𝓐𝓵𝓮𝔁𝓪
Un mese era passato da quel momento a Roma, e ormai quella città era solo un dolce ricordo, un’eco di passioni. Dopo il nostro ritorno, avevo trovato un lavoro in una piccola caffetteria nel cuore di Manhattan.
Mi feci una coda alta e indossai una gonna bianca che si fermava poco sopra le ginocchia, abbinandola a degli stivali alti che si adattavano perfettamente alle mie gambe. Sopra, indossavo un maglione caldo e morbido, di un beige chiaro che si fondeva con i miei collant bianchi. Con l'inverno che stava per arrivare a New York, il freddo si faceva sentire e l'atmosfera si riempiva di un misto di eccitazione e nostalgia.
Mi mancava già il mare. I ricordi delle onde che si infrangevano sulla spiaggia, il sole caldo sulla pelle e il profumo del salmastro erano ora sostituiti da un paesaggio urbano affollato e pulsante. Ogni angolo di questa città aveva la sua storia da raccontare, eppure parte di me desiderava la calma e la bellezza di quella vita costiera che avevo lasciato.
Uscì dalla mia stanza, il battito del cuore che aumentava mentre scendevo le scale. La luce del mattino filtrava attraverso le finestre, creando un’atmosfera calda e accogliente. Quando entrai in cucina, lo vidi: Alexander era seduto al tavolo, indossava solo i pantaloni scuri, e il suo corpo muscoloso sembrava ancora più attraente senza una maglietta. Era assorto nel suo telefonino, la sua espressione concentrata mentre cercava di accendere una sigaretta.
«Alexander,» lo chiamai, la mia voce quasi un sussurro nel silenzio della casa. Alzò gli occhi su di me, e un sorriso si disegnò sul suo viso. Fece un fischio di approvazione, il suo modo di esprimere che gli piacevo. «Come sto?» chiesi, girando su me stessa con un movimento elegante, mostrando il mio abbigliamento.
«Carina,» disse con nonchalance, ma nei suoi occhi c'era un’intensità che mi fece arrossire. La mia gonna bianca fluttuava leggermente, e il maglione oversize mi dava un’aria innocente, mentre i collant bianchi accentuavano le mie gambe.
Mi avvicinai al tavolo, l’odore del caffè appena fatto riempiva la stanza, mescolandosi al fumo della sigaretta. Alexander si mise a sedere dritto, il suo sguardo che scivolava lungo il mio corpo, come se stesse cercando di memorizzare ogni dettaglio. Il modo in cui mi guardava mi dava una sicurezza inaspettata.
«Carina,» dissi con un sorriso mentre mi avvicinavo a lui. Alexander sospirò, facendo uscire il fumo della sigaretta dal naso, e si piegò leggermente in avanti.
«Solo carina?» chiese, alzando un sopracciglio e guardandomi con un mix di incredulità e divertimento.
Con un gesto audace, gli accarezzai il braccio nudo, sentendo la sua pelle calda sotto le dita. La mia mano scivolò lungo il suo bicipite, assaporando la forza muscolosa che emanava. Volevo fargli capire quanto mi attirasse, non solo fisicamente, ma anche per la sua personalità.
«Esattamente,» risposi, e senza pensarci troppo, mi sedetti sulle sue ginocchia. Il suo sguardo si fece intenso, mentre mi osservava con quella sua espressione che sapevo bene significava che stava apprezzando la mia audacia.
«E che altro dovrei dire?» chiese con un sorriso malizioso, le sue labbra si piegarono in un ghigno. «Non sei solo carina, sei… fantastica.»
«Sei un vanitoso,» dissi ridendo, mentre lui continuava a guardarmi con quel mix di desiderio e affetto.
«E tu sei incredibile,» ribatté, avvicinando la faccia alla mia. Sentivo il calore del suo corpo e la sua presenza mi avvolgeva come un abbraccio. Le mie guance si arrossirono, e il battito del cuore accelerò. La tensione tra di noi era palpabile.
«Io sono solo carina,» dissi con una punta di provocazione, avvicinando le labbra alle sue.
«Sì, solo carina,» ripeté, ma i suoi occhi tradivano il suo vero pensiero. La sua mano scivolò lentamente lungo la mia schiena, stringendomi con delicatezza ma con fermezza. La sensazione di sicurezza che mi dava mi fece sciogliere un po’ di più.
Non potevo resistere a quel momento. «Ehi, voglio che tu sappia,» iniziai, le parole che cercavo di esprimere mi uscivano a fatica. «Mi piace stare qui con te. Ogni giorno mi sento più… a mio agio.»
«È un buon inizio,» rispose, il suo sguardo si fece più profondo. «Ma voglio di più da te. Voglio conoscerti completamente, non solo questa parte di te.»
«E cosa intendi per ‘di più’?» chiesi, curiosa.
Mi baciò dolcemente, le sue labbra che sfioravano le mie con una delicatezza inaspettata. «Noi due scopiamo, solo Alexa,» disse, spegnendo la sigaretta nel posacenere. Il suo sguardo era fermo, ma c’era un velo di vulnerabilità in quella affermazione che mi fece sentire un mix di emozioni.
Lo interruppi, non volendo lasciar passare l’opportunità di far emergere i miei pensieri. «Io ti ho detto tutto. Sei tu quello che non ha detto niente. Io voglio sapere di più di te, Alexander.»
Lui inclinò leggermente la testa, avvicinando la fronte alla mia, creando un momento di intimità silenziosa. «Non è il momento, va bene?» disse, il suo tono era serio, ma con un accenno di dolcezza. «Te lo dirò, ma più tardi.»
Mi baciò di nuovo, ma questa volta il bacio era più profondo, carico di passione e promessa. «Più tardi andrai da Addison,» aggiunse, distaccandosi un attimo per guardarmi negli occhi.
«Si, forse dormo lì,» dissi, cercando di mascherare il mio turbamento.
«Mi lasci solo,» replicò, la sua voce bassa e carica di un’inquietudine che non riuscivo a ignorare. C’era qualcosa in quella frase che mi colpì. Era come se avesse paura di rimanere vulnerabile, di aprirsi completamente a me.
«Non voglio lasciarti solo,» dissi, sentendo una fitta nel petto. «Voglio che tu parli con me. Se questo è un rapporto, allora devo sapere chi sei, non solo l’uomo con cui faccio sesso.»
«Lo farò, Alexa. Te lo prometto,» disse Alexander, mentre mi baciava di nuovo, le sue labbra calde che si muovevano contro le mie con una dolcezza che mi faceva sentire al sicuro. La sua mano scivolò lentamente lungo la mia coscia, un gesto che mi fece venire la pelle d'oca, e la sua voce assunse un tono più serio. «Ma stai lontana da Simon.»
Portai gli occhi al cielo, sorpresa e confusa. Non capivo perché fosse così geloso di Simon. Era un ragazzo con cui avevo semplicemente legato durante le lezioni, eppure la reazione di Alexander sembrava sproporzionata. E non era la prima volta che notavo la sua gelosia. Anche di Xavier, il mio compagno di studi, sembrava non fidarsi affatto.
«E tu stai lontano da Theodora,» ribattetti, cercando di mantenere la calma ma non riuscendo a nascondere il tono provocatorio nella mia voce. Quella ragazza sembrava avere un modo particolare di attirare la sua attenzione, e non riuscivo a capire perché fosse così affascinante per lui.
Lui sorrise, un sorriso che non riusciva a nascondere una punta di ironia. «Non pensare a lei,» disse, con una sicurezza che mi fece rabbrividire. «Non c’è nulla tra me e Theodora.»
«Eppure la consideri, non è così?» replicai, un po’ scossa dal suo atteggiamento. «È la tua migliore amica, giusto?»
«Non è la mia migliore amica,» disse Alexander, la voce che tradiva una certa frustrazione mentre continuava ad accarezzarmi la coscia. Sentivo il suo tocco caldo, ma le sue parole erano cariche di tensione.
«Eppure la portavi a letto quando eri sposato con Marie,» risposi, le parole che uscivano più dure di quanto avessi voluto. Non riuscivo a nascondere la mia irritazione. Forse lo stavo bombardando di domande, ma la sua storia non si chiudeva con la mia volontà di ignorare il passato.
Alexander guardò dall’altra parte, come se cercasse di trovare un punto di fuga nella stanza. Potevo vedere che lo stavo facendo innervosire, eppure non potevo smettere di farlo. «Forse la rompo un po' con questa storia,» dissi, ma la mia determinazione era forte. «E tu lo fai con Xavier.»
«Perché continui a raccontare questa storia? Sembri una bambina del cazzo,» disse, con un tono brusco che mi fece sobbalzare. La frustrazione nei suoi occhi mi colpì, ma non avevo intenzione di mollare.
«Non sono così immatura,» dissi, alzandomi dalle sue gambe con uno scatto. Mi sentivo ferita e frustrata, come se ogni volta che cercassi di parlare con Alexander, lui mi spingesse via. Il suo sguardo si oscurò, ma mantenne la calma. Continuava ad accarezzarmi la coscia, come se quel gesto potesse placare la tempesta che si agitava dentro di me.
«E allora chi ti credi di essere, Alexa?» rispose, il suo tono sarcastico e tagliente. Non c'era rabbia nella sua voce, ma una sfida. Una sfida che mi faceva venire voglia di urlare.
Mi girai verso di lui, cercando di mantenere il controllo. «Penso di meritare delle risposte. Voglio sapere cosa c’è davvero tra te e Theodora. Voglio capire perché non puoi semplicemente essere onesto con me.»
Alexander sospirò, spense la sigaretta nel posacenere e si alzò dal divano, dirigendosi verso la finestra. Il sole calava lentamente, tingendo la stanza di una luce arancione calda. Lo guardai, aspettando una risposta che non sembrava arrivare.
«Non è così semplice, Alexa,» disse finalmente, senza voltarsi a guardarmi. «Le cose tra me e lei… erano diverse. Non puoi paragonarle a quello che abbiamo.»
Mi misi a braccia conserte, osservandolo mentre stava ancora seduto sul divano, con la sigaretta tra le dita e lo sguardo fisso su di me. Sentivo la tensione crescere nell’aria, quel tipo di tensione che nasce quando ci sono troppe cose non dette, troppi silenzi pesanti.
«Cosa abbiamo noi due, Alexander?» chiesi con un tono di voce più deciso del solito. Dentro di me, però, sentivo una leggera tremarella, come se stessi camminando su una corda sottile, sospesa tra il desiderio di conoscerlo davvero e la paura di ciò che avrei potuto scoprire.
Alexander non rispose subito. Fece un tiro profondo dalla sigaretta, espirando il fumo con calma, quasi a voler guadagnare tempo. Poi si alzò lentamente dal divano, gettando la sigaretta nel posacenere senza staccare gli occhi dai miei.
«Che cosa intendi, Alexa?» mi chiese, avvicinandosi a me con quella sua solita calma pericolosa. La sua voce era bassa, vellutata, ma con una nota di sfida. «Non mi sembra che ci manchi qualcosa.»
Il suo corpo era ora a pochi centimetri dal mio, e potevo sentire il calore che emanava. Ma non bastava. Volevo di più. Volevo capire se c’era qualcosa di più profondo tra di noi, o se era solo attrazione fisica. Volevo una risposta chiara.
«Non sto parlando solo di sesso,» ribattei, cercando di mantenere il controllo. «Sappiamo entrambi che c’è qualcosa di più. Ma io voglio sapere cos’è. Voglio sapere cosa rappresentiamo l’uno per l’altro.»
Alexander sospirò e appoggiò la fronte contro la mia. Il suo respiro caldo accarezzava la mia pelle, e il suo odore mi avvolgeva, facendo crescere quel desiderio incontrollabile dentro di me. Ma non volevo cedere questa volta.
«Non è il momento per queste domande,» sussurrò, la sua mano che scivolava lentamente lungo la mia schiena, fino a stringere i miei fianchi. «Te lo dirò. Ma non adesso.»
«Quando, allora?» risposi, la mia voce tremava leggermente, mentre il suo tocco cominciava a sciogliermi. «Sono stanca di aspettare, Alexander.»
Mi baciò, fermandomi nel bel mezzo della frase, le sue labbra erano calde, esigenti, mentre la sua mano si muoveva più in basso, accarezzandomi la coscia. Mi sentivo come se tutto il mondo stesse svanendo intorno a noi, e in quel momento, solo lui contava.
«Stai lontana da Simon,» disse poi, staccandosi dalle mie labbra solo per un istante, il suo sguardo ora era serio, penetrante.
Portai gli occhi al cielo, irritata da quel comando. «E tu stai lontano da Theodora,» risposi senza pensarci due volte. Alexander sorrise leggermente, ma c’era una nota di gelosia nei suoi occhi.
«Sei dispettosa,» disse Alexander con un sorriso malizioso, mentre si staccava da me. Si girò lentamente e andò verso il divano, dove aveva lasciato la camicia. Lo guardai mentre la prendeva, con movimenti lenti e deliberati, come se stesse prendendosi il suo tempo per far salire la tensione tra di noi.
Si infilò la camicia con una calma esasperante, lasciandola aperta mentre si voltava a guardarmi. I suoi occhi erano fissi nei miei, e il suo sorriso era ancora lì, provocante e pieno di quella sicurezza che mi faceva impazzire.
«Sei fantastica anche quando sei a letto,» disse poi, la voce bassa e piena di desiderio. Sapeva perfettamente l’effetto che quelle parole avevano su di me, e il modo in cui mi guardava faceva salire il calore in tutto il mio corpo. Ma non volevo lasciarmi andare subito, non stavolta.
«Alex...» iniziai, ma la mia voce tremava leggermente. Sentivo quel miscuglio di attrazione e frustrazione che lui sapeva come tirare fuori con facilità.
Si avvicinò di nuovo, fermandosi a pochi centimetri da me. Il suo sguardo era ipnotico, e ogni singolo tocco sembrava accendere una scintilla dentro di me. «Cosa c’è, Alexa?» chiese con quel tono provocante, sapendo perfettamente che stavo cercando di mantenere il controllo, ma che lo stavo perdendo in fretta.
Le sue dita sfiorarono il mio mento, sollevandomi leggermente il viso per guardarlo negli occhi. «Vuoi continuare a discutere, o preferisci che ti faccia vedere quanto posso essere convincente senza usare le parole?»
Quelle parole mi colpirono come una fiamma, e sentii il desiderio crescere dentro di me. Sapevo che stava giocando con me, ma in quel momento, volevo lasciarmi andare, volevo perdermi in lui ancora una volta.
Alexander si avvicinò ancora di più, i suoi occhi incatenati ai miei, e in un attimo le sue labbra erano sulle mie. Il suo bacio era profondo, intenso, e mi lasciò senza respiro. Mi prese in braccio con facilità, come se fossi leggera come una piuma, e in pochi istanti mi appoggiò sul tavolo.
Il freddo del legno contro la mia pelle contrastava con il calore del suo corpo che mi avvolgeva. Scese lentamente con le labbra, dal mio viso fino al collo, lasciando una scia di brividi lungo la mia pelle. Sapeva esattamente come farmi perdere il controllo, come mandarmi fuori di testa con ogni tocco.
Poi, mentre le sue labbra si fermavano di nuovo sulle mie, sussurrò piano, con una voce bassa e provocante: «Xavier ti fa bagnare anche in questo modo?»
Quelle parole mi colpirono come una frustata, spezzando in un istante tutto il momento. Sentii la rabbia esplodere dentro di me, e con forza lo spinsi via da me. «Sei uno stronzo!» gli urlai, il cuore che mi batteva all’impazzata.
Alexander si raddrizzò, lo sguardo sorpreso ma al tempo stesso soddisfatto, come se si aspettasse la mia reazione. Lo guardai, il petto che si alzava e abbassava rapidamente, cercando di controllare la mia furia. Come poteva dire una cosa del genere? E proprio in un momento così?
«Non riesci proprio a smettere di essere così bastardo, vero?» dissi, sentendo la mia voce tremare per la rabbia e la frustrazione. Non era solo quello che aveva detto, ma il fatto che sapesse esattamente dove colpire, dove ferire, e lo faceva con una precisione crudele.
Scesi dal tavolo, cercando di riprendere il controllo, e mi sistemai la gonna con un gesto rapido. Alexander si era già seduto sul divano, lo sguardo divertito mentre mi osservava. Con quel suo solito sorriso beffardo, mi lanciò uno sguardo che mi fece ribollire ancora di più il sangue.
«Oh bimba, non sapevo che volevi sul serio,» disse con quel tono provocatorio che conoscevo troppo bene.
Mi avvicinai lentamente, senza distogliere lo sguardo dal suo, e mi sedetti sulle sue gambe. Sentii subito la tensione del suo corpo contro il mio, il calore che emanava dalla sua pelle attraverso i vestiti. Mi mossi leggermente sulle sue gambe, facendo leva su quella tensione, sapendo bene che stavo giocando con il fuoco.
«E Theodora?» domandai con un filo di veleno nella voce, muovendomi ancora di più. «Ti fa venire con il tuo coso così duro, vero?» Le mie parole erano una provocazione calcolata, un contrattacco per ciò che mi aveva detto prima. Volevo vederlo reagire, volevo che capisse che non avevo intenzione di lasciarmi manipolare così facilmente.
Ma Alexander non si scompose. Invece, mi prese il viso tra le mani e mi baciò con una passione travolgente, il suo respiro che si fondeva con il mio. Quando si staccò, i suoi occhi erano scuri di desiderio e un sorriso malizioso curvò le sue labbra.
«Quello è solo per te, Alexa,» mormorò contro le mie labbra, la voce bassa e rotta dal desiderio.
Alexander mi afferrò per il sedere con una presa decisa, sollevandomi con facilità e girandomi in un solo movimento. Ora ero io ad essere appoggiata contro il divano, con il suo corpo che mi sovrastava. Il suo respiro era pesante, il suo sguardo scuro e intenso, ma dentro di me la tensione cresceva.
«Non sai quanta voglia ho di punirti,» dissi a denti stretti, avvicinando le mie labbra alle sue per un bacio rapido e carico di desiderio.
«Credo che dovrai aspettare un po', Blake,» aggiunsi con un sorrisetto malizioso, spingendolo via con forza. Mi alzai dal divano, sistemandomi la gonna con calma, come se avessi tutto sotto controllo. Lui mi fissava, incredulo e frustrato, il suo corpo ancora pieno di tensione non risolta.
«Mi lasci così?» disse con voce roca, il suo sguardo che tradiva una certa disperazione mescolata alla sua solita arroganza.
Mi voltai a guardarlo, inclinando leggermente la testa e sorridendo. «Puoi sempre andare da Theodora,» risposi freddamente, lasciandogli intendere che la mia provocazione non era ancora finita.
Uscì dalla cucina con passo deciso, raggiungendo l'ingresso. Presi le chiavi e la mia borsetta, il cuore che batteva forte per l'adrenalina che mi percorreva. La tensione tra noi era palpabile, una miscela di desiderio e conflitto che sembrava caricare l'aria attorno a noi. Sentii la sua voce carica di rabbia e desiderio alle mie spalle.
«Domani, quando verrai, ti infilerò quel cazzo fino in gola, stronza.»
Mi fermai per un attimo, un sorrisetto divertito mi sfuggì, mescolato a una dose di provocazione. La sua frustrazione mi faceva sentire viva, ma una parte di me sapeva che stavo giocando con il fuoco. Mi voltai appena, senza guardarlo negli occhi, un gesto che nascondeva la mia vulnerabilità.
«Te lo permetterei, se tu non fossi un bambino,» ribattei con un tono freddo e tagliente.
Aprii la porta e feci un passo fuori, ma fu in quel momento che lui la sbatté, facendomi saltare in aria. L'impatto del rumore mi fece sobbalzare, il cuore che batteva all'impazzata per l'improvviso risveglio della tensione. Mi voltai, il respiro affannato mentre cercavo di ritrovare il mio equilibrio. Alexander si trovava lì, la fronte aggrottata e gli occhi che scintillavano di una furia malcelata.
«Chi è il bambino?» sbottò, il tono carico di provocazione.
Sentii il sangue scorrere nelle mie vene, mescolato a una sfida che non potevo ignorare. «Tu, ovviamente,» risposi, il sarcasmo che filtrava tra le mie labbra. Non avevo paura di affrontarlo, eppure un brivido di incertezza mi attraversò la schiena. La sua presenza era come una calamita, ma la mia determinazione mi spingeva a non cedere.
«Sei tu che continui a tirare fuori questa storia, Alexa,» ribatté, avvicinandosi. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio, il suo profumo avvolgente che mi faceva perdere la lucidità. «Non sei stanca di comportarti come una bambina?»
La mia mente era un caos. Volevo rispondergli, ma c’era anche una parte di me che si sentiva vulnerabile, quasi in colpa per le mie parole. Ero stanca di essere quella che stava sempre in guardia, di dover combattere per ogni singolo pezzo di noi. Ma lui continuava a sfidarmi, a mettermi alla prova, e non riuscivo a resistergli.
Non sono una bambina,» ribadii, cercando di mantenere la mia serietà, ma il sorriso che si stava formando sulle mie labbra tradiva la mia determinazione. Alexander sollevò un sopracciglio, l’aria che si era fatta pesante tra di noi si riempì di una tensione ludica. «E quello che direbbe una bambina,» ribatté, la sua voce profonda e giocosa.
In un attimo, la sua mano si posò delicatamente sul mio collo, il calore della sua pelle che mi fece tremare leggermente. La sua vicinanza era come un incanto, un richiamo irresistibile che mi faceva sentire al contempo vulnerabile e viva. Quando mi fece il solletico, la risata mi esplose dalle labbra, incontrollabile. «Smettila, Alex!» esclamai, mentre cercavo di divincolarmi dalla sua presa. Il mio corpo si piegò in avanti, la mia mente che lottava tra il divertimento e il desiderio di mantenere una certa dignità.
Adoravo quando mi faceva il solletico. Era come se quel gesto innocente portasse via ogni peso, ogni preoccupazione che avevo accumulato. Mi ritrovai a correre per la stanza, il cuore che batteva forte, l'adrenalina che scorreva nelle mie vene. Ogni passo che facevo era una fuga, ma sapevo che non avrei potuto scappare a lungo. La sua risata, piena e contagiosa, riempiva l’aria mentre mi inseguiva.
Non ci volle molto perché mi raggiungesse, il suo corpo forte che si avvolgeva attorno al mio, abbracciandomi da dietro. La sua presenza era avvolgente, una protezione calda e rassicurante. Sento le sue mani che si posano sui fianchi, mentre la sua voce si fa un sussurro accattivante. «Ecco, chi sta scappando ora?» La sensazione di lui dietro di me, il suo respiro caldo che sfiorava la mia pelle, era travolgente.
Il solletico ricominciò, un attacco di risate e frenesia che mi fece tremare. «Ti prego, Alex, basta!» lo supplicai, ma la mia voce tradiva solo una parte della verità. Anche se il suo tocco era irresistibile e giocoso, avvertivo un calore che si diffondeva in tutto il corpo. Ogni risata era un sollievo e un richiamo al desiderio, un contrasto che mi confondeva sempre di più.
Finalmente, cedetti, ridendo in modo così fragoroso da farmi sentire vulnerabile. Mi voltai, cercando di affrontarlo. Lo guardai negli occhi, e nel profondo dei suoi sguardi, persi il senso del tempo. Era incredibile come i suoi occhi potessero riflettere così tante emozioni: desiderio, divertimento, ma anche un’intensità che mi fece capire quanto potesse essere serio, quanto potesse ferirmi se avesse voluto.
«Adesso chi è la bambina?» chiese con un sorrisetto malizioso, il suo viso così vicino al mio che avrei potuto sentire il battito del suo cuore. Il gioco che avevamo iniziato si stava trasformando in qualcosa di molto più profondo, e il pensiero mi fece rabbrividire.
Non risposi immediatamente. Invece, mi feci più vicina a lui, i nostri corpi a pochi centimetri di distanza. C’era un’intesa in quel momento che andava oltre il semplice gioco. La sua presenza era un rifugio, ma anche una tempesta. Non sapevo quale direzione prendesse questa storia tra noi, ma la voglia di esplorare quell’intimità mi sopraffece.
Con un movimento rapido, lo spinsi dolcemente indietro, il mio sorriso che si faceva più ampio. «Chi ha detto che non sono capace di essere più audace?» dichiarai, mentre il mio cuore accelerava al pensiero delle possibilità. Sapevo che avrei dovuto metterlo alla prova, ma la parte più profonda di me tremava all'idea di abbandonarmi completamente a lui.
La stanza si riempì di un silenzio carico di elettricità, il nostro sguardo che si incrociava in una sfida silenziosa. Ero pronta a scoprire cosa avesse in serbo per noi, e il suo sorriso mi fece capire che era solo l’inizio.
Alexander mi sollevò con facilità, avvolgendo le sue braccia attorno alla mia vita e portandomi verso la colonna del soggiorno. Lì, mi appoggiò delicatamente, il suo corpo che si premeva contro il mio mentre le sue labbra si posavano sulle mie in un bacio profondo e ardente. Le nostre lingue si cercavano, si sfioravano, danzando in un ritmo intimo che sembrava creare un mondo solo per noi. Ogni bacio era un’esplosione di emozioni, un'intensità che mi faceva sentire viva e desiderata.
Quando si staccò, i suoi occhi scintillavano di desiderio e qualcosa di più profondo. «Mi mancherà questa sera,» mormorò, la voce un po’ rauca, mentre si allontanava appena per poter leggere le mie reazioni.
«Non è la fine del mondo, Alexander,» replicai, cercando di mantenere un tono di sfida, ma la mia vulnerabilità si faceva sentire. Il pensiero di essere lontani mi inquietava, ma non volevo mostrargli quanto. «Puoi sempre invitare altre ragazze. Magari puoi farlo anche con tre.»
Le parole mi uscirono dalla bocca con un misto di provocazione e ironia. Volevo sfidarlo, vedere se la mia affermazione lo colpiva. La sua risposta, però, fu immediata e inaspettata.
Lui sorrise, un'espressione che mescolava divertimento e un pizzico di serietà. «L'unica cosa che voglio a tre in questo momento è io, te e Theodora.» La sua affermazione mi colpì come un fulmine. Era una proposta audace, che faceva vibrare l'aria tra di noi con una tensione palpabile.
«Cosa intendi?» chiesi, cercando di nascondere il tremore nella mia voce. Non mi aspettavo quella risposta e il mio cuore iniziò a battere più forte, un misto di sorpresa e curiosità. La sua apertura riguardo a una situazione così complessa mi faceva riflettere su quello che stava realmente pensando.
«Sai bene cosa intendo,» disse, avvicinandosi di nuovo, il suo volto così vicino al mio che avrei potuto contare le ciglia. «Tra me e te c’è già qualcosa di speciale, ma aggiungere Theodora... beh, renderebbe tutto ancora più interessante, non credi?»
Le sue parole mi colpirono come un pugno nello stomaco. «Sei proprio uno stronzo,» dissi, cercando di mascherare l'impatto delle sue affermazioni con un tono di sfida. La sua espressione, però, rimase incredibilmente tranquilla, quasi divertita. Quella sua sicurezza mi faceva arrabbiare.
Senza pensarci due volte, gli diedi un calcio in mezzo alle gambe. Non un gesto violento, ma sufficiente a farlo indietreggiare. «Sei ridicolo, Alex. Perché non farlo invece con Simon e Xavier? Potrebbe essere più divertente per me,» aggiunsi, il mio sguardo che cercava di mantenere la serietà, ma un sorriso sardonico stava già facendo capolino.
La sua reazione fu immediata. «Vaffanculo,» disse, lanciandomi un’occhiata che mescolava sorpresa e ammirazione. Il suo viso tradiva un divertimento inaspettato, come se avessi risvegliato in lui un lato che normalmente rimaneva nascosto.
Rimasi in silenzio, sorpresa dalla sua risposta. Alexander si avvicinò di nuovo, l’espressione che passava dall’irritazione al divertimento.
«Allora facciamo una cosa: andiamo a casa dei fratelli James, tu ti scopi Xavier e io me ne vado con Theodora,» dissi, cercando di mascherare la mia vulnerabilità con una provocazione. Le parole mi uscirono come un fiume in piena, cariche di rabbia e frustrazione. La sua reazione fu immediata, il suo sguardo si indurì.
«Alexander, stai parlando con me, non con una puttana,» ribattei, il tono che si fece acido. Non riuscivo a credere che avesse preso la mia offerta sul serio. Come poteva pensare che mi fossi ridotta a un gioco del genere? Eppure, lui sembrava disposto a ridurre la nostra relazione a una mera questione di sfide sessuali.
Mi avvicinai, il cuore che batteva forte nel petto. «Perché mi tratti così? Poi mi dici che mi mancherai questa sera, ma che tipo di messaggio stai cercando di mandarmi? Tu mi vuoi solo quando ti fa comodo, vero?»
Le lacrime iniziarono a scorrere lungo le mie guance, inaspettate e imbarazzanti. Ultimamente piangevo più del solito e non sapevo come fermarmi. Forse era tutto lo stress che accumulavo, la pressione di una relazione così intensa e complessa. Sentivo il peso di ogni aspettativa, di ogni sogno infranto e di ogni momento di gioia svanito nel nulla.
Alexander si fermò, il suo volto si addolcì nel vedere le mie lacrime. Si avvicinò e mi strinse a sé, facendomi sentire il calore del suo corpo contro il mio. «Alexa, non voglio farti male. Non è così che la vedo. Non voglio che tu pensi di essere solo una delle mie opzioni. Per me sei molto di più.»
Il suo abbraccio era sia confortante che confuso. A un certo punto, mi sentii vulnerabile, mentre le lacrime continuavano a fluire. «Ma non capisci? Mi fai sentire come se fossi in competizione con le altre. Come se non fossi abbastanza,» dissi, la voce tremante.
«Loro non valgono neanche la metà di quanto vali tu, Alexa. Tu sei perfetta,» affermò, le parole che mi penetrarono come un caldo abbraccio. Il suo sguardo era carico di sincerità, e per un attimo, tutte le mie insicurezze svanirono nell’aria.
Mi baciò, un gesto che sembrava voler confermare tutto ciò che aveva appena detto. Le sue labbra morbide si unirono alle mie, il mondo esterno si dissolse mentre mi pervadeva una sensazione di completezza. Le sue mani mi accarezzarono delicatamente il viso, e il bacio si allungò, facendo crescere la connessione tra di noi.
Quando si allontanò, il suo sorriso era contagioso. «Andiamo, o faremo tardi,» disse, spingendomi leggermente con la spalla. La sua energia era travolgente, e mi ritrovai a seguirlo senza esitazione, mentre il mio cuore batteva forte.
Alexander mi sorpassò, ma si fermò un attimo per guardarmi da sopra la spalla.
Mi girai e, con sorpresa, lo vidi già fuori casa, appoggiato alla macchina con le braccia incrociate e uno sguardo attento. Presi la mia borsetta e le chiavi, le infilai all'interno e chiusi la porta con un colpo secco. L’aria fresca della del mattino mi colpì in faccia, ma non ebbi il tempo di godermela: mi sentivo un po’ a disagio.
Entrai in macchina e, prima che mettesse il motore in moto, rivolsi lo sguardo ad Alexander. «Scusami,» iniziai, un po' titubante. «È solo che in questo periodo sono sempre arrabbiata.»
Le sue labbra si incresparono in un sorriso comprensivo, e un'idea balenò nei suoi occhi. «Che ne dici se questa sera la passi con Addison? Io e Simon potremmo lasciarvi un po' di spazio a voi due.»
Sorrisi e dissi, «Sul serio.» Alexander annuì, una luce di comprensione nei suoi occhi mentre avviava la macchina. Uscimmo dal cortile e ci immettemmo sulla strada, il motore che ruggiva dolcemente sotto di noi.
Il sole splendeva alto nel cielo, riflettendo un caldo raggio di luce che penetrava attraverso i finestrini. La città sembrava viva, piena di movimento e di persone che si affrettavano nei loro impegni quotidiani. Stavo andando al lavoro, e anche se il pensiero di passare del tempo con Addison mi riempiva di eccitazione, una certa ansia cominciò a farsi strada nei miei pensieri.
«Ti manca?» chiese Alexander, la voce che tradiva un po’ di curiosità. La domanda mi colpì, e mi chiesi se avesse intuito il mio stato d’animo.
«Un po’,» ammettei, guardando fuori dal finestrino. «E’ passato troppo tempo dall’ultima volta che l’abbiamo vista. Non so nemmeno come sia cambiata.» La mia mente cominciò a vagare, ricordando i momenti spensierati che avevamo passato insieme, le risate che riempivano l’aria.
La tensione nell'auto si faceva palpabile mentre Alexander manteneva lo sguardo fisso sulla strada. Il suo volto, solitamente rilassato, si era fatto serio, e il suo silenzio pesava nell'aria come una tempesta in arrivo. Le parole che aveva appena pronunciate, “babbane”, avevano un tono di disprezzo che non potevo ignorare.
«Allora io parlerò con Simon,» annunciò, la voce ferma e decisa. «Tu divertiti con Addison.» La sua frustrazione era evidente, e ogni parola sembrava pesare come un macigno.
«Addison non può fare niente,» replicai, cercando di mantenere la calma, «ti ricordo che è incinta.»
«Lo so,» rispose secco, stringendo il manubrio con forza. Vidi le sue mani tremare leggermente, e sentii il bisogno di calmarlo, di ridurre la tensione che aleggiava tra di noi. Ma era come cercare di placare un uragano con un semplice sguardo.
Mi chiesi se avesse parlato con Marie, la sua ex, da quando eravamo stati insieme. Non era un segreto che avesse una storia tormentata con lei, e l'idea che potesse averla contattata mi dava un certo disagio. La mia mente si affollò di pensieri confusi, di insicurezze che non riuscivo a mettere da parte. Marie, con il suo fascino e la sua storia, sembrava sempre sullo sfondo della nostra relazione.
«Come sta Marie?» chiesi, mantenendo la voce neutra.
«Che cazzo ne so,» sbottò, la frustrazione evidente nelle sue parole. «L’ho sentita solo al telefono. Mi manda delle foto, ma non ho voglia di guardarle.» La sua voce si fece più dura, come se stesse combattendo con i propri demoni interni.
«Magari le foto sono del bambino,» dissi, cercando di rompere il silenzio teso che regnava nell’auto. Ma quando Alexander sospirò, la frustrazione si fece subito evidente sul suo volto. «Da quando siamo tornati a New York, sembri preoccupato solo per Marie,» aggiunsi, provando a comprendere le sue emozioni, anche se il mio cuore batteva forte per la tensione che ci circondava.
«Non me ne frega un cazzo di Marie,» ribatté, ma la sua voce tradiva una certa ansia. Le sue mani si strinsero attorno al volante, il viso teso mentre guardava fisso la strada. «E il suo bambino, ma io non voglio averci a che fare. Questo è il punto.»
Le sue parole mi colpirono, ma la mia mente non poteva fare a meno di tornare a quel bacio. L'immagine di lui che si piegava verso Marie, i loro labbri che si sfioravano, mi tornò in mente come un’ombra incombente. «Eppure non mi hai mai detto di quel bacio,» dissi, la mia voce più ferma del previsto. «Cosa è successo tra voi?»
«Te l’ho detto quando eravamo a Roma,» sbottò Alexander, interrompendo il silenzio che si era creato tra di noi. «Non so cosa cazzo mi sia preso, Alexa.» Le sue parole erano cariche di frustrazione e impotenza, come se ogni emozione repressa stesse finalmente emergendo in quel momento.
Osservai il suo profilo mentre guidava, il modo in cui le sue mascelle si serravano e il suo sguardo era fisso sulla strada. La tensione tra noi era palpabile e, mentre ci avvicinavamo alla caffetteria, il mio cuore batteva all’impazzata. Non volevo continuare a litigare, ma sentivo il peso delle sue parole, l’eco delle sue incertezze.
Arrivammo davanti alla caffetteria, una piccola oasi di comfort nel caos di New York. Il profumo del caffè appena tostato aleggiava nell’aria, mescolandosi ai suoni vivaci delle conversazioni. La folla di persone, il chiacchiericcio, tutto sembrava distante mentre la tensione tra di noi si intensificava.
Mi fermai un attimo prima di scendere dall'auto, cercando di raccogliere i miei pensieri. La verità era che la sua frustrazione mi colpiva e mi rendeva insicura.
Mi morsi la guancia, cercando di trattenere l’ondata di emozioni che stava per esplodere. Alexander mi guardò, i suoi occhi scuri carichi di una tensione che si faceva sempre più palpabile. «Scusami, lo sai come sono fatto,» disse con un tono che nascondeva frustrazione e un pizzico di vulnerabilità.
Lo osservai mentre parlava, cercando di decifrare le sue parole e il loro significato. Eravamo in un limbo, sospesi tra l’amore che ci univa e le complicazioni che ci circondavano. La mia mente correva, rielaborando i suoi pensieri, cercando di capire il significato di tutto ciò che era accaduto. «Più tardi, vieni a prendermi?» chiesi, sperando di riportare un po’ di leggerezza in quel momento teso.
«Più tardi?» ripeté, il suo sguardo si spostò verso il finestrino, perso nei suoi pensieri. «Devo prendere alcune cose a casa.» dissi.
«Devo parlare ancora con Simon,» rispose, la sua voce era seria e carica di responsabilità. Sentii un nodo alla gola, ma cercai di mantenere la calma.
«Beh, allora ciao,» dissi, forzando un sorriso mentre mi giravo per allontanarmi. Ma la sua mano mi afferrò il braccio, tirandomi delicatamente verso di lui. «Aspetta,» disse, avvicinando il viso al mio.
Mi baciò con dolcezza, un bacio che cercava di comunicare tutto ciò che non riusciva a dire a parole. Era come se volesse trasmettermi un messaggio profondo, un legame che superava le difficoltà. «Buon lavoro,» sussurrò, la sua voce era calda e avvolgente.
Sorrisi, cercando di incapsulare quel momento di intimità. Presi il suo viso tra le mani, e lo baciai di nuovo, più a lungo questa volta. «Buona lezione,» dissi, cercando di trasmettere una sensazione di leggerezza che si contrapponeva alla pesantezza delle nostre conversazioni.
Uscì dalla macchina, il cuore che batteva forte nel petto. Rivolsi uno sguardo a Alexander, che era già sceso e si stava allontanando. La sua figura alta e sicura si stagliava contro il cielo, mentre mi sentivo sempre più piccola, fragile. I nostri sguardi si incrociarono per un istante, come se volessimo comunicare qualcosa che nessuna parola avrebbe potuto esprimere. E poi, senza aggiungere altro, si voltò e si diresse verso l'entrata dell'università, lasciandomi sola con i miei pensieri.
Rimasi ferma un attimo, incapace di muovermi. L'auto di Alexander si allontanava, e il vuoto che lasciava si faceva sempre più pesante. Le emozioni mi travolgevano, un misto di tristezza e frustrazione. Cosa avrei dovuto fare? La nostra relazione era diventata un campo minato, e ogni passo sembrava condurmi verso una nuova esplosione di sentimenti contrastanti.
Alla fine, con un sospiro profondo, mi girai e mi diressi verso la caffetteria. L’aria era fresca, il profumo del caffè tostato si mescolava all’odore dolce delle brioche appena sfornate. Era un luogo familiare, un rifugio in cui cercavo conforto e distrazione. Appena entrai, la campanella sopra la porta tintinnò, segnalando il mio arrivo.
«Ciao, Alexa!» esclamò la mia collega Sarah, che stava sistemando le tazze sul bancone. Il suo sorriso era contagioso, e non potevo fare a meno di ricambiare. «Sei in ritardo oggi! Tutto bene?»
«Ciao, Molly. Sì, tutto a posto,» risposi, anche se dentro di me il tumulto delle emozioni non si placava. «Solo un po’ di traffico.»
***
Mi morsi il labbro mentre l'ascensore scivolava silenziosamente verso il piano di Simon. Le luci fluorescenti danzavano sui volti riflessi nello specchio e, accanto a me, Alexander sembrava incredibilmente calmo, come se il mondo intorno a noi non avesse importanza. Le sue mani erano infilate nelle tasche dei pantaloni, mentre si sistemava i capelli con un gesto distratto, uno dei suoi tic nervosi.
«Dove devi andare?» gli chiesi, cercando di mantenere la voce leggera, anche se sapevo che dietro la mia domanda c’era un velo di preoccupazione.
«allo strip club,» rispose con un tono che mi fece gelare il sangue nelle vene. Sapeva quanto quel nome mi facesse male, quanto avesse il potere di scatenare una tempesta di insicurezze in me.
«Smentila,» replicai, senza nascondere il mio disappunto. Non era la prima volta che tirava fuori quel soggetto, e ogni volta, il mio stomaco si contorceva in un nodo di ansia.
«Stavo scherzando,» disse, con un sorriso che cercava di essere disarmante, ma che non riuscì a cancellare il brivido di tensione tra di noi.
L’ascensore si fermò, e le porte si aprirono su un corridoio di marmo lucido. Suonai il campanello della porta di Simon, e il cuore mi batteva nel petto. Era un momento di transizione, un passaggio da un luogo a un altro, ma per me era anche un passo verso l'ignoto. Le porte si aprirono e Addison apparve sulla soglia, avvolta in un elegante vestito bianco. La sua pancia tonda si notava perfettamente, un simbolo di vita e speranza, ma per me era anche un promemoria del caos che circondava la mia esistenza.
«Ciao, Addison,» dissi, cercando di mascherare il tumulto di emozioni che mi travolgeva. Lei mi abbracciò, il suo abbraccio caloroso e rassicurante, ma la tensione rimaneva. «Entra,» invitò, mentre si spostava per farmi passare.
«Alexander, aspetto Simon e andiamo,» disse, con una nonchalance che sembrava mascherare la sua preoccupazione.
Alexander mi diede il mio borsone, e una parte di me si sentì grata. Era un gesto semplice, ma il suo modo di prendersi cura di me mi confortava in un momento di vulnerabilità. Entrai nella casa di Simon, un soggiorno enorme che mi lasciò sempre a bocca aperta, anche se non era grande quanto la casa di Alexander. La luce filtrava attraverso le grandi finestre, illuminando l’ambiente con un calore accogliente. I colori erano tenui e rilassanti, ma la mia mente era già altrove.
Simon uscì dalla stanza, il suo sguardo si illuminò quando vide Addison. «Ciao, bambolina,» le disse con un sorriso affettuoso.
«Sei uno stronzo,» ribatté Addison, ridendo e sistemandosi i capelli. Simon si aggiustò la camicia, e un’espressione di gioia si dipinse sul suo viso. «Stai calma, hai il mio bambino dentro di te,» aggiunse, con un tono giocoso che sembrava nascondere un’ansia sottostante.
Io rimasi in disparte, osservando la dinamica tra i due. C’era una connessione speciale lì, un legame che sembrava rendere il mondo più luminoso, ma io non riuscivo a immergermi completamente in quel momento. La mia mente era occupata da pensieri su Alexander, su come le sue parole scherzose mi avessero colpito, e su quanto fossi vulnerabile nel lasciarmi andare.
«Ti va di prendere qualcosa da bere?» chiese Simon, portando un vassoio con bicchieri e bottiglie di vino.
Alexander si intromise mentre la conversazione si faceva più intensa. Era ancora davanti alla porta, il suo corpo teso come una corda di violino. «Non dovevamo uscire,» dichiarò, con la voce bassa e carica di autorità. La sua presenza era palpabile, e l’atmosfera nella stanza cambiò immediatamente, caricandosi di tensione.
Simon alzò le spalle, un sorriso ironico sul volto. «Ma le nostre ragazze sono più importanti,» rispose, cercando di mantenere un tono leggero. Ma i suoi occhi tradivano una certa apprensione.
Alexander mi guardò, il suo sguardo penetrante che cercava di decifrare le mie emozioni. «Va bene,» disse infine, chiudendo la porta con un movimento deciso che fece eco nel silenzio della stanza.
Posai il borsone a terra con un gesto quasi meccanico, cercando di riprendere il controllo della situazione. Mi sedetti sul divano, il cuore che batteva forte nel petto. Alexander si sedette accanto a me, il suo corpo così vicino che avvertivo il calore emanato dalla sua pelle.
Alexander mi accarezzò la coscia con un gesto leggero, una carezza che mandò un brivido lungo la schiena. Il suo tocco era caldo e rassicurante, come se volesse trasmettermi tutto il supporto e la sicurezza di cui avevo bisogno in quel momento. Il suo sguardo, intenso e penetrante, si posò sui miei occhi, e per un attimo il mondo intorno a noi svanì. Sentivo la connessione tra noi, una sorta di legame invisibile che ci univa.
Proprio mentre il silenzio si faceva pesante, Simon tornò nella stanza con un vassoio in mano, carico di bicchieri e una bottiglia di vino rosso. «Ecco a voi,» disse, posando tutto sul tavolino davanti al divano. Il suo sorriso era amichevole, ma sentivo che c’era ancora tensione nell’aria.
«Grazie, Simon,» dissi, cercando di mantenere un tono leggero. Alexander si allontanò un attimo, ritirando la mano dalla mia coscia, e questo mi lasciò un senso di vuoto. La sua presenza accanto a me era comfortante, e ora, senza il suo tocco, mi sentivo un po’ più insicura.
Simon si appoggiò indietro sul divano, incrociando le braccia con un'espressione divertita. «Alexa, sei così dolce a occuparti di lui,» iniziò, il suo tono leggermente sarcastico. «Ma dai, non puoi negare che sia uno stronzo compulsivo.»
Le parole di Simon mi colpirono, e mi sentii rossa in viso. Sapevo che c'era del vero in quello che diceva. Alexander aveva i suoi lati oscuri, momenti in cui la sua frustrazione esplodeva e si trasformava in un comportamento scontroso. Ma, al di là di tutto, era anche incredibilmente affascinante e magnetico. La sua presenza era come un’attrazione irresistibile.
«Non lo so, Simon,» risposi, cercando di difenderlo. «C’è di più in lui di quello che vedi. Ha le sue battaglie da combattere, e io voglio essere lì per sostenerlo.» La mia voce tremò un po’, mentre il pensiero di Alexander mi scaldava il cuore. Ogni volta che pensavo a lui, sentivo un miscuglio di emozioni: amore, frustrazione, desiderio. Era complicato.
«E questo ti rende un’anima pura,» disse Simon, scrollando le spalle. «Ma devi anche pensare a te stessa, Alexa. A volte, lui è così immerso nei suoi problemi che dimentica di dare a te quello di cui hai bisogno.»
Lo guardai, riflettendo sulle sue parole. Sapevo che c'era un fondo di verità in quello che diceva, eppure non potevo fare a meno di credere che, in fondo, Alexander volesse il meglio per entrambi.
Alexander poggiò il bicchiere sul tavolino, il suono del vetro che toccava la superficie sembrava risuonare come un campanello d'allerta. «Basta,» sbottò, con una voce che trasudava tensione e frustrazione. Simon lo guardò con un misto di sfida e preoccupazione, poi il suo sguardo si posò su di me, come se stesse cercando di leggere la mia reazione a quello che stava per dire.
«Lo conosco, Alexa» iniziò Simon, la sua voce più seria del solito. «Alexander ha tradito sua moglie con una sua studentessa. Una puttana.»
Le parole colpirono come un pugno nello stomaco. Mi sentii gelare. Era vero, sapevo che Alexander aveva un passato oscuro, ma sentire Simon pronunciare quelle parole mi fece vacillare. Non sapevo fino a che punto fosse reale e quanto fosse solo gossip.
«Non esagerare,» intervenne Addison, ma Simon non si lasciò fermare. «Sai che non vuole parlare della sua famiglia con te perché ha vergogna di quello che ha fatto.»
Alexander, visibilmente infastidito, accese una sigaretta, il fumo che si alzava lentamente sembrava riflettere la sua crescente irritazione. La sua espressione era un mix di rabbia e impotenza, e io sentii un nodo stringersi nel mio stomaco.
«Si drogava,» continuò Simon, ignorando completamente l’aria tesa nella stanza. «E ha speso tutti i soldi del padre. Era ricco, sì, ma doveva darli allo spacciatore. Ventimila dollari.»
La rivelazione mi colpì come un fulmine. Non avevo idea che il suo passato fosse così tormentato. Guardai Alexander, il suo sguardo si era fatto duro, i muscoli della mascella contratti. L’aria sembrava densa di emozioni non dette e segreti inconfessabili.
Simon rise, ma non era una risata genuina. Era beffarda, quasi sadica. «Il padre lo denunciò. È stato arrestato.»
In un lampo, Alexander si alzò, il suo corpo teso come una corda di violino. «Chiudi quella cazzo di bocca!» urlò, e l’intensità della sua voce fece vibrare le pareti. La rabbia che emanava da lui era palpabile, e io sentii una fitta al cuore.
Simon rise di nuovo, ma questa volta non era divertente. Era provocatorio. «Cosa fai? Ti arrabbi per la verità?»
Alexander, in un attimo di pura frustrazione, diede un pugno in faccia a Simon. L’impatto del colpo risuonò nella stanza, e io mi alzai di scatto, il mio cuore che pulsava all’impazzata. «Alex!» gridai, lanciandomi verso di lui. La violenza era qualcosa che non avrei mai voluto vedere, soprattutto da parte sua.
Simon barcollò indietro, tenendosi il naso con una mano, gli occhi increduli. «Sei impazzito?» sputò, mentre Alexander lo fissava con uno sguardo infuocato.
«Non permetterti di parlare di me come se fossi un bastardo,» sbottò Alexander, respirando pesantemente. L’oscurità della sua anima sembrava manifestarsi in quel momento, e io mi sentii in preda a una marea di emozioni contrastanti. Amore, frustrazione, paura.
Simon, con un tono provocatorio, fece un passo in avanti, la sua espressione carica di un'energia provocatoria. «Forse perché lo sei,» disse, sfidando Alexander con uno sguardo penetrante. «Perché non lo dici? Perché non dici la verità ad Alexa?»
Alexander si voltò verso Simon, i suoi occhi pieni di furia, e sbottò, «Non so di che cazzo stai parlando, coglione.» La tensione tra di loro era palpabile, quasi suffocante.
«Che la ami e non che la scopi solo per divertimento,» continuò Simon, la sua voce carica di disprezzo. Ogni parola sembrava un colpo inferto al cuore di Alexander, e per un attimo, il mondo sembrò fermarsi.
Alexander si voltò bruscamente, il suo sguardo infuocato. «Taci!» urlò, e in un attimo di pura frustrazione, diede un altro pugno a Simon. Il suono dell'impatto rimbombò nella stanza, e Simon barcollò indietro, sorpreso, il naso sanguinante.
«Ci vediamo domani a lavoro,» sbottò Alexander, uscendo di casa con un’espressione carica di rabbia e confusione. Ogni passo che si allontanava sembrava amplificare il tumulto che stava crescendo dentro di me.
Desiderai correre dietro di lui, abbracciarlo e dirgli che tutto andava bene, che insieme avremmo affrontato qualsiasi cosa. Ma prima che potessi muovermi, Addison mi bloccò. «No, vieni, Alexa,» disse con voce ferma, tirandomi indietro.
Il suo sguardo era serio, preoccupato. «Non è una buona idea seguirlo ora. Ha bisogno di un momento per respirare,» aggiunse, con un tono di comprensione. La sua affermazione risuonava in me, ma il desiderio di correre da Alexander era forte. Ogni fibra del mio essere implorava di andare a calmarlo, a rassicurarlo, ma Addison aveva ragione: Alexander aveva bisogno di spazio.
«Ma…,» iniziai, cercando di giustificare la mia voglia di inseguirlo.
«Lascia perdere. Se lo segui ora, le cose peggioreranno,» interruppe Addison, con fermezza. «Devi lasciarlo affrontare ciò che prova.»
Rimasi in silenzio, lottando contro la mia impulsività. Ogni istante in cui Alexander si allontanava sembrava un'eternità. La mia mente era un vortice di pensieri e emozioni confuse.
Mentre guardavo Addison, capii che la situazione era più complicata di quanto avessi immaginato. L'idea che Alexander avesse dei sentimenti per me, che potesse amarmi, era travolgente. Ma sapevo anche che i suoi demoni erano tanti e complessi.
Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top