3- Villa Luna (parte prima)
Quando si sveglia ha l'impressione di aver dormito troppo o troppo poco.
Rimane immobile e con gli occhi chiusi.
Stringe ancora il cuscino, ma ora ha perso qualsiasi odore.
Socchiude leggermente gli occhi, poi li apre del tutto.
La stanza è inondata di luce che viene dalla vetrata e dal pavimento.
Irvan sposta la testa di lato, a destra, e guarda giù.
Il cielo aperto sotto di lui è sempre inquietante. Oggi, poi, non ci sono nuvole e non si vede la terraferma solo perché è troppo lontana.
Rabbrividisce e gira la testa dall'altra parte.
Sobbalza e Mirta ride.
-E tu da dove spunti? Che ci fai qui?-
-Lo stesso che fai tu.-
-Quando sei arrivata?-
-Un'oretta fa. Stavo facendo i salti di gioia vedendo che c'era qualcuno, ma poi mi sono accorta che eri tu.-
Irvan annuisce.
Allontana il cuscino.
Mirta si sposta lentamente e gli appoggia la testa sul petto.
-È strano vero?-
Non c'è bisogno di chiedere per sapere a cosa si riferisce.
-Già.-
Mirta continua a fissare il vuoto e Irvan può quasi sentire la sua mente lavorare instancabilmente.
-A che pensi?- le chiede.
-A tutte le cose che non coincidono. E tutte insieme.-
-Per esempio?-
Mirta ci pensa. -La Cooper ha detto che secondo lei basta sapere cosa siamo in grado di fare per imparare.-
Irvan solleva un sopracciglio.
-Per esempio se scegli Aria alla fine puoi imparare da solo a volare, solo sapendo che puoi.-
-Ah.- non sembra molto convinto.
-Ralph, però, ha detto che saremo dovuti comunque tornare dalle Custodi per completare il nostro addestramento. E l'ha detto come se non ci fosse altra alternativa.-
-Questa però è solo una teoria della Cooper. Magari vale solo in certi casi.- osserva.
Lui però ha imparato a leggere nel pensiero e creare un contatto mentale senza che nessuno glielo insegnasse.
-Forse è vero solo che il Tempo non ci ha pensato.-
Mirta sospira. -Se è vero allora perché noinon possiamo insegnare le Arti a qualcun altro?-
-Chi ti dice che non ne saremmo in grado?-
-Tu ci hai provato con Irina.- gli ricorda.
-È diverso.-
-Okay, lasciamo perdere questo interrogativo, passiamo al prossimo. Irina mi ha detto...-
-Che è ora di alzarsi!-
Irvan e Mirta scattano a sedere.
Irina è sulla soglia. Ride di gusto vedendo le loro facce.
-È da quando mi sono alzata che vi cerco, che diavolo ci fate qui?-
-Noi...- comincia Mirta.
-Non importa.- taglia corto la figlia del Tempo, forse intuendo che Mirta sta per inventare una scusa -Uno di voi due sa giocare a scacchi?-
-Scacchi?- ripete Irvan, poi, sotto lo sguardo di Irina, aggiunge -Io conosco le regole e avrò perso qualche partita contro papà, ma non ci ho mai giocato seriamente.-
Irina storce la bocca, non sembra molto contenta.
-Michæl sa giocare, ha proposto di fare qualche partita mentre aspettiamo la cena. Sta battendo tutti e stiamo cercando qualcuno in grado di tenergli testa.-
-Tu non...- si interrompe -La cena?-
-Certo. È quasi il tramonto. Tranquilli, tutti noi abbiamo dormito tanto.-
Mirta e Irvan si scambiano una rapida occhiata, poi si stiracchiano e si alzano.
Passano per la loro camera per lavarsi e cambiarsi, poi seguono Irina nella mensa.
Michæl è seduto ad uno dei tavoli più lunghi. Di fronte a lui, dall'altra parte di una grossa scacchiera, c'è Ben, l'allievo dell'Aria, accerchiato da molti altri Cercatori.
In effetti, intorno al tavolo si è radunata molta gente.
Marvin, da dietro all'angelo, li saluta con un cenno della mano.
Lo raggiungono.
-È la stessa partita di prima?- chiede Irina stupita.
-No, Michæl ne ha vinte altre tre da quando te ne sei andata. Ben continua a chiedere la rivincita.-
Michæl se ne sta tranquillamente seduto, immobile come solo un angelo sa stare, e sembra proprio una statua di bronzo. Se si escludono i bermuda arancioni e le infradito di gomma ovviamente, di sicuro il suo creatore non li aveva previsti.
È l'immagine della tranquillità.
Ben, dall'altra parte, tiene gli avambracci appoggiati al tavolo, le mani unite e si contorce le dita nervoso. Non distoglie lo sguardo dalla scacchiera e non parla se non per borbottare. Muove i pezzi senza toccarli, ma persino il suo tocco invisibile trema un po'.
Michæl non ci mette molto a batterlo di nuovo.
Ben si alterna a qualche altro Cercatore. Tutti perdono, ormai la gara è a chi dura di più.
Irvan osserva le partite una dopo l'altra, cercando di assimilare ogni dettaglio, ogni mossa, ogni strategia. La sensazione della propria mente che si apre, avida di nuove cose da apprendere è quasi reale. Solo che serve a poco riesce a prevedere alcune delle mosse più semplici, ma praticamente nessuna delle sue strategie.
Quando ormai tutti i Cercatori che sapevano giocare si sono arresi, Irvan sente di non avere più nulla da imparare.
Tentar non nuoce, si dice.
-Posso provare anch'io?- chiede.
Michæl sorride tranquillo. -Prego.- risponde mentre con un gesto della mano gli indica la panca davanti a lui.
Mentre Irvan si siede e di nuovo i Cercatori si radunano intorno a loro, l'angelo rimette i pezzi al loro posto.
Irvan guarda i pezzi. Hanno l'aria piuttosto vecchia, ma allo stesso tempo nuova. Nessuno doveva averli mai usati.
-Posso essere il bianco?- chiede, senza pensarci.
Michæl gira la scacchiera.
Per le prime mosse Irvan ripete quelle che ha visto fare in quasi tutte le partite.
Appena una buona parte dei pezzi è entrata in gioco si ferma.
Si concentra.
Apre la mente. E di nuovo si sorprende di quanto sia reale questa sensazione.
Scopre di aver memorizzato tutte le partite precedenti. Rivede le mosse, ricostruisce gli schemi.
Stringe una mano a pugno. Forse sta prendendo un po' troppo sul serio questa partita. Non importa.
All'inizio si limita a farsi mangiare il minor numero possibile di pezzi.
Ogni volta si prende minuti interi per pensare mentre mentre Michæl gioca subito le sue contromosse.
Nella sua mente si susseguono schemi già visti e trappole già usate. Riesce ad evitarle, ma non a crearne di nuove.
Estende la propria energia e la concentra sulla scacchiera.
Chiude gli occhi e lascia che nella sua mente si ricostruisca una mappa precisa. È come un disegno tridimensionale. Può ingrandirlo o rimpicciolirlo, guardarlo da tutte le angolazioni.
Ora tutto sembra più chiaro, anche se non più semplice. Riesce ad immaginare diverse mosse e possibili risposte. Ne scarta parecchie.
Le scarta tutte in realtà, così alla fine comincia a ragionare per probabilità.
Riapre gli occhi.
Le voci dei Cercatori che li circondano si riducono ad un mormorio costante, ma distante e ovattato.
Quando allunga la mano per muovere un alfiere si accorge che la sua pelle si sta facendo argentata. Dev'essere a causa della concentrazione.
Riesce a resistere per un po' e una parte di lui si rende conto che le persone intorno al tavolo sono aumentate.
A quel punto il gioco di Michæl si fa più incalzante, i suoi pezzi avanzano, sembrano occupare tutta la scacchiera.
La mente di Irvan lavora in fretta, ma quella dell'angelo sembra non lavorare affatto. Si rende conto che mantenere una così alta concentrazione lo sta stancando.
Gioca un altro paio di mosse, poi si dà dello stupido per l'errore banale che ha fatto.
Si è concentrato sull'attacco e ha lasciato scoperto il re.
Non accorgertene, non accorgertene, ti-prego. Lo pensa, ma in realtà già si raddrizza, rassegnato. Infondo, perché avrebbe dovuto avere più possibilità degli altri di vincere? Il pedone potrebbe sembrare un alfiere. E il re la regina. Ma nessuno farebbe un errore del genere. I pezzi sono simili, ma non tanto da poter essere scambiati.
Sta già per alzarsi, persino lui vede come sarebbe facile dargli lo scacco matto. Invece Michæl, l'espressione accigliata, muove una torre verso la regina bianca.
Per qualche secondo Irvan rimane immobile a guardarlo.
Lo ha fatto apposta? Non è possibile che si sia sbagliato, non lui. Ma forse anche un angelo a un certo punto si stanca e commette qualche errore banale.
A lui sta succedendo dopo una sola partita.
Scuote leggermente la testa. La partita è ancora aperta. Riprende la concentrazione e continua a giocare.
Michæl deve essere davvero stanco, perché commette anche altri errori. Quando si trovano con una manciata di pezzi l'uno, Irvan riesce a dare lo scacco matto.
Dopo un momento di incredulità sente qualcuno cominciare a ridere soddisfatto e a dargli delle pacche sulla spalla. A giudicare da quanto sono forti deve trattarsi di Marvin.
Michæl sorride, forse felice, oltre che sorpreso, che qualcuno lo abbia battuto, e allunga la mano.
Mentre gliela stringe, Irvan non riesce a scacciarsi dalla mente l'idea che l'abbia fatto vincere.
Una Cercatrice, Cinzia, comincia a distribuire la cena prendendo i piatti da un grosso vassoio che ha tra le mani e il gruppo si disperde.
Iulia, Amber e Samuel arrivano e si siedono al loro tavolo, anche se, in quanto angeli, non mangiano nulla.
Mentre qualcuno gli serve un piatto di pasta, Irvan comincia a mettere via la scacchiera. Qualcuno però gli prende i pezzi di mano e li rimette al loro posto.
-Ora ti sfido io.- annuncia Mirta guardandolo -Abbiamo avuto lo stesso maestro, perché dovresti essere più bravo?-
-Perché tu non sopportavi di perdere e te ne andavi mentre io continuavo a giocare con papà.- le risponde, ma lei lo ignora.
-Sarà la partita a scacchi meno leale della storia.- commenta Irina.
Le prime tre o quattro mosse, che consistono principalmente nel mandare avanti dei pedoni, sono normali. Le successive non si possono davvero definire mosse.
Mirta incrocia le braccia al petto appena il fratello le mangia un pedone. Irvan vede quasi tutti i pezzi neri spostarsi e capisce che la sorella sta giocando con le illusioni.
Estende la sua energia fino a leggerle nel pensiero.
Irvan muove un solo pezzo alla volta, quasi a casaccio. Anche quando Mirta gli fa credere di essere riuscita a mangiare qualcosa, lui sa che non è vero e muove anche i pezzi che non vede.
-È una mia impressione o sta giocando solo Irvan?- commenta Irina.
-Qualcuno dovrebbe spiegargli che non può muovere i pezzi della sorella.- le fa eco Marvin.
Irvan smette di farlo. Non tocca nemmeno i suoi di pezzi.
Avvicina le dita alle illusioni create da Mirta e le attraversa mimando una bocca che li mangia.
-Va bene, mi arrendo.- dice lei alzando gli occhi al cielo.
Quando le illusioni spariscono Irvan vede che i neri sono quasi tutti al loro posto, ad eccezione di qualche pedone e un cavallo, mentre i bianchi sono sparsi per la scacchiera.
-Non avevo dubbi.-
-Fossi in voi penserei a mangiare.- li interrompe Irina -Domani si va in cerca del Portavoce dei licantropi.-
-Dove?-
Irina si stringe nella spalle -In campagna. Non troppo lontano da Victoria in effetti.-
-Non vedo l'ora di mettere le tute mimetiche!- esclama Marvin e gli occhi gli luccicano come quelli di un bambino.
Come scoprono la mattina dopo, in effetti, le tute farebbero invidia a quelle dell'esercito, almeno in linea di massima.
Seduto sul letto, Irvan continua a guardarsi le braccia e le gambe nel tentativo di convincersi che sta indossando vestiti fatti di stoffa.
Pantaloni e maglietta a maniche lunghe provvista di cappuccio non sono ricoperti di chiazze verdi come si aspettava. Sono dipinte in modo da sembrare tronchi.
Sembrano così veri che si sorprende di quanto in realtà sia liscio il tessuto.
Le sue braccia sembrano rami e il cappuccio è ricoperto di foglie finte.
-Queste fanno un baffo agli allievi dell'Aria che si rendono invisibili, eh?- Marvin è a dir poco entusiasta.
-Non le avevi mai messe?-
-Sì, ma un secolo fa erano molto più rudimentali! Insomma guardami.- si infila il cappuccio e appoggia le spalle alla parete. -Sembro un albero vero?-
-Più che altro assomigli ad un tronco vuoto. Almeno quanto la tua zucca.- il commento, tutt'altro che cattivo, è stato di Irina.
Irvan scoppia a ridere.
-Ha parlato il rampicante.- ribatte Marvin -L'ho sempre detto che eri un po' appiccicosa.-
La tuta di Irina, infatti, sembra fatta da centinaia di rami di rampicante intrecciati tra loro.
-Non sapevo che ai licantropi piacessero le rappresentazioni teatrali.- scherza Mirta, ma la sua domanda è chiara: perché ci sarà bisogno di mimetizzarsi?
-Le Custodi devono aver capito, più o meno, quali sono i nostri piani. O comunque prenderanno precauzioni in previsione dei loro. Il gruppo di angeli mandato a proteggere Michæl lo dimostra.- risponde Irina -Dobbiamo riuscire ad aggirare i licantropi di guardia e arrivare direttamente a Ivan.-
-E chi ci dice che ci ascolterà?- osserva Irvan.
-Nessuno.- ammette Irina -Per questo persone di poco tatto come Miranda non vengono.-
-Mi stai dicendo che saremo le uniche persone con chi si potrà parlare civilmente?- osserva Irvan.
-I Cercatori non sono poi molti se consideri che stanno tutti in una mensa e avanza spazio. E non sono così incivili.-
-Già.-
Il gruppo è anche meno numeroso dell'altra volta: oltre a loro quattro ci sono Lucy, Blake, Ben e Cinzia. Ida e Chad non verranno.
Miranda e Cleo li aspettano in una della stanze più esterne del primo piano. Cleo sta parlando velocemente con Ben, forse spiegandogli la destinazione.
Irvan sa che è il fantasma di Cleopatra Eye ad essere imparentato con Miranda, non il corpo di Cleonor Cair, ma non può fare a meno di notare delle somiglianze. L'espressione determinata del viso è la stessa, anche se i tratti sono diversi. Lo stesso, ma in modo contrario, non vale per lo sguardo. Entrambe hanno le iridi nere e il taglio degli occhi un po' allungato, ma in quelli di Miranda si legge una calma piatta e spaventosa, in quelli di Cleo una forza indomabile e arzilla, anche se controllata e non del tutto buona.
Ma chi, tra i Cercatori, è del tutto buono? Nessuno. Forse nemmeno loro. Forse sono tutti un po' Cacciatori.
Irvan abbassa lo sguardo per non incrociare quello vuoto di Miranda e segue Mirta fuori.
A giudicare dai nuvoloni che si sono ammassati sotto di loro, tra poco pioverà.
Mentre si avvicina a Lucy per poter essere avvolto nella sua sfera di energia, per qualche motivo gli torna in mente Derek e la sua meteoropatia. Considerandolo un buon modo per distrarsi durante il viaggio, chiude gli occhi e si concentra su di lui.
Con la mente si ritrova in una serra enorme.
Derek è seduto su un tavolo, le gambe penzoloni. Porta un grembiule sporco di terra e dei guanti da giardiniere. Accanto a lui sono posate delle cesoie.
Si sfila i guanti e si passa le mani tra i capelli castani e arruffati per levare le foglie che vi sono rimaste.
Lascia cadere i guanti in un'anomalia disegnata sul tavolo sopra la quale è incisa la forma stilizzata di due mani. Lo stesso fa per le cesoie, sotto il segno di alcune forbici.
Volta il busto di lato e guarda un grosso vaso con una pianta messa non tanto bene.
-Allora, a noi due.- esordisce -Sono Derek Cooper e ti hanno affidata a me perché sei un caso disperato e io uno a cui toccava recuperare.- rimane in silenzio, come in ascolto. Le sue pupille si allargano e si dilatano come se le controllasse. Fa impressione. -Sei sveglia?-
Silenzio.
Le pupille si allargano fino ad inghiottire quasi tutta l'iride azzurra, poi si rimpiccioliscono di scatto, accompagnate da un'espressione sorpresa.
-Non pensavo mi capissi davvero.- commenta. Per un attimo Irvan si chiede se non ci sia qualcun altro nella serra che non ha visto, poi capisce che sta davvero parlando alla pianta. -Scusa, ma non so distinguere le piante maschi dalle femmine, credevo foste senza sesso.- inarca le sopracciglia -Davvero? Si capisce dai fiori? Non è così per tutte però, giusto? Cavolo, non lo sapevo. Sai com'è, ho marinato quasi tutte le lezioni di scienze e botanica in particolare. Per questo mi hanno messo a farti da baby sitter. A proposito, si può sapere che problema hai? Le piante suicida non le ho mai viste.-
Resta in ascolto un altro po', concentrato.
-Le altre ti fanno i dispetti? Mi prendi in giro?- silenzio per un po' -E non potevi dirlo a qualcuno?- ancora silenzio -No, hai ragione Diana è la scelta peggiore. "Dovete andare tutti d'accordo, convivere in armonia come fanno le piante."- imita una voce femminile mimando le virgolette. Guarda di nuovo la pianta -Io la chiamo "convivenza forzata". Potremmo formare un comitato contro le piante-bulli.- appena finisce di parlare sussulta e si guarda intorno stupito. -Ehi, ehi calma! Se parlate tutte insieme non vi capisco!- sposta lo sguardo da una pianta all'altra della serra, concentrato -Chi è che combina tutto questo?- comincia a ridacchiare -Ma è un rampicante! È normale.-
Irvan urta contro qualcosa e perde la concentrazione.
La sfera verde di Lucy scompare.
Sono appena atterrati. E lui è finito contro una grossa pietra.
Evita di lamentarsi con Lucy, sarebbe inutile.
-Dove siamo?- chiede.
-Si direbbe una parco pubblico.- risponde Mirta.
-No.- dice invece Ben -È un parco privato. Il branco di Ivan ha acquistato una vecchia villa di campagna e l'ha ristrutturata.-
-Devono vivere per forza tutti insieme?-
-Un po' è l'istinto, sono animali di branco, un po' necessità visto che solo il maschio alfa può avere altri licantropi con le femmine.- spiega Irina.
-Ma le altre femmine non sono... sposate?- chiede Mirta.
Marvin ridacchia.
-Sì.- risponde Irina dando una gomitata al fratello.
Lucy e Blake, i cui sensi evidentemente sono più acuti di quelli umani, aprono e chiudono la fila. Lucy avanza lentamente facendosi largo tra la vegetazione che evidentemente i licantropi non hanno minimamente curato.
Irvan ricorda le lezioni alla Victoria Academy: un ambiente in cui è più difficile orientarsi fa comodo quando ci si trasforma in lupi e si perde parte della coscienza umana.
-Una volta le femmine erano abbastanza perché l'alfa potesse averne un numero sufficiente e ne restassero anche per gli altri maschi, ma ora sono troppo pochi e devono arrangiarsi diversamente.-
-Ma se non siete stati voi "Cacciatori" a decimarli, allora cosa è successo?- osserva Irvan.
-Be', in parte è stata colpa della guerra, questo sì, perché i licantropi invece di essere tra quelle creature che preferiscono rimanere neutrali, si alleano con chiunque offra loro un accordo vantaggioso e, essendo molto attaccati al loro territorio, attaccano chiunque lo invada mostrandosi tutt'altro che amichevoli.-
Irvan si blocca.
Invadere il loro territorio è proprio quello che stanno facendo.
-In linea di massima, comunque,- continua tranquillamente Irina -è stata la situazione politica del momento. Se la loro parte animale li porta a vivere in branco, la loro parte umana li spinge a seguire un'etica morale. Le donne umane si emancipavano e lottavano per i propri diritti e lo stesso facevano le donne licantropo. Non è che non nascono più dei maschi alfa per qualche motivo di sterilità, semplicemente gli alfa hanno sempre meno donne.-
-Qualcuno ha studiato.- commenta Marvin -Eri interessata alle loro tattiche di corteggiamento?-
-Invece qualcun altro non ne aveva bisogno, visto prestava attenzione solo e soltanto ad una rossa con gli occhioni azzurri.- ribatte la sorella.
-Lo scambio di attenzioni era reciproco.-
-Ho notato. Avevate pensato di mettere su famiglia? Sareste stati una bella coppietta.- evidentemente l'argomento "coppietta" irrita molto Irina.
Marvin cambia espressione all'istante. L'occhiataccia che lancia alla sorella è tutt'altro che scherzosa.
Irvan cerca un modo per distrarli.
-Se sono così attaccati al loro territorio, perché ci stiamo introducendo così? Non era meglio un invito formale?-
Lucy, davanti a lui, gli indica qualcosa al di là degli alberi.
Irvan aguzza la vista. Si direbbero degli orti.
-Sono autosufficienti e non gradiscono la compagnia umana come non gradiscono quella di altre creature. Per contattarli tanto valeva mandare un piccione viaggiatore dal momento che non vogliono più nemmeno partecipare ai Raduni Mezzosangue. E comunque, vogliamo arrivare direttamente a Ivan, senza rischiare di incontrare inviati da Victoria.-
-Giusto.-
Marvin e Irina stanno continuando a brontolare tra di loro e Ben deve alzare la voce per farli smettere.
-Da cosa si riconosce un alfa?- continua Irvan, incapace di tenere a freno la sua curiosità.
-Dai denti.- risponde Lucy -Servivano nelle lotte tra alfa per il controllo del branco, quando erano tanti. Sono come quelli dei segugi: trasparenti e duri come il diamante.- rallenta fino quasi a fermarsi -Ci siamo quasi. Ora silenzio.-
La vegetazione arriva fino alla villa. Forse anche dentro è pieno di piante, ma non possono rischiare di perdere il vantaggio dato dalle tute mimetiche.
-Benvenuti a Villa Luna.- annuncia Ben -Lì.- sussurra poi, indicando dei capannoni accanto a quello che ha tutta l'aria di essere un enorme garage.
Lucy vi si dirige e gli altri la seguono. Blake sta praticamente camminando all'indietro.
-Perché guarda indietro se la tana dei licantropi è davanti a noi?- mormora Mirta.
-Perché passano la notte fuori e rientrano la mattina tardi, ancora non sono tornati.- risponde Irina.
-Però potrebbero essercene alcuni di guardia, quindi zitti.- li riprende Ben.
Arrivano dentro i capannoni.
Non sembra esserci nessuno.
-Separiamoci.- ordina Irina, poi afferra Marvin per un braccio e sparisce dietro una porta.
Irvan guarda Mirta e lei annuisce.
Si avvicinano l'uno all'altra e continuano ad avanzare.
Tutti i capannoni sono collegati e l'ambiente all'interno è un misto tra un magazzino, un ufficio in disuso e l'officina di un meccanico.
Le finestre sono alte e chiuse da grate, la poca luce che filtra lascia molti angoli in ombra. C'è umidità e la muffa ricopre quasi tutto. Nonostante questo, è chiaro che viene usato spesso.
Mirta indica una catasta di legna tagliata. Irvan annuisce.
La aggirano fino a trovarsi con le spalle al muro, poi spostano la legna in modo da coprirsi meglio.
Solo il muro li separa dal garage.
Mirta appoggia le spalle alla parete e chiude gli occhi.
Irvan sente la sua energia ispezionare la stanza.
La sua pelle si fa liscia e nera e lo spazio intorno a loro diventa più scuro. Da occultatrice, li sta nascondendo.
La imita.
Nervosa?
-Un po'.-
Chissà se si sentono così i ladri di appartamenti.
-Forse anche peggio, noi vogliamo farci scoprire, loro no.-
Irvan si rende conto che i pensieri della sorella sono lenti.
Sei stanca.
Annuisce. -Ho dormito poco.-
Perché?
-Preferisco riordinare le idee. Tra i Cercatori c'è sempre così tanto da fare... A volte credo che lo facciano apposta.-
Cosa?
-Tenerci occupati per impedirci di pensare.-
Nessuno può impedirci di pensare! protesta, ma le parole di Mirta continuano a rimbombare dentro di lui, a marcarsi a fuoco nella sua mente.
Dei rumori, poco distanti, li distraggono.
Si sporgono oltre la catasta di legna, cercano di sbirciare.
All'inizio sentono per lo più dei versi, ululati, latrati. Lentamente si trasformano in voci, prima profonde, poi decisamente umane. I passi da felpati si fanno rumorosi.
Qualcuno sbadiglia.
Mirta allunga la mano d'istinto e Irvan la stringe.
Sono qui, i licantropi sono arrivati, c'è solo da sperare che vada tutto secondo i piani. O è chiedere troppo? Quando mai un piano ha funzionato del tutto?
Inspirano contemporaneamente. Non si guardano, ma entrambi stringono la presa sulla mano dell'altro.
Le loro dita nere quasi si fondono.
Pronta?
-Io sono sempre pronta.-
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spazio me
okay questo capitolo è più corto degli altri (non dite che non è vero perché ho contato le parole e sono circa comquecento di meno rispetto ai precedenti), ma solo perchè ho avuto da fare. È pur sempre vacanza no?
votate e commentate
Artemide
p.s.
diamo un volto ad Irvan! Vi compare l'immagine a inizio capitolo?
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