16

Era già da un po' che qualcuno stava molestando il campanello dello studio.

Irèné aggrottò la fronte indispettito, si alzò dalla poltrona sulla quale era seduto, abbandonò le carte che stava studiando e corse nell'ingresso.

Di André nessuna traccia.
La cosa lo stupì, le rughe sulla sua fronte si fecero più profonde, ma tralasciò quel particolare andando ad aprire la porta.

Immediatamente si irrigidì.
-Ciao- mormorò Ariel, fuggendo dallo sguardo accusatore dell'altro.
-Perché sei qui? Il mese non è ancora terminato- ribatté secco Irèné, alludendo al fatto che non aveva intenzione di sganciare altri soldi per lui, dato che, appunto, il mese non si era ancora concluso e lui si era già dimostrato sufficientemente generoso con l'altro.

Sentì la porta del bagno chiudersi, e André tornare nell'ingresso.
-Scusami, ero in bagno...- borbottò, ma il giovane lo ignorò, rivolgendogli un breve gesto della mano, senza voltarsi a ricambiare il suo sguardo.

Si chiuse la porta alle spalle, uscendo sul pianerottolo. Si allontanarono di qualche passo, superando l'ascensore e si fermarono solo quando Irèné finì per porre Ariel con le spalle al muro.

-Che vuoi?- gli domandò.
-Al dir il vero... volevo solo vederti. Anche se non è solo questo. Cioè, in verità ho finito i soldi che mi avevi dato e...-
Il biondo batté con violenza una mano contro la parete, vicino al viso dell'altro, che sussultò spaventato, tornando ad abbassare gli occhi.

Irèné non aveva potuto dimenticare il loro ultimo incontro; per quanto Ariel volesse spacciarsi per un angioletto indifeso, sapeva benissimo di cosa era capace e non gli avrebbe mai più permesso di ripetere certe dinamiche. Certo era che non voleva più sentire le mani dell'altro addosso a sé ed era ancora, ulteriormente, furioso al ricordo di Fabien impalato dietro quella porta, mentre lui cercava di difendersi da quell'idiota.

Aveva commesso un errore, ma non aveva alcuna intenzione di sbagliare ancora.

E dopo quanto aveva appreso sul passato di Emil, si sentiva ancora più forte nel suo voler rifiutare l'altro, come se quanto aveva fatto, una pallida e lontanissima imitazione delle azioni di Henri, lo autorizzasse a essere meno gentile, più duro nei confronti del suo ricattatore, come se anche il suo senso di colpa per la prematura morte di Roland si fosse affievolito.

-Come hai potuto esaurire tutti i soldi che ti ho dato a inizio mese?-
-Ho avuto delle spese extra-
-Di che genere?-
-Mediche. Sono stato male-
-E dove sono le ricette che attestano quanto stai dicendo?-
-Davvero me lo stai chiedendo?- gli domandò incredulo Ariel.

-Io non sono un bancomat. Tu puoi esserti fatto l'idea che preferisci, resta di fatto che ti aiuto, ma non ho intenzione di farlo per sempre, privando i miei figli di qualsiasi cosa soltanto perché quei soldi sono finiti nelle tue tasche-
-Tu hai un debito...-
-Con la tua famiglia, lo so- lo interruppe: -E lo ripagherò. Ti avevo fissato dei colloqui di lavoro nei giorni scorsi, ti sei presentato?-

Ariel serrò le labbra, arrabbiato, senza rispondergli. Lo allontanò da sé con una spinta, improvvisamente meno gentile e carino, come se avesse buttato giù la maschera, tornando a rivestire i suoi veri panni.

Irèné trasalì, mentre percepiva il sangue defluire dal viso. Continuava a provare paura dell'altro: possedeva troppo potere sulla sua vita e più cercava di allontanarlo da sé e dalla sua famiglia, più si rendeva conto di quanto gli fosse difficile farlo.

-Devi lasciarmi in pace. Sto pagando il mio debito, ma più di quello che ti do non posso permettermi- sussurrò.
Ariel scosse la testa.
-Mi hai portato via la cosa più preziosa che avessi. Non ci sarà mai una cifra sufficiente per saldare il tuo debito. A meno che...- così dicendo si avvicinò all'altro, fermandosi a un passo da lui.

Irèné deglutì sonoramente, impedendosi di mostrarsi ancora più spaventato, senza indietreggiare, sostenendo lo sguardo del suo ricattatore.
-Ti ho già detto che non ti permetterò più di mettermi le mani addosso-
-Sei stupido. Stai complicando tutto. Se tu mi dicessi di sì...-
-Ti dimenticheresti di Roland per un po' di sesso?- gli chiese.

Ariel lo spintonò ancora, ma con più forza. Irèné cercò di non cadere, di mantenersi in equilibrio, ma finì per trovarsi lui stesso con le spalle al muro. L'altro gli fu subito addosso, afferrò il bavero della giacca che indossava, strattonandolo verso di sé.
-Io ti voglio e ti avrò. Non commetterò lo stesso errore di Roland-
-Tu mi vuoi soltanto perché mi voleva tuo fratello!-
-È così!- tuonò in risposta il suo aggressore.

Lo vide sgranare gli occhi, resosi conto di quanto aveva appena detto. Lasciò di colpo la sua giacca, tornando a fuggire dal suo sguardo accusatore.

Irèné sapeva quanto Ariel fosse stato soggiogato dal fratello: quando era in vita, Roland aveva potuto vantare potere assoluto su di lui. E anche da morto sembrava che la situazione fosse rimasta immutata, come se Ariel stesse ancora lì a imitarlo, a cercare di compiacerlo in ogni modo possibile.
Era assolutamente convinto che il giovane non fosse mai stato in grado di sviluppare una propria personalità, troppo preso a emulare Roland, tentando disperatamente di essere come lui, in qualche modo, sino ad arrivare a... sostituirlo.
Sapeva quanto potesse essere deleterio un rapporto di tal tipo e Ariel ne era la testimonianza vivente: continuava a torturarlo così come aveva fatto Roland, ponendosi come la parte lesa e fragile della coppia, tentando di ottenere tutto ciò che voleva facendo leva sul suo senso di colpa.

Per Roland era stato la consapevolezza di non ricambiare i suoi sentimenti.

Per Ariel la certezza che Roland si fosse tolto la vita a causa del suo tradimento.

Ma sapeva di essere la vera vittima della situazione: obiettivamente lo capiva, anche se poi non riusciva ad agire di conseguenza.

Avrebbe dovuto trovare un modo per porre fine a quella storia, ma più si sforzava, meno sembrava avvicinarsi alla soluzione.

-Non starò mai con te, Ariel- sussurrò. Allungò una mano nella sua direzione, accarezzandogli una guancia. Lo costrinse a sollevare il viso, a rivolgere il proprio sguardo su di lui.
Rimasero a fissarsi per po', sino a quando Irèné iniziò a sentirsi svuotare di ogni sentimento, mentre una strana calma si impossessava di lui, riconducendolo con la mente a un anno prima...

Roland stava in piedi vicino al loro letto, lo stesso che occupava Irèné, seduto sul bordo. Era immobile, silenzioso, rigido.
I suoi occhi sembravano fissi su qualcosa di molto lontano da loro, da ciò che stava accadendo, come due abissi aperti su un altro mondo, in contemplazione di qualcosa di altrettanto vero, forse persino più reale di quanto percepiva esserlo ciò che stava accadendo a loro.

Irèné non aveva idea di cosa avrebbe dovuto dire.
Si alzò dal letto, gli andò incontro, accarezzandogli i capelli chiari con gesti tremanti.

Si sentiva in colpa.

Roland si chinò su di lui, poggiò la fronte su una delle spalle del compagno, lasciandosi abbracciare.
Inspirò a pieni polmoni il profumo della sua pelle, sentendo gli occhi come bruciare a causa delle lacrime che cercavano con forza di uscire fuori.

Ma non ardevano soltanto di dolore, e riuscì a trattenerle.
Allontanò da sé il suo compagno con una violenta spinta.
Lo vide sussultare spaventato, mentre rivolgeva occhiate furtive alla porta della stanza.
Sapeva a cosa stava pensando: Fabien e Bèatrice.

Quei due mocciosi che non facevano altro che urlare, piagnucolare e fare i capricci.
Era stato contrario sin da subito all'idea di Irèné di mettere su famiglia, e avrebbe dovuto comprendere quali erano i veri sentimenti dell'altro quando si era infischiato delle sue proteste, presentando ugualmente domanda di adozione, e ponendovi soltanto la sua firma, decidendo di non coinvolgerlo in una cosa tanto importante.

E da due mesi a quella parte, non solo doveva continuare a sgomitare per farsi spazio nel suo cuore, lottando strenuamente contro il ricordo del suo primo amore, ma ci si mettevano pure quei due a rendere tutto ancora più complicato.
E Irèné non se ne risparmiava una.

L'aveva pure tradito.

-Mi dispiace-
-Voglio sapere chi- si era sentito dire, come se la sua bocca, il suo stesso corpo si trovassero separati dalla mente.

-Preferirei che non insistessi-
Quelle parole a Roland non erano affatto piaciute.
Il fatto che il suo compagno si rifiutasse di rivelargli l'identità del suo amante lo mandava fuori di testa.

Cosa poteva esserci ancora di più terribile di quanto gli aveva già fatto?

E fu in quel momento che comprese.

Urlò e sentì la bambina, nella stanza accanto, iniziare a piangere attraverso l'apparecchio di sorveglianza che il compagno aveva lasciato sul suo comodino, accanto al letto.
Irèné fece un passo in direzione della porta, infischiandosi totalmente di lui, del suo cuore a pezzi, del dolore sordo che stava sorverchiando ogni altra cosa, azzerando ogni brandello di ragione.

Si avventò su di lui impedendogli di raggiungere la porta, lo spinse ancora, facendolo finire contro la parete.
-Mi hai tradito con Emil!- sibilò, accecato da ciò che stava provando.
-Mi dispiace, Roland...-

Irèné tornò al presente, ad Ariel, a quanto quella situazione gli ricordasse da vicino quella vissuta con Roland l'anno precedente.
E senza rendersene pienamente conto, finì per utilizzare le stesse parole di allora, le stesse che aveva rivolto a Roland un anno prima, in quel momento furono per Ariel.

-Mi dispiace... ma io non posso ricambiare i tuoi sentimenti. Non potrò amare mai nessuno all'infuori di Emil. Mi chiedi qualcosa che per me è impossibile. Nessuno, neanche tu con tutto il tuo amore per me, potrai prendere il suo posto nel mio cuore.-

Ariel si allontanò da lui, come se si fosse scottato. Lo fissò come se fosse un alieno, un mostro, prima di correre via, ferito, con le lacrime agli occhi, senza avere la forza di dire più nulla.

Irèné si lasciò scivolare contro la parete, sedendosi sul pavimento.
Batté le palpebre un paio di volte, rendendosi conto di ciò che aveva appena fatto, di quello che aveva detto.

Sperò con tutto il cuore che Ariel si rivelasse una persona più forte di suo fratello.
Pregò e sperò con tutto se stesso di non doversi pentire, ancora una volta, di aver difeso il suo diritto di amare Emil.

Bạn đang đọc truyện trên: AzTruyen.Top