2- Il museo (parte seconda)

Nel momento esatto in cui Irina pronuncia la parola "angeli" loro si muovono. A quanto pare, hanno avito tutto il tempo di svegliarsi. Si stringono a cerchio intorno ai ragazzi e cominciano ad avanzare lentamente.

-Che facciamo?- gridano Mirta e Irvan quasi in contemporanea.

Irina alza lo sguardo.

-Saltiamo.-

Irvan guarda il soffitto liscio.

-Cosa?-

Irina sembra non sentirlo.

Corre verso l'angelo più vicino. All'ultimo minuto salta verso l'alto, con i piedi gli sfiora appena le spalle, ma abbastanza da darsi la spinta. Si ritrova fuori dal cerchio degli angeli, ma quello che ha appena scavalcato si volta e va verso di lei seguito da un altro. Sono abbastanza da poter dare la caccia al loro piccolo gruppo, uno per uno, conservando il vantaggio numerico.

Irvan torna a concentrarsi su se stesso.

Blake e Lucy si sono alzati in volo e irradiano le loro vorticose luci verdi e blu dalla pelle.

-Avvertite gli altri!- ordina Marvin mentre va verso un angelo con la furia di un toro. All'ultimo momento abbassa la testa e cambia direzione, gli sfila accanto colpendone un altro e riusce a passare. Immediatamente i due gli vanno dietro.

-Gli altri sono nella nostra stessa situazione!- esclama Lucy e la sua voce acuta rasenta l'isteria -Dobbiamo separarci!- grida prima di scomparire nella sala accanto.

Irvan retrocede e si ritrova con la schiena contro quella di Mirta.

Gli angeli sono disposti su due file e il cerchio è sempre più stretto. Ora passare in mezzo a loro sarebbe impossibile.

Il fatto che il loro stato di semi-dormiveglia li renda lenti non fa che aumentare il senso di terrore che invade Irvan.

-Sono in troppi!-

Uno o mille il modo di sconfiggerli è sempre lo stesso.

-E qual'è?-

Non ne ho idea.

A Mirta sfugge una specie di gemito.

Irvan le afferra la mano.

Facciamo un po' di luce compagna d'armi?

Non aspetta la risposta.

Si concentra sui confini della propria energia e quella della sorella. Li inspessisce fino a creare uno scudo.

-Li fermerà?-

-Non lo so! Dovrebbe.-

Non vuole aspettare di scoprirlo. Deve guadagnare tempo.

Cerca di fare propria anche l'energia di Mirta. Espande lo scudo con una velocità tale da allontanare tutti gli angeli facendoli finire contro le pareti della sala.

-Via di qui!- grida, ma è Mirta ad afferrargli una mano e a correre via per prima.

-Gli angeli vedono al buio?-

Non risponde. Non saprebbe nemmeno cosa dirle.

Non ha idea di dove siano Irina e Marvin e ha perso di vista Blake e Lucy, ma non si ferma.

Cercano di forzare una porta, ma non ci riescono.

Non si fermano in nessuna sala. Non si fidano di nessuna delle sculture esposte né dei semplici reperti nelle teche. Ogni cosa sembra viva e vegeta, in allerta come una spia nell'ombra.

La visione del calore lo aiuta a muoversi, ma non è molto utile.

Mirta, davanti a lui, continua a correre.

-Lì!- urla indicando le scale.

Irvan non risponde, continua ad alternare rapide falcate.

Non sente gli angeli muoversi dietro di lui, ma sa che ci sono, ne percepisce la presenza.

La porta aperta che conduce ad una stretta scala a chiocciola sembra irraggiungibile.

Mirta comincia a scendere prima ancora che lui sia arrivato.

Fa per seguirla, ma si scontra con un corpo solido e duro comparso all'improvviso.

La presa sulla mano della sorella gli sfugge, finisce a terra, ma non ci rimane. Sfrutta la forza della caduta per rotolare e rialzarsi.

A sbarrare il passaggio c'è un angelo con incorporata un'armatura greca. La spada è un tutt'uno con la mano.

-Irvan!- grida Mirta dalle scale.

-Corri!- le ordina mentre si guarda intorno.

Non c'è altra via d'uscita e altri tre angeli sono comparsi da dove sono arrivati.

Pensa,pensa,pensa.

Velocità e agilità sono le sue uniche armi.

Gli angeli si avvicinano.

Corre verso la finestra più vicina e ci si getta contro. Il vetro si frantuma e le schegge volano intorno a lui come pioggia letale.

Crea uno scudo che gli attutisce l'atterraggio.

Ma non può fermarsi. Gli angeli sanno che è saltato giù.

Guarda su.

C'è un'altra finestra accanto a quella da cui è saltato, anche se nella sala c'era solo un muro.

Indietreggia, poi prende la rincorsa e salta. I piedi sfiorano le mura, con le dita riesce ad aggrapparsi al davanzale della finestra subito sotto a quella che stava puntando.

Le mani cominciano quasi subito a tremargli per lo sforzo.

Modellare la realtà, modellare la realtà, si ripete.

Si concentra e crea un appoggio per i piedi. Sale il più silenziosamente possibile.

Inspira.

E gli si mozza il respiro quando vede l'angelo in armatura affacciarsi alla finestra accanto e cominciare a guardarsi intorno.

Irvan si pietrifica.

Non riesce neanche a pensare che come occultatore potrebbe nascondere la propria immagine.

Non voltarti, non voltarti, non voltarti.

L'angelo non si volta, ma continua a guardare fuori. Nella gola gli gorgoglia uno strano verso.

Sbagliati, vedimi correre via, vedimi correre via.

Sa che è impossibile, ma non può fare a meno di sperarci.

Anche l'angelo-satiro si affaccia.

Irvan sente le gambe molli e le braccia tremanti.

Vorrebbe essere corso via veramente.

Silenzio e immobilità non sono mai stati così strazianti.

Da una finestra al piano di sotto, proprio quella a cui era aggrappato qualche secondo prima, viene una luce fortissima, quasi un lampo, è un attimo.

L'angelo greco indica qualcosa, poi ruggisce e salta giù. Dove atterra si crea una spaccatura nel cemento del marciapiede.

Mentre anche il satiro salta, Irvan si issa sul davanzale della finestra maledicendo gli angeli per la loro lentezza.

Entra nella stanza e cerca di riprendere fiato.

Si guarda intorno.

A prima vista non c'è nessuno, ma l'ambiente è enorme.

Enormi casse di legno sono ordinatamente impilate sul pavimento formando lunghi corridoi dalle pareti abbastanza alte da poter nascondere una persona china in avanti.

Irvan si sente ancora più inquieto che nelle sale del museo.

Non vede fino in fondo alla stanza.

Crea una luce sul palmo della mano, poi la lancia e la fa avanzare con la forza del pensiero mentre lui rimane immobile.

Uno dopo l'altro si delineano i contorni di altre casse di varie dimensioni.

Spegne la luce e sente l'energia tornare a lui.

Fa un passo in avanti e il suono delle scarpe da ginnastica sul pavimento rimbomba a lungo.

Rimane immobile, un piede in avanti e le orecchie tese e in ascolto.

Per qualche istante resta così concentrato su cosa gli avviene intorno che non si rende conto che il suo corpo è cambiato.

Come occultatore comincia a levitare a una decina di centimetri da terra. Le casse non sono abbastanza alte da nasconderlo, ma, nel buio quasi totale del magazzino, è praticamente invisibile.

Un rumore di assi cigolanti lo fa trasalire.

Si volta verso dove è venuto il suono, ma non vede niente di particolare.

Cerca di creare un'altra luce, ma come occultatore non più farlo.

Sfrutta la strana forza contraria alla gravità che lo allontana dal pavimento per saltare il più in alto possibile.

Atterra con leggerezza sulla cassa più alta che svetta sulle altre come un faro in una scogliera.

Ci si acquatta e si guarda intorno.

Nel magazzino non c'è nessun altro.

Fa dei respiri profondi per rallentare il battito.

Mirta?

-Ti sento!-

Dove sei?

-Sono arrivata al piano terra, ma qui la situazione è anche peggiore.-

Sei sola?

-No. Ma non ho idea di chi altro ci sia.-

Fammi vedere.

Irvan risale il loro collegamento mentale come fosse un filo e raggiunge la mente di Mirta. Vi si insinua.

Sa che in teoria non dovrebbe esserne ancora capace. Dafne non ne aveva ancora fatto parola, rientrava nel programma del quarto anno. Lui aveva solo sentito dei ragazzi parlarne.

Per un po' la sua visuale si annerisce, poi cambia.

Si trova in quello che si direbbe un ripostiglio. Su degli scaffali sono ammassati prodotti chimici per le pulizie e in un angolo ci sono anche delle scope.

La porta è chiusa, Mirta deve aver usato i suoi poteri per attraversarla.

Si concentra sull'udito e sente dei passi non molto distanti.

Forse si tratta di più di una persona.

Sono regolari e pesanti. Devono essere angeli.

Si guarda intorno.

In alto, sulla parete difronte alla porta, c'è una finestra con le grate.

Mirta segue il flusso dei suoi pensieri e si arrampica su un mobile per poter vedere fuori. Sul marciapiede, alla sua sinistra, ci sono diverse schegge di vetro e, poco più avanti, due crepe nell'asfalto.

Sei proprio sotto di me Mirta.

-Sei così pesante che hai rotto l'asfalto?-

No, solo il vetro.

Dei colpi contro la porta li fanno trasalire.

Mirta si volta di scatto e Irvan perde il controllo del contatto.

Si ritrova nel magazzino, proprio sopra la sorella, ancora appostato sulla cassa più alta.

La luce quasi lo acceca e deve chiudere gli occhi. Li riapre lentamente.

Di sicuro non è più solo. Qualcuno ha acceso tutte le luci.

Si appiattisce sulla cassa e si guarda intorno.

Non sente passi e questo è ancora più inquietante.

Poi all'improvviso, il rumore assordante del metallo che si scontra con altro metallo riempe il magazzino.

Si muove il più in fretta possibile. Salta da una cassa all'altra.

Si ferma a quattro corsie di distanza da dove era prima e si sporge in avanti.

Un gatto nero, dritto sulle quattro zampe e con la schiena inarcata, sta soffiando ad un bambino di bronzo che gli fa segno di stare zitto.

-Ma che...- si tappa la bocca, ma è troppo tardi.

Il bambino alza il viso e i loro sguardi si incrociano.

L'espressione del piccolo angelo passa dallo spaventato al sorpreso e poi al curioso.

-Ma tu sei...- si interrompe sentendo la sua voce troppo acuta e continua con un tono più basso -sei un occultatore!-

-Più o meno.- risponde Irvan mentre dal piano di sotto vengono rumori attutiti di uno scontro. Mirta deve essere nei guai. -Tu... tu sei Michæl?- sembra altamente improbabile, ma gli somiglia molto, o almeno somiglia alla foto.

Mentre parla guarda meglio il bambino. Porta solo un calzoncino marrone chiaro con tante tasche, una di quelle collanine sbiadite da maschio e delle infradito.

Se fosse umano non gli darebbe più di cinque anni.

-No!- ridacchia lui in risposta mentre prende il gatto nero in braccio. L'animale non ne sembra molto contento. Irvan lo guarda bene. Non è un vero gatto, ma un altro angelo. A occhio e croce direbbe che è uno di quelli egizi che sono sempre rappresentati sui libri di scuola. -Lui è il mio papà.- continua il bambino.

È una risposta così semplice che Irvan rimane interdetto. -Davvero?-

-Sì!- ne sembra molto felice.

-Mi puoi portare da lui?-

Il bambino si fa dubbioso. -Ci avevano detto che dovevamo rimanere nascosti. Io stavo cercando Isidoro.- e solleva il gatto nero che tiene in braccio. Quello miagola in protesta, ma smette di dibattersi. -Tu sei buono o cattivo?-

Irvan ci pensa seriamente. -Non lo so.- ammette infine e il bambino ridacchia. -Sono un Cacciatore, cioè un Cercatore.-

-Un cattivo?- il piccolo angelo non ne sembra molto convinto -Ma sei un occultatore.-

-Già. Più o meno. Forse. Posso parlare con il tuo papà, per favore?-

Il bambino si fa pensieroso e intanto il gatto soffia.

-Va bene! Però devi chiudere gli occhi.-

Irvan trattiene una risata al pensiero che può vedere il calore con tutto il corpo, ma annuisce e basta.

-Allora scendi e torna umano.-

Obbedisce.

Il bambino tiene il gatto con un braccio solo e tende l'altra mano verso Irvan.

Lui la fissa dubbioso.

-Io non faccio niente.- gli assicura -Sono troppo piccolo, e poi sono sveglio.-

-Già.-

Gli dà la mano e chiude gli occhi.

Si lascia condurre attraverso un corridoio di servizio e infine in un tratto di rampa di scale antincendio che non si trova all'esterno.

Seduti sui gradini ci sono tre angeli di bronzo.

La prima, l'aspetto di una ragazza adolescente con indosso un vestito da spiaggia verde, balza in piedi appena li sente entrare.

-Sam!- poi si accorge si Irvan -E lui chi è? Non dovevi farti scoprire, sei il solito guastafeste! Dovevo andare io! E non provare a dire che è colpa di Isidoro.-

-Amber!- la riprende l'angelo dietro di lei alzandosi in piedi con la voce potente tipica di queste creature.

È davvero grosso, anche se non tanto da non potersi mimetizzare da umano volendo. Anche lui e la donna-angelo che gli sta accanto hanno l'aria di essersi appena fatti un giro in spiaggia.

-Lei... lei e Michæl?- chiede Irvan con quello che si augura sia un tono rispettoso. La verità è che non sa come comportarsi.

-Sono io.- conferma l'angelo -Di solito Samuel non dà tanta confidenza agli estranei, chi sei?-

-Il mio nome è Irvan Suspirian.-

La donna-angelo accanto a lui volta la testa di scatto nella sua direzione. -Della setta?- il suo tono acuto non è molto amichevole.

Irvan scuote la testa. -Mio padre ne faceva parte, ma si è distaccato da loro molti anni fa.-

La donna-angelo sta per dire qualcos'altro di sicuramente poco carino, ma Michæl le mette una mano sulla spalla e lei tace.

-Iulia è molto diffidente.-

Irvan annuisce. -Fa bene.- afferma e lo pensa davvero.

Michæl annuisce, poi si riscuote.

-Cosa vuoi ragazzo?-

-Parlare. E capire. Perché quegli angeli di marmo ci inseguono?-

Michæl come se gli fosse sfuggito qualcosa. -Ti inseguono ragazzo?-

-Sono riuscito a seminarli, ma sì.-

-Non sei un victoriano?- il tono di Iulia ora è guardingo oltre che diffidente.

-Victoriano?- ripete, poi però capisce -No, sono un Cercatore.- la sua voce non suona molto convinta, ma gli angeli non sembrano farci caso.

Amber spalanca gli occhi e le sfugge un ringhio. Iulia sposta Samuel dietro di sé e divarica le gambe per aver maggiore equilibrio.

Irvan indietreggia d'istinto.

-Calma! Voglio solo parlare.-

-Perché dovremmo ascoltare un Cacciatore?- in questo momento Michæl incute decisamente paura.

I suoi tremila anni lo hanno reso più sicuro di sé di quanto già non fosse.

-Ma è un occultatore.- protesta debolmente Samuel.

Questo fa esitare Michæl.

-I Cacciatori danno la caccia alle creature, come puoi essere un occultatore?-

-Be' diciamo che le voci che circolano su di noi non sono corrispondenti al vero.- indietreggia ancora di qualche passo -Con noi ci sono anche dei demoni e al primo piano un angelo, Glenda. Siamo qui perché ci serve il vostro aiuto.- ha parlato tutto d'un fiato e ora gli manca il respiro.

Iulia non abbandona la sua posa difensiva, ma Michæl si fa un po' meno aggressivo.

-Questo sarà facile da verificare. Iulia mettiti in contatto con la squadra del primo piano.- guarda Irvan -E tu non ti muovere.-

Lui rimane così immobile che si chiede se non possa essere scambiato per l'ennesimo angelo.

Iulia si porta le mani alla testa e si preme le dita sulla tempie.

Il suo corpo di bronzo comincia a mandare deboli bagliori a volte brevi a volte più lunghi.

Irvan percepisce anche qualcos'altro, ma non riesce a capire cosa.

-Non hai mai visto angeli comunicare con gli ultrasuoni?- Iulia non sembra gradire il suo sguardo curioso.

-Ultrasuoni? No. Potete farlo tutti?-

-Potenzialmente sì, ma in pochi ci riescono bene.- risponde Michæl.

Irvan si rende conto che deve trattarsi dello stesso modo di comunicazione che usano i demoni.

Questo mondo non smetterà mai di stupirlo.

-Chi credi che abbia inventato il codice morse? Be', un antenato un po' più complicato del codice morse.-

Mentre parla, una strana espressione di attesa attraversa il volto dei due angeli adulti.

Irvan si rende conto troppo tardi del perché.

Quando segue i loro sguardi e si volta verso la porta. Fa appena in tempo a vedere il satiro e il guerriero che qualcosa di duro gli colpisce la testa.

Quando riprende i sensi gli sembra passato un attimo.

Prima ancora di riaprire gli occhi percepisce una luce forte sulle palpebre chiuse.

-Irvan?- questa è senza dubbio la voce di Mirta.

Socchiude gli occhi, poi li apre totalmente.

È steso su qualcosa di duro: la panca nella prima sala in cui si erano seduti ad aspettare l'orario di chiusura.

Mirta è seduta accanto a lui e sul palmo della sua mano scintilla una luce grigiastra. In realtà tutto il suo corpo brilla in una forma a metà tra quello da illuminatrice e quello argentato che solo loro sanno assumere.

-Due svenimenti nel giro di poche ore- commenta Mirta riferendosi a quando sono arrivati -vuoi farmi concorrenza?-

Sorride e si guarda intorno.

Samuel è in piedi accanto alla sua testa. Isidoro è accoccolato ai suoi piedi.

-Si è ripreso?- chiede una voce da fuori del suo campo visivo.

-Sì.- risponde Mirta.

Poco dopo vede arrivare Lucy e Michæl.

-Scusa per il malinteso Irvin, ma tremila anni ti insegnano a non fidarti di nessuno.-

Irvan si solleva sui gomiti.

-Nemmeno dei victoriani?-

-Nemmeno di quelli della propria specie, Irvin.-

-Irvan.- lo corregge.

-Ma non esiste.-

-Lo so, ma la mamma ha poca memoria per i nomi. Mia sorella doveva chiamarsi Marta.-

-Se penso che dovevo avere lo stesso nome della Morte ringrazio la mamma per averlo storpiato.-

-Mirta è più bello.- concorda Lucy -Anche Irvan è meglio di Irvin.-

Si mette a sedere.

Poco più il là Glenda sta parlando con Iulia e Amber.

-Tutto chiarito?-

-Sì.- conferma Michæl -Rimandare indietro la squadra victoriana non è stato facile, ma ora è tutto a posto.-

-Ora però le Custodi sanno che stai dalla nostra parte. Ahi!-

Si porta una mano alla testa, dove ha sentito la fitta.

Trova quello che tra poco sarà un bernoccolo con i fiocchi.

-Spada di marmo.- spiega Michæl.

Irvan usa i suoi poteri per guarire.

-Comunque, no, le Custodi credono che siamo riusciti a mettervi in fuga. Ne saranno felici, farà bene alla loro autostima.-

Irvan annuisce.

Si alza e aspetta qualche secondo per essere sicuro di stare bene.

-Gli altri?-

-Aspettano fuori.- risponde Lucy -Pronto a ripartire?-

-Oh no!-

Fuori è ancora notte fonda. Deve essere da poco passata la mezzanotte.

I demoni stanno cercando di mettersi d'accordo su chi portare durante il viaggio di ritorno.

Ben, il Cercatore allievo dell'aria, può volare, ma non portare passeggeri.

Irvan e Mirta sono affidati ad Amos. Il colore della sua energia è un viola scuro che non ha nulla di femminile.

Il suo volo, fortunatamente per Irvan, è molto meno turbolento di quello di Lucy, anche se più lento. Questa volta è Mirta ad addormentarsi, poco dopo la partenza.

Irvan si stende accanto a lei sul fondo della bolla viola.

Chiude gli occhi e si concentra.

L'immagine che gli si forma davanti agli occhi è così nitida che fa impressione. Per un attimo crede di trovarsi davvero lì.

Ha visto la piscina solo una volta, in sogno, la notte che Mirta è andata lì a cercarlo.

Degli allievi dell'Aria si stanno esercitando sulle corde appese al soffitto, anche se non sa bene quale sia il loro intento.

Nella piscina non c'è nessuno e l'acqua è immobile come uno specchio.

Astrid si trova inginocchiata a bordo vasca. La riconosce subito.

Sta raccogliendo i capelli verdeacqua in una cuffia.

Indossa un costume intero azzurro e lucido che le aderisce come una seconda pelle.

Si alza in piedi.

Fissa l'acqua per qualche secondo, poi tende le braccia sopra la testa, flette le gambe e salta.

Il suo tuffo è pulito e aggraziato.

Entra in acqua quasi senza neanche sollevare schizzi.

Non riemerge subito. Per qualche istante rimane immobile sotto la superficie.

Solleva lo sguardo e sul suo viso si infrange la luce che filtra attraverso l'acqua.

Emerge e inspira lentamente, poi torna sotto, punta i piedi sul lato della vasca e si dà la spinta.

Le bracciate di susseguono rapide e precise, come se non avesse mai fatto altro nella vita. Solleva la testa per respirare pochissime volte, per il resto del tempo la tiene sott'acqua, gli occhi spalancati che sembrano quasi trasparenti.

Arriva alla fine della corsia prima di quanto Irvan ritenesse possibile.

Non si ferma, si volta sott'acqua e riprende a nuotare.

Arrivata a metà vasca qualcosa in lei comincia a cambiare. Le mani spostano più acqua e le bracciate di fanno più potenti anche se leggermente più lente. Non riemerge più. Smette di battere i piedi cominciando a muovere le gambe come fossero un unico arto.

La sua immagine si ingrandisce, come se qualcuno avesse aumentato lo zoom. Tra le dita c'è una pellicola quasi trasparente che le unisce. Dita palmate.

Ai lati del collo dei graffi di allargano e poi si ristringono a ritmo del sollevarsi del suo petto. Branchie.

La pelle delle gambe comincia veramente ad unirsi e a risplendere come fosse fatta di piccole scaglie. Squame. Il costume sembra ritirarsi, cambia forma e si avvolge solo intorno al petto mentre la pinna verdeacqua finisce di formarsi.

Quando arriva alla fine della vasca, Astrid è una sirena.

Rimane sott'acqua. Nuota senza una meta, solo per il gusto di farlo. Continua a cambiare leggermente la propria forma, fino a trovare quella giusta per i suoi movimenti.

Il suono di una voce attutita arriva dalla superficie.

Astrid riemerge con la testa, poi posa gli avambracci sul bordo vasca.

Sarah le si avvicina con passo leggero. In questo momento non sembra poi così giovane.

-Sapevo che ti avrei trovata qui.-

-Avevo bisogno di pensare.-

Sarah percorre con lo sguardo il suo corpo sinuoso che sembra ancora più bello sott'acqua.

-Non mento quando dico che sei la miglior allieva che abbia avuto dal secolo scorso.-

Astrid distoglie lo sguardo e lo punta nel vuoto.

-Hai pensato alla mia proposta?-

-Sono successe tante cose.- la sua voce è un sussurro.

Sarah annuisce.

-E poi- continua Astrid rialzando lo sguardo -c'è tempo, giusto?-

-Il tempo passa in fretta per i mortali. Per gli immortali vola.-

La Custode dell'Acqua sorride sovrappensiero e si alza. -Pensaci.- dice solo, in tono amichevole.

Astrid fa leva sulle braccia e si mette a sedere a bordo vasca.

Si fissa la pinna con curiosità. La rimira affascinata e conquistata.

Poi, lentamente, la coda di pesce comincia a sparire e il costume a tornare alla sua forma originale.

Di nuovo umana, Astrid si alza e si allontana dalla piscina.

Irvan non può fare a meno di notare quanto appaia fuori posto ora, lontana dall'acqua.

Astrid sembra assolutamente d'accordo.

Irvan riapre gli occhi nella bolla viola di Amos.

-Siamo quasi arrivati.- lo informa il ragazzo-demone.

Irvan cerca di guardare fuori.

Intravede una luce verde scuro.

-Quella è Lucy?-

-No è Ida, Lucy è molto più avanti, le piace correre ed è molto veloce.-

-Non l'avrei detto.-

-Ci sono molte cose che non diresti di lei.-

Irvan prova a mettersi seduto. Ci riesce, anche se non si sente molto stabile.

-Per esempio?-

-Lei... è diversa. Deve aver preso da sua madre, ma solo il lato buono. È determinata, anche se a volte diventa testarda. E coraggiosa. Però a volte fa paura.-

-Paura?-

Amos si ferma di botto.

La bolla viola scompare, riassorbita dalla sua pelle.

Irvan cerca Lucy con lo sguardo.

È seduta sul bordo della piattaforma di atterraggio, le gambe penzoloni nel vuoto. Si direbbe che è pericoloso, ma lei può volare.

Ha le mani in grembo le spalle leggermente ricurve. Lo sguardo basso sulle nuvole sotto di loro.

Irvan scuote Mirta.

-Sveglia!-

Nessun risultato se non un verso assonnato.

-Lascia perdere.-

Marvin entra nel suo campo visivo e prende Mirta in braccio come se non pesasse più di un cuscino.

-La porto io in camera.-

Irvan lo fissa dubbioso.

Marvin indica Lucy con lo sguardo, poi gli fa l'occhiolino.

Irvan sta per sorridere, ma non sa se è la mossa migliore.

Marvin si allontana. Si gira all'ultimo momento. Quando è troppo lontano perché anche Lucy possa sentirlo.

-Irvan, quando ho detto che non dovevamo guardare la sorella dell'altro non ho specificato quale sorella.- si volta e si allontana ridacchiando.

Irvan vorrebbe rispondere che le parole esatte erano "ognuno si guarda la propria sorella", ma sa che con Marvin non si può discutere.

Si gira di nuovo verso Lucy, appena in tempo per vederle cambiare posizione.

Appoggia le mani a terra, poco dietro la schiena, le braccia tese, e getta la testa all'indietro per scostarsi dal viso i capelli lunghissimi. La ciocca verde fluo spicca su quelle nere come un fiume in mezzo ai canyon.

All'improvviso sembra diversa, come se avesse cambiato personalità in pochi minuti. Come se fosse cresciuta.

Lo è, in effetti. Ogni giorno che passa aumenta la differenza tra di loro.

Un primo, singolo, raggio di luce si fa largo tra le nuvole come un freccia scoccata da un ottimo arciere.

-È già l'alba?- chiede incredulo.

-Tu e Mirta perdete spesso la cognizione del tempo.-

-Per te invece sfruttarlo al massimo è una priorità...- non suona come una domanda e forse non lo è.

-Ben se n'è già andato.- dice Lucy senza voltarsi, in tono amaro come la sua tristezza -L'aria si sta già facendo troppo rarefatta per te Irvan.-

-Per te no?-

-Per metà sono un angelo: posso fare a meno di respirare. Per un po'.-

Soffocando un sospiro Irvan rientra.

Si avvicina alla vetrata.

Un secondo raggio di sole, una seconda freccia dorata, s'infrange proprio su Lucy.

E Irvan capisce che è maledettamente fuori posto qui. Almeno quanto lo era Astrid fuori dall'acqua.

Infila le mani in tasca e si incammina lungo il corridoio.

Agli occhi degli altri anche lui e Mirta sono fuori posto?

E allora dove dovrebbero essere? Cosa dovrebbero fare?

Cosa devono pensare?

Da che parte stanno i Cercatori? Sono i buoni? Eppure in un certo senso li ricattano, perché hanno nome cognome delle persone a cui tengono e che potrebbero usare contro di loro.

E le Custodi?

Davvero vogliono dominare il mondo? Alya sembra averne le prove. Forse è vero. Ma come? Da dittatrici o da benefattrici?

"Chi detiene il potere vive nel terrore costante di perderlo." ha detto Lisandro a Mirta, il giorno che l'ha conosciuto.

Lui non c'era, ma ha sognato tutto.

Già. Lui era in una palafitta in mezzo alla palude, punito per non aver voluto fare del male alla sorella.

Sospira.

Almeno per ora, questo sembra il posto migliore in cui stare.

Cammina per i corridoi quasi incoscientemente, andando dove i piedi e il subconscio lo portano.

Si ferma e si guarda intorno.

Riconosce il posto.

Secondo i pensieri del medico i suoi genitori sono vicini.

Questa mattina, o forse sarebbe meglio dire ieri mattina. Glenda ha fermato lui e Mirta, ma ora lei sarà impegnata con Michæl e famiglia. E gatto.

Ritrova le scale e le scende velocemente.

Ritrova la porta e la spalanca.

La stanza è vuota.

È stata lasciata da poco, ma è vuota.

Serra la mascella.

Perché i Cercatori li vogliono tenere lontani dai loro genitori? Cosa temono? E perché, se sono nel giusto, non provano a convincere anche loro?

Appoggia la testa allo stipite della porta.

Forse, dopotutto, per quanto scontato sia, questo non è il posto migliore in cui restare.

Avanza lentamente sull'inquietante pavimento trasparente.

Si stende sul letto e abbraccia il cuscino.

Riconosce l'odore di sua madre.

Ci sarebbero molte cose a cui pensare, ma le palpebre gli si fanno pesanti e la stanchezza lo assale.

Sospira, o forse sbuffa. Poi si addormenta.

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spazio mee

anche questa è fatta yeeeee

si vede l'immagine iniziale di Hope?

Se si allora andate all'inizio del capitolo precedente e ne troverete una di Mirta!

Artemide

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