3- Villa Luna (parte seconda)

Quasi senza accorgersene Irvan e Mirta usano i loro poteri per guardare la scena e rimanere nascosti.

I membri del branco si assomigliano tutti. Condividono i capelli nerissimi, gli occhi grandi e castano scuri e una corporatura massiccia.

Individuare gli intrusi, i victoriani, è quindi relativamente facile. Sembrano tutti uguali. Hanno i capelli color sabbia, i nasi schiacciati e gli occhi di un giallo muffa decisamente poco umani. Non sono massicci come i membri del branco, ma incredibilmente alti.

Immaginarseli nella loro forma di lupi non è affatto difficile.

Hanno visto Ivan da Cleo, per il Raduno Mezzosangue e riescono ad individuarlo quasi subito. È il più anziano del branco. Fermo davanti alla porta, scruta tutti quelli che entrano per assicurarsi che nessuno sia rimasto fuori. Affollati su un divano vecchio e poco distante ci sono dei bambini di varie età, così simili da poter passare per fratelli, ma molto più umani che licantropi.

Quando qualcuno dei genitori rientra uno o due dei bambini si alzano e seguono la madre e il padre nella casa.

I victoriani si tengono in disparte, nella penombra, così vicini che è difficile contarli. Molti dei licantropi del branco lanciano loro delle occhiate diffidenti prima di sbadigliare e allontanarsi.

Per ultimo entra un ragazzo, probabilmente il figlio più giovane di Ivan, uno degli ultimi licantropi nati. Sorride raggiante scoprendo i denti bianchissimi e affilati ancora da lupo. Una donna bionda, l'unica del branco con un diverso colore di capelli gli va incontro con una bimba minuscola in braccio e un bambino trotterellante al seguito.

Ivan gli dà un pacca sulla spalla, poi chiude la porta a chiave e si rivolge ai victoriani. Non dice nulla, ma li trapassa uno ad uno con lo sguardo.

Uno dei licantropi, difficile dire se un maschio o una femmina, si fa avanti.

Ivan arriva all'altezza del suo petto, ma le sue spalle sono molto più larghe e il suo portamento è più fiero e più sicuro.

–Io e il mio branco dobbiamo riposare ora.– dichiara il Portavoce con serietà.

–Noi rimarremo di guardia per la casa e faremo dei giri di ispezione. Guarderemo ovunque.–

Ivan deve trattenersi dal ringhiare.

–Per quanto andrà avanti questa storia?–

–Fino a quando sarà necessario.–

–Ovvero?–

–Al massimo fino alla fine di ottobre.–

–Al minimo fino a oggi.– commenta Mirta mentre entrambi prendono nota della data di scadenza dei victoriani.

–È più di un mese!–

–È necessario.–

Ivan soffoca su verso basso, poi si volta e imbocca delle scale.

Il victoriano, dalla voce dovrebbe essere un maschio, si volta verso gli altri.

–Sapete già i gruppi, state pronti a fiutare qualsiasi tipo di runa.–

Gli altri annuiscono e si disperdono ad una velocità incredibile.

Il capo rimane fermo per qualche istante, poi si incammina verso il corridoio che porta al garage.

La visione si dissolve e Mirta e Irvan si scambiano un'occhiata eloquente.

Devono uscire di lì e arrivare ai piani superiori senza usare le rune.

Usciamo.

–Usciamo?–

Attraversiamo la parete e ci arrampichiamo, è l'unico modo.

Mirta si guarda intorno nervosa, in cerca di un'alternativa.

–Va bene.–

Si appoggiano alla parete alle loro spalle, estendono la propria energia e si ritrovano all'esterno.

Come a salutarli, un fulmine violaceo illumina il cielo per un secondo.

Irvan e Mirta rimangono immobili, come pietrificati, fino a quando il rombo di un altro tuono non li riscuote. La pioggia comincia a cadere fitta e all'improvviso, non gradualmente.

–Ci mancava solo il temporale estivo!– esclama Mirta e per fortuna altri tuoni coprono la sua voce.

Irvan si tira su il cappuccio e guarda verso la casa. Il muro esterno è ricoperto di rampicanti e dall'altra parte dei grossi alberi sono addossati alle mura bianche della villa.

–Forza!– dice richiamando l'attenzione della sorella.

–Non possiamo rientrare e nasconderci?–

–E come?–

–Siamo occultatori!–

–E credi che dei victoriani non lo sappiano? Saranno più che allenati a trovare creature come noi. E poi siamo solo per metà occultatori.–

Un nuovo fulmine lo fa rabbrividire.

Mirta si muove per prima e comincia ad arrampicarsi.

Irvan si affretta ad imitarla.

I rampicanti sono grossi e aggrapparsi è abbastanza facile, spera che siano anche resistenti.

La pioggia li rende presto scivolosi e Irvan sente le mani iniziare ad intorpidirsi. E non sono ancora arrivati alla finestra del primo piano.

Si ferma per riprendere fiato e nel frattempo guarda in basso.

Non sono poi così in alto e lui non soffre di vertigini, ma per qualche motivo il suolo sembra lontanissimo e la terra bagnata molto più dura di quanto non sia.

–Non guardare giù. Non guardare giù.– ripete Mirta, non sa se a se stessa o a lui.

Irvan chiude gli occhi per riprendere la concentrazione e ricomincia ad arrampicarsi. Allunga una mano. E la vede brillare sotto i guanti. Sta riprendendo la sua vera forma, quella argentata.

Si accorge subito che è un male.

Quella strana forza contraria alla gravità che a terra lo fa levitare leggermente, ora lo allontana dalla parete. Deve stringere la presa con le mani il più possibile mentre gli appigli gli sfuggono da sotto i piedi.

Man mano che sale, inoltre, i rami del rampicante si fanno più sottili e meno stabili. Si tira su a fatica altre due volte, poi si ritrova a pochi centimetri dagli scarponi di Mirta che si è bloccata.

–Non ce la faccio!– urla lei.

–Non possiamo fermarci adesso!– le risponde alzando leggermente il viso.

Le gocce di pioggia gli picchiettano la faccia come sassolini. Riabbassa la testa con un scatto e perde la presa con i piedi.

Soffoca un grido e per fortuna ha l'istinto di stringere la presa.

Si ritrova aggrappato solo con le mani. Le dita gli tirano e i polsi cominciano a fargli male.

–Irvan!– urla Mirta.

–Continua a salire!–

La vede tentare di tenere a bada il tremore e salire un altro po', ma poi si blocca di nuovo e guarda giù. Lui cerca di tenersi aggrappato, ma le mani non rispondono a pieno.

Stringe i denti mentre respira a fatica.

Sente delle ondate di energia attraversargli il corpo insieme al sangue e, anche se non può vedersi, è sicuro di essere diventato argentato.

La forza antigravità si fa più forte. Sente i vestiti gonfiarsi, come se volessero allontanarsi dalla sua pelle.

Stringere la presa è come avvicinare due calamite uguali.

Cerca disperatamente un appoggio per i piedi, ma la parete lo respinge.

Guarda in alto, verso le sue mani e vede che anche Mirta sta faticando a tenersi aggrappata e si trova in una situazione di poco migliore della sua.

Ma Mirta, da fratello lo sa, ragiona più in fretta sotto pressione, al contrario di lui.

La vede tremare pericolosamente per qualche interminabile secondo, poi darsi uno slancio e aggrapparsi alla parete. Nel vero senso della parola. Le dita cariche di energia scavano nel muro fino a crearsi un appiglio e lo stesso fanno i piedi.

Irvan ringrazia silenziosamente che Vita e Morte abbiamo questo potere in comune.

Facendo di nuovo appello alla sua energia trova il modo di creare una sporgenza su cui poggiare i piedi. Ritrovato l'equilibrio, riprende a salire, stavolta con più sicurezza.

Seguendo Mirta arriva finalmente alla finestra del primo piano e si issa sul davanzale, poi salta dentro.

Dove siamo?

–Non ne ho idea. Come facciamo a trovare Ivan?–

Non lo so. Aspetta.

Chiude gli occhi e si concentra. Estende la propria energia fino ad incontrare quella che cerca.

Irina?

–Ti sento Irvan. Dove siete?–

Al primo piano.

–Bene, allora noi attireremo i victoriani di sotto.–

Sai dov'è Ivan?

–Di preciso no, ma non dovrebbe essere difficile trovare il capobranco. State attenti.–

Le ultime parole famose.

Interrompe il collegamento e per la prima volta si guarda intorno.

Si trovano in un corridoio ampio e corto su cui si affacciano quattro porte.

Una è socchiusa quanto basta per poter sbirciare dentro.

Su un letto matrimoniale un uomo e una donna stanno dormendo pesantemente.

Le pareti della casa devono essere spesse, perché i lampi e i tuoni sembrano lontani.

L'uomo arriccia il naso ed emette uno strano verso.

Irvan si rende conto che la pioggia deve aver lavato via parte dell'odore chimico delle tute che li nascondeva.

Afferra Mirta per un braccio e la fa allontanare.

Affretta il passo e, appena sente dei movimenti nella camera, ritorna al davanzale. Esce fuori e si arrampica fin sopra la finestra seguito la Mirta.

Rimangono aggrappati e immobili e, quando il licantropo segue il loro odore e si affaccia, trattengono il fiato. I poteri di occultatori si irradiano intorno a loro, nascondendoli.

Lo vedono guardare giù e annusare. Forse sente la scia che hanno lasciato quando sono arrivati, forse crede che siano scesi.

Il cuore gli batte all'impazzata e si chiede se non sia così forte che qualcuno possa sentirlo.

L'uomo smette di annusare e ritira la testa. Prima di andarsene, però, chiude i doppi vetri e vi traccia una runa.

Mirta alza lo sguardo verso di lui e Irvan le indica la finestra accanto.

Si spostano di lato, poi scendono e entrano attraversando le inferriate e il vetro.

–Oh no!– esclama Mirta.

A pochi passi da loro, rannicchiato sul letto, dorme un ragazzino di circa cinque anni anni.

Tranquilla. Se quello era il padre, questo non è un licantropo. Se siamo fortunati non ci fiuterà nel sonno.

Mirta annuisce e fa un respiro profondo.

Irvan si muove per primo.

Avanza lentamente nella stanza, misurando ogni passo, drizzando le orecchie e facendo correre lo sguardo dal ragazzino alla sorella alla porta e ritorno.

Si concentra e libera la forza contro cui combatteva durante l'arrampicata. Sotto i vestiti il suo corpo torna argentato e si solleva a pochi centimetri dal pavimento.

Nonostante tutto si muove in fretta.

Attraversa la porta e si ritrova in corridoio.

Arriva in un soggiorno buio e individua la porta grazie alla visione del calore.

L'attraversa e si ritrova alle spalle di un licantropo victoriano.

Torna sui propria passi, investendo Mirta.

Cadono a terra e lui le mette una mano sulla bocca prima che possa dire qualcosa.

Sentono annusare e poi ringhiare.

Via di qui!

Afferra Mirta per un braccio mentre si rialza. Correndo attraversa una parete e arriva in un altro soggiorno.

Gli appartamenti dei membri del branco devono essere tutti vicini.

Il victoriano, intanto, lancia un ululato che si sente in tutta la villa.

–Dannazione!–

Corri!

Attraversano altre due stanze mentre sentono i licantropi svegliarsi e i victoriani salire al primo piano.

–Irvan! Che diavolo avete combinato?– la voce di Irina lo distrae per qualche secondo, poi riprende a correre. Non si era accorto di aver cercato di nuovo la sua mente.

Non è stata colpa nostra. Ivan deve essere da queste parti, non potete attirarli di sotto?

–Ci stiamo provando ma sono più del previsto.–

Mentre attraversano il quarto soggiorno, qualcosa viene loro addosso e cadono di nuovo a terra.

Irvan si ritrova bloccato dal giovane licantropo che hanno visto rientrare per ultimo. Sente Mirta dimenarsi a sua volta, ma non la vede.

–Chi siete?– chiede il licantropo con un ringhio basso.

–Il mio nome è Irvan Suspirian.–

–Ci avevano detto di guardarci dai Cacciatori, non dalla setta.– osserva il ragazzo allentando leggermente la presa, ma sena mollarlo.

–Accidenti, non siamo della setta. È solo un cognome. Siamo Cercatori.–

–Cercatori?–

Fuori c'è molto movimento.

Irvan sente montare la paura e può quasi vedere la propria aura cambiare colore. Ne avverte il sapore ferroso.

–Cosa siete?– chiede la ragazza che sta tenendo ferma Mirta.

–Mezzosangue.– risponde Irvan notando che la sorella sta ricominciando a brillare –Proprio come voi.–

Qualcuno bussa alla porta.

–Arian, Darlene.– chiama una voce un po' burbera e vagamente familiare. –Tutto bene?–

I due licantropi si guardano.

–Sì.– risponde Darlene simulando una voce assonnata.

–Fateci entrare.– ringhia una voce tagliente, quella di un victoriano.

Intanto la porta del corridoio si apre e un bambino che trascina un cagnolino di peluche per la coda fa capolino sbadigliando.

Arian e Darlene lasciano Irvan e Mirta e li aiutano ad alzarsi.

Qualcuno da fuori cerca di forzare la maniglia.

–Allora?–

Darlene li spinge in corridoio, insieme al bambino, a cui fa segno di stare zitto.

Tutti e tre si appiattiscono contro la porta per origliare.

Sentono la porta aprirsi.

–Perché ci hai messo tanto?– abbaia un victoriano.

–C'era qualcuno qui.– dice Arian –Hanno attraversato il pavimento.–

–Hanno?–

–Erano in due.–

Subito qualcuno corre via seguito da altri.

–Che succede?– chiede Darlene.

–A quanto pare ci sono davvero dei Cacciatori.– spiega la prima voce che hanno sentito.

Irvan cerca di sbirciare dalla serratura mentre Mirta e il bambino comunicano a gesti chissà che cosa.

–Sarà meglio stare allerta.–

Irvan intravede Arian protrarsi in avanti, come per afferrare qualcuno, poi un uomo massiccio entra e Darlene chiude la porta.

Arian apre quella del corridoio.

Mirta e Irvan si alzano in piedi, si scambiano una rapida occhiata.

–Arian!– esclama Ivan con rimprovero e incredulità.

Irvan abbassa il proprio cappuccio e Mirta lo imita.

Ivan fa per dire qualcosa, poi il suo sguardo si fa più attento.

–Io vi conosco.–

–Sono dei Suspirian, ma dicono di non essere della setta.–

–Eppure l'ultima volta...–

–Sono cambiate molte cose dall'ultima volta.– lo interrompe Irvan –Siamo qui per una questione della massima importanza e dovremmo parlare... in un posto sicuro.–

–Qui siamo al sicuro.– afferma Ivan.

–Di sotto ci sono dei nostri amici.–

Ivan annuisce –Arian, occupatene tu, fai in modo che i victoriani si disperdano intorno alla villa,– ordina –ma non farli andare via.– aggiunge fissando loro due –Non siamo ancora fuori pericolo.–

–Sì papà.–

Il licantropo tende le orecchie per assicurarsi che fuori non ci sia nessuno, poi esce.

–Darlene, per favore, stai di guardia.– dice Ivan.

La donna prende in braccio il bambino e si va a sedere in soggiorno mentre loro si chiudono nella camera da letto.

Ivan si siede, è chiaramente stanco anche se vigile, e fa loro segno di imitarlo, ma entrambi scuotono la testa.

–Allora?–

Irvan e Mirta si guardano.

–È tutto tuo fratellino.–

–Noi facciamo veramente parte di quelli che voi considerate Cacciatori, ma le cose non stanno come credete. Abbiamo delle prove che le Custodi vogliono estendere la propria... influenza su tutto il mondo, anche se non sappiamo come di preciso.–

–Non mi sorprende,– commenta Ivan accigliato –l'idea di far conoscere il Mondo Nascosto c'è sempre stata e ai nostri occhi porta solo vantaggi. Non dovremo più nasconderci, anche se sicuramente ci sarà un periodo iniziale di disorientamento.–

Irvan annuisce. –Non è nostra intenzione impedirlo, infatti. Le Custodi stanno facendo tutto ciò di nascosto, quello che vogliamo fare è radunare i rappresentanti di ogni tipo di creatura e spingerle, o costringerle, a firmare degli accordi.–

–Accordi?– ripete il licantropo, a cui non è sfuggita affatto la parola "costringerle".

–Per far sì che abbiano delle regole da rispettare, che ci siano delle leggi che tutelino qualsiasi specie. Non è simile a quello che fate voi e gli altri Mezzosangue?–

Ivan si porta una mano al mento, pensieroso. –Mi sembra ragionevole, volete me perché sono un Portavoce. Chi altri è passato dalla vostra parte al momento?–

–Ci sono i Portavoce dei draghi e dei demoni. E c'è Michæl, l'angelo più antico. Voi dovreste aiutarci con i segugi.–

Sentono dei movimenti nel soggiorno e si irrigidiscono.

Poco dopo la porta si apre e entrano Irina e Marvin.

–Gli altri stanno facendo da esca, appena saranno fuori portata si raduneranno sul tetto.– li informa Irina.

Ivan li guarda con un misto di curiosità, ammirazione e timore.

–Sono sicuro di non avervi mai visto, ma riconoscerei quegli occhi dorati ovunque.–

–Di sicuro ci ha sentiti nominare.– dice Marvin –Siamo Irina e Marvin Times.–

Ivan spalanca gli occhi, poi si ricompone –Immagino... che ci saranno molte cose da chiarire.–

Arian, alle loro spalle, si schiarisce la voce per richiamare l'attenzione.

–Come facciamo a mandare via i victoriani, ora? Non sarà facile convincerli ad allontanarsi proprio adesso.–

–Lascia che se ne occupi Clovis, ne sarà più che felice, non li sopporta, si inventerà qualcosa.–

Arian annuisce e esce.

L'attenzione torna su Ivan.

–Ho solo una domanda.– annuncia –Perché dovrei fidarmi? Voi stessi dichiarate di essere dei Cacciatori.–

–Cercatori.– lo corregge Mirta.

–Non siamo molti, ma siamo più forti di quanto le Custodi vogliono far credere.– afferma Irina.

–Non è una risposta alla mia domanda.–

–Vi fidate di Cleopatra Eye? O Cleonor Cair se preferite.–

–Quanto basta, ma non eccessivamente.–

–E di Alya Eye?–

–La Custode? Non più delle altre, ma non meno. Di sicuro è quella che ha più di tutte la testa a posto, ma non la più affidabile. Perché?–

–Entrambe sono Cercatrici. Sono dalla nostra parte.–

–Una Custode?–

–È grazie a lei che conosciamo i loro progetti. Lei e nostra madre sapranno essere più concrete.–

–Vostra madre? Miranda l'immortale?–

–Miranda Eye, sorella minore di Alya.–

Ivan all'improvviso alza una mano interropendola. Le sue parecchie si fanno pelose e triangolari e si tendono.

Si alza e spalanca la finestra.

Ha smesso di piovere, ma i nuvoloni neri non se ne sono andati e il vento soffia anche più forte di prima.

Irvan ci mette un po' a capire cosa ha catturato l'attenzione di Ivan: dei ringhi.

Non lontano dalla casa, un ragazzo del branco è quasi saltato addosso ad un victoriano. Ora i due si guardano in cagnesco mentre Arian tiene fermo quello che deve essere il fratello.

Ivan scuote la testa spazientito. –Clovis è facilmente irritabile.–

–Posso difendere il mio branco da solo!– sbraita il ragazzo che Arian tiene fermo e che deve essere Clovis.

–Ci sono dei Cacciatori lì fuori! E li avete appena lasciati fuggire!–

–Che vadano dove vogliono, se sono fuori dal mio territorio allora non sono un mio problema!–

–Sono...–

–Voi piuttosto, siete ancora qui, perciò siete eccome un mio problema.–

–Qualcuno dovrà ricordargli che questo branco non è ancora suo.– commenta Ivan, ma non sembra troppo preoccupato.

–Noi non ce ne andiamo di qui senza un ordine preciso di...–

Clovis si slancia in avanti divincolandosi dalla presa di Arian. Atterra sulle quattro zampe e ringhia scoprendo i denti, in una forma non più umana, ma non ancora da segugio. Dev'essere il vero aspetto dei licantropi.

I suoi denti sono lunghi e affilati e così bianchi da riflettere quel poco di luce che c'è. In certi momenti sembrano addirittura trasparenti.

–Un maschio alfa!– esclama Irina.

–Lo sono entrambi.– ribatte con calma Ivan –Ora scusatemi, vado a far valere la mia posizione di ancora-capo.–

Scavalca la finestra e salta giù, con un'agilità sorprendente per uno che dimostra quasi una cinquantina d'anni.

Intanto anche il victoriano si sta agitando e comincia a scoprire i denti, anche se indietreggia lentamente. Arian cerca invano di fermarli.

L'apparizione di Ivan sembra calmare gli spiriti.

Lui non grida e quindi Irvan non sente le sue parole, ma lo vede fare dei gesti verso Clovis e poi verso la boscaglia che circonda la casa.

Il victoriano riprende sembianze umane mentre altri suoi fratelli si radunano alle sue spalle.

Anche Clovis torna umano. I vestiti che ha strappato ora gli stanno larghissimi.

Ivan circonda con un braccio le spalle del figlio e continua a parlare indicandolo, mentre questo sfoggia un sorriso soddisfatto e arrogante. Sembra che la sua sola presenza sia un buon motivo per cui i victoriani possano andarsene. Forse pensano che un solo giovane alfa possa davvero difendere il branco dai Cacciatori.

Ivan mantiene un tono di voce basso e un'espressione calma, ma la tensione nell'aria è molta. Forse non dipende solo dagli intrusi. Dai loro volti si deduce che il solo fatto di avere dei membri di un altro branco nel territorio sia fonte di agitazione.

–Il nostro è il più numeroso dei branchi di licantropi rimasti.– spiega Darlene, quasi gli avesse letto nel pensiero.

Mirta trasale. Nessuno l'aveva sentita arrivare.

Il bambino che porta in braccio si è riaddormentato.

Irvan la guarda con attenzione per la prima volta.

Ha la maggior parte dei lineamenti del branco, ma anche qualcosa di diverso. La sua pelle è bianca e liscia, come se non vedesse la luce del sole da anni, e la peluria sottile delle braccia è quasi invisibile, tutt'altra cosa rispetto agli altri. Ha il taglio degli occhi grandi ed espressivi esattamente come gli altri, ma il marrone delle iridi è molto più chiaro, del colore del grano. I capelli sono lisci come fossero piastrati come quelli di tutti gli altri, ma biondo platino.

–Loro sono in undici in tutto.– continua guardando i victoriani e ignorando le occhiate di Irvan.

Quando una ragazza victoriana si stacca dal gruppo per urlare qualcosa di incomprensibile verso Ivan e i figli, Clovis le salta addosso con ferocia.

Dopo un momento di stupore, Arian scatta in avanti per tirare indietro il fratello mentre i victoriani, ora tutti trasformati in segugi, si radunano intorno alla ragazza.

Ivan si mette in mezzo e ringhia qualcosa.

Per qualche interminabile istante i membri dei due branchi rimangono a guardarsi in cagnesco. Poi i victoriani si voltano e si allontanano.

Clovis gli ulula dietro.

–Hanno fegato quanto una lucertola.– commenta Darlene sdegnata mentre si allontana dalla finestra. –I vostri amici vi staranno aspettando.– ricorda loro –Il vostro discorso con Ivan dovrà attendere. Noi licantropi passiamo la notte fuori, la mattina dobbiamo dormire.–

Annuendo, escono tutti dall'appartamento.

Darlene indica loro le scale infondo al corridoio, poi li saluta con aria stanca.

Lucy, Blake e Ben si trovano all'ultimo piano, l'attico, anche se probabilmente fa da soffitta invece che da appartamento.

Blake e Ben si sono sistemati su un vecchio divano e stanno cercando un canale che si veda su un grosso televisore.

Cinzia, Marvin e Irina si uniscono a loro.

Mirta si rannicchia su una poltrona rivolta verso il terrazzo.

Irvan può quasi sentire la sua mente divagare e allontanarsi.

–A che pensi?– chiede sistemandosi sul bracciolo della poltrona.

Mirta si riscuote leggermente e lo fissa.

–O forse dovrei chiederti a chi pensi?–

Mirta distoglie lo sguardo e arrossisce leggermente.

Irvan sorride.

–A Jared?– per qualche motivo ha sempre dato per scontato che alla sorella piacesse solo lui, ma ora un nuovo pensiero fa capolino –O a Drake?–

–Io...–

Irvan può sentire la sua confusione.

–Non lo so.– ammette prendendosi la testa fra le mani.

Prova a leggerle nel pensiero.

Riesce a scorgere un'immagine buia e confusa, intrisa di emozioni.

Riconosce l'armeria del Fuoco di Victoria, intravede una figura.

Tutto sparisce.

Mirta gli lancia un'occhiataccia.

–Il "non si entra nella mia testa" non vale solo per Dafne.–

Ma io entro sempre nella tua testa.

–Non è la stessa cosa.–

Scusa.

Mirta sospira.

–È già tutto abbastanza complicato, senza che ci si mettano anche le emozioni.–

–Non puoi fare a meno delle emozioni– replica Irvan sorridendole, la capisce bene –così come non si può fare a meno dei ricordi. Altrimenti Luci e Ombre di cosa si nutrirebbero?–

Mirta ride e lui anche.

Fa vagare lo sguardo e vede Lucy.

È fuori, sul terrazzo, protesa in avanti, gli avambracci appoggiati alla ringhiera e si guarda introno.

Mirta gli dà una spinta. –Va'– dice.

Irvan scrolla la testa, ma esce.

Lucy non dà segno di registrare la sua presenza, nemmeno quando la affianca.

Appoggia a propria volta gli avambracci alla ringhiera.

Non sa cosa dire. Si limita a guardarla, senza rendersene del tutto conto.

–Cosa c'è?– chiede lei dopo un po', voltando la testa e guardandolo dritto negli occhi.

–Be'... mi chiedevo, se gli illuminatori possono prendere la forma di Luci, tu puoi diventare un angelo?– improvvisa.

Lucy sorride.

E comincia a cambiare.

In pochi secondi il suo corpo perde qualsiasi tipo di colore e diventa di un bianco grigiastro che sembra davvero pietra.

Solo la ciocca tinta di verde resta tale.

Quando apre la bocca per parlare Irvan sussulta. Fa uno strano effetto vederla così.

–Tranquillo!– esclama Lucy tornando subito al suo aspetto umano.

Ma ormai la curiosità ha avuto il sopravvento su Irvan.

–Posso vedere la tua vera forma?–

Lucy annuisce.

La sua pelle torna a farsi bianca, ma non come prima. Riflette la luce in uno strano modo.

Quasi senza accorgersene, allunga una mano verso il suo braccio.

La pelle perlacea di Lucy è attraversata da dei bagliori verdi simili ai giochi di luce che si formano sulla sabbia che c'è sott'acqua in un giorno di mare calmo.

Persino il viso di Lucy ogni tanto si illumina.

–Io...– Irvan non sa neanche cosa dire –non so cosa mi aspettassi, ma non avrei mai immaginato che un demone potesse essere così.–

–Non tutti sono così, noi siamo stati selezionati.–

Le pupille di Lucy si fanno allungate, anche se si nota appena dato quanto sono scuri i suoi occhi, e i suoi capelli neri e lunghi si spandono attorno a lei come fossero sott'acqua, anche questi attraversati di tanto in tanto da onde di luce verde.

Finalmente le loro mani si toccano.

Il contatto con la pelle di Lucy è strano. Il calore naturale non si accorda troppo bene con il liscio perlaceo, ma le onde verdi sono fredde e fanno venire la pelle d'oca.

Irvan sente quell'energia propagarsi fino a lui.

Rabbrividisce leggermente e vede che anche lui sta cambiando.

Sente lo sguardo di Lucy addosso come sentirebbe le sue dita.

–Anche... anche tu non stai male nella tua vera forma.–

La mia vera forma. Non ci aveva mai pensato ma è così. Il suo aspetto umano è solo una copertura, una mimetizzazione. Lui in realtà è così, leggero e argentato.

Sente la ringhiera sfuggirgli leggermente e i piedi sollevarsi un po' da terra. Lucy invece non sembra respingerlo, anzi.

Stupito, risolleva lo sguardo.

Non ricordava che fossero così vicini.

È tutto così naturale che all'inizio perde parte del suo fascino, ma non tutto.

Le palpebre si abbassano, le labbra si trovano. Si muovono come avessero coscienza propria, come se, a differenza di lui, sapessero esattamente cosa fare.

Irvan fa un passo avanti e le porta una mano dietro la nuca.

Tiene gli occhi chiusi, ma non può fare a meno di immaginarsi la scena, di immaginare Lucy.

Sente il freddo della sua energia verde e la immagina illuminarsi. Alta e sinuosa, felina. I capelli neri che le ricadono avanti. Gli occhi verdeacqua che guizzano sotto le palpebre chiuse.

Si ferma all'improvviso, anche se Lucy sembra non accorgersene subito.

Poi però anche lei si ferma. Si fa un po' più rigida e si allontana leggermente.

Entrambi riaprono gli occhi e quelli verdi di Irvan incontrano per un attimo quelli neri di Lucy prima di sfuggirle.

Si guarda intorno. Sono circondati dalla sfera verde di Lucy e probabilmente galleggiano a qualche centimetro da terra.

Tornano giù e Lucy riassorbe il proprio scudo.

–Non male come primo bacio, Irvan.–

–Non...– cerca di mentire, ma lei non lo ascolta.

Gli sorride e se ne va.

Irvan incontra per un attimo lo sguardo di Marvin oltre i vetri. Sta ridendo di gusto. Solleva nella sua direzione una mano con il pollice in alto.

Hanno avuto più pubblico di quanto credesse.

Si volta e si appoggia di nuovo alla ringhiera.

Guarda le proprie mani, di nuovo umane.

Espira dal naso e cerca di svuotare la testa, ma è impossibile.

Gli sembra di vedere davvero quegli occhi verdeacqua che lo fissano.

Inclina leggermente la testa e con la coda dell'occhio individua Mirta.

Lei non sta sorridendo più di tanto.


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spazio meeeeee

wow non sapete da quanto tempo progettavo quest'ultima parte. Dai vi è piaciuto il bacio a mezz'aria? Mi spiace solo di non essere molto brava con le parti romantiche, faccio del mio meglio.

@domeafavourSMILE, non mi uccidere!!!

@HDalex, mi spiace, ancora niente capitoli con lunghe spiegazioni, ma non preoccuparti, ce ne saranno, certo che ce ne saranno.

Un abbraccio a tutti e a domenica prossima!

votate e commentate

Artemide

p.s.

che mi dite di Derek??

E delle rune? (ho pubblicato un disegno all'inizio del capitolo "preparativi")

Per chi se lo fosse chiesto, le runa "chiusura" è quella che usano per impedire di fare uscire qualcuno da qualche stanza, non so se mi spiego... x es, Marta la metteva sulle porte delle stanze per non far uscirne nessuno.

Non ho messo gli occhi, perché non mi venivano, e il diesis ( # ) che serviva a nascondere qualcosa (in casa di Drake e Hope era usato per nascondere le scale che pirtavano alla stanza delle armi)

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