13
La camera da letto di Emil era esattamente come il resto della sua abitazione: spartana e priva di ogni calore familiare.
Eppure Irèné non ebbe modo di farsi un'idea di ciò che lo circondava. Si sentiva come catapultato dentro un sogno, dove i confini dello spazio iniziavano con il corpo caldo dell'uomo sopra di lui e terminavano dentro gli occhi neri di Emil, cupi come un cielo notturno privo di stelle, carichi di una passione tale da mozzare il respiro.
Si sentì rabbrividire mentre quegli occhi gli accarezzavano il corpo, lasciando scivolare lo sguardo sulla sua pelle come se fosse la più invadente delle mani.
-È sbagliato- mormorò Emil. L'altro annuì piano, mordendosi un labbro e quell'unica, infinitesimale azione sembrò accendere il fuoco dentro le vene del moro.
Si avventò sulle labbra del suo amante, catturandole in un bacio che fu subito famelico, carico di una tensione quasi snervante.
Le mani tremavano, ogni muscolo era teso e in piena fibrillazione: Emil si sentiva come se una tigre si fosse rannicchiata nel suo petto e fremesse dal bisogno impellente di balzare fuori e divorare tutto... ogni più piccola parte di Irèné.
Aveva sempre cercato di sopraffare quel suo selvaggio desiderio, e sempre, in un modo o nell'altro, vi era riuscito.
Sino a quando...
Irèné era in grado di capovolgere tutto, annientare ogni incertezza, ogni disprezzo che nutriva verso se stesso.
Nessuna donna aveva mai potuto reggere il confronto con lui, neanche la più bella e seducente sirena si era trovata, in passato, a competere con qualche speranza di vittoria con il ricordo dolce e tormentato del suo primo amore.
Potevano passare ore intere all'interno di un salone di bellezza, ma sapeva che, per lui, la loro pelle non sarebbe mai stata morbida tanto quanto quella di Irèné. Potevano farsi curare i capelli dal miglior parrucchiere di Parigi, ma nessuna di loro avrebbe mai ottenuto quegli stessi riflessi dorati in grado di stregarlo con la loro luce.
E gli occhi di Irèné, così chiari e limpidi; il suo viso sempre carico di emozioni.
Anche a distanza di anni, non aveva avuto dubbi, l'anno precedente, quando se lo era trovato davanti: era lui. Lo avrebbe riconosciuto ovunque; con il cuore pronto a tradire ogni sua menzogna, anche quella più studiata e apparentemente perfetta.
Sentì il suo respiro iniziare a farsi corto, mentre le labbra si allontanavano appena da quelle dell'amante, e quello di Irèné gli accarezzò la pelle del viso madida di sudore, facendolo rabbrividire.
Il suo petto si riempì di un'emozione nuova, così dolce da commuoverlo, tanto che si trovò costretto a nascondere il viso nell'incavo del collo dell'altro, per nascondergli quei sentimenti disarmanti.
Prese a baciare e mordicchiargli il lobo di un orecchio, mentre le sue mani scorrevano sul corpo del biondo, come a voler riempire le palme di ogni centimetro della sua pelle, accarezzarlo tutto, marchiarlo come sua proprietà, farlo proprio in modo totale, quasi come a volerlo assimilare dentro di sé.
Irèné gli cinse i fianchi con le gambe, facendo sfregare le loro erezioni e un suono gutturale scappò via delle sue labbra, mentre gli prendeva il viso tra le mani, cercando disperatamente di riappropriarsi delle labbra dell'altro.
Chiuse gli occhi perché sapeva che, se si fosse concesso di guardare ancora tra le ciglia folte e scure di Emil, avrebbe rischiato di annegare dentro il suo sguardo.
Quella volta tutto era diverso, come mai era stato l'anno precedente.
Gli parve di essere tornato il ragazzino di quindici anni prima, pieno di paure e amore nei confronti di quel giovane, ormai uomo, così taciturno e distante, eppure pieno di una sensibilità preziosa, che lasciava trasparire raramente e solo in presenza di persone di cui si fidava ciecamente.
Era quello che più di tutto gli era mancato.
L'anno prima si era trovato spesso a pensare di fare sesso con uno sconosciuto di cui sapeva solo il nome, troppo lontano dal ricordo tenero che di lui conservava.
Eppure, Emil aveva nuovamente stravolto tutto, tornando da lui, ancora una volta, al suo fianco, tra le sue braccia, dentro il suo corpo e il suo cuore così come aveva sempre desiderato.
Lo sentì muoversi piano, con una sensualità del tutto inaspettata, lenta ma decisa, mentre accarezzava la sua parte più intima con due dita.
Una scarica di puro piacere lo fece contorcere sotto l'altro, spingendo il bacino per approfondire quel contatto.
E divenne davvero più profondo, quando Emil decise di farlo di nuovo suo. E lo fece cercando di spegnere ogni pensiero, ogni perché fosse sbagliato, godendo del corpo dell'altro davvero.
Godendo del corpo di un uomo.
Le spinte si fecero presto più esigenti, meno gentili, ma il dolore non arrivò e il piacere prese a colpire il biondino come tante piccole onde in successione, rendendolo totalmente estraneo a tutto ciò che lo circondava, a nulla che non fosse il membro del suo amante dentro di sé, le sue mani bollenti sulla sua pelle, le sue labbra a divorarlo.
Come tutto era iniziato, tutto finì: molto lentamente, proprio come il risvegliarsi da un sogno.
I respiri tornarono a farsi meno corti, la pelle si ricoprì di nuovi brividi, dettati dall'improvviso freddo subentrato alla lontananza dei corpi.
Rimasero immobili, distesi l'uno di fianco all'altro a fissare il soffitto, come se si trovassero catturati dalla proiezione di un qualcosa di incredibilmente interessante.
Ma c'era solo dell'intonaco bianco sopra di loro, scrostrato in alcuni punti a lasciar intravedere i bordi di grossi mattoni grezzi.
Poco alla volta il silenzio divenne imbarazzante, i corpi sempre più freddi, mentre l'indecisione sembrava tenerli inchiodati alle lenzuola sfatte che ricoprivano malamente il materasso.
La stanza sapeva ancora di loro, del loro piacere, eppure... l'atmosfera che li aveva come avvolti e protetti nel suo sensuale abbraccio sembrava essersi dissolta del tutto.
Irèné trattenne un singhiozzo, sentendo i polpastrelli come friggere dal desiderio impellente di tornare a toccare il corpo dell'altro, di riaccendere il loro calore, fatto di quella miscela unica al mondo che sapeva solo di loro due e dell'amore che nutrivano l'uno nei confronti dell'altro.
Sapeva che era così, era assolutamente certo di aver sentito chiaro e forte il grido di Emil durante il loro amplesso: dalle sue labbra non era uscita una sola parola a riguardo, eppure il suo corpo era stato sincero, era giunto a sopperire ad ogni mancanza, svelando ogni bugia che gli aveva rifilato nel corso degli anni.
Di colpo, lo vide rannicchiarsi contro di sé: tornò a nascondere il volto nell'incavo della sua spalla, stringendogli un braccio intorno alla vita, piantandogli le unghia in un fianco, intrecciando le loro gambe, ristabilendo quel contatto fisico divenuto ormai essenziale per entrambi.
Percepì chiaramente le lacrime dell'altro bagnargli la pelle e se ne stupì, mentre il suo cuore iniziava come a stringersi per la preoccupazione davanti una tale reazione.
Prese ad accarezzargli dolcemente i capelli, non sapendo bene che altro fare.
-Emil...- mormorò e il pianto dell'altro smise di essere silenzioso, trasformandosi in profondi e strazianti singhiozzi.
-Cosa...?- cercò di chiedergli, ma un sussultò dell'uomo lo convinse a troncare la sua domanda sul nascere.
-È assurdo...- disse il moro poco dopo, con la voce arrocchiata e incerta, mentre si scostava da lui, poggiando una guancia sul suo petto, cercando di asciugarsi rozzamente le lacrime con il dorso di una mano.
-Che intendi dire?-
-È assurdo, Nené... quanto io ti ami. Quanto ami un uomo.-
Il cuore sembrò darsi ad assurde attività circensi: prese a battere come un tamburo, a fare capriole, mentre un nodo stringeva la gola del biondino, troppo sconvolto da quelle parole per accettarle senza domandarsi ancora perché.
Perché tutto quell'odio nei suoi confronti, nei confronti degli uomini?
Perché li aveva obbligati a una vita priva di ogni amore?
Perché aveva preferito alimentare tutto quell'astio privo di senso?
-Emil...-
-So che sei legato alla falconeria- lo interruppe l'altro e Irèné aggrottò la fronte, improvvisamente all'erta, non comprendendo cosa c'entrasse quel discorso proprio in quel momento: -Ma io ho bisogno di venderla. Di cancellarne il ricordo e l'esistenza dalla mia vita-
-È lì che mi sono innamorato di te- confessò Irèné.
Il moro sollevò il viso in cerca dello sguardo dell'altro. A Irèné non piacque affatto ciò che lesse nella sua espressione: i lineamenti apparivano tesi, la pelle sembrava essersi fatta sottile sui muscoli. Era impallidito e i suoi occhi erano tornati a essere due abissi neri, privi di ogni dolcezza.
-Amavo guardarti lavorare con quegli splendidi animali, mentre ti impegnavi per diventare un falconiere, giorno per giorno, sbaglio dopo sbaglio. Amavo guardarti spiegare le braccia insieme a loro durante le acrobazie a cui li addestravi, come se avessi voluto imitare il loro volo e sembrava che volassi davvero, nonostante continuassi a tenere i piedi sulla terra. Sembravi un angelo e ti ricordo carico dei riflessi della luce del sole a illuminarti il viso, a modellarsi sul tuo corpo come le fiamme di un fuoco sprigionato dalla tua stessa passione, dalla tua stessa soddisfazione nel rivedere premiati i tuoi continui sforzi di migliorare come addestratore.-
Emil tornò a poggiare la guancia sul petto dell'altro e prese ad accarezzargli la pelle delicatamente con un dito, distrattamente, mentre i suoi occhi sembravano perdersi nel vuoto, in ricordi troppo lontani e dolorosi.
-Ricordi Henri?- gli chiese poco dopo, con voce improvvisamente atona.
-Il socio di tuo padre?- gli domando di rimando Irèné. Emil si limitò ad annuire: -Oh beh. Non ho mai capito per quale motivo tuo padre gli fosse amico. Vincent era un uomo meraviglioso, un po' burbero, forse, ma buono. E non mi capacitavo proprio di come potesse essere amico di un essere viscido come Henri-
-Era un pedofilo. Gli piacevano i ragazzini, maschi, come... me.-
Il cuore di Irèné sembrò perdere un battito. Istintivamente strinse il suo amante a sé, tra le braccia, con forza, quasi a volerlo nascondere dal mondo interno. Nascose le labbra e il naso tra i suoi capelli, indeciso se porgli o meno la domanda che aveva preso forma nella sua mente.
Era certo di conoscerne già la risposta, per tale motivo taceva: se mai si fosse deciso a darle voce, era sicuro che lo avrebbe fatto con il desiderio di essere smentito.
Ma Emil non avrebbe avuto motivo di rivelargli quel segreto all'improvviso e, per quanto assurdo e inaccettabile, se davvero quel porco di Henri gli aveva messo le mani addosso quando era un ragazzino, ciò avrebbe potuto spiegare quell'atteggiamento distruttivo dell'uomo nei confronti di se stesso e della propria sessualità.
-Mio padre non mi ha mai creduto- mormorò Emil: -Per questo non ci parlavamo più. Non accettava che io... beh, non ha mai accettato che fossi gay, anche se avevo fatto tutto per nasconderglielo, ma non ero stato altrettanto bravo a celargli i miei sentimenti per te. Credeva che volessi screditare ai suoi occhi un suo amico, lo stesso che gli aveva messo nell'orecchio la pulce sui miei gusti sessuali-
-Emil...-
Il moro tornò a sollevare il viso. Strinse tra le mani il volto dell'altro, poggiando la fronte contro la sua, mentre le lacrime tornavano a riempirgli gli occhi.
-Come posso amarti così tanto, Nené dopo che... dopo quello che mi ha fatto Henri? Come posso amare un uomo nonostante il ricordo di quell'incubo?-
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