𝓐𝓵𝓮𝔁𝓪
Erano passati due giorni dal mio esame, e ancora non riuscivo a credere di avercela fatta. Novantanove su cento. Un risultato quasi perfetto, ma non riuscivo a togliermi dalla testa quel punto mancante. Avrei voluto uscire con cento, raggiungere la perfezione, ma Alex mi aveva detto che non importava. "È solo un punto, Maddy," aveva detto, il suo sorriso rassicurante mentre mi sfiorava la spalla. "Hai fatto un lavoro incredibile."
E ora, eccoci qui, alla festa che Alex aveva organizzato per celebrare il mio successo. Era stata una sorpresa, qualcosa che non mi aspettavo, ma che mi fece sentire davvero speciale. L'atmosfera era vivace, con musica che riempiva l'aria e luci soffuse che creavano un ambiente magico. Il lago rifletteva le luci della città, scintillando come un tappeto di stelle cadute.
Addison era accanto a me, la sua presenza un conforto. La pancia le era cresciuta tanto da quando l'avevo vista l'ultima volta, un pancione rotondo che lei accarezzava spesso, con quell'istinto materno che la rendeva ancora più radiosa. Indossava un abito bianco aderente che le stava alla perfezione: un vestito di maglia che le avvolgeva dolcemente il corpo, lasciando le spalle scoperte. Il tessuto morbido si posava delicatamente sulla sua pancia, accentuando le sue forme con eleganza e femminilità. I suoi capelli castani cadevano in morbide onde sulle spalle, incorniciandole il viso come una cornice naturale, mentre lei sorrideva serena, assaporando ogni momento della sua gravidanza.
Io, invece, indossavo un vestito nero scintillante, che mi faceva sentire al centro dell’attenzione. Il corpetto era strutturato, quasi come un corsetto, con inserti trasparenti che lasciavano intravedere la pelle in un gioco di vedo-non-vedo audace ma raffinato. La gonna, corta e vaporosa, si muoveva con ogni mio passo, come una nuvola di stelle che danzava intorno a me. Mi sentivo bella, sicura di me, forse per la prima volta da tanto tempo. I capelli biondi, lisci e sciolti, ondeggiavano leggeri, e un leggero strato di trucco illuminava il mio viso, esaltandone i lineamenti.
Simon era con noi, accanto a Addison, gli occhi sempre puntati su di lei come se fosse la cosa più preziosa al mondo. Si vedeva quanto fosse felice, quanto amasse quella donna e il figlio che portava in grembo. Anche Alex era lì, un po’ in disparte ma con lo sguardo sempre attento, come se volesse assicurarsi che tutto andasse per il meglio. Lo vedevo mentre parlava con gli altri, ma ogni tanto i nostri sguardi si incrociavano e mi sorrideva, facendomi sentire una corrente di elettricità scorrere attraverso la schiena.
La musica cambiò ritmo, una canzone lenta e romantica iniziò a suonare, e vidi Addison appoggiare la mano sulla spalla di Simon, invitandolo a ballare. Lui le sorrise, accarezzandole il viso con dolcezza, e iniziarono a muoversi lentamente, abbracciati. Era una scena così intima e tenera che mi fece sorridere. Alex si avvicinò, i suoi occhi nei miei, e mi chiese se volevo ballare. Feci un cenno con la testa e lui mi prese la mano, conducendomi al centro della pista improvvisata.
Sentii il suo tocco caldo sulla mia schiena mentre mi avvicinava a sé. Ballare con Alex era come fluttuare, tutto sembrava sparire intorno a noi. Eravamo solo noi due, il suo respiro vicino al mio orecchio, il battito del suo cuore che sentivo sotto le dita mentre appoggiavo la mano sul suo petto. C'era una tensione palpabile tra di noi, una corrente sotterranea di emozioni non dette. Era come se ogni tocco, ogni movimento, parlasse più di mille parole.
Ci guardammo negli occhi, e per un attimo tutto sembrò fermarsi. C'era così tanto non detto tra di noi, cose che avevo paura di pronunciare, sentimenti che forse lui stesso non riusciva a comprendere del tutto. Ma in quel momento, non servivano parole. Mi bastava essere lì, con lui, sentire il calore del suo corpo contro il mio, e sapere che, almeno per ora, tutto andava bene.
Alex si avvicinò con Simon, entrambi perfettamente eleganti. Alex indossava un completo nero che gli cadeva a pennello, la camicia bianca impeccabile e una cravatta scura leggermente allentata che gli dava quell'aria rilassata ma sofisticata. Simon, accanto a lui, era altrettanto raffinato, con un sorriso sempre stampato in volto.
Alex mi fece un cenno, indicandomi di seguirlo, e senza dire una parola mi spostai con lui verso un angolo più tranquillo della stanza. L'aria era carica di tensione e aspettativa, le luci soffuse creavano giochi di ombre sui nostri volti. Alex si fermò e mi guardò negli occhi, i suoi erano brillanti e sembravano cercare una risposta anche prima di formulare la domanda.
«Alexa, devo dirti una cosa. Posso?» chiese, la voce bassa, quasi a voler mantenere il segreto tra noi. Mi sentivo già curiosa, così annuii, un po' divertita dall’espressione seria che aveva assunto.
Ci allontanammo ancora un po' dalla folla, il rumore della festa che diventava un sottofondo ovattato. Quando ci fermammo, mi guardò con quell'intensità che riusciva sempre a farmi sentire come se fossi l'unica persona nella stanza. «Posso bere?» disse all’improvviso, «Una vodka, almeno adesso.»
Mi fermai per un istante, sorpresa dalla sua richiesta. Alex aveva smesso di bere da tempo, e sapevo quanto fosse stato difficile per lui. Cercai di leggere nel suo sguardo, in cerca di una spiegazione. Non sembrava agitato o sconvolto, ma c'era una scintilla di desiderio nei suoi occhi, quella voglia di lasciarsi andare almeno per una sera.
«Sì,» dissi con un sorriso piccolo, cercando di non sembrare troppo preoccupata. «Però non troppo… magari due.» Lo dissi con tono leggero, sperando di smorzare qualsiasi tensione ci fosse nell’aria.
Lui scosse la testa ridendo piano, e i suoi occhi si fecero più brillanti. «Facciamo tre,» propose, la voce che suonava come una sfida amichevole, quasi una supplica mascherata da scherzo. Mi venne da ridere anche a me, quella risata spontanea che veniva fuori solo con lui.
«Va bene, tre,» accettai alla fine, con un sorriso indulgente. In fondo, questa era la nostra serata e forse poteva concedersi un po’ di libertà.
Il mio sguardo seguì Alex mentre si dirigeva verso il bancone del bar, un’area che mi riportava alla mente ricordi che avrei preferito dimenticare. Quel bancone era simile a quello del club dove tutto era iniziato, il club di mio padre, un locale che, sebbene apparisse luccicante e pieno di vita, nascondeva angoli bui di segreti e dolori. Era uno strip club, uno di quei posti dove i sogni andavano a morire tra luci al neon e drink annacquati.
Nikki aveva scelto di tornare lì, nonostante tutto. Nonostante ciò che mio padre aveva fatto a me, nonostante il veleno che quel luogo rappresentava. Avevo cercato di convincerla a non farlo, a trovare un’altra strada, ma la sua risposta era stata secca, implacabile: «Mi servono i soldi, Maddy. Non abbiamo scelta»
Mi aveva posto davanti una scelta crudele: me o lui. E alla fine, Nikki aveva scelto mio padre, una scelta che pesava come un macigno sul mio cuore. Lo aveva fatto per un motivo che, per quanto razionale, non riuscivo ad accettare. Capivo che avevamo bisogno di quei soldi, ma ogni volta che pensavo a lei che lavorava in quel club, un nodo di rabbia e delusione mi stringeva lo stomaco. Perché proprio lì? Perché tornare proprio in quel posto che aveva rovinato così tante vite, incluso il rapporto tra me e mio padre?
Distolsi lo sguardo da Alex per guardare Addison. Era seduta al tavolo, la sua mano posata delicatamente sulla pancia che continuava a crescere. Non riuscivo ancora a credere che quel bambino fosse di Simon, o meglio, non volevo crederci. C’era una parte di me che sperava disperatamente che la verità fosse diversa, che il bambino non fosse di Simon e soprattutto non fosse di mio padre.
Il pensiero di mio padre che si intrometteva ancora una volta nelle nostre vite era un’ombra che non riuscivo a scrollarmi di dosso. Addison aveva sempre detto che non c’era modo che mio padre fosse il padre del bambino, ma le voci che correvano e la mia stessa insicurezza continuavano a seminare dubbi nella mia mente. Mi sentivo intrappolata in un labirinto di incertezze, e ogni volta che guardavo la pancia di Addison, mi chiedevo quale futuro stesse crescendo lì dentro.
Mi costrinsi a riportare lo sguardo su Alex, che nel frattempo aveva preso il suo drink e rideva con Simon, completamente ignaro della tempesta che mi ribolliva dentro. Alex era la mia ancora, il mio punto fermo in un mondo che sembrava andare a pezzi.
Mi avvicinai ad Alex, il rumore della musica era assordante, ma il mio unico pensiero era allontanarmi da lì. «Quando ce ne andiamo?» gli chiesi, cercando di farmi sentire tra il chiacchiericcio e le note martellanti. Alex mi guardò con un sorriso appena accennato, scuotendo la testa. «È ancora presto, Alexa.» Sospirai, lanciando uno sguardo intorno al locale affollato. «Voglio andare a casa,» insistetti, sperando di convincerlo. Lui sorseggiò la sua vodka e rispose con calma, «Tra poco.»
Addison, notando la mia impazienza, si avvicinò con la sua solita aria sicura di sé. «Alexa, vieni,» mi disse con un tono che non ammetteva repliche, afferrandomi per il braccio. «Oggi è la tua festa, cerca di divertirti!» Con un sospiro rassegnato, la seguii mentre mi trascinava verso il palco. Lì sopra c'erano già altri ragazzi e ragazze, tutti persi nel ritmo della musica, immersi nelle luci che lampeggiavano in tutte le sfumature del neon.
Addison mi diede una spinta leggera, incoraggiandomi. «Divertiti, balla un po'.» Mi sentivo rigida, ma cercai di lasciarmi andare. Lei si avvicinò ancora di più, il suo volto accanto al mio, e mi sussurrò all’orecchio con un tono complice e malizioso, «Provoca Alex, Alexa.» Sentii un brivido attraversarmi, e non potei fare a meno di sorridere. Guardai Alex, i suoi occhi su di me, e il mio cuore iniziò a battere più forte. Forse Addison aveva ragione; forse questa era la mia occasione per lasciarmi andare e giocare un po'.
In sottofondo, le note di "Chillax" di Farruko riempivano l'aria, creando un'atmosfera calda e avvolgente. Senza pensarci troppo, iniziai a muovermi come facevo al club, lasciando che il ritmo mi guidasse. Sentivo ogni beat attraversarmi, un battito dopo l'altro, e decisi di lasciarmi andare completamente. Un ragazzo, attraente e sicuro di sé, si avvicinò a me con un sorriso intrigante. Senza esitazione, iniziai a strusciarmi contro di lui, i nostri corpi in sintonia con la musica. Mi prese le mani e le posai sul mio ventre, sentendo il calore della sua pelle contro la mia. Scivolai verso il basso con un movimento sensuale, le mie mani seguendo la linea dei miei fianchi mentre mi abbassavo fino a sfiorare il pavimento.
Il ragazzo, che si era presentato come Xavier, mi sorrise, apprezzando il gioco. Mi alzai lentamente, con grazia, mantenendo il contatto visivo e sentendo l'elettricità nell'aria tra di noi. Intorno a me, il locale sembrava scomparire, mentre la musica e le luci erano tutto ciò che riempiva i miei sensi.
Alex, dall'altro lato della stanza, non riusciva a staccare gli occhi da me. Lo vedevo seguire ogni mio movimento, il suo sguardo bruciante di qualcosa che non riusciva a nascondere.
Alla mente mi tornò quel momento al club, l'istante in cui mi ero trovata lì,
Indossando quel vestito audace. Era un abito a rete, completamente trasparente, costellato di minuscole pietre scintillanti che catturavano ogni riflesso di luce, rendendo il tessuto quasi luminoso. Non c'era nulla sotto, solo la mia pelle nuda, esposta e vulnerabile, mentre le scintille di luce riflettevano ogni mia curva. Mi sentivo nuda, esposta, e una sensazione di vergogna mi avvolse.
Addison si avvicinò a me, vestita solo con un reggiseno nero e un perizoma che metteva in risalto la sua figura perfetta. Mi guardò dall'alto in basso, con un sorriso complice e disse: «Sono invidiosa di quel vestito. Tutti vorranno scoparsi te, non me adesso.» Mi sentii piccola sotto il suo sguardo, mentre ci specchiavamo insieme, entrambe immerse in quell’ambiente opprimente.
«Cosa ci fai qui se ti vergogni?» mi chiese Addison mentre aggiustava le sue sopracciglia davanti allo specchio, come se niente la potesse toccare.
Volevo risponderle, ma le parole mi si strozzavano in gola. Nikki si avvicinò, indossava anche lei l'intimo come Addison, un reggiseno nero e un perizoma coordinato. Il suo sguardo era dolce ma fermo, come se sapesse esattamente come andavano le cose lì. «Sei stupenda, tesoro,» mi disse, «è la tua prima serata, vero?» Annuii, sentendo il nodo allo stomaco stringersi ancora di più. Addison mi prese la mano con una fermezza che mi sorprese e disse: «Avanti, vieni. Non siamo qui per niente.»
Mi lasciò solo il tempo di respirare prima di trascinarmi fuori, verso la pista dello strip club. Le luci al neon illuminavano ogni angolo del locale, e subito mi resi conto che tutti gli occhi erano puntati su di noi. Sentivo il peso di quegli sguardi addosso, ognuno sembrava spogliarmi ulteriormente, e ogni passo mi faceva tremare le gambe. Addison mi spinse leggermente verso il palco. «Adesso balla,» disse, «contro quel palo. Fallo come sai fare tu.» Si mise davanti, mostrava movimenti fluidi, sicuri, il suo corpo che ondeggiava in un ritmo che sembrava dominare l'intera stanza.
Mi sentii obbligata a seguirla, la pressione delle aspettative mi schiacciava. Le lacrime iniziarono a bruciarmi gli occhi, e nonostante tutto, iniziai a muovermi. Le mani sudate strinsero il freddo metallo del palo e iniziai a ballare, i movimenti goffi e incerti. Le lacrime scivolarono sulle guance mentre il cuore mi martellava nel petto. Addison, che sembrava non accorgersi del mio stato, mi incoraggiò, «Brava ragazza.» Ma io, in quel momento, mi sentivo tutto fuorché brava. Mi sentivo perduta.
Ero talmente immersa nei miei pensieri, persa nel turbinio delle luci e della musica martellante, che non mi accorsi nemmeno quando Alex si avvicinò. Mi afferrò per il polso con una presa decisa, quasi dolorosa, e mi strattonò con forza, distogliendomi bruscamente da quel mondo in cui stavo cercando di rifugiarmi. La sua voce tagliò l’aria come una lama affilata: «Sei impazzita, Alexa? Cosa pensi di fare?»
La sua presa si fece ancora più stretta, il polso iniziò a dolermi. Sentivo il battito del cuore accelerare sotto la sua stretta, la pelle sensibile al contatto con le sue dita. Mi girai verso di lui, il mio sguardo incrociò il suo e vidi una furia mista a qualcosa che non riuscii a decifrare, forse preoccupazione o delusione.
«Lasciami!» gridai, cercando di liberarmi. Ma Alex non mollava la presa, sembrava incapace di lasciarmi andare. Ogni suo respiro era pesante, quasi ansimante, mentre mi fissava intensamente, gli occhi scuri che cercavano i miei, come se stesse cercando di capire qualcosa che gli stava sfuggendo.
«Alexa, cosa ti è preso? Non puoi comportarti così!» Mi tirò verso di lui, i suoi occhi perforanti che mi scrutavano, cercando di catturare la mia attenzione in mezzo al caos che mi circondava. Sentivo il suo respiro caldo vicino al mio viso, l’odore del suo profumo misto alla leggera traccia di vodka.
«Ti ho detto di lasciarmi!» ripetei, cercando di liberarmi, ma la sua presa non si allentava. Il suo polso era fermo e deciso contro il mio, e nonostante la mia rabbia, non riuscivo a muovermi. Sentivo gli sguardi degli altri puntati su di noi, il chiacchiericcio confuso, i mormorii di chi si godeva lo spettacolo.
Alex mi guardava come se non riuscisse a capire cosa stesse succedendo, come se la mia reazione lo avesse preso alla sprovvista. La tensione tra noi era palpabile, quasi tangibile nell'aria densa del locale. Provavo a mantenere il controllo, ma dentro di me sentivo un tumulto di emozioni che stava per esplodere.
Mi avvicinai a lui, più per il fatto che mi stesse tirando che per mia volontà, il viso rosso di rabbia e frustrazione. «Non capisci niente, Alex. Non capisci proprio niente!» dissi, la mia voce tremava mentre tentavo di trattenere le lacrime. Alex mi fissava, senza parole, e per un attimo il suo sguardo vacillò, la sua stretta si allentò appena, ma abbastanza perché potessi finalmente liberarmi dal suo controllo. Mi allontanai di un passo, massaggiandomi il polso dolorante, il respiro corto e irregolare.
Lui rimase lì, immobile, mentre mi allontanavo, i suoi occhi ancora su di me, pieni di domande non dette. Sentivo il suo sguardo come un peso, una presenza costante che non riusciva a lasciarmi andare nemmeno per un istante.
Alex mi guardò con uno sguardo fermo, ma questa volta con una punta di rimorso, come se volesse dire qualcosa e non trovasse le parole giuste. «Vuoi andare a casa? Andiamo,» disse infine, la sua voce si era ammorbidita leggermente, ma c'era ancora una nota di autorità che non riusciva a nascondere. «Saluta Addison.»
Mi voltai, facendo qualche passo verso Addison. La vidi seduta su uno dei divanetti, con una mano sulla pancia che sembrava crescere ogni giorno di più. Avvicinandomi, allungai una mano e la passai delicatamente sul suo pancione, sentendo la vita che cresceva dentro di lei. «Ciao, Addison. Ci vediamo,» dissi con un sorriso debole, cercando di nascondere il tumulto che mi portavo dentro.
Lei mi guardò, cercando nei miei occhi qualche segno di spiegazione. «Va tutto bene, Alexa?» mi chiese, la sua voce era piena di preoccupazione e dolcezza, come se volesse proteggermi da tutto. Annuii velocemente, ma sentivo il nodo alla gola diventare sempre più stretto. «Sì, tutto bene.»
Simon si avvicinò subito dopo, con quel suo sorriso sicuro e l’aria rilassata, come se tutto fosse normale. «Ciao,» disse, e mi diede un bacio leggero sulla guancia. Il contatto mi fece rabbrividire, una sensazione di disagio mi percorse la schiena, ma non dissi nulla. Mi limitai ad annuire e tornai indietro verso Alex, cercando di scappare da quella situazione il più velocemente possibile.
Appena usciti dal locale, la brezza notturna mi colpì il viso, fresca e pungente. Mi massaggiavo il polso ancora indolenzito dalla stretta di Alex. Sentivo il calore e il rossore della pelle sotto le dita, una testimonianza silenziosa della tensione appena passata. Camminavamo in silenzio, il rumore dei tacchi sui marciapiedi era l'unico suono che riempiva l'aria tra di noi.
Mi girai verso di lui, con ancora l'adrenalina che scorreva nelle vene, e dissi con un tono di sfida: «Ti ho detto di non toccare quel cazzone di Simon». «Non sono un oggetto, Alexander, posso fare quello che voglio. Era la mia serata.»
Alexander si fermò di colpo, e prima che potessi rendermene conto, mi afferrò per le spalle e mi spinse contro il muro più vicino. Il mio respiro si spezzò quando la mia schiena toccò la parete fredda. Mi guardò negli occhi, con una determinazione che mi fece rabbrividire. «Se stai a casa mia, starai alle mie regole,» disse, la sua voce era bassa, quasi un sussurro, ma carica di un'intensità che non potevo ignorare.
Le sue parole rimbombarono nella mia testa, ogni sillaba un colpo sordo contro la mia volontà. Ero intrappolata tra il muro e la sua figura imponente, e per un istante, mi sembrò di non riuscire a respirare. Sentivo il suo respiro vicino al mio viso, il suo sguardo che scavava nel mio, cercando di impormi una disciplina che non ero sicura di poter accettare. Ma dentro di me, una parte si ribellava, urlava per essere libera, per scappare da quella gabbia invisibile che sembrava stringersi sempre di più attorno a me.
Mi lasciai sfuggire un respiro tremante, cercando di mantenere un minimo di controllo. «Non puoi controllarmi, Alexander. Non puoi,» dissi, la mia voce un sussurro spezzato, ma con tutta la forza che mi rimaneva. Ma lui non si mosse, restò lì, il suo sguardo fermo sul mio, come se volesse sfidarmi a provare il contrario.
Alex mi afferrò di nuovo per il polso, stringendo con la stessa forza di prima, e mi trascinò verso la sua Tesla parcheggiata poco più avanti. Sentivo la pressione delle sue dita sulla mia pelle, il suo tocco era fermo e deciso, quasi possessivo. «Sali in macchina,» ordinò con un tono che non ammetteva repliche. Cercai di mantenere la calma mentre mi infilavo dentro, il profumo di pelle costosa mi avvolse immediatamente, mescolandosi all'odore freddo del metallo e della tecnologia.
Mi sedetti sul sedile, ancora scossa. Il rumore secco della portiera che si chiudeva con forza mi fece sussultare, l'eco del suo gesto sembrava risuonare nel silenzio dell'abitacolo. Mi guardai intorno per un attimo, cercando di distendermi. Il cruscotto illuminato di luci soffuse e il display al centro sembravano pulsare come un cuore freddo, distante. Alex fece il giro della macchina e aprì la sua portiera con un movimento deciso. Entrò con uno scatto, senza dire una parola, chiudendo la portiera con la stessa energia, quasi per sottolineare la tensione nell'aria.
Prima di avviare la macchina, Alex tirò fuori un pacchetto di sigarette dal taschino interno della giacca. Lo osservai mentre estraeva una sigaretta e la portava alle labbra con un movimento lento, come se stesse prendendo tempo. Accese il fuoco con un piccolo clic del suo accendino argentato, il bagliore della fiamma illuminò per un istante i suoi occhi, che sembravano ancora più scuri e indecifrabili.
Il fumo si diffuse rapidamente nell'abitacolo, avvolgendoci in una nuvola densa e acre. Mi girai verso di lui, l’odore pungente mi irritava le narici e sentivo un fastidio crescente. «Non fumare,» dissi, cercando di mantenere la voce ferma, anche se il mio tono tradiva un accenno di stanchezza e frustrazione. Avevo già avuto abbastanza per quella serata, e quel gesto mi sembrava solo un'ulteriore provocazione.
Alex mi guardò di sbieco, tirando una lunga boccata prima di rispondere. «È la mia macchina,» replicò con una calma glaciale, come se la sua parola fosse legge, incontestabile. Espirò il fumo lentamente, lasciando che si disperdesse intorno a noi, saturando l’aria di tensione e di quel suo odore sfrontato.
Mi voltai verso il finestrino, cercando di evitare il suo sguardo e il fumo che sembrava avvolgermi come una morsa invisibile. Fuori, le luci della città sfumavano in scie di colori che si riflettevano sul vetro, una sfocatura di vita che sembrava scorrere indifferente al dramma che stava accadendo lì dentro. Sentivo il peso del suo controllo su di me, e ogni piccolo gesto sembrava un modo per ribadire chi comandava.
Il suono del motore si accese con un ronzio leggero, quasi impercettibile, ma la macchina restava ancora ferma. Alex tirò un'altra boccata dalla sigaretta, il suo sguardo fisso sulla strada davanti a noi, come se stesse considerando tutte le possibili direzioni. Ogni istante sembrava allungarsi in un tempo sospeso, fatto di sguardi non ricambiati e parole non dette. Era chiaro che niente di ciò che avessi detto o fatto avrebbe cambiato la sua decisione di fumare lì dentro, perché per lui quella macchina rappresentava qualcosa di più, un simbolo del controllo che esercitava non solo sulla sua vita, ma anche sulla mia in quel preciso momento.
Dopo venti minuti di un silenzio teso, finalmente arrivammo a casa. Alex parcheggiò la macchina con precisione, il motore si spense lasciando un vuoto di rumori che rendeva tutto ancora più pesante. Le luci erano spente, segno che Marie non era in casa, almeno così pensavo. Con un gesto deciso, aprii la portiera della macchina e la sbattei con forza, come a voler liberare un po' della rabbia che sentivo accumularsi dentro. Alexander uscì dalla sua parte, il viso contorto in un'espressione di irritazione. «Non sbattere la mia macchina,» mi disse con un tono freddo. Mi girai verso di lui con un ghigno di sfida, aprii di nuovo la portiera e la sbattei ancora più forte, il rumore si diffuse come un colpo secco nell'aria immobile della notte.
Lo osservai mentre si irrigidiva, stringendo la sigaretta tra le labbra. C'era qualcosa di diverso in lui, qualcosa che non riuscivo a riconoscere. Prima non era così, questa gelosia era esplosa improvvisamente, quasi senza preavviso. Era furioso per via di Xavier, un ragazzo che avevo appena incrociato per caso nel locale, uno sguardo e qualche sorriso, niente di più, ma per Alex sembrava essere stato sufficiente per accendere una scintilla di gelosia irrazionale.
Mi avvicinai alla porta di casa, cercando di non dare troppa importanza a quella scena. Sentii il suono del clic della macchina che si chiudeva alle mie spalle, e Alex che mi raggiungeva con passi pesanti. Senza preavviso si accese un'altra sigaretta, il fumo grigio si disperse nell'aria fredda della notte mentre lui si avvicinava sempre di più. I nostri nasi quasi si sfiorarono, il suo respiro caldo si mescolò al mio, e con uno sguardo intenso mi disse, "Un'altra volta ti sbatto io così." Mi soffiò il fumo in faccia, un gesto sfrontato e provocatorio che mi fece arricciare il naso. «Sei uno stronzo,» dissi con un tono secco, guardandolo dritto negli occhi.
Entrammo in casa, lui chiuse la porta dietro di noi con un gesto brusco. «Ah sì, sono uno stronzo?» ribatté con una calma tagliente, fissandomi come se volesse vedere fino a che punto potevo arrivare. «Sì,» risposi senza esitare, il mio cuore batteva più forte mentre la tensione fra noi cresceva.
Alex sospirò, lasciando uscire un'altra nuvola di fumo dalle labbra. Mi guardò come se fosse pronto a scattare da un momento all'altro. «Se ti prendo, piccola...» lasciò la frase sospesa nell'aria, un avvertimento, una sfida.
Senza pensarci troppo, mi sfilai le scarpe con il tacco e le lasciai cadere sul pavimento. Lo guardai un'ultima volta con un sorriso sfuggente e poi scattai verso le scale, ridendo nervosamente, come se potessi sfuggire alla morsa della sua presenza dominante. Alex mi seguì, i suoi passi rapidi e determinati. Riuscivo a sentire il suo respiro sempre più vicino mentre correvamo, una corsa piena di tensione e adrenalina.
Arrivati al primo piano, lui afferrò la mia spalla e con un gesto deciso mi spinse contro il muro, proprio accanto alla porta della sua camera da letto. La schiena urtò il muro, il contatto freddo con la superficie mi fece rabbrividire. I nostri respiri si fusero in una sinfonia disordinata di desiderio e rabbia. Sentivo il calore del suo corpo avvolgermi, il suo respiro pesante sul mio collo. Ci fissammo per un istante che sembrò durare un'eternità, poi, senza esitare, Alex si chinò e mi baciò con una fame che rispecchiava la mia.
Il suo bacio era urgente, dominatore, ogni movimento delle sue labbra contro le mie era un affondo deciso che cercava di reclamare qualcosa. Le sue mani si mossero rapide, afferrandomi con forza, come se volesse assicurarsi che non potessi scappare di nuovo. Sospirai contro le sue labbra, affamata di quel contatto tanto quanto lui. Mi persi in quel momento, senza pensare a nient'altro che al modo in cui le sue mani si muovevano lungo i contorni del mio corpo, risvegliando sensazioni familiari e pericolose.
Appoggiata contro il muro, il respiro ancora affannato dalla corsa e dal bacio intenso, sentii le sue mani esplorare ogni centimetro della mia pelle, il contatto caldo e deciso che faceva aumentare il battito del mio cuore. La stanza era immersa in una penombra che rendeva tutto più confuso, come se fossimo in un’altra dimensione, distanti dalla realtà e dal mondo esterno.
«Mi porterai al mare domani?» sussurrai all’improvviso, la mia voce tremava leggermente, colpita da un’improvvisa voglia di scappare via, di allontanarmi da quel momento di tensione e desiderio travolgente. Alex si fermò un attimo, le sue labbra si staccarono dalle mie, poi con uno sguardo indecifrabile iniziò a baciarmi il collo, le sue labbra che scivolavano lungo la mia pelle come una promessa non detta. «Ma io voglio portarti a letto,» sussurrò contro il mio collo, la sua voce profonda e vellutata si intrecciava con il suono del mio respiro.
I suoi baci si fecero più intensi, quasi disperati, e io mi persi in quella sensazione travolgente, un misto di paura e attrazione. La sua mano risalì lungo la mia schiena, stringendomi più vicino a lui, mentre i suoi baci scivolavano dalla mia mascella fino alla base del collo, ogni tocco accendeva un fuoco sotto la mia pelle. Mi baciò di nuovo, un bacio lungo e profondo, come se volesse imprimere quel momento nella mia memoria per sempre.
Ma il dubbio mi attraversava la mente come una scarica elettrica. Voleva portarmi a letto per scopare o per fare l’amore? Mi sentivo divisa tra il desiderio di lasciarmi andare e la paura di perdermi completamente in lui. La sua intensità mi travolgeva, il suo bisogno era così evidente che quasi mi toglieva il respiro. La mia mente era un turbine di emozioni contrastanti: volevo cedere, ma temevo di non riuscire a capire davvero cosa stesse accadendo tra noi.
Prima che potessi rendermene conto, Alex mi prese in braccio, sollevandomi come se fossi senza peso. Sentii il suo petto forte contro di me, il battito del suo cuore che accelerava mentre mi stringeva più forte. Mi portò nella sua camera con passi decisi, ogni movimento un’affermazione del suo desiderio. La porta si chiuse alle nostre spalle con un leggero clic, isolandoci dal resto della casa e lasciando solo noi due in quel piccolo spazio carico di tensione.
Mi appoggiò delicatamente sul letto, il materasso accogliente mi accolse come una seconda pelle. La sua stanza era avvolta da una luce soffusa, un tenue bagliore che filtrava dalla finestra, disegnando ombre morbide sulle pareti. Il profumo familiare di Alex mi avvolse, un misto di colonia e tabacco, un aroma che mi aveva sempre fatto sentire al sicuro e nervosa allo stesso tempo.
Mi fissò dall’alto, il suo sguardo era scuro e pieno di desiderio. I suoi occhi mi studiavano, come se volesse leggere ogni pensiero nascosto, ogni esitazione. Mi sentii esposta, vulnerabile sotto quel suo sguardo intenso. Le sue mani si posarono sui miei fianchi, stringendomi con un gesto possessivo, quasi volesse farmi capire che in quel momento appartenevo solo a lui.
Rimase fermo per un attimo, i suoi occhi che cercavano una risposta nei miei. La tensione nell’aria era quasi palpabile, il silenzio interrotto solo dal suono dei nostri respiri. Poi, lentamente, si chinò su di me, le sue labbra sfiorarono di nuovo le mie, un tocco delicato ma carico di una promessa che non riuscivo ancora a comprendere del tutto.
«Farai piano?» sussurrai con un filo di voce, il mio respiro spezzato e il cuore che batteva forte contro il petto, tanto che temevo potesse sentire quanto ero nervosa. Alex si avvicinò a me, il suo viso così vicino al mio che potevo sentire il calore del suo respiro sulla mia pelle. «Shh, piccola,» sussurrò con tono calmo ma carico di desiderio, il suo sguardo inchiodato al mio. «L’unico suono che voglio sentire è il mio nome.» Le sue parole erano un comando, una promessa, e prima che potessi rispondere, le sue labbra catturarono di nuovo le mie in un bacio lento e profondo, che fece scivolare via ogni mia resistenza.
Con mani delicate ma ferme, iniziò a sfilarmi il vestito che avevo addosso, tirandolo giù con una lentezza che sembrava studiata per farmi impazzire. Cercai di coprirmi istintivamente, le mie mani che si posavano sul mio petto per nascondere il mio corpo esposto, ma lui mi fermò, afferrando delicatamente i miei polsi e allontanandoli. «Non coprirti, Alexa,» mi disse con voce bassa e profonda, i suoi occhi che mi scrutavano con un’intensità quasi travolgente. «Non farlo. Sei perfetta.» La sua sicurezza, il modo in cui mi guardava come se fossi l’unica cosa al mondo in quel momento, mi fece sentire incredibilmente vulnerabile, ma anche desiderata come mai prima d’ora.
Alex si chinò, posando le sue labbra tra i miei seni, lasciando piccoli baci leggeri lungo la linea del mio petto. Ogni tocco delle sue labbra era una scarica di elettricità, un piacere che mi attraversava tutta e mi faceva tremare leggermente. Con un movimento fluido, mi sfilò il vestitino del tutto, lasciandomi con solo il mio perizoma nero. Sentii l’aria fresca sulla mia pelle esposta e un brivido mi percorse la schiena, ma era il modo in cui lui mi guardava che mi faceva sentire più nuda di quanto il mio corpo effettivamente fosse.
Alex si leccò le labbra, un gesto che sembrava involontario ma carico di desiderio, i suoi occhi che continuavano a scorrere lungo il mio corpo come se volesse memorizzare ogni dettaglio. Le mie mani tremavano leggermente, un misto di eccitazione e nervosismo che non riuscivo a controllare. Lui, senza distogliere lo sguardo, iniziò a sfilarsi la maglia. Si tolse il capo di abbigliamento con un movimento rapido e deciso, rivelando il suo petto scolpito che tanto avevo ammirato di sfuggita in altre occasioni. Poi si abbassò su di me, catturando di nuovo le mie labbra in un bacio ardente, il peso del suo corpo che si posava contro il mio, e io mi persi completamente in quel contatto, le sue mani che esploravano ogni angolo della mia pelle.
Mentre si muoveva sopra di me, le sue labbra iniziarono a scendere lungo il mio corpo, lasciando una scia di baci e morsi leggeri sulla mia pelle, ogni gesto più lento e più deciso dell’altro. Sentii le sue labbra fermarsi sui miei seni, baciandomi con una devozione che mi fece rabbrividire. Quando prese un mio capezzolo tra le labbra e lo tirò con delicatezza, un gemito mi sfuggì dalle labbra, il piacere che si mescolava alla sorpresa, e le mie dita si intrecciarono nei suoi capelli, tirandolo leggermente verso di me, incapace di resistere a quel bisogno crescente che si accendeva dentro di me.
Era sopra di me, tra le mie gambe, i nostri corpi quasi completamente allineati, e ogni suo movimento, ogni tocco, sembrava studiato per far salire la tensione tra noi fino a livelli insostenibili.
Alexander si mosse lentamente, i suoi baci che scendevano lungo il mio corpo, tracciando una linea di fuoco che partiva dai miei seni e scivolava sempre più giù. Sentii le sue labbra scorrere sulla mia pelle, fermarsi un attimo sulla mia pancia, baciando e leccando con una dolcezza quasi esasperante, come se volesse assaporare ogni singolo istante. I miei muscoli si tendevano leggermente ad ogni tocco, la mia pelle sensibile che reagiva al calore delle sue labbra.
Si fermò per un attimo, sollevando il capo, i suoi occhi che incontrarono i miei con un'intensità che mi lasciò senza fiato. «Posso?» mi chiese con una voce bassa e roca, quasi un sussurro, mentre le sue mani erano già posizionate ai lati del mio perizoma, pronte a rimuoverlo. Non risposi subito, troppo persa nel modo in cui mi stava guardando, il desiderio e la cura che vedevo nei suoi occhi. Feci un piccolo cenno con la testa, un movimento quasi impercettibile ma sufficiente. Sentii il cuore battere ancora più forte nel petto, mentre la sua bocca si curvava in un sorriso soddisfatto.
Lentamente, quasi con riverenza, Alexander iniziò a tirare giù il mio perizoma, scorrendo il tessuto lungo le mie gambe in un gesto lento e misurato. Non distolse mai lo sguardo, le sue mani ferme e sicure mentre mi liberava dell’ultimo pezzo di stoffa che mi separava completamente da lui. Quando mi aprì delicatamente le gambe, mi sentii completamente esposta sotto il suo sguardo, ma il modo in cui mi guardava, come se fossi l’unica cosa che importava al mondo, mi fece sentire incredibilmente desiderata.
«Voglio farti impazzire, piccola,» disse con un tono che era una promessa, i suoi occhi che scintillavano di eccitazione e controllo. Non potevo che mordermi il labbro, incapace di contenere il misto di ansia e desiderio che si agitava dentro di me. Il modo in cui mi aveva parlato, così sicuro di sé, fece salire una fiamma di attesa nel mio ventre, un calore che si diffuse rapidamente in tutto il mio corpo.
Alexander si abbassò di nuovo, i suoi baci che riprendevano la discesa lungo la mia pancia, ma questa volta era diverso.
Alexander scese ancora più giù, il suo respiro che sfiorava la mia pelle mentre si avvicinava alla mia intimità. Il primo contatto della sua lingua sulla mia figa fu un'esplosione di piacere che mi fece sobbalzare leggermente. Era un tocco lento e studiato, ogni movimento calcolato per massimizzare la mia reazione. Sentii la sua lingua scorrere lungo le mie labbra, bagnate e pronte, e ogni volta che toccava il punto giusto, il piacere si riversava dentro di me come un'onda calda e travolgente.
Mi persi subito in quella sensazione, chiudendo gli occhi e lasciandomi trasportare dal ritmo languido dei suoi movimenti. Alexander sapeva esattamente cosa stava facendo, ogni leccata era un mix perfetto di delicatezza e intensità, alternando pressioni leggere a movimenti più decisi. Il suo tocco era umido e caldo, e la sua lingua si muoveva con una precisione che mi fece rabbrividire. Mi sembrava di affondare sempre di più in un vortice di piacere, ogni secondo che passava mi faceva sentire come se stessi perdendo il contatto con la realtà, con tutto tranne che le sensazioni che Alex stava evocando dal mio corpo.
Le sue mani erano avvolte intorno alle mie cosce, stringendo saldamente mentre mi teneva ferma, impedendomi di sfuggire anche solo di un centimetro dal suo tocco. Mi aggrappai istintivamente alle sue mani, intrecciando le mie dita con le sue, stringendole forte come se fossero l'unica cosa a cui potessi aggrapparmi in quel momento. Sentivo il calore della sua pelle sotto le mie dita, e quella presa mi fece sentire ancor più connessa a lui.
Ad ogni movimento della sua lingua, il mio respiro si faceva più affannoso, il petto che si alzava e abbassava in rapidi sussulti mentre cercavo di controllare l'ondata di piacere che mi stava travolgendo. II suo ritmo aumentava leggermente, e ogni volta che la sua lingua trovava il mio punto più sensibile, un gemito soffocato mi sfuggiva dalle labbra, riempiendo la stanza di piccoli suoni di piacere.
Alexander non smetteva, continuando a esplorare ogni angolo della mia intimità con una dedizione che mi lasciava senza fiato. Sentivo la pressione montare dentro di me,
una tensione dolce e insopportabile che cresceva ad ogni secondo, e sapevo che stavo per cedere completamente. Le sue mani mi tenevano ancora salda, e ogni tanto le sue dita scivolavano leggermente sulla mia pelle, aggiungendo una nuova scintilla di piacere che si univa al vortice che mi aveva già risucchiata.
Non potevo fare a meno di piegare leggermente le ginocchia, il mio corpo che rispondeva istintivamente ad ogni tocco, cercando di avvicinarmi ancora di più a lui, desiderando di sentire la sua lingua più a fondo, più forte. I miei gemiti diventarono più frequenti, le mani che stringevano le sue con ancora più forza, e sentii il mio corpo iniziare a tremare leggermente, incapace di contenere l'energia del incapace di contenere l'energia del piacere che si stava accumulando dentro di me.
Ogni movimento era un piccolo tormento, un momento di estasi che mi faceva perdere ogni senso del tempo e dello spazio. Mi lasciai completamente andare, lasciando che Alexander mi portasse esattamente dove voleva, e in quel momento non c'era nient'altro al mondo che importasse se non lui, e il modo in cui la sua lingua mi stava facendo impazzire.
Alexander abbassò leggermente la testa e con una lentezza che sembrava studiata, iniziò a succhiare il mio clitoride. Un'ondata di piacere mi travolse immediatamente, facendomi ansimare. La sua bocca si muoveva con una tale precisione e delicatezza che mi sembrava di essere sospesa in un limbo di pura estasi. Ogni volta che succhiava, sentivo una scarica elettrica attraversare il mio corpo, irradiandosi dalla mia figa fino alle punte delle dita.
Non potevo resistere, così allungai la mano e afferrai la sua testa, le dita che si intrecciavano nei suoi capelli, spingendolo leggermente contro di me per fargli capire che volevo di più, che avevo bisogno che continuasse. Alexander rispose con un gemito sommesso, le vibrazioni della sua voce che si propagavano direttamente dentro di me, aumentando l'intensità del piacere. Sentivo il mio respiro diventare più rapido e disordinato, il cuore che batteva forte nel petto mentre i miei fianchi si muovevano da soli, seguendo il ritmo delle sue labbra.
Ma all'improvviso si fermò. Si alzò lentamente, lasciandomi con un senso di vuoto e un desiderio insaziabile. Lo guardai, i suoi occhi che brillavano di un'intensità che mi fece rabbrividire. Le sue labbra erano bagnate e rosse, ancora lucide per quello che aveva fatto, e la vista di lui in quel modo era sufficiente a farmi contorcere di piacere. Senza dire nulla, si abbassò e mi baciò un seno, le sue labbra calde che premevano contro la mia pelle, provocando una nuova ondata di brividi.
Continuò a salire, baciando il mio corpo con una lentezza tortuosa, e ogni punto che toccava con le sue labbra sembrava accendersi come una scintilla. Quando arrivò finalmente alla mia bocca, mi baciò con una passione travolgente, lasciandomi assaporare il mio stesso sapore. Era dolce e salato allo stesso tempo, un mix che mi fece desiderare ancora di più. Mi mossi sotto di lui, lentamente, i miei fianchi che si sollevavano leggermente per cercare il suo contatto, per farlo capire quanto lo desideravo.
Alexander mi guardò intensamente, le sue mani che mi tenevano ferma mentre il suo corpo premeva contro il mio, i nostri respiri che si mescolavano in un ritmo frenetico. «Mi vuoi, piccolina?» mi sussurrò all'orecchio, la sua voce roca e piena di desiderio che mi fece rabbrividire. Lo guardai negli occhi, sentendo un'ondata di calore che mi travolgeva completamente, e dissi, senza esitare, «Sì, Alexander, sì... ti voglio.»
Il suo sorriso era affamato, quasi predatorio, e sentii la tensione crescere tra di noi mentre i nostri corpi si muovevano in perfetta sintonia. La sua mano scese lungo il mio fianco, sfiorandomi la pelle con un tocco leggero, quasi come una promessa di ciò che sarebbe venuto. Mi sentii vulnerabile, esposta, ma al tempo stesso incredibilmente eccitata. Lui si posizionò sopra di me, il suo corpo che si allineava perfettamente al mio, e sentii la sua presenza contro di me, calda e pulsante.
Alexander mi guardava con un'intensità che mi fece sentire completamente nuda, non solo nel corpo, ma anche nell'anima. Sentivo il suo respiro sul mio viso, caldo e irregolare, e sapevo che da quel momento in poi, niente sarebbe stato più lo stesso.
Con le mani tremanti, afferrai la cintura di Alexander e la sfilai lentamente, sentendo il cuoio scivolare tra le dita. Lui mi osservava con un sorriso compiaciuto, gli occhi che brillavano di desiderio mentre mi lasciava fare. Una volta tolta la cintura, i suoi pantaloni seguirono subito dopo, scivolando lungo le sue gambe e cadendo sul pavimento con un leggero fruscio. Alexander si posizionò di nuovo su di me, il suo corpo solido e caldo che premeva contro il mio, creando una tensione elettrica nell'aria.
Mi guardò negli occhi, il suo viso appena sopra il mio, e disse con un tono serio ma dolce, «Farà un po' male.» Annuii, cercando di prepararmi per ciò che stava per accadere, e sussurrai, «Piano.» Alexander mi baciò profondamente, il sapore della sua bocca ancora fresco sulle mie labbra, e il suo bacio era intenso, quasi possessivo, come se volesse far passare tutto il suo desiderio in quel contatto. Sentii il suo pene, grosso e pulsante, premere contro la mia figa, strofinandosi lentamente contro di me mentre il suo respiro diventava più pesante.
Ogni tocco mi mandava in un vortice di sensazioni, il piacere che si mescolava a una sottile paura. Alexander si mosse con una lentezza deliberata, strusciando il suo membro lungo le mie labbra gonfie, il calore del suo contatto che mi fece sussultare. Lo guardai, i suoi occhi fissi nei miei, cercando rassicurazione in quel momento di vulnerabilità. Era grosso, esattamente come lo avevo immaginato quella volta quando mi ero strofinata contro di lui, sentendo il suo corpo duro contro il mio.
Il suo membro era duro, pulsante, e ogni volta che si strusciava contro di me, mi faceva rabbrividire di piacere. Alexander continuava a muoversi lentamente, quasi come se stesse assaporando ogni singolo momento, e io mi ritrovai a sospirare il suo nome, «Alexander...» Le mie mani si aggrapparono alle sue spalle, le dita che affondavano nella sua pelle mentre il mio respiro diventava più affannoso.
Lo sentii posizionarsi, il calore del suo glande che sfiorava la mia entrata, e tutto sembrava rallentare. Il mio cuore batteva all'impazzata, un mix di eccitazione e apprensione, e lo guardai ancora una volta, cercando di assorbire ogni dettaglio del suo viso. Lui sorrise leggermente, un sorriso che sembrava racchiudere una promessa e una sfida allo stesso tempo. Poi, con un movimento lento e controllato, iniziò ad entrare in me, il suo pene che mi riempiva in un modo che mi fece trattenere il respiro.
Sussultai, sentendo una leggera fitta di dolore, ma Alexander si fermò subito, mi baciò dolcemente e sussurrò contro le mie labbra, "Tranquilla, piccola, ci sono io." Il suo tono era rassicurante, e lentamente, molto lentamente, continuò a muoversi, spingendo un po' di più, un po' alla volta, permettendomi di adattarmi alla sua grandezza. Mi aggrappai a lui, le gambe che si strinsero intorno ai suoi fianchi mentre sentivo il mio corpo aprirsi per accoglierlo.
Era una sensazione travolgente, sentire Alexander dentro di me, la sua pelle contro la mia, il modo in cui i nostri corpi si adattavano perfettamente l'uno all'altro. Non riuscivo a trattenere i gemiti, e ogni movimento che faceva sembrava mandare onde di piacere attraverso il mio corpo. Alexander mi guardava intensamente, come se volesse imprimere ogni istante nella sua memoria, e io non potei fare altro che perdermi completamente in lui, lasciando che il momento ci travolgesse entrambi.
Il calore del suo corpo contro il mio era travolgente, ogni movimento mandava brividi lungo la mia schiena. Sentirlo dentro di me era perfetto, ogni spinta sembrava raggiungere un punto nascosto e segreto, risvegliando un piacere che non avevo mai conosciuto. Alexander mi guardava con quegli occhi intensi, il suo respiro pesante che si mescolava con il mio, e quando pronunciò il mio nome, la sua voce era un misto di desiderio e controllo. «Alexa,» sussurrò, e io ansimai, «Va' più forte.»
Con una mano gli afferrai i capelli, tirandoli leggermente, e questo lo fece gemere. Alexander prese quel gesto come un invito a intensificare il ritmo, le sue spinte che si fecero più decise, più profonde. Non c'era più traccia di esitazione nei suoi movimenti; ogni colpo era studiato, preciso, e il piacere si espandeva, crescente e incontrollabile. Non provavo dolore, solo un’intensa e travolgente sensazione di essere completamente e totalmente posseduta.
I miei gemiti riempivano la stanza, ma cercai di trattenerli mordendomi le labbra, i miei occhi che si chiudevano per cercare di contenere tutta quell'ondata di emozione. Alexander notò questo, e si avvicinò, il suo viso a pochi centimetri dal mio. «Guardami,» ordinò, e c'era qualcosa nel suo tono che mi fece aprire immediatamente gli occhi. I suoi sguardi penetranti cercavano i miei, come se volesse immergersi completamente in me, e mi baciò con un’intensità che mi fece perdere completamente il controllo.
«Urla, Alexa. Urla,» mi sussurrò contro le labbra, il suo respiro caldo che accarezzava la mia pelle. «Fammi vedere come ti faccio impazzire.» Sentii il calore salire fino al viso, il cuore che batteva all'impazzata mentre lui mi spingeva di nuovo, più forte, con una forza che mi fece sussultare. I suoi movimenti diventavano sempre più profondi, e io non potei trattenere il gemito che mi sfuggì dalle labbra, un suono che racchiudeva tutta la mia resa e la mia totale dipendenza dal suo tocco.
«Alexander...» ansimai, la mia voce tremante per l'intensità del momento. Lui sorrise, un sorriso che era al contempo dolce e selvaggio, quasi compiaciuto del mio abbandono completo a lui. I suoi colpi si fecero ancora più decisi, il ritmo che accelerava mentre il piacere mi travolgeva come un'onda impetuosa, e io urlai il suo nome, senza più ritegno, senza più paure. Ogni spinta era un grido, ogni respiro un lamento di piacere, e Alexander continuava, incoraggiandomi con sussurri e baci, fino a quando tutto esplose in un crescendo che mi lasciò senza fiato, il corpo che tremava e il cuore che sembrava voler esplodere nel petto.
Alexander mi fece voltare leggermente il viso, i suoi occhi ancora fissi nei miei, e sussurrò con una voce rauca e carica di emozione: «Guarda, Alexa... guarda siamo perfetti insieme.» Abbassai lo sguardo e vidi i nostri corpi uniti, un intreccio di pelle e desiderio. La vista di noi due così intimi, così profondamente legati, mi fece tremare di piacere.
«Alexander...» il suo nome scivolò fuori dalle mie labbra come un sospiro, mentre i suoi movimenti si fecero più lenti, quasi ipnotici. Si appoggiò con la fronte contro la mia, il respiro caldo e affannoso che si mescolava al mio. «Piccola, stai venendo,» mi sussurrò, e la sua voce vibrava con un’urgenza che mi fece tremare ancora di più. «Veniamo insieme, va bene?»
Annuii, ma le parole sembravano troppo difficili da pronunciare, intrappolate in un vortice di sensazioni che mi avvolgeva tutta. «Alexander...» riuscivo a dire solo il suo nome, in un sussurro strozzato, mentre il mio corpo rispondeva con un tremore incontrollabile. Strinsi le gambe il più possibile intorno a lui, come se volessi trattenerlo, come se non volessi che quel momento finisse mai. Alexander mi guardò intensamente, e con un ultimo colpo profondo, gemette il mio nome mentre raggiungevamo il culmine insieme.
Sentii il suo calore esplodere dentro di me, riempiendomi, e la sensazione era incredibile, quasi travolgente. Era perfetto, un momento di pura e completa unione. Alexander si appoggiò alla mia spalla, il suo respiro pesante e disordinato che si mescolava al mio. Anche io respiravo a fatica, stanca ma profondamente soddisfatta. Il mio cuore batteva ancora forte, e nonostante il calore e la stanchezza, mi sentivo incredibilmente viva.
Lui si alzò leggermente, sollevando lo sguardo per incontrare il mio, e mi sorrise con una dolcezza che mi fece sciogliere. «Alexa,» mi chiamò dolcemente, e io gli risposi con un sorriso stanco ma felice. Stavo ancora cercando di regolare il mio respiro quando all’improvviso sentimmo una voce familiare.
«Alexa.» Era un sussurro che ci fece voltare di colpo. Marie stava sulla soglia, il volto incredulo e gli occhi spalancati. In un istante, tutto il calore del momento si raffreddò, sostituito da un’improvvisa ondata di realtà. Alexander si girò lentamente, lasciando cadere le sue mani dai miei fianchi. Un silenzio pesante riempì la stanza mentre ci guardavamo tutti e tre, l’intimità appena condivisa che svaniva di fronte a quella presenza inaspettata.
Alexander uscì lentamente da me, e una sensazione di vuoto improvviso mi colpì. Sentivo il suo liquido scivolare fuori, una traccia tangibile di quello che avevamo appena condiviso, e mi sentii vulnerabile, esposta in un modo che non avevo mai provato. Alexander era ancora lì, nudo e in piedi accanto al letto, ma il calore e l'intimità di pochi istanti prima sembravano scomparsi.
Marie avanzò verso di noi, con il volto contorto dal dolore e dalla rabbia. Io ero ancora sdraiata, il corpo pesante e stanco, e sembrava impossibile muovermi. «Te la sei scopata,» gridò con la voce spezzata dalle lacrime. Le sue parole mi trafissero, un colpo secco e doloroso che mi lasciò senza fiato. Provai a parlare, a dire qualcosa, ma le parole morirono in gola.
«Marie...» riuscii solo a sussurrare, ma lei mi interruppe urlandomi contro. «Stai zitta!» La sua voce rimbombava nella stanza, carica di disperazione. Alexander provò ad intervenire: «Marie, è stato uno sbaglio, va bene? Non farle del male.» Le sue parole mi colpirono come una frustata. Uno sbaglio? Sentii il mio cuore spezzarsi un po' di più, e una lacrima solitaria scese lungo la mia guancia. Era questo per lui? Un errore? Tutto il significato del momento che avevamo appena vissuto svaniva, ridotto a una cosa di cui vergognarsi.
Alexander cercava di trovare le parole giuste, ma sembrava perso. Marie lo fissava, il suo sguardo pieno di odio e disprezzo. «Non vedrai mai tuo figlio finché questa puttana sarà qui,» sputò fuori, indicandomi con disprezzo. Alexander, senza pensarci, rispose con freddezza: «Non è una puttana, Marie. L'unica puttana qui sei tu. Ora vattene da casa mia.»
Marie si fermò, sorpresa ma non sconfitta. Il suo sorriso si fece crudele, quasi divertito, mentre replicava: «Come l’ho costruita, questa casa, posso anche distruggerla. Con te e lei dentro.» Alexander la guardò, il suo volto era una maschera di rabbia trattenuta. «Non ci provare, Marie,» disse con una calma minacciosa, ma lei non si lasciò intimidire.
Marie si passò una mano tra i capelli, un gesto quasi studiato, e poi lo sfidò apertamente: «Devi fare una scelta, Alexander. O Alexa o tuo figlio.» Il silenzio che seguì era denso e opprimente, come se l'aria stessa fosse diventata pesante. Alexander rimase immobile, i suoi occhi fissati su Marie, e per un attimo sembrò che tutto si fosse fermato.
Io guardavo Alexander, il cuore in tumulto, sperando, pregando che scegliesse me. Ma le parole di Marie rimbombavano nella mia testa, e il timore che potesse lasciarmi per il suo bambino, per quella parte di lui che aveva sempre desiderato, mi paralizzava.
La scelta era lì, pendente come una lama affilata, pronta a tagliare i legami che ci univano. E in quel momento, la fragilità della nostra situazione divenne fin troppo chiara.
Lui avrebbe scelto il bambino e avrebbe scelto anche lei.
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