20

-Quindi...- mormorò Valentine: -... abbiamo fatto una cazzata a portare qui Camille?- domandò.
Irèné rivolse alla madre uno sguardo eloquente.
-Benissimo. Ma se voi ci aveste informati, magari avremmo potuto evitare di commettere un errore- sbuffò la donna, incrociando le braccia sul petto.

-Cercate di capirci. La situazione ci imbarazzava parecchio- borbottò Emil, infastidito da come le loro madri stavano reagendo alla storia delle fotografie.

Alla fine avevano ceduto e dopo tante emozioni, urla, lacrime e sorrisi tirati, i due giovani si erano decisi a vuotare il sacco, completamente, almeno con i presenti nella casa di Irèné.

I bambini, sfiniti da quella pazza giornata, avevano finito per addormentarsi sul divano, tutti e tre accoccolati tra di loro.
Gli adulti si trovavano nella stanza a fianco, seduti intorno a un tavolo, sussurrando per non svegliarli, ed era difficile per le due donne mantenere un tono di voce pacato, soprattutto dopo aver appreso del caos che imperversava all'interno delle vite dei loro figli.

-Avreste dovuto informarci- protestò Malorie, lanciando un'occhiata di disapprovazione nei confronti del figlio.
-Abbiamo assoldato degli investigatori...- cercò di giustificarsi Emil.
-Certo. E di tanti hai scelto il fratello della tua deliziosa ex moglie- lo interruppe la donna con tono ironico.

-Almeno, tuo figlio ha cercato di trovare una soluzione. Mentre quell'idiota del mio sta lì a farsi prosciugare il conto in banca da un ameba!- esclamò Valentine con amarezza.
-Oddio, mamma! Cosa avrei dovuto fare?-
-Evitare di comportarti da stupido, Irèné? La morte di una persona è sempre una cosa orribile, ma non capisco perché tu ti sia sentito in dovere di pagare per una colpa che non hai-
-Roland...- incominciò col dire il giovane, ma sua madre lo interruppe.
-Roland si è ammazzato perché è stato tradito? Perdona il mio cinismo, tesoro, ma se ciò fosse logico non mi spiego come tutti i cornuti del mondo non si buttino sotto un treno!-
-Ognuno reagisce a modo proprio a certe cose- disse Malorie.
-Sicuramente. Ma non vedo perché debba essere lui a pagare per il modo di reagire altrui!-
-Su questo punto concordo con te.-

I due giovani si scambiarono un'occhiata imbarazzata. Da quando quella loro conversazione era iniziata, sembrava che le loro madri non avessero fatto altro che sottolineare quanto il loro comportamento fosse stato, in vero, stupido e infantile. Si sentivano come due bambini che stavano ricevendo l'ennesima ramanzina, non due adulti che avevano compiuto delle scelte mature e consapevoli.

A guardarsi un po' attraverso gli occhi di Valentine e Malorie, i due arrivarono alla conclusione che le loro madri avevano ragione.
I sentimenti devastanti e complicati che li avevano guidati nelle loro azioni avevano impedito a entrambi di comportarsi in maniera lucida, agendo di impulso, imboccando strade tortuose, rapiti dalle emozioni.

-Ariel non può fare nulla di legale per obbligarti a sganciare altri soldi. Se andasse a denunciarti alla polizia, e non riesco a trovare un solo motivo valido per cui dovrebbe farlo, finirebbero per arrestare lui, non te- disse Valentine e sembrava che ad ogni parola si agitasse un po' di più, davvero furiosa con il figlio e con i suoi stupidi e infondati sensi di colpa.
Irèné scosse la testa.
-Ha bisogno di aiuto...- tentò di dire, ma sua madre lo fulminò con lo sguardo.
-Ha bisogno di un calcio in culo. Che si svegli e incominci a comportarsi da uomo! Anziché continuare a fare il parassita!-

Il giovane arrossì imbarazzato e distolse gli occhi dalla madre.
-È inutile che scappi dal mio sguardo, ragazzino. E informerò tuo padre di tutta questa storia...-
-Per favore!- la interruppe Irèné, balzando in piedi e battendo le mani contro la superficie del tavolo.

Se ne pentì subito e rivolse uno sguardo preoccupato oltre l'arco che separava la cucina dal soggiorno, cercando di capire se la sua eccessiva reazione aveva disturbato il sonno dei bambini: ma sembrava che quelli fossero abbastanza sfiniti da non aver udito nulla.

-È tuo padre- si limitò a dire Valentine, mentre il figlio riprendeva posto. Anche Emil provava imbarazzo davanti quell'eventualità: si sentiva più a suo agio davanti le ramanzine spietate delle due donne, piuttosto che immaginarsi a tu per tu sotto lo sguardo severo del padre di Irèné. Non era sicuro che avrebbe retto ancora una volta le sue tacite accuse.

-Papà...-
-Papà è uomo. Ha beccato suo figlio a letto con l'amante- a quelle parole il giovane rabbrividì, ottenendo la conferma di ciò che aveva sempre sospettato: suo padre aveva rivelato l'accaduto agli membri della famiglia. Il rossore sulle sue guance si fece più acceso, mentre sua madre riprendeva a parlare: -Lo shock iniziale è subito stato sostituito dalla consapevolezza che tu non eri e non sei il suo bambolotto. Sei figlio, ma non suomio. La proprietà della tua persona appartiene solo a te.-
-Papà non ha reagito in quel modo per gelosia nei miei confronti...-
-È sempre stato geloso di te ed Edith. C'è voluto molto tempo prima che accettasse che non sareste rimasti in eterno sotto il nostro stesso tetto. Che sareste cresciuti e volati via per le vostre strade.-

Chissà perché, ma quelle parole ebbero la capacità di lenire il dolore di quella ferita che il giovane si portava dietro da quindici anni: il fatto che suo padre avesse reagito a quel modo per gelosia, per via della sua forma possessiva di amore, in qualche modo riempì di gioia il cuore di Irèné. Se suo padre lo amava tanto, tutto ciò che nel tempo aveva intravisto nel suo comportamento nei propri confronti era falso: aveva frainteso ogni gesto, così imbarazzato da non rendersi conto dell'amore dell'altro.

Gli occhi gli si riempirono di lacrime, ma le trattene con forza, limitandosi a sorridere, sentendo il desiderio spasmodico di correre a Provins e abbracciare suo padre, riappropriarsi di tutto il suo affetto in modo completo, totale, senza più stupidi imbarazzi.

-Per fortuna, Edith è rimasta a casa- sussurrò. Valentine sembrò scacciare via quelle parole con una mano, mentre le sue labbra assumevano una strana smorfia.
-Non è questo il momento per parlare di lei e di tutti i suoi spasimanti con il cuore a pezzi che si aggirano come poveri zombie nei pressi della nostra casa-
Emil rise di gusto, mentre Irèné sollevava un sopracciglio con fare stupito. Malorie scosse la testa, trattenendo un sorrisino, prima di rivolgere il proprio sguardo al figlio, compiaciuta dalla sua reazione gioiosa.

-Ecco. Alla faccia di quei bastardi. Devi sempre sorridere, tesoro. Devi vivere, amare e sentirti libero di essere te stesso- disse e il sorriso di Emil si affievolì, seppur il giovane conservò negli occhi la parvenza di una scintilla di luce.
-Io sono sempre disponibile, eh... se mai ti venisse in mente di mettere su famiglia.-

Emil si volse in direzione di Irèné scioccato dalle parole che gli aveva sentito pronunciare. Batté le palpebre un paio di volte, osservando il viso dell'altro, mentre quello rivolgeva il proprio sguardo altrove, imbarazzato, e le loro madri sogghignavano, piacevolmente stupite dalla piega che sembrava aver preso quella loro conversazione.
Si scambiarono uno sguardo complice e fecero per alzarsi dalle sedie che occupavano.
-Credo che sia opportuno sporgere denuncia alla polizia, senza limitarsi all'intervento di investigatori privati, in modo da risolvere questa storia per vie legali- disse Malorie.
Valentine annuì.
-Concordo. Nel frattempo vado a telefonare a mio marito, invitandolo a raggiungerci-
-Vengo con te- disse l'altra, lasciandosi scappare un risolino.

Le due donne lasciarono la stanza quasi di corsa, sparendo dalla circolazione.

-Assolutamente...- iniziò col dire Irèné.
-Prevedivili?- lo interruppe Emil.
Il giovane annuì.
-Ci hanno lasciati soli- constatò divertito.
-Perché tu te ne sei uscito con quella frase- borbottò il suo ospite.

Irèné tornò ad arrossire, si morse un labbro, gettando fugaci occhiate in direzione del soggiorno.
Si sentiva in imbarazzo e non aveva idea di come avrebbe dovuto portare avanti quella loro conversazione. Non aveva certezze su ciò che Emil si aspettava da lui, né di come avrebbe potuto reagire.

-Che ne diresti... intendo... pensi di potermi dare... una seconda... l'ennesima possibilità?- borbottò il moro.
Irèné sorrise e per timore di offendere l'altro, corse a coprire quel sorriso con una mano.
Ma Emil gli si fece vicino, strinse delicatamente quella mano in una delle sue, scostandogliela dal viso.
-Come devo interpretare questa tua reazione?- gli chiese e il sorriso di Irèné si allargò.

Emil gli posò una mano alla base della nuca, avvicinandolo a sé. Gli sfiorò delicatamente le labbra con le proprie, facendosi contagiare dal sorriso dell'altro. Ma poco prima che quelle carezze venissero approfondite, Irèné lo fermò, premendo due dita sulle labbra dell'altro.
-Niente scherzi, Emil. Non voglio darti l'ennesima possibilità di spezzarmi il cuore. Se adesso mi dici di sì, sarà per sempre. Ti prendo così come sei, con tutti i tuoi difetti e tormenti. Avrò cura di te, sarò al tuo fianco quando i ricordi torneranno a tormentarti. Ma pretendo che tu non mi ferisca più.-

Quelle parole commossero Emil: annuì piano, baciò le dita di Irèné con un sorriso carico di gioia. Le sue labbra tremavano appena, la paura non si era dissolta di colpo e sapeva che sarebbe tornata ancora... Ma non sarebbe più stato solo.

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