli prendere la strada verso il regno elfico, quando ha riconosciuto i segni incisi sugli alberi che delimitano il regno elfico.
Li avrebbero aiutati, ha detto Elia, speranzoso di trovare riparo e riposo, anche se avrebbe dovuto chiedere a Deb di nascondere la sua natura, mentre Sirio e Thomas lo avrebbero aspettato ai confini del regno in modo da non spaventare nessuno con la loro particolare natura sconosciuta in queste terre.
Con passo lento a sorriso guardando i campi in lontananza e un piccolo mercato ancor più lontano, ricordando il proprio regno, quando era vivo come questo regno.
Ha sorriso, finché un urlo non ha toccato i suoi timpani sensibili, insieme a una sensazione di disgusto.
Non è facile da spiegare, si può solo percepire, sentire il dolore di una persona a cui stanno amputando le orecchie.
Per gli elfi le orecchie sono importanti, non solo per il senso di libertà, ma anche per la loro natura.
E come se a una strega togliessero i poteri, o a un vampiro i canini o a un lupo la coda.
È una sentenza che viene destinata solo ad alti traditori o agli assassini.
Ma nonostante magari quell'elfo se lo meriti, quando la punta viene tracciata rilascia nell'aria un senso di angoscia e dolore che colpisce chiunque sia nei dintorni della stessa razza.
Cosi ha urlato a Tristano di andare, anche se poteva essere un assassino quello che stava venendo punito.
Ma uno strano presentimento si era acceso in lui e quando ha visto Pedra vestita di bianco e di lacrime, ha capito che il suo presentimento era giusto.
Quella ragazza...
"Quella ragazza è stata condannata al taglio solo perché non voleva sposarsi.
E il re sorrideva mentre lo faceva.
Quande che il mondo ha iniziato a fare così schifo?"
Finché era prigioniero nelle arene, era convinto che la crudeltà fosse rinchiusa in quelle mura di pietra.
E invece no, il dolore si è ormai diffuso su tutto il mondo, fra tutte le razze, nessuno ne è rimasto immune.
Da quando ha iniziato questo viaggio ha conosciuto l'inganno, la paura, la meschinità, l'eleganza di nobili pronti a comprare schiavi come se fossero merce.
Ed ora che anche la sua razza si è macchiata di crudeltà e schifo, non sa più cosa pensare, in cosa credere e sperare.
"Il mondo fa schifo da sempre e se te lo dice una Omega fidati.
Siamo noi che viviamo sotto campane di vetro e poi soffochiamo nel fumo di mille sguardi appena fuggiamo dalla nostra illusione."
E la prima volta che sente Calipso definirsi Omega e capisce perché lo ha fatto.
La natura di lei è la prova essenziale che la crudeltà verso la natura della lupa e sempre esistita alla luce del sole, mentre lo schifo che stanno incontrando si è sempre nascosto all'ombra di una dolce illusione.
"E allora, cosa combattiamo a fare?"
A cosa serve questo viaggio?
A cosa serve combattere se il mondo non cambia?
A cosa serve sperare se poi nulla può sconfiggere la crudeltà?
Loro sono solo un piccolo gruppo di giusti che affogano nella mente sbagliata di troppi.
Destinati a soccombere e fallire miseramente.
Ma Calipso sorride divertita, mettendogli tra le braccia la legna raccolta.
"Perché un urlo può far tremare una montagna.
Perché le vittime sono più dei carnefici e se nessuno glielo dice, non si ribeleranno mai.
Perché anche una sola vita salvata, vale più di un fiore gettato su una tomba."
Ed Elia non capisce subito cosa la lupa intenda, semplicemente la supera tornando all'accampamento.
E una volta li, capisce cosa lei gli ha voluto mostrare.
Osserva la sua compagna che in passato le ha raccontato che se la lupa non l'avesse aiutata, forse non sarebbe qui oppure sarebbe perfino morta.
E nella sua mente ripercorre le loro storie, tenendo a mente le parole di Calipso.
La lupa è stata la prima ad urlare, spezzando il silenzio, salvando l'amica e dandole speranza.
Solo così Deb ha potuto salvare Tristano e donargli il coraggio.
Che ha sua volta ha urlato salvando proprio l'elfo, risvegliando la sua anima guerriera, portandoli a salvare Caleb, Vic e Ester.
Iniziare questo viaggio, soccorrere Sirio e Thomas.
E oggi Pedra, che a sua volta salverà il prossimo.
Così da continuare la catena che ha salvato la gente che li aspetta al loro branco e molti altri che salveranno all'asta.
E si, il mondo fa schifo e non cambierà.
Ma un singolo urlo può far tremare una montagna e scatenare una valanga.
Ecco perché lottano, ecco perché salvare una singola vita è importante.
Ecco perché la speranza non deve mai scomparire, poiché è essa che alimenta la catena che stanno costruendo.
E Calipso sorride, fiduciosa che Elia abbia capito.
Trovando ironico che sia proprio lei ha fare la morale.
Lei che solo nell'ultimo periodo è riuscita a superare il suo passato e solo grazie a quel pipistrello da strapazzo, ma questo è meglio che Tristano non lo sappia.
Il suo ego potrebbe rischiare di esplodere.
Rimasta sola poco lontano dagli altri, raccoglie ancora un po' di legna.
Per poi fermarsi di colpo.
Il vento gelido le colpisce il viso intossicando i suoi sensi di un odore che conosce bene.
Che la fa tremare nonostante abbia appena pensato di aver superato il suo passato.
I legni cadono a terra senza far rumore, attutito dal manto di neve in cui sprofondano i suoi piedi.
L'odore è sempre vicino ma le gambe non si vogliono muovere, sia perché così potrebbe mettere in pericolo i suoi compagni, ma soprattutto per la paura che le sta gelando le ossa.
"Calipso, mia cara."
La voce è accompagnata dall'arrivo di un lupo che si fa strada tra la nebbia e la boscaglia.
Un manto nero come il peggiore degli incubi, il muso in una smorfia di attacco, con le zanne strette sporche del sangue di selvaggina, sicuramente il suo ultimo pasto, mentre rilascia tra le strette fessure un ringhio basso e prepotente.
Il tappeto di neve sotto le sue zampe si infossa e si sporca di sangue, mentre due occhi rossi fuoco pietrificato il corpo di Calipso.
Il silenzio è quasi inquietante, ma forse è Calipso che è diventata sorda a causa della paura che le pompa troppo velocemente il sangue.
"Finalmente ti ho trovata mia Omega.
Non hai più via di fuga."
Calipso nemmeno la cerca la via di fuga, rimane immobile davanti a colui che la violentata e torturata per anni, marchiandola a fuoco con una mezza luna sulla spalla.
Gregory è davanti a lei, pronto a ricominciare da dove aveva finito anni fa.
E Calipso è incapace di muoversi, perfino di respirare.
Sentendosi una ipocrita che predica libertà, ma poi basta aver lui davanti per sentirsi ancora prigioniera.
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