Helen

La giornata si mette di male in peggio.

Un incidente sulla 36° strada ha formato degli ingorghi da paura in tutta la città.

Il mio ritardo inizia a diventare stratosferico a meno che non mi capita un miracolo.

Faccio quindi un gesto di stizza fissando impotente la fila di macchine che procede a rilento. Centinaia di vite sono stipate in quei contenitori di metallo dove il mondo sembra a portata di mano. Centinaia di storie che non conosco, di volti che mai avrei visto e di pensieri che viaggiano oltre quei limiti effimeri.

E, in quell'istante, vedo un'ambulanza farsi largo tra le macchine. Ha la sirene spiegate come per voler ricordare al mondo intero che un nostro fratello se ne sta andando.

In sé quel suono porta tutto il dolore, la paura di chi attende di sentirlo. Ultimo faro di salvezza, ultima ancora per evitare le burrascose cascate.

Eppure quello è un segnale anche per noi.

A stare zitti, ad ascoltare i lamenti di una vedova, di un orfano che hanno perso il loro sole mentre per gli altri continuava a splendere alto nel cielo.

Ogni lembo di questa terra è pieno delle ultime impronte di chi se n'è andata. All'improvviso, come in questo caso, oppure dopo una lunga battaglia.

Ma se quell'anima ormai è lontana da qui, come mai la sua impronta resiste ancora ?.

Grazie alla memoria, all'amore di chi non crede nella morte come fine di un viaggio.

L'amore è sempre la risposta alla fine.

Tranne per me, ho troppe ferite inferte da questo crudele sentimento che ti lega alle stelle anche sei sai di non poterle raggiungere.

Perciò quel numero scritto su un foglio di carta rimarrà nell'oblio.

Il suono di un clacson mi riporta alla realtà.

Il traffico si sta smembrando, la mia vita può riprendere il suo abituale corso.

Senza aspettare un attimo di più, schiaccio il piede sull'acceleratore e la macchina parte allontanandosi da quelle storie spezzate che risvegliano in me troppi ricordi. Di baci, di carezze, di urla e pianti.

Nei chilometri interminabili che mi separano dall'azienda di Hensen, non scendo mai sotto i 100 km/h e lascio che questa città scorra sotto il finestrino senza che riesca a catturare un particolare dei grattacieli che mi sovrastano o delle famiglie che accolgono l'estate abbracciando le acque del mare.

Così mi piacerebbe vivere, anche solo per pochi minuti, ma almeno poter avere la possibilità di esserci.

Qui, adesso.

Di poter dedicare un minuto a ogni frammento, vicolo, casa, volto e lasciare che ogni lacrima versata venga portata via dal vento.

Ma sono confinata in una gabbia di carne e sangue e i miei sogni, le mie speranze finiscono sempre qui.

Davanti all'inquietante edificio dove smetto di essere Helen Owens e divento l'ennesimo servo di una società fatta non di cieli e onde, ma potere e guadagno.

Siamo così stupidi noi umani.

Viviamo su questa terra da millenni eppure è per noi ancora una perfetta sconosciuta.

È ancora uno sguardo distratto al sole che sale vittorioso.

Ma per raggiungere quei raggi dovremmo uscire da questo vortice in cui veniamo costretti a vivere.

Dovremmo diventare vulnerabili, senza protezioni, soli contro il mondo intero.

E di questo ho paura.

Di ferite ne ho già avute fin troppe.

Fisso questo edificio che incombe su di me in silenzio.

La mia mente viaggia lontano. Ripercorre memorie di un tempo dove ero libera.

Quando persino l'alba diventava un miracolo da festeggiare.

E da quel passato, ripesco il ricordo di un sorriso.

Quello di Michael.

Ogni volta che le sue labbra si schiudevano, che i suoi occhi si illuminavano pensavo di non avere bisogno di null'altro tranne che di lui.

Il suo amore mi illuminava e sotto quella luce io volevo costruire il mio mondo.

Il nostro mondo.

Poi è arrivata la prima sassata.

Quella più forte perchè ti colpisce con una violenza che non lascia scampo. Scoprire che l'arcobaleno è solo un' illusione del cielo, sentire in una notte di stelle il rombo della tempesta è l'altra faccia dell'amore.

Perché l'amore è un sogno.

Meraviglioso, emozionante, vivo, ma prima o poi finisce.

Gli occhi si riaprono e quel soffitto che avevi scambiato per il cielo ridiventa una prigione.

L'amore è per i deboli, per chi cerca il senso della vita e magari pensa di trovarlo in quei baci, in quegli abbracci, in quei " ti amo" che affidiamo al vento e lì si perdono.

Io ci sono entrata nell'amore.

Quello della passione che si spegne come una lanterna e quello delle uscite al chiaro di luna dove ci sembra tutto così fantastico quando, in realtà, stiamo vivendo qualcosa di effimero.

Di impossibile.

Posso sentire il profumo di una rosa senza farmi ferire dalle sue spine ?

Posso raggiungere il sole senza farmi bruciare dai suoi raggi ?

Ma la bellezza e l'illusione dell'amore stanno proprio qui.

In quella scalata contro il tempo anche se sai di non poter raggiungere la meta.

" Tutto bene Helen ?" mi chiede uno, Javier credo che si chiami. Annuisco e faccio un respiro profondo.

Sto davvero bene ?

La risposta è no.

E va avanti da troppo tempo questo vivere passivamente.

Fingere di voler solo lavoro e soldi accettando qualche storia occasionale, ma senza alcun legame.

Un sognatore non può smettere di credere nei sogni, anche se sono falsi.

Anche se fanno male.

Improvvisamente sento un groppo alla gola.

Non so cosa mi stia succedendo anzi lo so, ma voglio ignorarlo con tutta me stessa.

Devo rimettermi la maschera, tornare "quella di poco fa".

Ma la verità è che non voglio può essere "quella di poco fa".

Ed è questa convinzione che mi fa paura come non mai a voltarmi alzando gli occhi verso la mole della Hope Tower.

La Torre della Speranza.

Che spero, in questi momento, stia vegliando su di me.


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