23

Le strade della capitale in quel tardo pomeriggio erano sovraffollate di automobili, persone che riempivano i marciapiedi, uscendo ed entrando dai vari negozi e locali.
L'ora dell'aperitivo era già iniziata da un pezzo e si avvicinava verso la sua conclusione, ma molti sembravano desiderare trattenersi ancora in quell'atmosfera serena e distesa, rilassandosi al termine di una lunga giornata lavorativa.

Il sole era tramontato da poco e ancora nel cielo si scorgevano i residui dei suoi colori a illuminare di rosa, arancione e giallo le soffici nuvole.
L'aria si era presto fatta frizzantina, seppur conservava ancora in sé i lasciti di una giornata di fine novembre che non aveva potuto vantarsi di temperature stagionali confacenti al periodo: l'inverno era ormai alle porte, ma sul cruscotto dell'auto, appena sotto le cifre che indicavano l'ora e il giorno, erano segnati diciannove gradi.

Irèné comprese presto che il viaggio di ritorno dalla stazione di polizia non l'avrebbe ricondotto a casa sua.
Si trovavano nella sua auto e il suo compagno imboccò l'autostrada, dirigendosi inequivocabilmente verso Provins: nonostante ciò, rimase in silenzio, lasciandosi cullare dal suono del vento che entrava dal finestrino abbassato e che gli sferzava delicatamente il viso.
Non sapeva se anche le loro famiglie li avessero preceduti in paese, né se fosse sicuro per loro stare lì a causa di Michelle.

Per quanto riguardava la donna, sembrava che quella fosse sparita di colpo dalla circolazione: la polizia sperava di beccarla tramite André, anche se le accuse sul suo conto al momento potevano considerarsi di poca rivelanza, rispetto quello di cui credevano si fosse macchiato il suo presunto complice.

Il viaggio si protrasse più del solito: beccarono parecchio traffico, soprattutto nei pressi del paese, poiché il weekend era ormai vicino ed erano molte le persone che si stavano e si sarebbero recate a Provins in previsione di quella domenica: già dal giorno successivo il paese avrebbe dato iniziato agli spettacoli che, in successione, tra vari eventi, avrebbero accompagnato paesani e turisti all'interno della tradizionale Rievocazione storica che si sarebbe conclusa proprio quella domenica con la giostra e le esibizioni dei falconieri.

Irèné non aveva idea di che cosa aveva deciso Emil riguardo la falconeria, non sapeva neanche se l'avesse già venduta, se avesse chiamato addestratori esterni per l'evento: stentava a credere che il suo stesso compagno potesse decidere di esibirsi personalmente, anche se gli sarebbe piaciuto parecchio poter assistere a un tale spettacolo.

Aprì la bocca per porgli delle domande a riguardo, ma quando si volse nella sua direzione trovò Emil assorto nei propri pensieri, apparentemente concentrato nella guida tanto da non essersi reso conto dello sguardo dell'altro su di sé: il giovane chiuse nuovamente la bocca, decidendo di lasciar perdere quell'argomento.

Giunsero in paese poco dopo l'ora di cena: si fermarono in una vecchia locanda che si affacciava sulla strada principale. La porta di ingresso era grande, di legno massiccio, tanto larga e alta da permettere il passaggio di una carrozza trainata da cavalli. Al suo interno si presentava come un'unica grande stanza pavimentata con lastre di cotto e le pareti rivestite interamente di pietre grezze, sino all'inizio del soffitto a botte che si apriva come un grande arco bianco sopra le loro teste, arricchito ulteriormente da travi di legno e lampadari di ferro battuto che scendevano a illuminare l'ambiente.

L'atmosfera che si respirava era calda, accogliente, quasi familiare: molti avventori sembravano ubriachi, ma non in modo molesto. Risate e battute la facevano da padrone, accompagnando ogni portata con allegria.
Soltanto i due ragazzi rimanevano silenziosi e in disparte, mentre consumavano velocemente la loro cena.

Irèné mandò un messaggio a suo padre, informandolo del loro rientro in paese, al quale Martin rispose di non preoccuparsi per Fabien e Bèatrice, poiché ne avrebbero avuto cura loro sino a quando la situazione non sarebbe diventata meno pericolosa. Al giovane mancavano terribilmente i propri figli, nonostante non li vedesse soltanto da meno di un giorno, eppure si rendeva conto che quella fosse la soluzione migliore per loro. L'unica cosa che non si sentì in grado di fare fu quella di informare i suoi genitori di quanto era stato deciso dalla polizia: gli bastava avere Emil indispettito e incazzato per quella storia, non voleva che anche i suoi genitori entrassero nel panico.

Anche lui aveva paura, ma preferiva non pensarci.

Conclusero la cena come se si trovassero all'interno di una bolla in grado di attutire ogni rumore, creando un certo distacco tra loro e tutti coloro che li circondavano. In molti li riconobbero, li salutarono, alcuni tentarono di coinvolgerli in fugaci conversazioni, ma entrambi trovarono il modo di declinare ogni invito, riuscendo a ritagliarsi un po' di spazio per soddisfare il proprio desiderio di estraniamento.
Era strano assistere a quell'aria festosa quasi non risconoscendola, come se fossero dei turisti che per la prima volta si imbattevano in un evento come quello.

Quando si trovarono sotto casa di Emil, Irèné si rese conto che avevano percorso una strada diversa dal solito, che li aveva obbligati a non passare davanti l'abitazione dei Laurant: aggrottò la fronte e tornò a sbirciare l'espressione del suo amante. Emil appariva impassibile, come se agisse consapevole di avere il benestare dell'altro, anche se non gli aveva mai suggerito durante la serata di concludere in quel modo la loro giornata.

"In quale modo?" Pensò Irèné: arrossì e la sua mente venne presa di soprassalto da pensieri davvero poco puri.

Emil si portò un dito davanti le labbra, intimandogli di fare silenzio e il giovane ricordò che, ai primi due piani dell'edificio, c'erano delle stanze che il suo amante utilizzava per il suo Bed and Breakfast.
Annuì, seguendolo con cautela verso l'ultimo piano, stupito, in vero, che Emil avesse avuto testa di portare avanti il suo lavoro senza lasciarsi trascinare troppo dagli eventi delle ultime ore.
"Magari si fa aiutare da Malorie" pensò.

Proprio come si aspettava, l'appartamento di Emil era buio e silenzioso: Camille non si trovava lì.
-Tua figlia?- gli chiese.
-Con i tuoi- rispose laconico il moro, accendendo le luci della stanza.
Irèné socchiuse gli occhi, cercando di evitare di farsi beccare dall'altro nel fissarlo ancora in modo tanto ossessivo.

Ad un tratto, percepì le braccia di Emil stringergli la vita, mentre da dietro poggiava una guancia contro una sua spalla, sfiorandogli il collo con le labbra.
-Non farlo- sussurrò Emil con una punta di panico a incrinargli la voce.
Irèné strinse le braccia dell'altro contro di sé e chiuse gli occhi, sentendolo riprendere a depositargli baci delicati sotto l'orecchio.
Percepì la punta della sua lingua sfiorargli un lobo, che poi strinse tra i denti, facendolo rabbrividire. Lo costrinse a voltarsi verso di lui e gli strinse gli volto tra le mani, poggiando la fronte contro la sua.
-Non voglio perderti.-

Irèné sorrise e scosse appena la testa.
-Sono qui- disse piano, e l'altro prese a negare quelle parole in silenzio: schiuse le labbra pronto a contraddirlo anche a voce, ma il suo amante lo interruppe sul nascere, soffocando quelle proteste con un bacio.
Emil assecondò il suo compagno, prendendo ad assaporare il gusto dolce della sua bocca, lasciando scivolare le dita sui vestiti che indossava, fremendo dal desiderio di poter toccare la sua pelle.

Irèné si liberò del giubbino che indossava, abbandonandolo sul pavimento e prese a spogliarsi velocemente, sentendo l'esigenza dell'altro quasi come se fosse propria, trovandosi ben presto nudo tra le sue braccia.
I respiri presero a farsi sempre più brevi e pesanti: Emil si allontanò di un paio di centimetri da lui, sentendo le labbra pizzicare, come se venissero infilzate da miliardi di aghi bollenti e sapeva che l'unico modo che aveva per ottenere sollievo da quel tormento era proprio tornare a baciare l'uomo che amava.

La bocca si aprì prima che riuscisse a collegarla al cervello e le parole vennero fuori prima ancora che fosse in grado di dare loro un senso.
-Prendimi, Nèné- mormorò, sentendo il terrore stringergli il cuore in una morsa dolorosa.
-Ne sei sicuro?- gli chiese l'altro, captando il panico irrigidire i muscoli del suo compagno.
Emil si limitò ad annuire, evidentemente spaventato: aveva avuto il coraggio di chiederlo e non voleva perdere il proprio coraggio proprio in quel momento, tirandosi indietro.

Irèné gli sorrise cauto, cercando di rassicurarlo: lo aiutò a spogliarsi e abbracciò con forza il suo corpo nudo, facendo in modo che aderisse alla perfezione al proprio, centimetro per centimetro, tentando di trasmettergli il proprio calore, facendo in modo che arrivasse dritto al suo cuore, scacciando ogni paura.

Gli strinse una mano nella propria, conducendolo piano verso la camera da letto.
Scostò le coperte con l'altra mano, malamente, evitando di guardarlo direttamente in viso, continuando a sorvergliarlo di sottecchi, mentre lo vedeva chiaramente impallidire sotto il raggio di luce proveniente dalla cucina.

Lo fece distendere sul letto e attese che assumesse una posizione comoda. Tornò a sorridergli e corse ad accendere la luce della camera. Emil si coprì il viso con entrambe le mani e Irèné sali sul letto, ponendosi a cavalcioni sulla sua pancia: gli afferrò i polsi, cercando i suoi occhi e quando li trovò notò quanto fossero rossi a forza di trattenere le lacrime.

-Va tutto bene, amore- gli sussurrò sulle labbra ed Emil tremò sotto di lui. Dell'uomo sfrontato e arrogante con cui aveva avuto a che fare un paio di mesi prima, quando tutta quella storia aveva avuto inizio, sembrava non essere rimasto più nulla: era come se fosse tornato a essere il quindicenne timido e dolce di cui era sempre stato innamorato.

Riprese a baciarlo, decidendo di non insistere ulteriormente con domande su quanto fosse o meno convinto nel sottomettersi a lui: non voleva aumentare la sua paura, creare in lui il dubbio di non essere pronto per quello. Irèné temeva che fosse proprio così, ma non sarebbe stato di certo lui a dare quell'ennesima mazzata alle sicurezze del suo compagno. Emil glielo aveva quasi ordinato e lui avrebbe obbedito, aiutandolo ad appropriarsi nuovamente di quella parte della sua intimità che gli era stata brutalmente portata via tanti anni prima.

Ricoprì il suo viso di tanti piccoli baci, leccando via le lacrime che erano fuggite ai suoi occhi, baciandogli la punta del naso, sorridendo per poi tornare ad accarezzare sensualmente la sua lingua con la propria.

Prese a far vagare le mani sul suo corpo, tracciando percorsi immaginari fatti di calde carezze lascive, senza tralasciare alcun punto, sino a giungere nei pressi del suo inguine: fece scivolare i polpastrelli sulla pelle tesa appena sopra le cosce, per poi ripiegare sul membro eretto dell'uomo, prendendo a massaggiarlo con cura con una mano, mentre con l'altra accarezzava la parte sottostante, avvicinandosi sempre più al suo obiettivo.

Emil si lasciò sfuggire un gemito e inarcò la schiena, serrando con forza gli occhi, sentendo un dito iniziare a corteggiare la sua parte più intima.
Il suo compagno tornò ad avvicinarsi al suo viso, poggiando le labbra sulle sue, cercando di limitare i suoi tremori.

-Guardami, Emil. Non chiudere gli occhi, sono io. Guardami- gli soffiò sulla pelle ed Emil cercò di fare quanto gli era stato detto, incontrando gli occhi limpidi del suo Nèné.

-Sono io- ripeté Irèné, mentre lo penetrava delicatamente: Emil si irrigidì immediatamente e strinse un labbro tra i denti senza, tuttavia, scostarsi dal suo amante, continuando a ricambiare il suo sguardo, nonostante i suoi occhi fossero così sgranati e colmi di paura.
-Sono io- disse ancora il giovane e ripeté quelle due parole piano, ancora e ancora, massaggiando con cura l'intimità del suo uomo, sino a quando sostitutì le dita con la punta del proprio membro.

Emil trattenne un urlo e Irèné gli strinse le spalle con entrambe le mani, tenendo la fronte premuta contro la sua, continuando ad entrare piano dentro di lui.
-Sei tu- balbettò Emil, terrorizzato.
-Sono io- e fu dentro di lui.

Prese a muoversi delicatamente, baciando il suo uomo, sciogliendo la presa sulle spalle per abbracciarlo, prendendo quasi a cullarlo mentre lo possedeva, sempre più in profondità, percependo il corpo di Emil aprirsi a lui, concedersi sempre di più.
La sua bocca prese a fuggire ai baci, annaspando alla ricerca di aria: più le spinte si facevano decise e veloci, più Emil si protendeva verso il suo amante, senza più riuscire a contenere i propri gemiti.

Si morse più volte le labbra, ma Irèné era sempre lì, pronto a impedirglielo, godendo del piacere dell'altro e dopo l'ennesima spinta lo sentì inarcarsi ancora sotto di sé, urlando con tutto il fiato che aveva nei polmoni, per poi ricadere sul letto tremante di desiderio.

Irèné gli baciò la bocca, continuando a colpire quel punto dentro di lui, sentendolo contorcere sotto di sé in preda agli spasmi dell'orgasmo, mentre anche lui si avvicinava sempre più al punto di non ritorno.

-Ti amo, Nèné- lo sentì mormorare con il fiato corto, mentre marchiava il suo corpo con il proprio piacere, cancellando il passato e l'orrore con l'amore.

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